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riale del continente; per tale motivo, al centro di questo lavoro sono state mes-
se le principali politiche e i principali studi, comunitari e nazionali, che negli
ultimi anni hanno caratterizzato il percorso evolutivo dello sviluppo territoria-
le.
Metodologia utilizzata
L’approccio metodologico utilizzato è stato in un primo momento di tipo
teorico, basato sull’analisi di fonti, studi e ricerche nazionali e comunitarie,
mentre, in un secondo momento, si è proceduti ad un’attività più concreta che,
seppur non avvenuta direttamente sul campo, ha permesso di studiare gli effet-
ti delle politiche policentriche nella parte settentrionale del nostro Paese.
Nel dettaglio, la ricerca teorica ha interessato diversi aspetti e diverse mate-
rie, dall’analisi socio-economica delle città e, più in generale, del sistema terri-
toriale comunitario, fino all’analisi dei sistemi di governance. Per l’ambiente
urbano, oltre al reperimento di fonti storiche che ne hanno permesso una rico-
struzione temporale, sono stati approfonditi anche aspetti riguardanti tanto teo-
rie localizzative (come quelle di Von Thünen, Alonso, Weber, Christaller e
Lösch), tanto modelli urbanistici (come Une Cité Industrielle o La Ville Con-
temporaine) sviluppatisi soprattutto nella prima metà del XX secolo. Inoltre,
l’aspetto urbano è stato analizzato anche attraverso fonti più attuali di natura
economica che hanno consentito di legare l’evoluzione funzionale delle città
alla globalizzazione dei mercati.
Per l’analisi del territorio comunitario e nazionale, invece, le fonti naziona-
li (quali testi di politiche urbane e territoriali, di economia regionale, di piani-
ficazione e sviluppo locale ecc…) hanno fornito solo un quadro parziale della
reale condizione europea e, quindi, è stato necessario risalire a documenti uffi-
ciali dell’Unione Europea, parzialmente trovati in lingua originale, che hanno
permesso di approfondire la successiva analisi policentrica. Infatti, il lavoro
svolto per esaminare l’aspetto policentrico del territorio europeo, e quindi an-
che nazionale, si è basato quasi esclusivamente su documenti ESPON riferiti a
6
diversi progetti conclusi negli ultimi anni (come il Progetto 1.1.1 sulle poten-
zialità di sviluppo policentrico in Europa, il Progetto 1.4.3 sullo studio delle
funzioni urbane, il Progetto 2.3.1 sull’applicazione ed effetti dell’ESDP negli
Stati membri, il Progetto 2.3.2 sulle politiche di governance territoriale ed ur-
bana dal livello europeo a quello locale, il Progetto 3.2 sugli scenari futuri eu-
ropei in relazione all’ESDP ed alla politica di coesione, il Progetto 3.3 sulla
dimensione territoriale della strategia di Lisbona-Goteborg) e reperibili, tutti in
lingua originale, sul sito internet http://www.espon.eu.
L’attività di ricerca sugli strumenti di governance e sulle politiche per il
territorio è stata svolta in parte in ambito europeo, facendo riferimento a fonti
dell’UE come il Regolamento n. 1082/06 (GECT), e in parte ha riguardato
l’analisi, attraverso fonti legislative nazionali e regionali, della situazione ita-
liana sul processo di decentramento dei poteri dallo Stato alle Istituzioni sub-
nazionali.
Oltre all’aspetto teorico, nell’elaborato si propone anche una forma più
concreta di studio di iniziative policentriche, in riferimento alla Regione Vene-
to ed alla macroregione del Nord-Ovest. Questo lavoro è stato possibile grazie
ai rapporti interconnessi con l’Arch. Cristiana Rossignolo ricercatrice di geo-
grafia presso il Politecnico di Torino, con l’Arch. Tiziana Quaglia della Dire-
zione Pianificazione Territoriale e Parchi della Regione Veneto, e con l’Arch.
Alessia Toldo ricercatrice del centro EU-POLIS del Dipartimento Interateneo
Territorio dell’Università e Politecnico di Torino.
