1. Introduzione
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1. INTRODUZIONE
Le sempre piø stringenti esigenze del mondo della sicurezza, intesa sia come
protezione contro atti terroristici o vandalici, sia come controllo ambientale,
così come quelle provenienti dall'ambito industriale per i controlli di processo
e di prodotto, richiedono la disponibilità di sistemi analitici veloci, affidabili,
sensibili e a basso costo. In questo ambito, le misure e gli strumenti di
laboratorio, per quanto affidabili, risultano spesso inutilizzabili per ovvie
ragioni pratiche, soprattutto quando sono richieste risposte in tempo reale e un
significativo grado di miniaturizzazione. Per questa ragione, è in grande
sviluppo la produzione e l'utilizzo di sensori chimici, vale a dire dispositivi
capaci di trasdurre in un segnale misurabile, in genere elettrico, una
alterazione chimica indotta dalla sostanza target. Un sensore chimico è
costituito generalmente da un film sottile, sensibile alle specie chimiche che si
vogliono rilevare e misurare, da una struttura di supporto e dall'elettronica di
controllo. Tra i significativi vantaggi di questi dispositivi vi è la
miniaturizzazione, spinta ormai verso dimensioni nanometriche, e il fatto di
poter essere preparati utilizzando le tecnologie ormai consolidate
dell'industria elettronica [1].
Le grandezze fisiche da rilevare nei processi industriali sono di varia natura;
generalmente queste quantità sono difficili da trasmettere ed elaborare nella
forma originaria. L'obiettivo di un sensore è quello di convertire una
grandezza fisica o biologica in ingresso, in un'altra piø facile da manipolare di
tipo elettrico (tensione, corrente, resistenza, capacità). In pratica un sensore
prende in ingresso un valore nella grandezza fisica del dominio di interesse e
fornisce in uscita una grandezza fisica nel dominio dell'unità di controllo.
1. Introduzione
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Lo strato attivo di un sensore deve possedere i seguenti requisiti:
alta sensibilità;
reversibilità;
assenza di contaminazione;
basso costo;
elevata selettività;
semplicità nella fabbricazione;
ridotte dimensioni;
alta velocità di risposta [2].
Negli ultimi tempi la ricerca si sta orientando non solo verso l'uso di materiali
semiconduttori a base inorganica come ossidi metallici, ma si sta puntando
l'attenzione anche su materiali a matrice organica come ad esempio le
ftalocianine, le porfirine e le porfirazine [3] ; ciò essenzialmente per due
motivi: le molecole organiche si prestano meglio all'ingegneria molecolare,
nel senso che possono essere modificate nella loro struttura in modo da
accentuare o provocare la selettività o la sensibilità verso una particolare
specie e la conducibilità di semiconduttori organici può variare di molti ordini
di grandezza a seguito dell'adsorbimento sullo strato attivo [4,5].
La conoscenza della struttura submicroscopica di superfici, degli strati di
adsorbiti, dei film depositati in superficie, e di interfaccia è di importanza
fondamentale per la comprensione delle proprietà fisiche, chimiche e
meccaniche dei materiali solidi. Allo stesso tempo, questo tipo di informazioni
sono valutabili in un certo numero di campi tecnologici, quali la tecnologia dei
semiconduttori, catalisi, lubrificazione, corrosione e i suoi inibitori, finitura
dei metalli, adesione, stampaggio, e tecnologia elettrochimica.
La spettroscopia vibrazionale, che ha storicamente fornito a chimici, fisici e
ingegneri incisive informazioni circa le specie chimiche presenti sulle
superfici, è uno dei maggiori metodi analitici ampiamente impiegati al giorno
d’oggi [6].
1. Introduzione
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In tale ottica di sviluppo delle scienze sensoristiche, verranno messe in luce, in
questo lavoro di tesi, le potenzialità della spettroscopia ATR-FTIR (Attenuated
Total Reflection Fourier Transform Infrared spectroscopy) applicata allo
studio dei meccanismi di riconoscimento molecolare tra sistemi organici (una
ftalocianina) e comuni target ambientali (fenoli).
La spettroscopia infrarossa è una tecnica che si basa sull’interazione e
assorbimento tra una radiazione elettromagnetica e la materia.
In tutte le spettroscopie di “assorbimento”,la molecola studiata, costituisce un
dipolo oscillante che si comporta come una “antenna” in grado di assorbire le
radiazioni elettromagnetiche della frequenza opportuna.
