Introduzione
4
La politica della concorrenza sviluppata dalla Commissione delle Comunità
Europee
2
ha caratteri talmente singolari da potersi definire unica. La differenza
fondamentale rispetto alla regolamentazione dei mercati negli ordinamenti
nazionali è la presenza di diversi obiettivi, non potendo l’antitrust comunitario
limitarsi, nelle sue linee politiche, a garantire mercati perfettamente
concorrenziali. L’obiettivo ulteriore è quello dell’integrazione dei mercati e della
realizzazione del mercato unico europeo.
La natura parzialmente confliggente dei due obiettivi (l’antitrust europeo è
comunemente definito multipurpose
3
) ha contribuito allo sviluppo di una politica
della concorrenza non sempre univoca. Un esempio lampante è rappresentato
dall’atteggiamento, tutt'altro che lineare, delle istituzioni comunitarie nei
confronti degli accordi verticali.
Le intese verticali più frequentemente analizzate nell’attività di tutela della
concorrenza sono costituite da vari tipi di accordi di distribuzione di un prodotto
(distribuzione esclusiva, franchising, distribuzione selettiva, acquisto esclusivo) e
dalle pratiche di fissazione verticale del prezzo (prezzi di rivendita imposti). In
materia di accordi verticali la Commissione Europea ha sempre riconosciuto il
principio di vietare e condannare severamente tutte le pratiche che sfociano nella
compartimentazione artificiosa dei mercati. La presunzione che determinate intese
fossero astrattamente idonee a compromettere l’integrazione economica del
mercato comune segmentando i mercati nazionali, ha indotto la Commissione a
seguire un orientamento particolarmente severo nella valutazione delle stesse.
Sulla base di queste premesse si sono quindi considerate restrittive ai sensi
dell’art. 81, paragrafo 1, del Trattato CE e non esentabili, le clausole miranti ad
impedire le importazioni parallele e le vendite passive
4
, nonché quelle con cui il
produttore fissa il prezzo di rivendita
5
. Il principale rischio anticoncorrenziale per
2
D'ora in avanti "Commissione".
3
Cfr. Libro Verde sulle restrizioni verticali nella politica della concorrenza, par. 30: "Non si deve
tuttavia mai dimenticare che la Commissione è l’unica autorità competente in materia di
concorrenza nel mondo che non deve solo impedire che la concorrenza venga falsata, ma si
propone anche un obiettivo di integrazione dei mercati. I modelli di altri paesi non sono perciò
necessariamente trasponibili nell’Unione europea".
4
Sent. riunite 56/64, 58/64 Grundig-Consten c. Commissione, [1966] ECR 299.
5
Sulla base del dettato dell’art. 81(1) lett. a), Commissione e Corte Europea hanno sempre
ritenuto illecito il prezzo imposto e mai concesso esenzioni. Numerosi sono i precedenti che
mostrano tale orientamento: tra essi si veda la decisione GERO-Fabriek, G.U.C.E. 1977 L 16/8,
dove la Commissione dichiarò che “ il sistema dei prezzi imposti ai rivenditori potrebbe
Introduzione
5
quanto concerne gli accordi di acquisto esclusivo a fini di rivendita, ad esempio, è
quello di una chiusura del mercato che aumenti i costi di entrata dei produttori
concorrenti
6
.
Il sistema creato ha però cominciato ben presto a dare segni di cedimento. Il
sistema di controllo delle intese instaurato attraverso il reg. 17/62
7
, basato sulla
notifica degli accordi alla Commissione si è rivelato un’arma a doppio taglio. Pur
consentendole di controllare attentamente tutte le dinamiche del mercato
comunitario, il meccanismo delle notifiche è risultato di difficile gestione ed
eccessivamente oneroso. Le limitate risorse della direzione generale della
concorrenza
8
sono state, infatti, per lungo tempo utilizzate per sbrigare pratiche
inerenti ad intese innocue da un punto di vista concorrenziale. Nel tentativo di non
rimanere sommersa dal numero delle notifiche la Commissione ha escogitato
metodi più o meno efficaci, dalle c.d. comfort letters ai regolamenti di esenzione
per categoria in applicazione dell’art. 81, paragrafo 3, riuscendo solo in parte ad
arginare il flusso ininterrotto delle notifiche. Il necessario, radicale ripensamento
della politica delle intese verticali è iniziato nel 1997 con un’importante
comunicazione della Commissione, il Libro Verde sulle restrizioni verticali nella
politica della concorrenza comunitaria ed è proseguito, nel 1998, con la
comunicazione sull’applicazione delle regole di concorrenza alle restrizioni
verticali (seguito al Libro Verde)
9
. L’obiettivo prefissato è quello di creare un
sistema che valuti le intese all’interno del loro contesto di mercato, che consideri
influenzare gli scambi tra gli Stati membri deviando le correnti commerciali dall’orientamento
naturale che esse assumerebbero qualora la formazione dei prezzi fosse libera”.