Articolazione del lavoro
L’elaborato è stato articolato in 5 capitoli, 4 di analisi teorica deduttiva ed
il quinto di valutazione di iniziative policentriche concrete. Il primo aspetto af-
frontato ha cercato di analizzare l’ambiente urbano ripercorrendo il ruolo che
le città hanno svolto, e tutt’oggi svolgono, nello sviluppo economico e nel
progresso della società: dalla rivoluzione industriale, che ha stravolto gli equi-
libri sociali ed il modo di vivere degli individui attraverso il consolidamento
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del binomio industrializzazione-urbanizzazione, fino ai giorni nostri in cui, in
un mondo ormai globalizzato, le città soffrono processi di deindustrializzazio-
ne e mutano il loro aspetto e le loro funzioni cercando di rimanere competiti-
ve. Questa evoluzione è stata analizzata anche attraverso il susseguirsi delle
principali teorie economiche sulla localizzazione dei processi produttivi e sulla
distribuzione geografica dei centri urbani, oltre che attraverso i più importanti
modelli urbanistici che hanno segnato la nascita della città moderna prima e
della città diffusa poi.
Dopodiché, spostando l’attenzione sulle caratteristiche del territorio e del
sistema urbano europeo e sui suoi possibili sviluppi in ottica policentrica, si è
resa necessaria un’attività di ricerca che è sfociata nell’analisi di politiche co-
munitarie relative al territorio e all’integrazione economico-sociale. Il princi-
pale documento di riferimento è stato lo Schema di Sviluppo Spaziale Europeo
(ESDP), attraverso il quale è stato possibile evidenziare le tendenze in atto sul
territorio comunitario e individuare gli obiettivi prioritari che le politiche eu-
ropee devono perseguire, soprattutto in riferimento alla “creazione di un si-
stema policentrico equipotenziale quale condizione primaria per uno sviluppo
equilibrato e sostenibile raggiunto attraverso una politica di coesione e di
partecipazione”. Anche il riferimento alla Politica Regionale (o di coesione),
che promuove la riduzione dei divari fra le regioni mediante uno sviluppo e-
quilibrato e sostenibile secondo il principio di solidarietà, ha permesso di otte-
nere una piena visione delle iniziative comunitarie per lo sviluppo del territo-
rio, soprattutto per quanto riguarda i sistemi di Programmazione comunitaria
2000-2006 e 2007-2013 con i relativi Fondi Strutturali, dove l’iniziativa IN-
TERREG III (oggi Cooperazione territoriale europea) è stata oggetto di ulte-
riore approfondimento.
Grazie a questa operazione di comprensione del sistema territoriale comu-
nitario si è poi proceduto, nel terzo capitolo, all’identificazione del fenomeno
policentrico, definendone tipi e caratteristiche. Ciò è avvenuto mediante un
approfondito esame dei progetti e delle attività svolte dall’Osservatorio E-
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SPON (European Spatial Planning Observation Network), specie per quanto
riguarda il Progetto 1.1.1 “Potenzialità per uno sviluppo policentrico in Euro-
pa” che, partendo dalla distinzione, purtroppo non univoca, delle aree urbane
funzionali (FUAs), è giunto ad accertare quei territori che rappresentano le a-
ree di crescita metropolitana di importanza europea (MEGAs) e quei territori
che detengono le maggiori potenzialità future di crescita e di sviluppo dovute
alla cooperazione (PIAs). L’Italia, oltre ad essere contemplata negli studi E-
SPON, è stata oggetto di valutazioni policentriche anche da parte di ricerche
nazionali, come ad esempio quella del Dipartimento Interateneo Territorio del
Politecnico e Università di Torino (di Vanolo A.), attraverso le quali si è riu-
sciti a definire di certo una prevalenza di diversi grandi centri urbani e uno svi-
luppo squilibrato Nord-Sud, ma è risultata importante anche la presenza di un
diffuso sistema di città di medie dimensioni che, oltre ad essere ben distribuite
sul territorio nazionale (condizione morfologica), possiedono le capacità per
accrescere la propria posizione in ambito internazionale, specie nel turismo e
nell’imprenditorialità diffusa (condizione funzionale).