PerchØ questo possa avvenire occorre innanzitutto che la molecola abbia un
momento di dipolo proprio, cioè che il centro delle cariche positive non
coincida con quello delle cariche negative. Inoltre durante la vibrazione
molecolare deve avvenire un’oscillazione della distanza inter-atomica,la quale
determinerà anche una variazione periodica del momento di dipolo della
molecola. Tale molecola, così facendo, si comporterà come un’antenna
sintonizzata su una certa frequenza [7].
Piø precisamente, però, questa è una spettroscopia di vibrazione, infatti
quando la suddetta molecola organica, dotata di momento di dipolo proprio,
viene investita da una radiazione infrarossa, la cui frequenza sia compresa in
un certo range di valori, essa assorbe energia elettromagnetica. L’energia
ceduta dalla radiazione stessa viene convertita in energia vibrazionale.
La tecnica utilizzata comporta la deposizione della ftalocianina come film
idrofobo attraverso il metodo Langmuir-Schäfer (LS) sul prisma ATR e la
registrazione di spettri in flusso con soluzioni buffer in assenza e presenza di
fenolo, 4-bromofenolo, 4-clorofenolo e 4-iodofenolo.
La tecnica LS permette di ottenere film organici molto ordinati con
caratteristiche fisiche riproducibili e quindi uno spessore costante di film
sottile organico [8,9] .
1. Introduzione
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I risultati ottenuti attraverso la spettroscopia ATR-FTIR sono stati confermati
attraverso l’ analisi al QCM, che è una tecnica già consolidata in ambito
sperimentale.
Confrontando gli spettri acquisiti e contenuti in una banca dati con quello di
un composto incognito è possibile identificare correttamente la molecola
incognita grazie agli spettri differenziali.
La spettrometria IR permette di compiere studi di reattività e di cinetiche
chimiche e fisiche.
1.1 Spettroscopia
Quando luce policromatica (luce bianca), che contiene l’intero spettro di
lunghezze d’onda nella regione del visibile, passa attraverso uno oggetto, viene
in parte assorbita, lasciando che le lunghezze d’onda non assorbite siano
trasmesse. Queste residue lunghezze d’onda trasmesse, saranno viste come un
colore. Tale colore è il complementare dei colori assorbiti. In maniera simile,
gli oggetti opachi assorbiranno certe lunghezze d’onda, lasciando che un colore
residuo venga riflesso e “visto”.
Ci sono tre processo fondamentali mediante i quali una molecola può assorbire
radiazioni; tutti presuppongono il passaggio della molecola ad un livello piø
alto di energia interna: l’aumento di energia essendo uguale all’energia della
radiazione assorbita. Questi tre tipi di energia interna sono quantizzati cioè
esistono distribuiti in livelli discreti.
Le molecole ruotano attorno a vari assi, essendo l’energia di rotazione a livelli
energetici definiti, perciò la molecola può assorbire la radiazione ed essere
eccitata a livelli piø alti di energia rotazionale, in una transizione rotazionale.
Atomi o gruppi di atomi all’interno di una molecola vibrano relativamente gli
uni agli altri, e l’energia di questa vibrazione si verifica in corrispondenza di
1. Introduzione
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definiti livelli quantizzati. La molecola può quindi assorbire una quantità
discreta di energia ed essere eccitata ad un piø alto livello di energia
vibrazionale in una transizione vibrazionale. Infine, gli elettroni di una
molecola possono essere eccitati ad una piø alta energia elettronica, in una
transizione elettronica. PoichØ ciascuna di queste transizioni di energia
interna, è quantizzata, esse si verificheranno solamente a lunghezze d’onda
definite corrispondenti ad una energia uguale al salto quantizzato nell’energia
interna. Ci sono tuttavia, molti possibili livelli di energia differenti per ciascun
tipo di transizione e possono venire assorbite molte lunghezze d’onda
(fig. 1.1) .
Figura 1.1 Diagramma dei livelli energetici, illustrate le variazioni di energia
associate con l’assorbimento di radiazione elettromagnetica: A, variazioni rotazionali
pure (infrarosso lontano); B, variazioni roto-vibrazionali (vicino infrarosso); C,
transizioni elettroniche roto-vibrazionali (visibile e ultravioletto). E₀ è lo strato
elettronico fondamentale e E₁ è il primo stato elettronico eccitato.
Le transizioni rotazionali possono perciò avere luogo ad energie molto basse
(alte lunghezze d’onda, cioè, la regione delle microonde o del lontano
infrarosso), ma le transizioni vibrazionali richiedono energie piø alte nella
1. Introduzione
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regione del vicino infrarosso, mentre le transizioni elettroniche richiedono
energie ancora piø alte (nelle regioni del visibile e dell’ultravioletto).
