Un dato importante che emerge dalla pregressa legislazione,
significativo per l’economia del presente lavoro, è senz’altro quello
secondo cui il materiale raccolto durante la fase istruttoria ed anche
pre-istruttoria (interrogatorio, testimonianze, ricognizioni etc.), era
pienamente conosciuto dall’organo del giudizio e poteva da questi
essere posto a fondamento della sentenza che conclude il dibattimento e
ciò, in conseguenza del fatto che alla polizia giudiziaria ed al pubblico
ministero – oltre che al giudice istruttore -, era attribuito il potere di
compiere atti formativi di prova.
Il testo del codice di procedura penale attualmente in vigore è
stato approvato con decreto del Presidente della Repubblica n.447 del
22 settembre 1988,
1
ma in precedenza, diversi erano stati i tentativi di
riforma del procedimento, rimasti senza esito.
2
La riforma, dopo un anno di vacatio legis, è definitivamente
entrata in vigore il 24 ottobre 1989 e, con essa, una delle principali
novità che si sono immediatamente affermate è stata la scomparsa della
fase istruttoria e la sua sostituzione con quella delle indagini
preliminari, al termine della quale, ove il P.M. non ritenga di dover
chiedere al Giudice per le Indagini Preliminari l’archiviazione, vi sarà,
davanti a quel giudice, una udienza preliminare diretta ad accertare se
sussistono le condizioni per passare alla fase del giudizio.
Non si è trattato affatto di un mero mutamento di etichette, ma di
un cambiamento di sostanza, poiché l’attività svolta, nella fase delle
indagini preliminari, dalla polizia giudiziaria e dal pubblico ministero
1
Va aggiunto che, nella stessa data, il Presidente della Repubblica ha altresì approvato i testi di altre
disposizioni in tema di processo penale: quelle sul processo a carico di imputati minorenni (decreto
n.448 e quelle per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario alla nuova normativa procedurale
(decreto n.449).
2
Si ricordano soltanto la bozza redatta nel 1962 da Francesco CARNELUTTI e la prima legge delega
per un nuovo codice di procedura penale, n.108 del 3 aprile 1974, in base alla quale venne anche
redatto, nel 1978, un progetto preliminare.
2
non è formativa della prova, ma diretta, piuttosto, alla individuazione
delle fonti di prova, essendo solo il dibattimento la sede naturalmente
destinata alla formazione delle prove utilizzabili dal giudice per la
decisione.
3
La centralità del dibattimento ed il carattere non istruttorio (ossia
formativo di prova) della fase delle indagini preliminari conducono alla
adesione del nuovo sistema ai principi del modello accusatorio.
Abolito il giudice istruttore, la figura cioè più emblematica dei
sistemi penali di tutti i maggiori stati europei, il nuovo iter incentra la
fase anteriore al dibattimento su indagini preliminari condotte dalla
polizia giudiziaria e dal pubblico ministero, entrambi nella veste di una
autentica parte, ed entrambi incapaci di formare la prova nonché privati
di ogni potere coercitivo, al di fuori dei casi di urgenza.
Piccoli spazi sono concessi all’accusa, prima del dibattimento,
per la raccolta di prove non rinviabili e per la formulazione dei
fondamenti dell’imputazione
4
, ma essi si svolgono comunque dinanzi
ad un giudice terzo, un autentico nuovo organo, il G.I.P., creato proprio
dal codice vigente.
Non vi è dubbio che il carattere accusatorio del nuovo rito può
riassumersi nelle due più qualificanti connotazioni che emergono dal
raffronto con il sistema previdente: la ridefinizione dei ruoli e delle
fasi.
Sotto il primo profilo, sono venute meno, come detto, figure
emblematiche, come quella del giudice-accusatore (giudice istruttore),
3
Il giudice, infatti, fino ad inizio del dibattimento, conosce ben poco dei risultati delle precedenti
indagini (l’art.431 disciplina a tal riguardo la formazione del fascicolo per il dibattimento) e dovrà
maturare il proprio convincimento non in base alla lettura delle carte ma in base a quanto verrà
dimostrato, verificato e testimoniato sotto i suoi occhi.
4
Si tratta dell’incidente probatorio, art.392 c.p.p. e dell’udienza preliminare, art.418 e segg. c.p.p.
3
ma anche quella dell’organo monocratico con funzioni sia investigative
che decisorie (il pretore).
5
Sotto il secondo profilo, è evidentissima la cesura che separa la
fase del dibattimento da quella delle indagini preliminari che appaiono
del tutto estranee al processo vero e proprio.
6
Diversamente però da quanto avviene nei processi accusatori di
altri ordinamenti giuridici (ad es. quello statunitense), nel nostro
sistema, le parti non possono disporre dell’oggetto della controversia,
vale a dire che non è loro concessa, ad es., la pattuizione della pena.
