5
CAPITOLO PRIMO
L’IMPOSTAZIONE SCIENTIFICA DELL’ANALISI DEGLI INVESTIMENTI DI
PORTAFOGLIO: LA TEORIA DI MARKOWITZ
1.1. L’investimento in titoli
Ogni qualvolta un operatore impieghi una somma di denaro nell’acquisto di
un bene, allo scopo di ottenere una ricchezza accresciuta in futuro, si parla di
investimento.
Quella dell’investimento Ł dunque una categoria assai eterogenea, dato che
molti e diversi sono i beni disponibili sul mercato.
La trattazione che segue ha come obiettivo l’analisi degli investimenti in titoli
azionari, i quali comportano un esborso iniziale seguito dalla eventuale
corresponsione di dividendi periodici e dal conseguimento di un valore capitale al
momento della estinzione dell’impresa emittente o, piø frequentemente, all’atto della
vendita del titolo sul mercato.
L’analisi degli investimenti in titoli ben difficilmente assume caratteri di
effettiva scientificit , limitandosi spesso ad indicare come convenienti quei titoli che
presentano rendimenti piø elevati e prescindendo in genere da ulteriori
considerazioni. Una impostazione di tale genere, apparentemente caratterizzata da
una grande razionalit , si rivela, ad un esame piø accurato, quanto mai semplicistica:
ogni investimento presenta infatti diverse caratteristiche, ed il rendimento non Ł che
una di queste, seppure generalmente tenuta in grande considerazione.
Il merito di aver finalmente affrontato il problema in maniera scientifica va
ascritto a H.M. Markowitz: egli Ł stato infatti il primo studioso a mettere l’accento
su un altro parametro, forse ancora piø importante nella selezione di un titolo: il
rischio.
Ogni titolo, sostiene Markowitz, presenta almeno due caratteristiche
essenziali, le quali devono essere congiuntamente considerate nel momento in cui si
renda necessario operare un confronto con altri titoli: il rendimento e, appunto, il
rischio
1
.
Se il rendimento di un titolo risulta, in genere, di agevole determinazione,
potendo essere espresso in percentuale sulla somma investita, non altrettanto pu
dirsi per il rischio.
¨ innanzitutto necessario precisare cosa si intenda per rischio relativamente
ad un investimento in titoli: nella accezione generalmente adottata in dottrina, esso Ł
rappresentato dalle possibili oscillazioni del rendimento.
Sulla base di tale definizione, possiamo pertanto affermare che un titolo Ł
rischioso qualora presenti rendimenti molto incostanti nel tempo e che, per
1
Harry M. Markowitz: "Portfolio Selection", Journal of Finance, March 1952, pp. 77-91
e
"Portfolio Selection: Efficient Diversification of Investments", John Wiley & Sons Inc. 1959.
6
converso, un titolo Ł a basso grado di rischio se i suoi rendimenti appaiono
pressochØ costanti.
Una volta accettata l’incostanza dei rendimenti quale indice di rischiosit
dell’investimento, non rimane quindi che individuare una misura di tale rischio.
Markowitz adott il rendimento atteso quale parametro di classificazione
della redditivit dei titoli, scegliendo invece la varianza per misurarne il grado di
rischio, rappresentato appunto dalla dispersione dei rendimenti effettivi intorno ad
un dato rendimento medio.
Il concetto merita di essere approfondito, se non altro al fine di sfatare una
serie di convinzioni alquanto radicate ma, allo stesso tempo, profondamente errate.
Si supponga ad esempio di disporre dei seguenti titoli:
Titolo A: rendimento medio 10% con varianza dei rendimenti molto ridotta
Titolo B: rendimento medio 15% con varianza dei rendimenti molto elevata
Affermare che il titolo B risulta maggiormente rischioso rispetto al titolo A
significa affermare il vero: la variabilit dei rendimenti del titolo B Ł infatti
superiore rispetto alla variabilit dei rendimenti del titolo A.
Ma, si noti bene, il titolo B fornisce un rendimento medio comunque
superiore rispetto al titolo A.
