3
cosiddette “biografie romanzate” e i racconti pseudo-biografici
presenti nei miti e nelle leggende. Da queste premesse, allora,
sarebbe giustificabile far risalire la composizione biografica a
tempi antichissimi, addirittura agli albori delle società
organizzate e vederne lo sviluppo nelle civiltà urbane (fino a
quella greca e a quella romana). Infatti, come sostiene Italo
Gallo, date queste premesse, la biografia nascerebbe nel
momento in cui l’uomo avverte, divenendone consapevole, la
propria dimensione storica, la propria identità come soggetto
attivo nei processi della storia e dell’evoluzione sociale e
politica
1
. Dunque, la biografia altro non sarebbe se non una
sorella della storiografia e assumerebbe la funzione di descrittrice
di un “modello”, di un esempio da seguire e allo stesso tempo
delle qualità che tale modello rappresenta. Per questo motivo è di
relativa importanza la verità storica, mentre è fondamentale la
verosimiglianza.
Ma se questo può essere vero, o comunque accettabile per
quel che concerne, in particolare, la biografia nell’antichità
classica, lo stesso non è appropriato affermare per quanto
riguarda la biografia moderna.
All’interno di questo parimenti vasto campo di studio, la
biografia assume tratti ben diversi da quelli appena descritti. Che
vi possa essere un intento pedagogico o politico nella
ricostruzione biografica, infatti, non implica che esso sia l’unico
fine dell’opera. Se si considerano le biografie di grandi uomini e
donne di lettere, ci si rende conto di come la biografia possa
anche diventare uno strumento di commemorazione, se non di
pura e semplice descrizione. Ma se in questo caso il confine fra
1
Italo Gallo, “Nascita e Sviluppo della Biografia Greca: Aspetti e Problemi”, in Italo Gallo
e Luciano Nicastri (a cura di), Biografia e Autobiografia degli Antichi e dei Moderni,
Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1995, pp. 7-13
4
biografia e storiografia è piuttosto labile, tenendo conto di una
possibile funzione politica dell’opera, invece, la distinzione
diventa alquanto netta e l’affinità con la ricerca storiografica
appare meno nitida.
In ogni caso, benché ancora parte della critica letteraria
2
la
consideri appartenente, o comunque, indissolubilmente legata
alla storiografia, la biografia sembrerebbe, invece, assumere il
ruolo di un genere letterario a sé, connesso per alcuni aspetti ad
altri generi di cui conserva certe caratteristiche, pur essendone
indipendente
3
.
Restringendo il campo allo studio del genere biografico in
Inghilterra, consideriamo, in questa tesi, le caratteristiche della
biografia vittoriana e di quella contemporanea, le loro diversità
quanto le somiglianze o gli elementi di continuità.
4
Per quanto riguarda la biografia in epoca vittoriana, ricordiamo
che una delle sue peculiarità era un’abnorme accumulazione di
informazioni portate al lettore come frutto di una ricerca accurata
e scientifica sul personaggio, sulla base del presupposto che più
informazioni vengono fornite, maggiore è la conoscenza che il
lettore può avere del personaggio stesso, coadiuvata dalla
presenza costante dell’interpretazione che il biografo dà dei dati
2
A tale proposito, risulta molto interessante e completa l’analisi svolta da Giuseppe
Giarrizzo, “Biografia e Storiografia”, in Italo Gallo e Luciano Nicastri (a cura di), Biografia
e Autobiografia degli Antichi e dei Moderni, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1995,
pp.297-307. Per quanto riguarda il rapporto letteratura e linguaggio, in particolar modo
ritenuta espressione e indizio di una certa realtà sociale, e per uno studio approfondito del
messaggio poetico-letterario, si veda Marcello Pagnini, Critica della Funzionalità, Torino,
Einaudi, 1970.
3
Ad esempio, l’intreccio e l’unità di tempo che alla biografia venivano “imposti” dal
dramma e dalla commedia, o ancora l’influenza della ritrattistica e del romanzo storico, fino
ad arrivare addirittura alla presenza di elementi di etica e religione che, costituendo i
parametri dell’agire del biografato, divengono parte essenziale della biografia moderna
inglese, quella definita “life and letters”, sviluppata da Saint-Beuve e da Macaulay.