6
Affinché tale rischio sia concreto è necessario che l’accesso ad una parte rilevante del mercato
dei canali distributivi venga ostacolato in maniera significativa e per un periodo prolungato
attraverso il rapporto di esclusiva ed, inoltre, che esistano elevate barriere all’entrata del mercato
della distribuzione. Gli accordi di esclusiva territoriale di vendita, a loro volta, possono
comportare condizioni deteriori per i consumatori solo in assenza di adeguate alternative di
consumo. In particolare, i rapporti verticali di distribuzione esclusiva, solo in presenza di imprese
dotate singolarmente o collettivamente di potere di mercato, possono avere un impatto restrittivo
della concorrenza, aumentando la discrezionalità monopolistica delle imprese interessate.
7
G.U.C.E. n. 13 del 21/02/1962 pag. 204 - 211. Il regolamento, vero e proprio cardine
nell'applicazione delle regole di concorrenza comunitarie per quasi 40 anni, sembra destinato,
insieme al reg. 19/65 e ad altri provvedimenti normativi, all'abrogazione. Il 27 settembre del 2000
infatti la Commissione ha presentato una proposta di regolamento del Consiglio, denominato
brevemente "Regolamento d'applicazione degli articoli 81 e 82 del trattato". COM (2000) 582. La
proposta è il risultato dell'adozione di un "Libro Bianco sulla modernizzazione delle norme per
l'applicazione degli articoli 81 ed 82 del trattato CE" e di un successivo processo di
consultazione.
8
Con l'arrivo del Presidente Prodi le direzioni della concorrenza non sono più contraddistinte da
numeri. Così la DG IV è diventata Direzione Generale della Concorrenza.
9
Comunicazione della Commissione sulla “applicazione delle regole di concorrenza comunitarie
alle restrizioni verticali” (Seguito al Libro Verde sulle restrizioni verticali ), G.U.C.E. C 365 del
26.11.1998.
Introduzione
6
maggiormente gli aspetti economici, non limitandosi ad analizzare gli accordi in
termini legali e formalistici. Il processo di riforma è culminato nell’adozione di un
regolamento generale di esenzione per categoria, il Reg. 2790/1999
10
,
caratterizzato da un approccio più ragionato alla problematica delle intese. Il
nuovo regolamento, pur risultando discutibile sotto alcuni punti di vista, è nel suo
complesso innovativo ed encomiabile. In esso si considerano con attenzione i
risultati derivanti dall'analisi economica e si cerca di dare una svolta alla
disciplina delle intese.
Il nuovo regolamento di esenzione si inserisce pertanto in un progetto di riforma
di ampio respiro, teso a "modernizzare" le regole di concorrenza comunitarie. In
questo progetto spiccano due cambiamenti, sicuramente fondamentali, anche
nell'ottica di una riduzione del carico di lavoro gravante sulla Commissione. Il
primo consiste in un passaggio da un sistema di autorizzazione ad un sistema di
eccezione legale, basato sull’abolizione delle notifiche, ed è talmente innovativo
da potersi definire epocale. L'altro consiste in una risposta alle pressanti esigenze
di decentramento. La Commissione ha, infatti, gelosamente custodito per oltre un
trentennio il potere di applicazione delle regole di concorrenza, utilizzando la
biforcazione presente nell’art. 81 per tutelare, attraverso la politica di
concorrenza, varie esigenze, anche differenti dalla tutela della concorrenza in
senso stretto, e per far rientrare considerazioni di tipo politico nella valutazione
degli accordi. Nel Libro Bianco sulla modernizzazione delle regole della
concorrenza
11
si propone, tra l'altro, un'applicazione decentrata dell'intero articolo
81. Si cerca così di avvalersi di un aiuto prezioso nell'applicazione del diritto della
concorrenza: quello delle corti nazionali e delle autorità competenti nazionali, nel
tentativo di creare un circolo virtuoso tra gli organi nazionali e quelli comunitari.
