- 7 -
INTRODUZIONE
Alla base del presente studio vi è l’analisi delle tecnologie legate all’uso di algoritmi di
machine learning, della loro evoluzione negli ultimi decenni di storia e della loro utilità
economica all’interno delle operazioni di produzione nelle imprese. L’elaborato si
concentra in particolare sul procedimento di gestione delle risorse umane, la domanda di
ricerca che infatti ci si pone è: “Possono le tecnologie di machine learning essere
implementate nei processi di valutazione del potenziale delle risorse umane apportando
vantaggi economici all’organizzazione aziendale?”.
L’interesse personale nei confronti dell’informatica e della tecnologia mi ha spinto a
sviluppare un elaborato che si focalizzasse sui possibili effetti della loro implementazione
nella realtà quotidiana. La scelta di concentrare l’attenzione sull’ambito delle risorse
umane è stata guidata sia dagli studi universitari che dalle esperienze di stage e
conseguente lavoro che mi hanno portato ad avere una posizione “privilegiata”
nell’osservazione del mercato del lavoro con il ruolo di Account Manager in Randstad,
una delle principali Agenzie per il Lavoro in Italia e nel mondo.
Lo studio si trova quindi ai confini di due materie che sono in costante evoluzione e che
potrebbero in futuro incontrarsi, per questo motivo si ritiene utile analizzarne già oggi i
potenziali vantaggi e le possibili criticità che le organizzazioni potrebbero ritrovarsi ad
affrontare in un futuro che potrebbe essere più prossimo di quanto non si possa credere.
Da un lato, quando si parla di machine learning, si tratta dell’ambito su cui si stanno
concentrando le energie degli studiosi di intelligenza artificiale e che ci ha portato ad
algoritmi che già oggi contraddistinguono i processi di Industria 4.0. Dall’altro, quando
si espone la questione della valutazione del potenziale, si tratta di un procedimento di
gestione delle risorse umane che si concentra sul futuro dei dipendenti che l’impresa
valuta talentuosi e che si configura come cruciale per lo sviluppo delle competenze e della
produttività di tutta l’organizzazione aziendale.
Obiettivo dell’elaborato non è il presentare una previsione dettagliata di quelli che
saranno gli sviluppi futuri sul mercato delle tecnologie di machine learning in ambito di
gestione del potenziale delle risorse umane. Ci si chiederà invece se sia possibile e in
- 8 -
quali termini che alcune tecnologie di intelligenza artificiale possano sostituire le
metodologie tradizionali che le aziende implementano con i propri responsabili HR. Non
ci si spingerà nemmeno nel chiedersi quando e come le operazioni umane in questo
ambito potranno essere completamente sostituite da modelli automatizzati ed
autocoscienti. L’approccio che verrà mantenuto sarà di tipo aziendalista per cui le
innovazioni verranno prese in considerazione come alternative ai procedimenti
tradizionali solo laddove sia verificabile o prevedibile un vantaggio in termini di
efficienza ed efficacia sul processo stesso per tutta l’organizzazione.
Si procederà con l’introduzione nel Primo capitolo degli algoritmi di machine learning,
delle differenti tipologie esistenti ed applicazioni che si possono strutturare, delle loro
caratteristiche di funzionamento, della loro evoluzione e di quelle che sono le
implementazioni che sono già ravvisabili sul mercato. Questa parte di elaborato sarà
l’occasione per trattare il tema delle prevedibili conseguenze che in generale può causare
l’utilizzo massiccio di tecnologie sul mercato del lavoro odierno.
Con il capitolo Secondo si analizzerà il processo di gestione delle risorse umane in
azienda prima nel suo complesso, poi ponendo particolare attenzione alla valutazione del
potenziale dei dipendenti. Verrà analizzata l’importanza dell’analisi del talento in azienda
e, mediante l’ausilio di due differenti casi aziendali, gli strumenti e le modalità operative
di implementazione più efficaci e utilizzati già da svariati anni nelle imprese. Questa
analisi ci permetterà di evidenziare le criticità che permangono nelle organizzazioni
quando si procede a valutare il potenziale dei collaboratori.
Il Terzo capitolo si configura come sintesi ed elaborazione delle due parti precedenti: si
analizzerà l’attuale impatto delle tecnologie di intelligenza artificiale sui processi
organizzativi di gestione delle risorse umane, con un caso aziendale si procederà a
definire la direzione evolutiva che le imprese si preparano ad avere nel futuro prossimo,
si presenteranno recenti utilizzi di tecnologie legate al machine learning che ancora non
sono implementate nelle aziende per quanto riguarda le procedure HR e così si potranno
delineare i punti di contatto tra gli algoritmi di machine learning e le esigenze di
valutazione del potenziale delle risorse umane, definendo come in futuro le imprese
potranno costruire vantaggio competitivo a partire dall’uso di queste nuove tecnologie.
- 9 -
Grazie all’analisi strutturata in questo lavoro si avrà la possibilità di comprendere fino a
quale livello siano preparate le imprese ad accogliere tecnologie, come quelle che
implementano algoritmi di machine learning, che richiedono una revisione completa delle
procedure aziendali e una ristrutturazione delle organizzazioni per poter essere
implementate veramente in modo efficiente ed efficace senza generare sprechi di risorse.
Si comprenderà come l’introduzione di meccanismi automatici nel rapporto con le risorse
umane si delinei come una scelta di management molto delicata e critica poiché tocca
direttamente i rapporti di fiducia, riconoscimento e scambio esistenti tra ogni lavoratore
e l’organizzazione per cui egli offre la propria presenza, professionalità, competenze e a
cui egli dedica tempo e passione. Una condizione ben più ostica da affrontare rispetto alla
modifica di un processo produttivo o all’introduzione di nuovi software o macchinari in
azienda. Anche per questa ragione risulterà complesso prevedere ogni aspetto
dell’introduzione di novità nell’ambito proprio della funzione HR in azienda.