Con l’ultimo aspetto teorico trattato si è cercato di legare all’innovativo a-
spetto policentrico del territorio lo sviluppo di un’altrettanto innovativo siste-
ma di governance capace di operare attraverso la cooperazione e la partecipa-
zione di quanti più soggetti possibili presenti sul territorio, siano essi pubblici
o privati. Così, la governance multilivello in ambito comunitario e nazionale,
l’utilizzo di relazioni concertative pubblico-privato soprattutto in ambito loca-
le che rientrano nel più complesso processo della programmazione negoziata,
e il sistema delle Conferenze (Stato-Regioni, Stato-Città ed autonomie locali,
Conferenza Unificata) diffuso in Italia nell’arco dell’ultimo ventennio, rappre-
sentano i principali aspetti di un articolato percorso di decentramento dei pote-
ri che l’Europa sta tutt’oggi vivendo: in Italia il decentramento dei poteri è sta-
to apportato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 che ha riformato il Titolo
V della Costituzione “le regioni, le province, i comuni” e dalla legge attuativa
n. 131 del 2003 “La Loggia”, in quanto l’intento finale rimane quello di porta-
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re il Paese verso una riforma federalista, anche fiscale. Seguendo questo filone
di idee, e tenendo presente il principio di sussidiarietà, verticale ed orizzontale,
si è cercato di individuare gli attuali strumenti a disposizione delle città (PRU,
PRIU, PRUSST) e delle regioni (PRS, PTRC, PISL) per la definizione e lo
sviluppo delle proprie politiche territoriali, tutti considerati dall’ESPON quali
mezzi indiretti di applicazione del policentrismo.
Conclusa questa fase teorica che ha consentito quantomeno di individuare i
diversi ambiti e le diverse scale territoriali cui le politiche comunitarie fanno
riferimento, dal livello micro a quello macro, passando per quello medio, si è
resa necessaria la valutazione effettiva di alcuni progetti di sviluppo integrato
policentrico e così sono state individuate due diverse scale territoriali del no-
stro Paese, entrambe particolarmente dotate di un sistema policentrico funzio-
nale abbastanza forte ed integrato: la prima di tipo regionale ha interessato il
Veneto, la seconda di tipo macroregionale ha riguardato le tre regioni del
Nord-Ovest Piemonte, Lombardia e Liguria. Inizialmente l’idea è stata di con-
siderare due scale territoriali diverse attraverso la ricerca di due progetti maga-
ri rientranti nello stesso ambito (ad esempio raffrontare due progetti INTER-
REG, uno riferito alla cooperazione transnazionale e l’altro riferito alla coope-
razione interregionale) e raffrontarne i diversi aspetti e le diverse modalità di
cooperazione che ne scaturiscono. Ma in fase di ricerca è emersa una situazio-
ne differente da quella ipotizzata, in quanto, se per la Regione Veneto
l’attenzione è caduta subito sul progetto POLYcentric.DEVelopment. “condi-
visione delle migliori pratiche nella pianificazione territoriale per la promo-
zione di uno sviluppo policentrico sostenibile”, rientrante nel Programma IN-
TERREG III B (cooperazione transnazionale), per la macroregione del Nord-
Ovest ci si è trovati di fronte ad una realtà territoriale ancora in fase di “work
in progress” dove sono sicuramente presenti delle buone precondizioni, una
intenzionalità politica e una volontà futura di cooperare in ottica macroregio-
nale, ma allo stato attuale non si può certo trattare di una realtà effettivamente
attiva e presente sul territorio.
10
Per il reperimento del materiale per il POLY.DEV., oltre alla consultazione
del sito internet dedicato, ci si è rivolti alla Regione Veneto che, in quanto isti-
tuzione promotrice del progetto, attraverso la Direzione Regionale Pianifica-
zione Territoriale e Parchi ha consentito di pervenire a documenti necessari
per la comprensione delle modalità di svolgimento dell’iniziativa. Invece, la
macroregione del Nord-Ovest è stata valutata attraverso l’analisi di due pro-
getti di cooperazione definibili “potenziali” perché entrambi hanno creato le
condizioni necessarie per un futuro sviluppo di iniziative macroregionali. Il
primo è l’alleanza sinergica GE-MI-TO 2010 ed è stato scelto perché, promos-
so dalle Camere di Commercio delle tre MEGAs presenti sul territorio, rappre-
senta un buon esempio di cooperazione funzionale basata sulla competizione,
collaborazione e integrazione. Il secondo progetto è la Fondazione delle pro-
vince del Nord-Ovest, nata nel mese di dicembre del 2008 dopo due anni di
lavoro del Comitato promotore, ed è stato scelto perché, anche in risposta al
GE-MI-TO 2010, è orientato alla rappresentazione delle molte città di medie
dimensioni presenti sul territorio, oltre che al superamento della forte dipen-
denza della macroregione dalle grandi città. Sia il GE-MI-TO 2010 che la
Fondazione delle province del Nord-Ovest sono stati individuati grazie alle in-
dicazioni ottenute dal centro multidisciplinare sulle trasformazioni territoriali
EU-POLIS costituito presso il Dipartimento Interateneo Territorio del Politec-
nico e Università di Torino e operante dal 1999 con l’obiettivo di diffondere
un approccio territorialista nelle politiche territoriali a tutti i livelli.