Tali tendenze sono sostenute da forti ragioni, non ultima quella dell’allargamento
della Comunità Europea ad est, che lascia intravedere il rischio di un collasso per
la Commissione. Il Libro Bianco indica dunque una direzione ben precisa, ma non
è altrettanto puntuale nel valutare le conseguenze, in particolar modo quelle
negative. Sono infatti molti gli interrogativi che non trovano una soluzione al suo
interno e diversi commentatori si chiedono se sia davvero il caso di abbandonare
10
Reg. 2790/1999, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato CE a
categorie di accordi verticali e pratiche concordate, G.U.C.E. L 336/21 del 29.12.1999.
11
Commissione UE: Libro Bianco sulla modernizzazione delle norme per l’applicazione degli
articoli 85 e 86 del Trattato CE, COM (1999) 101 def.
Introduzione
7
una strada per un’altra completamente nuova, senza che prima siano state sondate
tutte le conseguenze della nuova impostazione.
Capitolo 1 Politiche della concorrenza e disciplina del mercato
8
Capitolo 1
Politiche della concorrenza e disciplina del mercato
In accordo con la teoria economica classica, la libertà d’iniziativa economica e, di
conseguenza, quella di concorrenza, rappresentano fattori insopprimibili di
progresso economico e tecnologico.
In un sistema di libero mercato, la libertà di concorrenza ha lo scopo di indurre
chi produce a compiere ogni sforzo per introdurre innovazioni atte a rendere
raggiungibili la riduzione dei costi e il miglioramento della qualità dei prodotti e
servizi offerti; inoltre esclude dal mercato le imprese inefficienti; promuove la
differenziazione dei prodotti così ampliando le alternative per i consumatori; evita
che il potere economico si concentri negli stessi soggetti, favorendo l’accesso al
mercato e premiando gli operatori più capaci e meritevoli. Sono questi elementi
che distinguono l’economia di mercato da un’economia pianificata
burocraticamente. Ci si affida alle decisioni sul “come”, “dove”, “quanto” e
“cosa” produrre basate su libere scelte di un numero indefinito di produttori e
consumatori.
La concorrenza è considerata il meccanismo che permette il libero trasferimento
di risorse produttive da questo a quel settore dell’attività economica seguendo la
convenienza delle opzioni d’utilizzo disponibili: la concorrenza promuove
l’efficienza allocativa.
Qualora il sistema concorrenziale non funzioni, gli operatori presenti sul mercato
si garantiranno rendite monopolistiche a scapito dell’efficienza complessiva del
sistema e a detrimento dei consumatori, che si vedono privati dei vantaggi loro
spettanti da un sistema di tipo concorrenziale.
Tuttavia per quanto possa essere perfetto il sistema di libera concorrenza
(definiamo concorrenza perfetta una situazione di mercato in cui tutte le imprese
realizzano un output omogeneo perfettamente divisibile e non incontrano ostacoli
né all’entrata né all’uscita; i produttori e i consumatori dispongono di
informazioni complete, non incorrono in costi per transazioni e non influiscono
individualmente sui prezzi; inoltre non esistono esternalità), questo non sarà in
grado di reggersi sulle proprie gambe in quanto ci saranno sempre delle forze
anticoncorrenziali che tenteranno di ridurre il pluralismo su cui si basa il libero
Capitolo 1 Politiche della concorrenza e disciplina del mercato
9
mercato. Vi sono poi delle esigenze (come quella dell’utilità sociale richiamata
dall’art. 41 Cost.) che se non fossero imposte al sistema difficilmente potrebbero
essere soddisfatte.
Proprio per i motivi sopra citati si è sentita l’esigenza di introdurre legislazioni
antimonopolistiche che, in mancanza di meccanismi correttivi spontanei,
scongiurassero possibili effetti distorsivi del mercato.
Il primo paese a formulare una legge antitrust sono stati gli Stati Uniti d’America
con lo Sherman Act del 1890, in anticipo di alcuni decenni rispetto alle
corrispettive leggi dei Paesi europei e di ben un secolo rispetto a quella italiana
(legge 10 ottobre 1990, n. 287).