Per misurare la quantità di radiazione luminosa assorbita da un campione,
posto davanti ad una sorgente di radiazioni, viene utilizzato uno
spettrofotometro. Questo strumento fornisce una misura dello spettro
elettromagnetico e la relativa tecnica d’indagine è chiamata spettroscopia.
I principali settori della spettroscopia ottica sono la spettroscopia rotazionale,
quella vibrazionale e quella elettronica.
La spettroscopia vibrazionale dà informazioni sulle forze di legame e sulla
geometria molecolare. Dal punto di vista dell’analisi chimica è una tecnica
utile per il riconoscimento di molecole o di gruppi caratteristici nelle molecole
e per il loro dosaggio.
Lo spettro infrarosso ottenuto diagrammando l’intensità dell’assorbimento in
funzione della lunghezza d’onda, sebbene sia riferito alla molecola nella sua
interezza, è caratterizzato da dei picchi riferibili a gruppi funzionali specifici,
facenti parte della struttura. E’ proprio grazie alla riproducibilità di questi
picchi, e soprattutto di valori caratteristici di assorbimento, che noi siamo in
grado di risalire alla struttura della molecola in esame [10].
1.2 Sensori
Secondo la definizione IUPAC “un sensore è un sistema in grado di
trasformare un’informazione chimica, che va dalla concentrazione di un
singolo componente specifico del campione in analisi alla concentrazione di
tutti i componenti l’intera matrice, in un segnale analiticamente utile” [11].
In parole piø semplici un sensore e’ un dispositivo che rileva un segnale di
input, fisico o chimico, e lo converte (attraverso un trasduttore) in un
appropriato segnale di output, osservabile e facilmente comprensibile.
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Caratteristica comune ed indispensabile di tutti i sensori chimici è l’esistenza di
un efficace processo di interazione nei confronti dell’analita di interesse, che
deve essere legato in maniera selettiva, veloce, stabile e reversibile [12-14].
I sensori possono essere classificati in base a:
• parametro misurato (es. pH)
• applicazione (es. per uso biomedico)
• il tipo di materiale su cui si basa la misura (es. semiconduttore)
• principio di trasduzione (es. sensore elettrochimico).
I componenti principali che costituiscono il sensore sono (fig.1.3):
o un sistema di riconoscimento molecolare (recettore, che conferisce
specificità alla misura);
o un trasduttore fisico-chimico: dispositivo che converte un cambiamento
verificatosi (fisico o chimico), in un segnale misurabile. Nei sensori chimici
quest’ultimo è spesso un segnale elettronico la cui ampiezza è
proporzionale alla concentrazione di una determinata specie chimica o di
un insieme di specie. I metodi analitici in chimica sono per la maggior parte
basati sui trasduttori fotometrici, come nei metodi spettroscopici e
colorimetrici;
o un attuatore: parte del dispositivo che produce la visualizzazione del
risultato.
Figura 1.3 Rappresentazione schematica del sensore
1. Introduzione
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Possiamo raggruppare i sensori in 3 grandi categorie, cioè:
- sensori fisici che misurano quantità fisiche quali lunghezza, peso,
temperatura, pressione e elettricità;
- sensori chimici definiti come dispositivi che rispondono ad un particolare
analita in modo selettivo attraverso una reazione chimica, e possono essere
usati per la determinazione qualitativa o quantitativa del misurando;
- biosensori, definiti come dispositivi nei quali è incorporato un elemento di
rilevazione connesso ad un trasduttore: l’analita che questo sensore rileva e
misura potrebbe essere una specie puramente chimica (come una sostanza
inorganica), oppure un componente biologico. La sostanziale differenza
rispetto ai precedenti sensori risiede, dunque, nella natura biologica
dell’elemento di riconoscimento molecolare (strato attivo). I biosensori sono in
realtà una sottocategoria dei sensori chimici, ma spesso sono considerati come
un genere assestante [15].
La struttura generale è costituita da un elemento biologico, fissato su un
substrato in grado di trasformare la reazione biochimica che avviene tra il
ricettore e il bersaglio ricercato, in un segnale rilevabile, in altre parole un
trasduttore (fig.1.4).
Quando il biomateriale viene immobilizzato su un supporto, le sue proprietà
mutano, rispondendo ad un qualche effetto in modo elettronico oppure
otticamente rilevabile. La reazione biologica, altamente specifica, avviene tra
lo strato immobilizzato, ricco di recettori, e la sostanza target. Durante il
processo di trasduzione (trasformazione di una forma di energia in un’altra), il
segnale biochimico viene convertito in risposta elettrica. Quest’ ultima in
seguito viene opportunamente amplificata e convertita in segnale
quantificabile [16] (fig.1.5).