4
Muriel Spark e Derek Stanford, Emily Brontë: her Life and Work, New York, Coward-
McCann, 1966; Elizabeth Gaskell, The Life of Charlotte Brontë, Penguin Classic, 1997;
Lytton Strachey, Eminent Victorians, London, Chatto and Windus, 1960; Virginia Woolf (a
cura di Ginevra Bompiani; traduzione di Masolino d’Amico), La Signora dell’Angolo di
fronte, Milano, Il Saggiatore, 1979.
5
forniti (spesso, o meglio, soprattutto rappresentati da interi
documenti riprodotti nel corso della descrizione).
Sarà Lytton Strachey (1880-1932) a provocare
un’importantissima trasformazione nella maniera di scrivere le
vite, superando di fatto l’ormai antiquata (e noiosa) consuetudine
di considerare la biografia come mera accumulazione di dati,
opinioni di terzi e innumerevoli documenti, riguardanti il
personaggio prescelto.
Strachey, infatti, proponeva, ed esemplificava con i suoi scritti,
una descrizione delle vite attraverso documenti e fatti
documentabili, certo, ma anche e soprattutto, metteva in risalto la
funzione importantissima dei particolari, privati, anche divertenti,
che accompagnano necessariamente questi fatti. Essendo di per
sé difficilmente raggiungibile una descrizione davvero oggettiva
e obiettiva della vita di una persona, Strachey proponeva, come
compito del biografo, l’annotazione non soltanto di semplici e
freddi dati personali, ma anche di aneddoti e particolari di vita
privata, per favorire così, in modo piacevole e conciso, una
migliore comprensione del personaggio, sotto tutti gli aspetti.
Estremamente importante era, quindi, per Strachey, che le
informazioni da fornire ai lettori fossero selezionate. Era questa
l’unica “invasione” di campo che Strachey concedeva al
biografo:
let us have the pure essentials – a vivid image, on a
page or two, without explanations, transitions,
commentaries.
5
5
Lytton Strachey, “Portraits in Miniature and Other Essays”, in Biographical Essays,
London, Chatto and Windus, 1960, p. 16
6
Il punto di vista della critica letteraria a proposito dell’opera
biografica, tuttavia, non sempre, e in maniera tutt’altro che
unanime, accorda alla biografia uno status preciso di genere, né
le concede una validità critica nel campo degli studi letterari.
Come suggerisce René Wellek, il metodo biografico è, prima di
tutto, un metodo storiografico, perché è alla storiografia che la
biografia appartiene
6
. Ora, il problema che il critico propone è se
e in che misura il metodo biografico possa essere ritenuto valido
e cosa ci fornisce di tanto importante per la comprensione critica
dei testi prodotti da un dato autore. Se considerassimo la
biografia semplicemente come una seconda gamba della
storiografia, o come un genere autonomo ma dipendente da
questa, allora, certo, la ricerca biografica non aggiungerebbe
sostanzialmente niente di nuovo alla critica letteraria, dal
momento che si porrebbe come pura e semplice descrizione di
fatti, inglobati in un certo periodo storico. Ma noteremo come
questo sia soltanto uno degli aspetti della biografia, che si
presenta, invece, come un genere piuttosto malleabile e adattabile
a svariati scopi, dalla semplice funzione descrittiva, allo studio
critico e comparativo di vita e opere di un personaggio letterario
ovvero di un personaggio storico.
Tuttavia, Wellek sembra non dare abbastanza peso alla
possibilità di una più stretta collaborazione fra critica letteraria e
ricostruzione biografica, quando ne indica l’origine e la ragion
d’essere nella sola ricostruzione storiografica. Una definizione,
questa, che appare invece alquanto riduttiva della molteplicità di
aspetti della biografia. Rimane, infatti, piuttosto difficile, anche
per un critico, parlando di un dato autore, non tener conto delle
6
René Wellek e Austin Warren, Theory of Literature, Harcourt, Brace&World, 1948, cap.
VII, e René Wellek, “English Criticism”, in A History of Modern Criticism 1750-1950,
New Haven, Yale University Press, 1986
7
vicissitudini dello stesso autore, delle vicende che ne hanno
caratterizzato l’esistenza e, in modo più o meno evidente, anche
l’opera letteraria.