L’unico difetto del titolo B, se tale vogliamo considerarlo, consiste nel fatto
che esso presenta rendimenti molto incostanti nel tempo.
Per chiarire meglio l’esempio, si supponga che i rendimenti fatti registrare
negli ultimi 5 anni dai titoli A e B siano i stati seguenti:
Titolo A: 10% 10% 9% 10% 11% (rendimento medio 10%)
Titolo B: 5% 9% 8% 25% 28% (rendimento medio 15%)
Come si vede, i rendimenti ottenuti dal titolo B sono risultati molto irregolari
(addirittura peggiori rispetto a quelli ottenuti dal titolo A in ben 3 casi su 5);
nonostante ci , il rendimento medio complessivo del titolo B risulta superiore.
Ci che interessava ribadire Ł che, nell’accezione markowitziana, rischio
significa elevata variabilit dei rendimenti e non, come molti credono, probabilit di
ottenere minori rendimenti complessivi.
A ben vedere, il rischio legato ad un investimento nel titolo B dipende dalla
assoluta imprevedibilit dei rendimenti attesi nel breve periodo .
Tale titolo non appare quindi consigliabile agli investitori che si pongono in
un’ottica di breve periodo, in quanto il rendimento ottenuto risulter influenzato in
misura significativa dal timing dell’investimento stesso. Se, infatti, un investitore
decidesse di acquistare il titolo B nel corso del primo anno, per poi rivenderlo nel
corso del secondo anno, otterrebbe un rendimento medio del 7%; qualora invece egli
decidesse di acquistare il titolo B nel corso del secondo anno, per poi rivenderlo nel
corso del terzo anno, otterrebbe un rendimento medio dell’8,5% e cos via.
Naturalmente l’ipotetico investitore potrebbe anche essere fortunato: potrebbe, ad
esempio, aver deciso di acquistare il titolo B nel corso del quarto anno, per poi
7
rivenderlo nel corso del quinto anno (in tale ipotesi egli avrebbe ottenuto un
rendimento medio pari addirittura al 26,5%). Il titolo B, date le sue caratteristiche,
risulta insomma adatto esclusivamente agli investitori di medio-lungo periodo. Tali
investitori non sono infatti interessati ad ottenere una rendita periodica stabile, ma
puntano invece ad accrescere il piø possibile il loro capitale, anche a costo di
mantenerlo immobilizzato per un certo numero di anni.
Il titolo A appare invece adatto agli investitori che si pongono in un’ottica di
breve periodo, in quanto il rendimento ottenuto risulter influenzato in misura molto
ridotta dal timing dell’investimento stesso. Se, infatti, un investitore decidesse di
acquistare il titolo A nel corso del primo anno, per poi rivenderlo nel corso del
secondo anno, otterrebbe un rendimento medio del 10%; qualora invece egli
decidesse di acquistare il titolo A nel corso del secondo anno, per poi rivenderlo nel
corso del terzo anno, otterrebbe un rendimento medio del 9,5% e cos via. Anche nel
caso in cui tale ipotetico investitore risultasse particolarmente sfortunato,
riuscirebbe comunque ad ottenere un rendimento medio non inferiore al 9%. Il titolo
A, date le sue caratteristiche, risulta insomma adatto ad investitori di breve periodo
(i quali non possono assumere rischi legati al timing dell’investimento), oppure ad
investitori che puntino esclusivamente ad ottenere una rendita periodica stabile,
anche a costo di rinunciare a rendimenti medi superiori.
Una qualsiasi analisi di portafoglio, per poter essere definita scientifica, deve
pertanto tenere conto congiuntamente dei dati relativi al rendimento ed al rischio: un
approccio del genere porta infatti a scelte sicuramente piø razionali rispetto a quelle
generate dall’osservazione del solo rendimento atteso o della sola variabilit dei
rendimenti.
Secondo Markowitz, la funzione di un portafoglio non Ł quella di
moltiplicare vertiginosamente la ricchezza di un investitore ma, piuttosto, quella di
trasferire nel tempo un capitale iniziale (condizione essenziale perchØ se ne possa
trarre un rendimento in futuro), accrescendolo per quanto possibile, mantenendolo
in una forma abbastanza liquida e stabilizzandone il rendimento rispetto a quello
ottenibile da un investimento concentrato in uno o pochi impieghi.
