3
“E debbasi considerare come non è cosa più difficile a
trattare, né più dubia a riuscire, né più pericolosa a
maneggiare, che farsi a capo ad introdurre nuovi ordini.
Perché lo introduttore ha per nimici tutti quelli che delli ordini
vecchi fanno bene, et ha tepidi defensori tutti quelli che delli
ordini nuovi farebbono bene. La quale tepidezza nasce, parte
per paura delli avversarii, che hanno le leggi dal canto loro,
parte dalla incredulità delli uomini li quali non credano in
verità le cose nuove, se non ne veggono nata una ferma
esperienza.”
Niccolò Machiavelli, Il Principe.
1513
9
1. INTRODUZIONE
In questa breve introduzione la dissertazione viene inquadrata e contestualizzata
all’interno dell’attuale scenario aziendale. Un ulteriore approfondimento è stato fatto
per il settore petrolifero, area di interesse dell’azienda oggetto della Tesi.
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1.1 LA NUOVA COMPETIZIONE, UNA SFIDA GLOBALE.
Il paradigma competitivo tra le organizzazioni operanti nei più svariati mercati
ha subito negli ultimi decenni dei sostanziali mutamenti. La complessità dei mercati
e la loro estensione a carattere globale è cresciuta esponenzialmente ponendo le
aziende produttrici sia di beni materiali che di servizi al centro di una competizione
sempre più serrata e agguerrita.
Il cliente ricopre oggi un ruolo centrale nella pianificazione delle strategie
aziendali. La sua figura, le sue necessità ed esigenze, i suoi gusti e le sue tendenze, la
sua cultura e i suoi valori sono i primi fattori d‟influenza sulla politica produttiva di
un‟organizzazione. Al giorno d‟oggi, per garantirsi un vantaggio competitivo, non è
più sufficiente offrire un prodotto di qualità al giusto prezzo. E‟ infatti necessario
essere in grado di garantire una forte personalizzazione che si traduce in una vasta
ampiezza della gamma, il rispetto delle tempistiche attraverso sempre più ridotti time
to market, bassi costi come effetto di una maggiore efficienza, alti livelli di servizio,
prodotti differenziati e adeguatamente posizionati.
In altre parole, se nel passato era stata l‟industria ad esercitare un certo
controllo e una significativa influenza sulle caratteristiche della domanda, oggi
avviene l‟esatto contrario: è la domanda del cliente che plasma la filosofia e la
politica produttiva di un‟azienda. Queste riflessioni, di carattere generale, trovano
senza dubbio un maggiore riscontro in alcuni particolari settori: un esempio concreto
è rappresentato dal settore hi-tech e tutti quei settori caratterizzati dall‟alta
imprevedibilità della domanda, alti margini di guadagno, forte instabilità dei mercati
e ridotti cicli di vita.
Tramontata, quindi, la visione Fordista della grande produzione di massa
basata sulla standardizzazione e sullo sfruttamento di economie di scala, sorge
direttamente dall‟estremo oriente la nuova filosofia giapponese della Lean Production
che punta tutte le sue carte sulla personalizzazione del prodotto, su una cultura
improntata alla massima efficienza e sulla riduzione degli sprechi in tutti i campi
della propria organizzazione. Il nuovo contesto, estremamente dinamico e complesso,
ha imposto alle aziende la coraggiosa scelta di intraprendere radicali percorsi di
cambiamento senza i quali la sopravvivenza dell‟organizzazione sarebbe stata minata.
Il percorso di adeguamento al nuovo paradigma competitivo e verso la nuova filosofia
produttiva ha coinvolto numerosissime aziende in tutto il mondo pronte a seguire
11
l‟esempio del colosso Toyota, primo sponsor della Lean Organization. Le fasi
d‟implementazione del pensiero giapponese coinvolgono tutte le classiche funzioni
aziendali.
- La produzione segue la nuova filosofia “pull” che impone che sia il cliente a
“tirare” i numeri del ciclo produttivo in modo tale da ridurre al minimo i rischi di
invenduto.