È pur vero che non esiste alcun fondamento all’opinione diffusa
secondo cui uno scrittore debba necessariamente rappresentare
nelle sue opere il sentimento che prova nel preciso istante in cui
scrive
7
. Tale affermazione, anzi, sarebbe la migliore possibile nel
caso di Emily Brontë, donna di immaginazione talmente potente
da essere capace di costruire un’altra-da-sé, sia nel mondo reale,
sia nel mondo fittizio delle sue creazioni letterarie. Non è detto,
però, che una condizione del genere non si possa verificare.
D’altro canto, una mera accumulazione di dati, un elenco di fatti
infinitamente lungo, non è certo una ricostruzione biografica,
quanto piuttosto una lista di eventi, più o meno collegati fra loro.
Vista così, la biografia non ha utilità alcuna per la comprensione
dei testi letterari, ma considerando, invece i dettagli, anche i più
piccoli, come importanti per comprendere la psicologia
dell’autore che stiamo studiando, comprese le piccole manie e
abitudini che ogni essere umano porta con sé, allora il metodo
biografico non solo ha senso, ma può costituire una base
importante di conoscenza del personaggio in questione.
Il metodo che Strachey aborriva era appunto quello
puramente storiografico: un abnorme volume contenente un
prolisso elenco di informazioni spesso scollegate. Il modello,
invece, al quale si ispirava si avvicina molto alla composizione
di Aubrey, come già lo stesso Strachey sostiene:
A biography should either be as long as Boswell’s or as
short as Aubrey’s. The method of enormous and
7
René Wellek e Austin Warren, op. cit., Harcourt, Brace&World, 1948
8
elaborate accretion which produced the Life of Samuel
Johnson is excellent, no doubt; but, failing that, let us
have no half-measures; let us have the pure essentials –
a vivid image, on a page or two, without explanations,
transitions, commentaries. This is what Aubrey gives
us.
8
Ben diversa, invece, era la posizione dei biografi d’età
vittoriana. A darcene un esempio calzante è la celebre scrittrice,
nonché biografa e amica personale di Charlotte Brontë, Elizabeth
Cleghorn Gaskell.
Autrice di The Life of Charlotte Brontë
9
, Mrs Gaskell può
considerarsi come una perfetta rappresentante di quella società
così particolare, tanto amata da Strachey, che si identificava negli
alti valori espressi dalla “grande regina” Victoria. Donna
impegnata e di buona reputazione, con una bella famiglia e
rispettosa dei sani principî borghesi, Mrs Gaskell scrisse
un’interminabile biografia della sua cara amica Charlotte Brontë,
utilizzando un’altrettanto interminabile serie di documenti
riguardanti l’intero arco della vita di Charlotte e degli altri
membri della famiglia Brontë. Troviamo infatti numerosissime
lettere
10
che le sorelle Brontë spedivano alle amiche lontane,
molte lettere di risposta, nonché decine di piccoli messaggi e
scambi di opinioni fra Charlotte e gli editori dei suoi romanzi.
Per non parlare, poi, delle lettere dei genitori delle Brontë prima
del loro matrimonio. Lunghissima è anche la sezione introduttiva
che riguarda le caratteristiche geografiche e culturali dello
8
Lytton Strachey, “Portraits in Miniature and other Essays”, in Biographical Essays,
London, Chatto and Windus, 1960, p.16
9
Elizabeth Gaskell, The Life of Charlotte Brontë, Penguin Classic, 1997
10
Particolarmente completa la raccolta della corrispondenza delle sorelle Brontë curata da
Muriel Spark, The Brontë Letters, London, Peter Nevill, 1960
9
Yorkshire in generale e del villaggio di Haworth in particolare, e
che arriva a descrivere minuziosamente la canonica in cui la
famiglia Brontë aveva la propria residenza. Per la sua corposità e
per la continua accumulazione di dati e fonti, la biografia della
Gaskell è assolutamente affine al modo compositivo di Boswell,
interminabilmente prolisso ed eccessivamente ricco di
informazioni, quel metodo che Strachey assimilava alla
tradizione biografica vittoriana.
L’opera, quindi, si presenta come una maestosa ricostruzione
della vita di Charlotte Brontë e della sua famiglia, partendo dalle
origini della famiglia stessa, fino ad arrivare al matrimonio e alla
quasi immediata morte della scrittrice.