7
Analogamente, va detto che il controllo esercitato dal G.I.P. nei
momenti più delicati della fase investigativa e le garanzie difensive
previste durante questa fase sono espressione del peso che la nostra
cultura ha esercitato nel plasmare la disciplina e la dinamica del nuovo
processo, diversificandolo da quello di tipo anglosassone.
Riepilogando questa breve introduzione, si osserva come la
ridefinizione dei ruoli che il nuovo codice ha imposto, comporta che
tanto la fugura del P.M., quanto gli uffici di polizia giudiziaria ad esso
collegati, nel sistema procedurale penale vigente, rappresentino dei veri
e propri Soggetti del procedimento, caratterizzati da uno stretto
rapporto, dal momento che la centralità dei compiti affidati alla P.G.
risiede nelle delicate fasi di avvio del procedimento stesso.
5
Cancellazione avvenuta attraverso l’assorbimento delle preture circondariali da parte dei tribunali e
con la distinzione, anche nei processi minori, delle funzioni di pubblico ministero da quelle del
giudice del dibattimento (giudice unico).
6
Può dirsi che tutti i protagonisti del processo recuperano tutte le loro pure funzioni, con particolare
riguardo al giudice, arbitro terzo ed imparziale della contesa, ed alle parti, il P.M. e l’imputato, a
cui è riconosciuta la titolarità di ogni iniziativa diretta alla ricerca e formazione della prova
(l’art.190, infatti, nel disciplinare il diritto alla prova, recita che “Le prove sono ammesse a richiesta di
parte …”).
7
I riti semplificati, come l’applicazione della pena su richiesta e il giudizio abbreviato, rappresentano
certamente modi di disponibilità del processo, ma sono collegati ad un diretto controllo del giudice
sulla legittimità del consenso prestato dalle parti stesse alla definizione anticipata del procedimento
(art.440 co.1° e 444 co.2°).
4
Capitolo I – Caratteri generali dell’attività della Polizia
Giudiziaria.
1.1 – Le forze di polizia nel nuovo modello funzionale
Alla polizia giudiziaria, il Codice vigente dedica
fondamentalmente due gruppi di norme: gli artt.55-59 sono riservati
agli aspetti strutturali ed organizzativi degli uffici e sezioni di P.G.
8
,
meglio articolati poi negli artt.5-20 delle disposizioni attuative, mentre
alle attività di indagine svolte dalla polizia giudiziaria, sono dedicati gli
articoli dal 347 al 370 c.p.p.
9
Va preliminarmente detto che, nelle finalità del Codice, alla
polizia giudiziaria non è riservato un ruolo servente nei confronti del
P.M. ma ad essa vengono attribuiti compiti propulsivi certamente
sconosciuti al sistema del codice del 1930.
Di fondamentale importanza appare, a tale riguardo, il contenuto
dell’art.326 (che apre il titolo I del libro V, sulle indagini preliminari),
che considera congiuntamente l’attività del pubblico ministero e della
polizia giudiziaria e che prevede che essi “svolgono, nell’ambito delle
rispettive attribuzioni, le indagini necessarie per le determinazioni
inerenti all’esercizio dell’azione penale”.
8
Per l'art. 55/2° c.p.p., la Polizia Giudiziaria "svolge ogni indagine e attività disposta o delegata
dall'Autorità giudiziaria" mentre il successivo terzo comma dispone che “funzioni indicate nei commi
1°-2° sono svolte dagli ufficiali ed agenti di Polizia Giudiziaria".
9
L'art. 370 c.p.p. prevede che il P.M. può avvalersi della "Polizia Giudiziaria per il compimento di
attività di indagine e di atti specificamente delegati", senza operare alcuna distinzione tra Ufficiali ed
Agenti di P.G..
5
Il riferimento “alle rispettive attribuzioni” riguarda,
naturalmente, i casi di attribuzione specifica di un potere o di un
obbligo all’uno od all’altro organo delle indagini.
10
Il medesimo art.326 (nonché l’art.358 ove si precisa che al P.M.
spetta di compiere accertamenti anche su fatti e circostanze a favore
dell’indagato) richiama l’attenzione sulla necessarietà delle indagini
rispetto alla determinazione dell’esercizio dell’azione penale:vale a dire
che vanno sicuramente svolti accertamenti mirati allo specifico fine di
avvalorare i fatti per cui si procede ma è indispensabile che gli organi
delle indagini raccolgano solo elementi tali da consentire il
promovimento dell’azione penale, in guisa da rendere dimostrabile la
tesi dell’accusa, ma non devono di certo andare alla ricerca della
formazione della prova, come era imposto al giudice istruttore.
In qualità di soggetti necessari del processo penale, le forze di
polizia che svolgono compiti di polizia giudiziaria, hanno la specifica
funzione di ricercare le fonti di prova e di compiere un complesso di
attività e di accertamenti finalizzati a consentire al pubblico ministero
di stabilire la fondatezza della notizia di reato e di decidere quindi sulla
sussistenza o meno dei presupposti per dare inizio al processo penale.