- La gestione delle scorte è improntata alla massima razionalizzazione, snellendo i
magazzini e trovando il giusto trade-off tra costi di giacenza e costi di mancanza.
- Il processo di approvvigionamento delle materie prime e in generale tutta la
supply chain è improntata alla massimizzazione dell‟efficienza con l‟obiettivo di
eliminare i colli di bottiglia e concentrarsi sulle tempistiche in modo tale che tutto
arrivi nelle quantità giuste al momento giusto. Fondamentale importanza è data
alla gestione e allo sviluppo dei rapporti con i fornitori.
- Il controllo qualità non avviene più alla fine del processo ma grazie al
coinvolgimento degli operatori lungo la linea di produzione la sensibilità nei
confronti della qualità parte dall‟approvvigionamento delle materie prime
(qualità alla fonte) e prosegue lungo tutto il ciclo produttivo evitando così il
controllo finale a campione.
- La manutenzione degli impianti di produzione parallelamente al controllo della
qualità vede un allargamento delle responsabilità agli stessi operatori di linea,
chiamati a svolgere attività basilari di manutenzione e addetti a segnalare i primi
allarmi per eventuali anomalie e malfunzionamenti.
Ecco come l‟applicazione di queste principali linee guida per un nuovo assetto
aziendale può, nel nuovo contesto competitivo, fare la differenza tra le aziende che
riescono a sopravvivere e quelle che rischiano inesorabilmente di andare incontro al
loro declino.
E‟ importante capire però che il Lean Thinking è una filosofia, un modello
operativo sempre e comunque da contestualizzare e non rappresenta quindi l‟ultima
moda in voga da seguire.
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1.2 IL SETTORE PETROLIFERO
1
La raffinazione è per sua stessa natura un mercato internazionale e perciò
influenzato da molteplici fattori sia politici che economici. I mutamenti intervenuti in
questi ultimi anni sui mercati petroliferi internazionali hanno avuto un impatto critico
sull‟operatività dell‟industria petrolifera italiana ed europea che si trova oggi in una
condizione particolarmente difficile.
In Europa i margini di raffinazione, tra il 2008 e il 2009, sono diminuiti del
60% sulla scia di una sensibile riduzione dei consumi, che ha investito le economie
occidentali ed in particolare gli Stati Uniti, e di un aumento della capacità di
raffinazione mondiale.
Negli ultimi due anni le aziende operanti nel downstream (raffinazione e
distribuzione) hanno visto ridurre drasticamente i loro profitti in una misura compresa
tra il 60 e il 90%. Nei primi nove mesi del 2010 si è avuto un ulteriore rallentamento
dovuto sempre al peggioramento dei margini di raffinazione.
Come conseguenza è in costante aumento il numero di raffinerie europee
messe sul mercato, trasformate in deposito o anche costrette a lavorare con tassi di
utilizzo appena sufficienti a coprire i costi fissi, per un totale di circa 100 milioni di
tonnellate, contrariamente a quanto accade nelle regioni asiatiche dove invece si sta
andando avanti con la realizzazione di nuovi impianti.
I paesi emergenti, forti dei loro tassi di crescita, non guardano però solo al
mercato locale. Le loro nuove raffinerie, che indubbiamente godono di una situazione
di vantaggio competitivo in quanto soggette a vincoli normativi ed ambientali molto
meno severi rispetto a quelli europei, un costo del lavoro decisamente inferiore e
sussidi diretti alla produzione, sono pensate per lavorare greggi pesanti ed economici
in grado di garantire prodotti raffinati in linea con le specifiche europee e quindi
destinati alle esportazioni.
In un simile contesto la pressione sull‟industria europea della raffinazione si
acuirà con il rischio di dipendere per i prodotti raffinati sempre di più dall‟estero con
il risultato di peggiorare la sicurezza degli approvvigionamenti energetici e di
indebolire il sistema industriale europeo.