In particolar modo è interessante notare che nell’opera sono
presenti anche i rarissimi dati che possediamo su un altro
membro della famiglia Brontë, Emily. Possiamo ben dire,
insomma, che, seppure non espressamente dedicato a lei, The
Life of Charlotte Brontë rappresenta anche una prima
ricostruzione biografica dell’autrice di Wuthering Heights, la cui
esistenza, di donna e di scrittrice, è sempre stata circondata da un
alone di mistero, o comunque di incertezza, che ha trasformato
Emily in una sorta di eroina leggendaria.
Della separazione necessaria, invece, della Emily
leggendaria dalla Emily reale, si è occupata la grande scrittrice
contemporanea Muriel Spark, importante studiosa di Emily
Brontë e autrice della recentissima biografia Emily Brontë: her
Life and Work
11
.
A differenza della gigantesca ricostruzione di Mrs Gaskell, il
volume della Spark appare piuttosto asciutto ed estremamente
11
Muriel Spark e Derek Stanford, Emily Brontë: her Life and Work, New York, Coward-
McCann, 1966
10
conciso. Lytton Strachey probabilmente approverebbe. Il
materiale utilizzato, le fonti a cui la scrittrice attinge sono
esattamente le stesse a cui ebbe accesso circa 150 anni prima la
Gaskell, ma l’uso che ne viene fatto sancisce una concezione e
un modo di scrivere completamente diverso; rappresenta, in un
certo senso, l’attuazione delle norme descritte da Strachey, o se
vogliamo, l’attualizzazione della maniera compositiva di Aubrey.
Completamente nuovo è anche il modo di porsi dell’autrice nei
confronti dell’oggetto della sua descrizione. Infatti, la biografia
vittoriana tendeva non solo ad accumulare dati su dati, ma anche
a entrare nel merito di tali dati, fornendone un’interpretazione (e
un rimaneggiamento) necessariamente arbitrari e corrispondenti
piuttosto alla sensibilità del biografo; la biografia moderna,
d’altro canto, e secondo gli insegnamenti di Strachey, evita di
sovrapporre ai fatti narrati la visione dell’autore, ma opera una
scelta dei materiali da presentare e concepisce un’architettura
ideale che stabilisca il come e il dove usare le informazioni
raccolte. Tutto questo, in modo da rendere più stringato il
discorso e, di conseguenza, più piacevole la lettura.
Diversi, inoltre, sono i motivi che stanno alla base di una
ricostruzione biografica.
Infatti, mentre la biografia ottocentesca era concepita quasi come
una sorta di commemorazione del caro estinto (difficilmente
Elizabeth Gaskell evidenzia difetti o mancanze dell’amica
Charlotte e della sua famiglia), oggi si tende piuttosto a far nuova
luce sulla vita di un personaggio, anche attraverso la ricerca
biografica, e pertanto a gettare le basi di nuovi spunti di
riflessione critica.
12
12
Giuseppe Giarrizzo, “Biografia e Storiografia”, in Italo Gallo e Luciano Nicastri (a cura
di), Biografia e Autobiografia degli Antichi e dei Moderni, Napoli, Edizioni Scientifiche
Italiane, 1995, pp. 305-307
11
Intento della Spark, in effetti, è quello di separare finalmente la
vicenda di Emily autrice di Wuthering Heights e numerose
poesie, da quella della Emily figlia del reverendo Brontë. Una
lunga tradizione letteraria ha, infatti, considerato per decenni le
due vicende come indissolubili, come unite da un legame
misterioso quanto evidente. Eppure, Muriel Spark offre alcune
considerazioni su altrettanto evidenti fratture tra l’esistenza di
Emily Brontë (o almeno, ciò che traspare dalle lettere) e le
classiche interpretazioni della critica. Tali nuove riflessioni
stanno, dunque, alla base di un modo innovativo di concepire
l’intera opera della Brontë, alla luce di un sistematico
sgretolamento dell’equazione Emily = Catherine.
Il presente studio si svilupperà, dunque, come
comparazione fra le due biografie, intendendo, come già
affermato, utilizzare come primissima biografia di Emily Brontë
tutte quelle pagine, nell’opera della Gaskell, a lei dedicate. Lo
scopo di tale confronto è quello di mostrare, a 142 anni di
distanza, in quale prospettiva venne studiata l’opera della grande
scrittrice e poetessa vittoriana, quali caratteristiche della persona
e dei suoi lavori vennero messe in luce, o esaltate, o addirittura
mitizzate, creando quella che è definibile come vera e propria
leggenda moderna.