Queste considerazioni, che appaiono razionali nel momento in cui si basi il
ragionamento sull’analisi congiunta del rendimento e del rischio, non sono state
altrettanto ovvie, quantomeno sul piano della dimostrazione analitica, prima che le
teorie di Markowitz si diffondessero.
¨ per questo motivo che diversi autori non parlano di Portfolio Selection
oppure di Portfolio Theory, ma semplicemente di Markowitz Theory.
1.2. Media e varianza dei rendimenti di un titolo
Ogni titolo, dunque, presenta un certo rendimento atteso ed una certa
varianza attesa, la quale misura il rischio inteso come variabilit del rendimento
stesso.
Tali valori si ottengono in base alle formule seguenti:
8
E(r
i
) = ∑ r
i
p
i
(rendimento atteso)
e
σ
2
(r
i
) = ∑ [r
i
− E(r
i
)]
2
p
i
(varianza attesa)
dove con r
i
viene indicato il rendimento atteso del titolo i-esimo, mentre con
p
i
viene indicata la probabilit associata a tale rendimento atteso.
¨ bene dire subito che la varianza, assunta quale misura del rischio, presenta
comunque qualche difetto: il principale inconveniente Ł che tale misura pu risultare
uguale anche se due titoli presentano distribuzioni di rendimenti tra loro molto
differenti; inoltre la varianza, misurando la dispersione dei rendimenti intorno al
rendimento medio, non Ł in grado di indicare se tale dispersione sia di segno
positivo o negativo (essa assume infatti valori sempre positivi o, al limite, pari a
zero): potremmo insomma ottenere uno stesso valore di varianza in corrispondenza
di due diversi titoli, dei quali il primo presenta rendimenti sempre negativi ed il
secondo rendimenti sempre positivi, ma con identico grado di oscillazione intorno al
rendimento medio (negativo nel primo caso, positivo nel secondo).
Quanto detto dimostra che anche la varianza, ove isolatamente considerata,
pu condurre a conclusioni errate circa la convenienza dell’investimento: ci a
riprova del fatto che rendimento atteso e varianza attesa svolgono efficacemente la
loro funzione di parametri discriminanti solo se congiuntamente considerati.
Si considerino le distribuzioni raffigurate nelle Figure 1 e 2, nelle quali a
ciascun rendimento Ł stata associata la rispettiva probabilit (facciamo notare che, in
luogo della varianza, Ł stato considerato lo scarto quadratico medio, indicato col
simbolo σ (r
i
), il quale rappresenta la radice quadrata della varianza: nel seguito
della trattazione si far spesso riferimento indifferentemente all’una o all’altra
misura, anche perchØ il termine varianza verr sovente considerato direttamente
come sinonimo di rischio).
9
Le caratteristiche della distribuzione riportata nella Figura 1 sono le seguenti:
E(r
i
) = 0,105
σ (r
i
) = 0,04272
I rendimenti osservati si collocano quindi prevalentemente al di sotto del
rendimento atteso.
10
Le caratteristiche della distribuzione riportata nella Figura 2 sono invece le
seguenti:
E(r
i
) = 0,125
σ (r
i
) = 0,04272
In questo caso i rendimenti osservati si collocano prevalentemente al di sopra
del rendimento atteso.
Contrariamente alle evidenti differenze nelle due distribuzioni esaminate,
notiamo che il rischio (matematico) risulta identico. ¨ invece evidente che il titolo
di cui alla Figura 2 presenta caratteristiche senza dubbio piø vantaggiose, dato che
per uno stesso livello di rischio pu vantare un rendimento atteso superiore.
Non sempre, per , il confronto operato considerando congiuntamente
rendimento atteso e varianza attesa porta a conclusioni esatte, ed Ł quanto ci
accingiamo a dimostrare.