Infine, a conclusione dell’elaborato, è stato possibile pervenire a delle con-
siderazioni che hanno riguardato sia lo stato di fatto del processo di sviluppo
del policentrismo nelle politiche del territorio dell’UE e dell’Italia, sia i possi-
bili sviluppi futuri necessari a colmare le ancora consistenti discrepanze con
quello che rappresenta lo scenario ideale di territorio policentricamente inte-
grato negli ambiti micro, medio e macro.
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CAPITOLO I
LA FORMAZIONE E LO SVILUPPO DELLA CITTA’
Introduzione
La rivoluzione industriale è stato il fenomeno che, più di altri, ha stravolto
gli equilibri sociali e il modo di vivere degli individui: è da allora che i proces-
si produttivi di tipo industriale si sono localizzati nella città e ne hanno deter-
minato le trasformazioni morfologiche e funzionali. Per oltre due secoli si è
formato e consolidato un legame profondo tra industrializzazione e urbanizza-
zione, grazie al quale lo sviluppo della città e la crescita industriale si sono a-
limentati a vicenda. Un rapporto, questo, diverso a seconda del periodo storico
di riferimento, al punto che risulta conveniente suddividere le principali fasi
della trasformazione urbana in tre periodi, ognuno meritevole di attenzione:
1. la prima fase inizia alla fine del XVIII secolo e riguarda la forma-
zione della città industriale nel secolo XIX, quando si passa dal la-
voro a domicilio e nelle campagne al lavoro svolto in fabbrica me-
diante l’utilizzo di macchinari;
2. la seconda fase è caratterizzata dalla formazione delle aree urbane e
metropolitane del XX secolo, un fenomeno definibile almeno fino
agli anni ‘70;
3. la terza fase, che arriva fino ai giorni nostri, vede l’affermarsi della
città diffusa e della riqualificazione dei centri urbani che modificano
le proprie funzioni in risposta alla terza rivoluzione industriale.
12
1.1 La nascita della città industriale
Il secolo XIX è segnato da una crescita, sia nel numero che nelle dimensio-
ni, delle città europee diversa dalle precedenti
1
. In Inghilterra, intorno al 1760,
sono presenti le condizioni che risultano determinanti per la rivoluzione indu-
striale: una favorevole collocazione geopolitica, il controllo delle principali
rotte atlantiche, la disponibilità di ingenti risorse di capitale, manodopera e
materie prime. Queste condizioni, combinate ad una mentalità e a valori prote-
stanti che spingono l’uomo ad un forte impegno nel mondo terreno, contribui-
scono a creare un ambiente favorevole all’imprenditorialità e allo sviluppo
della scienza. È l’attività manifatturiera tessile presente nelle campagne, dove
si lavorava a domicilio e si sfruttava l’energia delle acque correnti per azionare
i macchinari, che si sposta nei centri urbani favorendo la concentrazione indu-
striale della produzione mediante l’impiego di operai all’interno di fabbriche e
la sostituzione delle fonti di energia tradizionale (animali, vento e acqua) con
fonti combustibili (carbone)
2
. L’introduzione e l’applicazione della macchina
a vapore ai telai delle industrie tessili assicura una lavorazione continua di fila-
ti e tessuti e, quindi, la realizzazione di prodotti in quantità maggiori e sempre
a minor costo.