Di contro, pertanto, sarà interessantissimo notare come si stiano
sviluppando gli studi brontiani al giorno d’oggi, prendendo ad
esempio l’opera della Spark come modello di biografia moderna
e come fonte ricchissima di nuovi spunti e nuove riflessioni su
Emily e la sua intera produzione letteraria.
Un’altra considerazione fondamentale riguarda la scelta delle
autrici. Volutamente sono state considerate, nella cerchia di
intellettuali che si sono occupati delle sorelle Brontë, di Emily in
12
particolare, due persone che hanno moltissimo in comune, a
partire dalla nazionalità, essendo entrambe britanniche, tenendo
conto poi della vicinanza dei luoghi in cui hanno vissuto (una nel
Nord dell’Inghilterra, l’altra in Scozia), per finire con la
professione da entrambe esercitata, quella delle lettere. Inoltre, si
è voluto analizzare anche l’influenza che la suggestione derivante
dai luoghi in cui la Brontë ha vissuto e ha ambientato le sue
opere, ha esercitato sui lettori e quindi anche sulle biografe. Si è
ritenuto, quindi, perfettamente giustificato l’uso del libro della
Gaskell come valido anche per Emily Brontë, in quanto è qui che
troviamo i primi riferimenti su di lei. Riferimenti che hanno
costituito, e tuttora costituiscono, il principale punto di partenza
di chiunque voglia cimentarsi in uno studio accurato sulla
scrittrice.
Questa stessa motivazione, però, mette anche in evidenza un
problema di base, insito nella stessa natura degli studi su Emily.
Infatti, se è vero che dobbiamo essere grati ad Elizabeth Gaskell
per aver accumulato e reso, quindi, fruibili a tutti, le informazioni
e i dettagli sulla Brontë, è pur vero che non abbiamo documenti
obiettivamente attendibili su di lei. Il problema delle fonti, di per
sé presenta una contraddizione, quindi. Per quanto oggettiva
possa essere l’analisi sulla scrittrice, tale analisi sarà comunque
“corrotta” dal filtro di chi ha raccolto i dati. Ricordiamo sempre
che Elizabeth Gaskell ottenne le notizie su Emily dalla diretta
testimonianza della sorella Charlotte. Ma anche ricordiamo che a
quel tempo Emily era già morta e che i ricordi che Charlotte
mette a disposizione della sua biografa possono essere, o meglio,
con tutta probabilità, sono distorti dalle emozioni e dai sentimenti
che legavano le due sorelle. Per di più, essendo Elizabeth e
Charlotte grandi amiche, è bene riflettere sul fatto che non vi era
13
ragione alcuna perché fossero messe in discussione le parole di
chi Emily aveva conosciuto tanto a fondo.
Sfortunatamente, come già è stato evidenziato, il problema non
ha facile soluzione, o per meglio dire, non ne ha alcuna.
Chiarito, quindi, il vizio di fondo che necessariamente
accompagna non solo questo ragionamento sulle due biografie,
ma tutta la discussione sulle Brontë in generale, lo studio potrà,
inizialmente, procedere con un’accurata analisi dei due testi,
soffermandosi su alcuni aspetti piuttosto centrali di entrambi e
sulla loro struttura e organizzazione generale; proseguirà, quindi,
con una comparazione diretta di brani scelti, commentando come
gli stessi fatti vengano diversamente presentati, ma verranno
utilizzati anche estratti di documenti che possono aiutare a
comprendere meglio l’analisi, come lettere o pagine di diario
(presenti o meno nei due principali testi di riferimento).
Ancora, verranno confrontate le due autrici, Gaskell e Spark,
considerando, ora, non più solo le affinità fra le due scrittrici, ma
anche e soprattutto le differenze, il loro modo di vedere il mondo,
appartenendo le due donne a momenti storico-culturali tanto
diversi, tenendo, dunque, conto della diversa sensibilità.
Infine, verranno proposte delle riflessioni riguardo gli spunti
offerti dal confronto diretto delle due opere, tirando, per così
dire, le somme di tutta l’analisi.