Si considerino a tale scopo le Figure 3, 4 e 5, le quali presentano le seguenti
caratteristiche:
Figura 3: E(r
i
) = 0,126363 e σ (r
i
) = 0,0179761
11
Figura 4: E(r
i
) = 0,174166 e σ (r
i
) = 0,1594761
12
Figura 5: E(r
i
) = 0,12 e σ (r
i
) = 0,0272336
Si noti che la distribuzione di Figura 3 si basa su 22 rendimenti osservati: le
relative probabilit , la cui sommatoria Ł ovviamente pari ad 1, sono state ottenute
come segue (il discorso sulle probabilit associate ai singoli rendimenti verr
ampiamente sviluppato nel successivo paragrafo 1.12.1):
rendimento 0,10 osservato 5 volte su 22 (5/22 = 0,227272)
rendimento 0,12 osservato 7 volte su 22 (7/22 = 0,318181)
rendimento 0,14 osservato 6 volte su 22 (6/22 = 0,272727)
rendimento 0,15 osservato 4 volte su 22 (4/22 = 0,181818)
L’unica differenza tra la Figura 4 e la Figura 3 Ł rappresentata dal fatto che in
Figura 4 le osservazioni sono 24: vi Ł infatti un rendimento anomalo, pari al 70%,
verificatosi 2 volte su 24 (probabilit 0,0833).
La Figura 5 differisce anch’essa dalla Figura 3 per un solo particolare: il
rendimento anomalo pari al 5%, parimenti verificatosi 2 volte su 24 (probabilit
0,0833).
Ogni qualvolta sia possibile disporre della distribuzione dei rendimenti di un
titolo, come nel caso delle Figure 3, 4 e 5, Ł sempre possibile effettuare delle scelte
di investimento razionali, basate sulla comparazione dei parametri rendimento-
rischio, caratteristici di ciascuna distribuzione, ma anche sulla diretta osservazione
13
delle distribuzioni stesse, al fine di evitare dubbi o errori derivanti da errate
interpretazioni della realt che potrebbero scaturire dalla pura analisi statistica.
Ragionamenti cos approfonditi non possono per essere agevolmente
effettuati quando l’analisi si estende a centinaia di titoli; in tali casi ci si dovr
pertanto accontentare di giudizi basati esclusivamente sui parametri statistici
rendimento-rischio.
Giudicare un titolo sulla base di queste due misure sintetiche Ł dunque una
necessit pratica che per , come gi esposto in precedenza, ci espone al rischio di
non pervenire sempre a risultati esatti.
Facendo riferimento ancora alle Figure 3, 4 e 5, vediamo quali sono i risultati
di una analisi completa e quali invece i risultati di una analisi basata sui soli dati
statistici rendimento-rischio:
Analisi completa basata sull’osservazione delle distribuzioni dei rendimenti:
− il titolo di Figura 4 Ł senz’altro migliore rispetto al titolo di Figura 3 (infatti, pur
presentando rendimenti osservati analoghi a quelli del titolo di Figura 3, esso ha
ottenuto, anche se solo 2 volte su 24, un rendimento del 70%)
− il titolo di Figura 4 Ł senz’altro migliore rispetto al titolo di Figura 5 (infatti, pur
presentando rendimenti osservati analoghi a quelli del titolo di Figura 5, esso ha
ottenuto 2 volte su 24 un rendimento del 70%, mentre il titolo di Figura 5 ha
ottenuto 2 volte su 24 un rendimento del 5%)
− il titolo di Figura 5 Ł senz’altro peggiore rispetto al titolo di Figura 3 (infatti, pur
presentando rendimenti osservati analoghi a quelli del titolo di Figura 3, esso ha
ottenuto, anche se solo 2 volte su 24, un rendimento del 5%)
Analisi basata sul confronto dei soli dati statistici che esprimono il rendimento
atteso e la varianza attesa:
− non Ł possibile stabilire se sia migliore il titolo di Figura 4 o quello di Figura 3,
poichØ quest’ultimo presenta un minor rendimento atteso, ma anche una minore
varianza attesa
− non Ł possibile stabilire se sia migliore il titolo di Figura 4 o quello di Figura 5,
poichØ quest’ultimo presenta un minor rendimento atteso, ma anche una minore
varianza attesa
− il titolo di Figura 3 Ł senz’altro migliore rispetto al titolo di Figura 5, poichØ
presenta un maggior rendimento atteso ed una minore varianza attesa
In conclusione l’investitore, basandosi sulle sole due misure statistiche ormai
note - rendimento atteso e rischio - non avrebbe avuto le idee molto chiare in ben
due casi su tre.