I combustibili fossili rimarranno infatti indispensabili nel mix energetico europeo
soprattutto nel settore dei trasporti dove l‟industria della raffinazione svolge un ruolo
1
Fonte dei dati www.unionepetrolifera.it
13
essenziale nel garantire la mobilità dei cittadini ma anche in altri comparti che
dipendono direttamente da essa (ad esempio il petrolchimico).
In Italia abbiamo una capacità di raffinazione di 106 milioni di tonnellate
distribuita su 16 impianti, con tassi di utilizzo attualmente intorno all‟82-83% rispetto
al 97% del periodo 2005-2008. Tenuto conto sia di quanto già accaduto in passato e
della possibile evoluzione dei consumi petroliferi, nei prossimi anni si profila un
eccesso di capacità compreso tra i 15 e 20 milioni di tonnellate, ossia l‟equivalente di
3-4 raffinerie di medie dimensioni (v. grafico).
Negli ultimi 6 anni i consumi sono infatti diminuiti di 18 milioni di tonnellate
e nei soli primi dieci mesi del 2010 il calo è stato di altri 2 milioni di tonnellate.
Il settore industriale è consapevole che per rimanere competitivo rispetto alla forte
concorrenza internazionale sarà necessario investire ingenti risorse per rispondere al
mutamento strutturale della domanda, alle nuove qualità di greggio e alle normative
in materia ambientale destinate ad un progressivo inseverimento sia dal lato delle
specifiche dei prodotti sia delle emissioni industriali.
Nel periodo 1997-2009 sono stati investiti nel settore petrolifero quasi 17 miliardi di
euro, di cui il 60% destinati al miglioramento ambientale dei cicli produttivi. Altri 5
miliardi di euro sono stati programmati fino al 2012.
14
L‟eventuale disimpegno dalle attività industriali della raffinazione implica uno
spostamento della dipendenza energetica di un Paese sempre di più verso i prodotti
finiti a scapito del grezzo, riducendo la flessibilità e la sicurezza degli
approvvigionamenti energetici con un aumento del rischio economico connesso alla
maggiore volatilità delle quotazioni dei prodotti finiti.
Per gestire correttamente i mutamenti in atto negli equilibri dei mercati
petroliferi nazionali e mondiali la soluzione risiede principalmente nel migliorare
considerevolmente il livello di efficienza e competitività dell‟industria petrolifera
italiana ed europea nel mercato internazionale.
15
2. LA MANUTENZIONE DEI
SISTEMI DI PRODUZIONE
L’obiettivo di questo capitolo è quello di presentare alcuni argomenti chiave oggetto
degli studi sulla Manutenzione industriale. Argomenti, la cui comprensione sarà utile
per una lettura più efficace dei capitoli che seguiranno. L’intenzione non è quindi
quella di sviscerare analiticamente la letteratura in materia, facilmente rintracciabile
nei testi che verranno inseriti nella bibliografia, bensì l’intento è quello di fornire al
lettore utili chiavi di analisi per i concetti che verranno descritti successivamente.
16
Negli ultimi anni il contesto aziendale venutosi a delineare ha spinto le
aziende produttrici sia di beni tangibili che di servizi ad aumentare la loro sensibilità
verso i concetti di Produttività, Qualità e Sicurezza. Questi tre fattori non possono
prescindere dall‟efficienza e dall‟efficacia di adeguati processi manutentivi sugli
specifici sistemi di produzione.
Come sarebbe possibile garantire alti standard di produttività senza
concentrarsi su fattori come l‟affidabilità e la disponibilità degli impianti? Come si
potrebbe fare della qualità un fattore critico di successo della propria organizzazione
senza razionali investimenti che assicurino le condizioni di funzionamento nominali
del proprio sistema produttivo? E infine, come si può parlare di sicurezza sul lavoro
quando potenziali rischi rilevanti sono generati da eventuali macchinari non
adeguatamente manutenuti, o da processi manutentivi impropriamente gestiti e
monitorati?
Deve quindi apparire palese a tutti l‟importanza strategica intrinseca nel ruolo
che la Manutenzione ormai ricopre nelle realtà aziendali produttrici sia di beni
materiali che di servizi e il suo legame trasversale con quasi tutte le altre funzioni
aziendali, dalle risorse umane all‟ufficio acquisti.