Così la città, che prima di allora aveva una stretta relazione con la campa-
gna e con l’ambiente che la circondava, si sviluppa seguendo una logica pro-
duttivistica dell’industrialismo capitalista e si impone sempre di più al territo-
rio che la circonda
3
. La struttura urbana, specie nella dislocazione degli edifici,
deve offrire una risposta alle esigenze della nascente società borghese-
industriale che superi quella visione storica medievale e del ‘500. Ma
1
Prima del 1800 il territorio europeo aveva visto una prima fioritura urbana sulle coste mediterranee
in epoca romana; una seconda nel lungo medioevo con l’aggiunta di città lungo le coste nordiche;
l’illuminismo e la nascita degli Stati nazionali vedono l’affermarsi di grandi città capitali come Parigi
e Londra ma anche di una dorsale centrale europea di piccole e medie città; nel 1700 è in Inghilterra
che si sviluppano le città costiere in risposta ai primi sentori della rivoluzione industriale e al crescente
commercio verso le colonie.
2
La prima rivoluzione industriale è dovuta principalmente all’innovazione della macchina a vapore e
dei telai che vengono adoperati nei processi produttivi del settore tessile.
3
Melis A. (1999), “Città e metropoli”, in Martinotti G. (a cura di), La dimensione metropolitana, Il
Mulino, pp. 275-295.
13
all’incremento demografico urbano non corrisponde un adeguato sviluppo ur-
banistico, soprattutto per la “latitanza” del governo locale nel predisporre ap-
positi piani e nell’incapacità di far fronte ad un fenomeno in veloce evoluzio-
ne. Questa consistente crescita urbana, quindi, si manifesta in modi diversi da
Paese a Paese: in Gran Bretagna si concentra soprattutto nelle città di medie
dimensioni di Liverpool, Manchester
4
, Nottingham, pur rimanendo Londra la
città più popolosa; città come Parigi e Vienna aprono e modificano la città sto-
rica; altre, invece, come Barcellona, realizzano altrove la nuova città
5
.
Dal punto di vista sociale il processo di industrializzazione porta prevalen-
temente nei centri urbani, specie se industriali, i maggiori mutamenti.
L’industria diventa il motore dello sviluppo urbano che struttura la città nei
suoi rapporti politici, economici e sociali e diviene sempre più il risultato di un
nuovo sistema economico basato sulla creazione di ricchezza attraverso l’uso
di capitale. Si tratta di una città fortemente divisa e caratterizzata da stridenti
disuguaglianze: da un lato la borghesia industriale e finanziaria che detiene i
mezzi di produzione e il capitale, dall’altro il proletariato
6
che può contare so-
lo sulla forza lavoro delle proprie braccia e che vive in condizioni di povertà e
degrado, in ambienti di lavoro malsani, in case prive di servizi e sovraffollate,
e deve fare i conti con il dilagare di malattie contagiose. In poco tempo si assi-
ste alla nascita, senza regole, di grandi sobborghi-dormitorio per gli operai che
4
La città di Manchester si sviluppa dalla fine del XVIII secolo secondo il tipico modello della prima
rivoluzione industriale: vedi Box 1 a fine paragrafo.
5
Parigi a metà del XIX secolo da avvio ad un piano urbano di 15 anni, Grands Travaux, il primo che
concepisce la città nella sua globalità con interventi strategici che riguardano la viabilità, l’edilizia, gli
spazi pubblici, i servizi urbani. Nello stesso periodo Vienna si vede al centro di un’azione urbanistica
che ha poi ispirato i piani di numerose città europee, il Ring: uno dei casi più riusciti di ri-uso di spazi
resi liberi dal mutamento di funzioni urbane. Benevolo L. (1985), Storia dell’architettura moderna,
Laterza Edizioni, Bari.
6
Il termine ha origini latine: proletarius. Fu usato nel censimento di Servio Tullio, sesto re di Roma,
per indicare coloro che per lo stato contavano soltanto in quanto avevano figli, una prole appunto. Nel
gergo attuale il proletariato, che indica la classe operaia nata dalla rivoluzione industriale nella secon-
da metà del XVIII secolo, ha dato spunto ad una vasta letteratura politica, sociologica ma anche narra-
tiva. Dal punto di vista sociologico, più che economico, un esempio illuminante è sicuramente il ro-
manzo “Il Tallone di Ferro” di Jack London che, pubblicato nel 1907, offre una serie di riflessioni su
una società ormai capitalistica e dominata dal profitto, stratificata in tre classi dove l’esigua plutocra-
zia detiene la maggior parte della ricchezza, la borghesia fatica nel cercare di non farsi schiacciare dal-
la classe superiore, e il proletariato rappresenta la classe più povera e più numerosa. London J. (1972),
Il tallone di ferro, Feltrinelli, Milano.