14
Ed Ł proprio per schiarirsi le idee che Markowitz, come vedremo nel seguito,
inizi i suoi studi sulla Portfolio Selection: il suo desiderio era appunto quello di
individuare un metodo obiettivo per poter operare delle scelte ottimali tra due o piø
titoli, anche in casi dubbi come quelli descritti nelle Figure 3 e 4 o nelle Figure 4 e
5.
Notiamo infine che, date le misure che forniscono il rendimento atteso e la
varianza attesa, Ł possibile rappresentare ciascun titolo in uno spazio rischio-profitto
come quello descritto nella Figura 6 (i numeri dei titoli fanno riferimento alle
precedenti figure nelle quali essi erano descritti).
1.3. Il portafoglio titoli
Abbiamo sinora limitato la trattazione a singoli titoli, illustrando come per
ciascuno di essi sia possibile calcolare il rendimento atteso e la varianza attesa dei
rendimenti stessi: Ł giunto ora il momento di estendere tali ragionamenti al
portafoglio titoli.
Anche per un portafoglio titoli Ł infatti possibile calcolare rendimento atteso
e varianza attesa, come vedremo nel seguito. Anche per un portafoglio titoli
l’obiettivo dell’investitore consiste nel massimizzare il profitto, dato un certo livello
di rischio ritenuto accettabile, oppure nel minimizzare il rischio, dato un certo
livello di profitto che si desidera conseguire.
15
Dato un certo numero di titoli, Ł possibile ottenere un numero teoricamente
illimitato di portafogli diversi, sia per effetto dei diversi titoli che Ł possibile
includere, sia per le diverse percentuali che tali titoli possono assumere sul totale:
ciascun portafoglio sar ovviamente caratterizzato da un suo rendimento atteso e da
una sua varianza attesa.
Tra tutti i portafogli che presentano uguale rendimento atteso l’investitore
razionale sceglier quello che presenta varianza attesa minore, mentre tra tutti i
portafogli che presentano uguale varianza attesa egli sceglier quello che presenta
rendimento atteso maggiore.
Si prenda il caso di un portafoglio che presenta rendimento atteso pari al 9%
e varianza attesa molto ridotta: presumibilmente il rendimento effettivo che si
otterr da tale portafoglio (in un periodo qualsiasi) non risulter molto distante dal
rendimento atteso, attestandosi - ad esempio - al 9,7%. Si prenda invece il caso di un
portafoglio con rendimento atteso pari al 17% e varianza attesa abbastanza elevata:
in tal caso il rendimento effettivo potrebbe anche discostarsi di molto da quello
atteso, attestandosi - ad esempio - al 29% oppure al 5%.
Anche un portafoglio pu essere rappresentato nello spazio rischio-profitto
sulla base dei dati relativi al rendimento atteso ed alla varianza attesa, come gi
visto per i singoli titoli (vedasi precedente Figura 6).
Vediamo ora attraverso quali formule possiamo giungere a determinare il
rendimento atteso e la varianza attesa di un portafoglio.
Iniziamo, per semplicit , trattando il caso di un portafoglio composto di due
soli titoli:
Titolo A con rendimento atteso E(r
A
) e varianza attesa σ
2
(r
A
)
Titolo B con rendimento atteso E(r
B
) e varianza attesa σ
2
(r
B
)
Combiniamo questi due titoli in un portafoglio, nel quale w
A
rappresenta la
percentuale di capitale investita nel titolo A, mentre w
B
rappresenta la percentuale di
capitale investita nel titolo B (ovviamente w
A
+ w
B
= 1).