“La manutenzione è quella funzione aziendale che ha la supervisione di tutti
gli impianti di produzione di beni e di servizi e che deve progettare, organizzare e
realizzare degli interventi con lo scopo di garantire la potenzialità nominale ed il
buono stato di conservazione delle attrezzature nei periodi di funzionamento, ovvero
di minimizzare gli intervalli di fermo necessari per ripristinare queste
caratteristiche”.
2
In questa definizione della funzione aziendale “Manutenzione” troviamo più o meno
nascosti tra le righe tutti quelli che sono gli scopi e gli obiettivi primari che tale
funzione deve raggiungere. Tutto ruota intorno al concetto di “garantire la
potenzialità nominale” e “minimizzare gli intervalli di fermo”. Per “potenzialità
nominale” si intende il regime di funzionamento per il quale la macchina è stata
progettata dal costruttore con l‟obiettivo di garantire certe prestazioni. L‟espressione
“minimizzare gli intervalli di fermo” richiama alla mente il concetto di Disponibilità
(da non confondere con quello di Affidabilità). In altre parole l‟obiettivo primario di
un‟adeguata strategia manutentiva è quello di far tendere al 100% il valore della
Disponibilità degli impianti del proprio sito produttivo.
2
Dal testo Manutenzione dei Sistemi di Produzione, Manzini e Regattieri, PROGETTO LEONARDO
2007
17
La letteratura attuale è ormai ricca di modelli e metodi per l‟analisi dei guasti
e per lo studio dei tipici indicatori manutentivi con lo scopo di fornire un supporto
reale per la scelta della più adatta politica manutentiva da implementare nei propri
impianti. Ciò che appare in ritardo è l‟applicazione di questo know-how all‟interno
dello scenario industriale italiano. Infatti da una ricerca dell‟A.I.MAN. (Associazione
Italiana di Manutenzione) che ha svolto un‟indagine sullo stato della manutenzione
nelle PMI (piccole medie imprese) sono emersi alcuni dati molto significativi. I
risultati sono stati pubblicati nel 2004 e l‟indagine ha interessato un campione
formato da 174 aziende con un numero di addetti compreso fra 2 e 200 ed un fatturato
compreso fra 500.000 e 50 milioni di euro.
Lo studio voleva mettere in luce quattro aspetti principali: l‟esistenza della
funzione manutenzione, le politiche manutentive seguite, il livello di
programmazione dei lavori e l‟incidenza dei costi di manutenzione rispetto al
fatturato. Nelle aziende con più di 50 dipendenti la funzione Manutenzione esiste
nell‟85% dei casi. Il mix di politiche manutentive si divide tra un 42% di
manutenzione a guasto, un 44% di manutenzione preventiva e un 14% di
manutenzione su condizione. Nel 60% delle aziende è presente la programmazione
lavori e l‟incidenza del costo della manutenzione sull‟intero fatturato è del 2%. Questi
dati sono assai eloquenti. Grave appare il fatto che il 15% delle aziende con più di 50
dipendenti sia sprovvisto della funzione Manutenzione dato che una significativa
parte del fatturato rappresenta i costi di manutenzione a cui di conseguenza dovrebbe
essere prestata attenzione e interesse particolari.
Nei paragrafi seguenti è offerta una panoramica di alcuni concetti e argomenti
chiave della Manutenzione legati a quella che sarà la successiva trattazione e analisi
dello specifico contesto di questa Tesi.
2.1 COMPONENTI E SISTEMI
E‟ utile partire con l‟identificazione di chi e cosa sia generalmente l‟oggetto
della Manutenzione. Gli impianti di produzione sono di solito realtà molto complesse
inquadrabili come un insieme di macchinari, ognuno con la propria specifica
funzione, allineati nella sequenza più opportuna a garantire la catena di operazioni
che il nostro impianto è chiamato a svolgere al fine di trasformare la materia prima in
prodotto finito.