Non si delineerà quindi un’unica previsione omnicomprensiva delle valutazioni esposte
nei vari capitoli, bensì si elencheranno potenziali situazioni di vantaggio per le
organizzazioni nel caso di unione tra tecnologie di machine learning e strumenti di
valutazione del potenziale. In questo senso non verranno dimenticate le prevedibili
criticità che potrebbero mantenersi o sorgere come nuove dal cambio di paradigma.
Per queste ragioni l’elaborato non si pone come obiettivo quello di dare una risposta
definitiva alla domanda di ricerca su esposta. Verranno delineati spunti di riflessione sui
quali chi lo ritenesse opportuno potrà intervenire con studi ad hoc e analisi di fattibilità in
termini economici ed ingegneristici che non avrebbero avuto modo di essere strutturati
all’interno di questa ricerca.
- 10 -
Capitolo I
IL MACHINE LEARNING
1.1 Intelligenza artificiale: storia e contesto di riferimento
“L’intelligenza artificiale si occupa del comportamento intelligente in sistemi artificiali”
(Nillson, 1998). Analizzando la letteratura in merito si può constatare che il
comportamento intelligente viene identificato ogni qualvolta si ravvedono caratteristiche
tipiche dell’intelletto umano quali il ragionamento, la comunicazione, l’apprendimento
sulla base delle esperienze passate e la capacità di agire in situazioni complesse.
Gli studi e le ricerche in ambito di intelligenza artificiale hanno come minimo comun
denominatore l’obiettivo di sviluppare sistemi in grado di compiere le azioni sopra
descritte ad un livello qualitativo pari o superiore a quanto non farebbe un essere umano.
Muoviamo i primi passi in questa materia addentrandoci in un breve excursus storico che
sintetizzi i principali accadimenti che hanno segnato il percorso di nascita, sviluppo ed
evoluzione del pensiero e delle ricerche scientifiche che ci hanno portato a poter parlare
oggi di intelligenza artificiale.
Nel 1943 il matematico Walter Harry Pitts e il neurofisiologo Warren Sturgis McCulloch
furono i primi ad utilizzare la nozione matematica di computazione come un ingrediente
utile a descrivere il funzionamento teorico della mente e del cervello (Piccinini, 2004).
Ad essi si deve infatti la prima proposizione di rete neurale artificiale (concetto che
approfondiremo poi in seguito): un sistema ispirato al funzionamento del cervello umano,
in cui ogni neurone è connesso agli altri attraverso le sinapsi e scambia informazioni di
tipo binario, e che riesce in tal modo ad implementare le basilari funzioni logiche come
“E”, “O”, “NON” e così via.
Già nel 1950 Alan Turing, esponendo il suo celebre gioco dell’imitazione, poneva al
mondo scientifico la domanda “le macchine possono pensare?” (Turing, 1950). Il
matematico faceva diretto riferimento ai calcolatori numerici composti da una memoria
- 11 -
(teoricamente illimitata) contenente anche la tavola delle istruzioni programmate per
affrontare i quesiti, il complesso operativo utile a compiere i singoli calcoli e un governo
per controllare che le operazioni venissero eseguite nel giusto ordine e correttamente.
Turing affrontava la questione dal punto di vista teorico, evidenziando come per un
interrogante isolato che riceve solo risposte asettiche a proprie domande da parte di
soggetti diversi, che rispondono seguendo medesime regole logiche dando suggerimenti
o mentendo all’interrogante, sia impossibile distinguere se il rispondente sia un essere
umano o una macchina che imita il comportamento umano. Lo scienziato prevedeva che
alla fine del XX Secolo si sarebbe correntemente parlato di “macchine pensanti”, infatti
già nei suoi scritti si chiedeva se fosse possibile ideare una macchina che fosse sopra il
livello critico e cioè, una volta presentata un’idea, fosse in grado di far nascere teorie e
ulteriori idee di ordini superiori.
L’intuizione più rilevante che Alan Turing ha avuto e che ha stimolato lo sviluppo degli
studi successivi è stata la seguente: “Invece di elaborare un programma per la simulazione
di una mente adulta, perché non proviamo a realizzarne uno che simuli quella di un
bambino? Se la macchina fosse poi sottoposta ad un appropriato corso d’istruzione, si
otterrebbe un cervello adulto.” (Turing, 1950). Con questa provocazione si spostava
l’attenzione dalla volontà di programmare una macchina perfetta in grado di riprodurre
da subito ogni operazione cerebrale umana al poter programmare una macchina
elementare focalizzando poi l’attenzione e le energie all’ideazione di un modello di
insegnamento basato sull’esistenza di un mezzo di comunicazione bidirezionale tra
maestro e allievo che renda realizzabile l’induzione scientifica. Così Turing parlava di
comportamento intelligente di una macchina ogni qualvolta per lo scienziato che l’ha
programmata essa, con le sue risposte, si discostasse dall’ambito della prevedibilità senza
però mai utilizzare la mera casualità.
Dato il crescente interesse in merito, nel 1956 fu organizzata da John McCarthy la
conferenza del Dartmouth Summer Research Project on Artificial Intelligence di
Hanover: McCarthy propose l’opinione per cui l’intelligenza può essere descritta così
rigorosamente da rendere possibile la programmazione di una macchina che la simuli. È
nel manifesto della conferenza che per la prima volta compare il nome “intelligenza
artificiale” ed è quindi questo il nodo storico da cui si può parlare della materia come di
una vera e propria disciplina scientifica. Durante la conferenza stessa i ricercatori Herbert