Il rendimento effettivo del portafoglio sar dato dalla media ponderata, con
pesi le percentuali w, dei rendimenti effettivi dei titoli A e B:
r
p
= w
A
r
A
+ w
B
r
B
Il rendimento atteso del portafoglio sar invece dato dalla formula seguente
2
:
2
Le formule proposte si basano sulle seguenti propriet delle variabili casuali:
E(A+B) = E(A) + E(B)
Varianza (A+B) = Varianza (A) + Varianza (B) + 2 Covarianza (A B)
Nel caso in cui le variabili A e B siano del tipo A’ = w
A
(A) e B’ = w
B
(B) si ha invece:
E(A’) = w
A
E(A)
16
E(r
p
) = w
A
E(r
A
) + w
B
E(r
B
)
La varianza attesa del portafoglio sar invece:
σ
2
(r
p
) = w
A
2
σ
2
(r
A
) + w
B
2
σ
2
(r
B
) + 2 w
A
w
B
cov(r
A
r
B
)
dove cov indica la covarianza attesa tra le variabili casuali A e B
3
.
Naturalmente Ł possibile estendere le formule per il calcolo del rendimento
atteso e della varianza attesa anche a portafogli composti da N titoli.
Le formule saranno le seguenti:
E(r
p
) = ∑ w
i
E(r
i
)
e
σ
2
(r
p
) = ∑∑ w
i
w
k
cov(r
i
r
k
)
Sviluppando le sommatorie per soli due titoli, otteniamo le formule gi
esaminate in precedenza
4
:
E(B’) = w
B
E(B)
Varianza (A’) = w
A
2
Varianza (A)
Varianza (B’) = w
B
2
Varianza (B)
Covarianza (A’ B’) = w
A
w
B
Covarianza (A B)
3
La covarianza misura congiuntamente le oscillazioni di due variabili intorno alla loro media. Si noti che:
cov (r
i
r
k
) = ρ (r
i
r
k
) σ (r
i
) σ (r
k
)
cioŁ la covarianza tra due variabili Ł pari al coefficiente di correlazione tra le due variabili moltiplicato per gli
scarti quadratici medi di ciascuna variabile.
Si noti inoltre che la formula relativa alla varianza attesa del portafoglio pu essere ottenuta anche in via
analitica come segue:
σ
2
(rp) = E [rp − E(rp)]
2
= E { w
A
r
A
+ w
B
r
B
− [w
A
E(r
A
) + w
B
E(r
B
)]}
2
=
= E [w
A
r
A
+ w
B
r
B
− w
A
E(r
A
) − w
B
E(r
B
)]
2
= E { w
A
[r
A
− E(r
A
)] + w
B
[r
B
− E(r
B
)]}
2
=
= E { w
A
2
[r
A
− E(r
A
)]
2
+ w
B
2
[r
B
− E(r
B
)]
2
+ 2 w
A
w
B
[r
A
− E(r
A
)] [r
B
− E(r
B
)]} =
= E { w
A
2
[r
A
− E(r
A
)]
2
} + E { w
B
2
[r
B
− E(r
B
)]
2
} + E { 2 w
A
w
B
[r
A
− E(r
A
)] [r
B
− E(r
B
)]}
ovvero:
σ
2
(rp) = w
A
2
E [r
A
− E(r
A
)]
2
+ w
B
2
E [r
B
− E(r
B
)]
2
+ 2 w
A
w
B
E [r
A
− E(r
A
)] [r
B
− E(r
B
)]
che, tradotta in simboli, diventa appunto la formula relativa alla varianza attesa del portafoglio.