Come è facile intuire, l’attività svolta dalla Polizia giudiziaria,
per la gran parte, dipende da quella di indagine svolta dal magistrato
dell’accusa e ad essa è intrinsecamente collegata, anche quando, come
nella maggioranza dei casi, l’indagine stessa parte dall’ufficiale di P.G.,
che riceve una notizia di reato e la trasmette alla Procura della
Repubblica territorialmente competente.
10
Ad esempio, la direzione delle indagini spetta al pubblico ministero (art.327), taluni poteri-doveri
incombono invece sulla polizia giudiziaria (artt.331, 347, 348), cui sono imposti anche dei limiti alle
attività condizionate dall’urgenza (artt.352, 353, 354) mentre alla sola polizia giudiziaria spetta il
potere-dovere dell’arresto in flagranza (artt.380, 381).
6
Allo scopo di prestare diretto ausilio all’A.G., si sono costituite le
Sezioni di P.G. presso le Procure della Repubblica, distinte in diversi
settori, uno per ogni amministrazione di polizia, arma o corpo di
appartenenza.
Ciò non toglie che tutta la polizia giudiziaria, a qualsiasi corpo od
arma essa appartenga, può essere chiamata a collaborare alle attività di
indagine.
A tale proposito, sono nati, sin dal 1991 i servizi centralizzati di
polizia giudiziaria, sorti con lo specifico obiettivo di fronteggiare i
violenti attacchi portati contro lo stato dalla criminalità organizzata, tra
i quali spicca la Direzione Investigativa Antimafia (D.I.A.), un ufficio
di polizia interforze a carattere nazionale, presente su tutto il territorio e
direttamente collegato al corrispondente organismo giudiziario, la
Direzione Nazionale Antimafia (D.N.A.).
Visti alcuni importanti risultati raggiunti grazie a questo nuovo
modello organizzativo, ed attesa l’esigenza di evitare il verificarsi di
sovrapposizioni operative e di rendere più efficace il collegamento con
le strutture territoriali, il Ministero dell’Interno ha proseguito sulla
strada della creazione di organismi centrali ed interprovinciali di
ognuna delle forze di polizia.
Con i D.M.25.3.1998 e 4.3.2000, agli uffici interprovinciali sono
stati affidati compiti specifici di investigazione mentre alle strutture
centrali (che sono lo SCO per la Polizia di Stato, il R.O.S. per l’Arma
dei Carabinieri e lo SCICO per la Guardia di Finanza) sono
prevalentemente riservati compiti di analisi, raccordo informativo e
supporto logistico.
Dal punto di vista operativo, i servizi centrali possono talvolta
partecipare allo svolgimento delle attività investigative, quando si tratta
7
di indagini su delitti di tipo mafioso che presentano aspetti di grande
complessità e che richiedono l’impiego di speciali risorse operative o
tecnologiche.
Viceversa, sotto il profilo organizzativo, i servizi interprovinciali
non sono autonomi e non dipendono direttamente da quelli centrali (dai
quali possono tuttavia ricevere direttive tecnico funzionali per la
individuazione degli obiettivi), ma sono strutture specializzate istituite
presso i capoluoghi sedi di Corte di Appello (cioè una sede
corrispondente a quella delle procure distrettuali): si sono voluti creare
organismi di polizia giudiziaria specializzati, in corrispondenza degli
analoghi uffici giudiziari, con evidenti e proficue finalità di diretta
collaborazione.
11
Anche sul piano di un maggior coordinamento delle Forze di
Polizia, ai fini di un miglior impiego e di una più efficace attività di
contrasto e repressione degli episodi di criminalità, è stato recentemente
varato un pacchetto di norme (c.d. “pacchetto sicurezza”) che mira:
1. al rafforzamento delle funzioni del Centro elaborazione dati
del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, stabilendo che le
diverse Forze di Polizia vi inseriscano, tempestivamente e in
modo uniforme, tutte le notizie e le informazioni acquisite;
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“Stando ai decreti attuativi delle direttive ministeriali, costituiscono ora servizi interprovinciali:
- per la Polizia di Stato, le S.C.O. – Sezioni Criminalità Organizzata -, collocate all’interno
delle Questure;
- Squadre Mobili (distrettuali);
- Per l’Arma dei Carabinieri, le S/A – Sezioni Anticrimine -, collocate all’interno dei Comandi
Provinciali (distrettuali);
- Per il Corpo della Guardia di Finanza, i G.I.C.O. – Gruppi di investigazione sulla
criminalità organizzata -, collocati all’interno dei “Nuclei di Polizia Tributaria” (distrettuali)
oppure, in altri casi, all’interno dei Comandi di Gruppo (distrettuali).” L. D’AMBROSIO –
P.L. VIGNA, Indicazioni essenziali su le più importanti riforme del procedimento penale,
Padova, 2001, 17.
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