4
Si noti che lo sviluppo delle sommatorie si basa sulle seguenti equivalenze:
cov (r
1
r
1
) = σ (r
1
r
1
) = σ
2
(r
1
)
17
E(r
p
) = w
1
E(r
1
) + w
2
E(r
2
)
e
σ
2
(r
p
) = w
1
2
σ
2
(r
1
) + w
2
2
σ
2
(r
2
) + 2 w
1
w
2
cov(r
1
r
2
)
Sviluppando le sommatorie per tre titoli, otteniamo:
E(r
p
) = w
1
E(r
1
) + w
2
E(r
2
) + w
3
E(r
3
)
e
σ
2
(r
p
) = w
1
2
σ
2
(r
1
) + w
2
2
σ
2
(r
2
) + w
3
2
σ
2
(r
3
) + 2 w
1
w
2
cov(r
1
r
2
) +
+ 2 w
1
w
3
cov(r
1
r
3
) + 2 w
2
w
3
cov(r
2
r
3
)
Lasciamo all’immaginazione del lettore lo sviluppo delle formule relative a
portafogli composti da centinaia di titoli.
Osservando le formule si nota chiaramente come la varianza attesa dei
rendimenti di un portafoglio non sia affatto pari alla varianza attesa ponderata dei
singoli titoli che lo compongono, propriet invece valida per quanto concerne il
rendimento atteso.
La varianza attesa dei rendimenti di un portafoglio Ł infatti uguale a:
varianza attesa dei rendimenti del titolo 1 pesata con w
1
2
varianza attesa dei rendimenti del titolo 2 pesata con w
2
2
...................................................................................
varianza attesa dei rendimenti del titolo N pesata con w
N
2
doppia covarianza attesa tra i rendimenti di ciascuna coppia di titoli, con
pesi i prodotti w
i
w
k
Osservando la composizione della varianza attesa del portafoglio, si
comprende come, al fine di comporre portafogli a bassa varianza attesa totale, sia
molto utile la scelta di coppie di titoli caratterizzati da rendimenti attesi
negativamente correlati tra loro o, comunque, aventi una minima correlazione
positiva.
Infatti, a livelli di correlazione bassa o negativa, corrispondono livelli di
covarianza attesa bassa o negativa, come si evince dalla nota relazione:
cov(r
i
r
k
) = ρ (r
i
r
k
) σ (r
i
) σ (r
k
)
dove ρ rappresenta il coefficiente di correlazione tra le variabili i e k.
cov (r
1
r
2
) = cov (r
2
r
1
)
18
1.4. Considerazioni sulle percentuali w investite nei singoli titoli
Un portafoglio, come abbiamo visto, Ł un insieme di N titoli. In ciascun titolo
viene investita una percentuale del capitale totale pari rispettivamente a:
w
1
, w
2
, w
3
, w
4
, w
5
, .......... w
N
Ne discende che, come gi riferito in precedenza:
Σ w
i
= 1
Mediante le percentuali w
i
possiamo determinare, sulla base delle formule
esaminate nel precedente paragrafo, il rendimento atteso e la varianza attesa del
portafoglio.
Si noti che le percentuali w
i
possono assumere i seguenti valori:
− w
i
= 1: il portafoglio Ł investito interamente nel titolo i
− w
i
= 0: il titolo i non Ł presente nel portafoglio
− 0 ≤ w
i
≤ 1: Ł la situazione normale (il titolo i Ł incluso nel portafoglio in una
determinata percentuale, assieme ad altri titoli)
− w
i
< 0: anzichØ investire una certa quota del capitale nel titolo i, il quale presenta
un rendimento atteso pari ad E(r
i
), si Ł preso in prestito del capitale al tasso
E(r
i
), al fine di investirlo in altri titoli del portafoglio: in tal caso la sommatoria
di tutte le percentuali positive w
i
relative agli altri titoli inclusi nel portafoglio
risulter superiore ad 1, mentre la sommatoria algebrica di tutte le w
i
(incluse
quindi anche le w
i
negative) risulter sempre pari ad 1
− w
i
> 1: nel titolo i risulta investito un capitale addirittura superiore a quello
detenuto dall’investitore: nel portafoglio vi saranno quindi necessariamente
anche delle w
i
< 0 (vedasi punto precedente)
Per meglio comprendere i ragionamenti proposti, esaminiamo il caso di un
teorico mercato nel quale esistano solamente quattro titoli, caratterizzati dai seguenti
rendimenti attesi:
E(r
1
) = 0,18
E(r
2
) = 0,12
E(r
3
) = 0,15
E(r
4
) = 0,11