Gli scopi sottesi di queste legislazioni stanno nella tutela del “benessere del
consumatore” (consumer welfare) coniugato all’efficienza allocativa.
La scuola economica neoclassica (o “scuola di Chicago”: Bork, Posner e altri)
12
intende l’espressione “benessere del consumatore” come “efficienza globale del
sistema economico”. Conseguenza di ciò è che la struttura concorrenziale del
12
Presso l’università di Chicago, grosso modo intorno alla fine degli anni trenta del secolo scorso,
cominciò quello scambio di idee e di uomini tra il dipartimento di economia e la facoltà di legge
che fu determinante non soltanto per la fondazione della “Analisi Economica del Diritto” (d’ora in
avanti AED) ma per il pensiero economico in generale e per la legislazione antitrust statunitense (e
di conseguenza per quella di tutto il resto del mondo) in particolare. Nel clima culturale generale
del realismo giuridico americano di quegli anni, nella facoltà di legge fu istituito per la prima volta
un corso quadriennale di studi interdisciplinari che includeva diversi insegnamenti economici. Nel
1939 la facoltà (giuridica) “chiamò” il suo primo economista, Henry Simons; il suo corso
significativamente fu denominato “Economic Analysis of Public Policy”. Il suo successore su
quella cattedra fu Aaron Director (anche lui un “ex ” del dipartimento di economia) che pose al
centro dei propri interessi lo studio della struttura giuridico - istituzionale più consona ad un
sistema economico competitivo. L’influenza scientifico -culturale di questo studioso fu enorme:
basti pensare che R. Bork e R. Posner furono suoi allievi, ovvero uno dei massimi studiosi di
antitrust law il primo, e il secondo colui che viene indicato come uno dei padri fondatori della
AED. In sostanza l’idea, la convinzione, che veniva maturando in quegli anni in quell’ambiente
culturale altro non era che una sorta di presa d’atto che del mercato sapevano gli economisti, del
governo, delle leggi, delle regole sapevano i giuristi ergo, delle relazioni tra mercato e legge ci se
ne occupava meglio se gli uni e gli altri integravano e compendiavano le rispettive riflessioni e
conclusioni. A. Director, applicando la “price theory” alla comprensione di casi concreti di
fusioni, concentrazioni, integrazioni e quant’altro, mostrò che molto spesso tutto ciò non era
dovuto ad intenti monopolistici bensì al perseguimento dell’efficienza. La legislazione antitrust
statunitense infatti condannava e condanna i comportamenti anticoncorrenziali non già il
monopolio di per sé che, anzi, può ben essere esattamente ciò che l’efficienza richiede. In
conclusione l’esito politico e teorico (di politica economica) della scuola di Chicago (dei
giuseconomisti di) consisté nella affermazione della capacità di autoregolazione del mercato. Il
monopolio può essere il risultato del processo competitivo, un risultato perciò stesso desiderato e
desiderabile; lo stesso processo competitivo d’altra parte può essere il motore per il superamento
del monopolio in tutte quelle circostanze nelle quali esso non “vada d’accordo con l’efficienza”.
L’ insorgenza del monopolio così come la sua eliminazione o delimitazione sono gli esiti del
mercato che, appunto, si autoregola; la regolazione governativa invece può produrre talvolta
risultati contrari all’efficienza o comunque peggiori dei mali che si propone di curare. In sostanza
la legislazione antitrust doveva limitarsi a garantire le condizioni per la concorrenza, questo è tutto
ciò che è necessario per garantire l’efficienza del sistema.
Capitolo 1 Politiche della concorrenza e disciplina del mercato
10
mercato non è vista come un valore da difendere assolutamente in quanto
apportatrice di benefici alla collettività, ma soltanto in quanto arrechi effettivi e
riscontrabili vantaggi all’intero sistema economico.
L’efficienza allocativa è quindi un concetto strettamente collegato al benessere
della collettività, senza considerare chi possano essere i soggetti cui deriveranno
vantaggi o sacrifici: se la politica della concorrenza scelta procura un vantaggio
economico complessivo per i produttori maggiore del pregiudizio arrecato ai
consumatori (o viceversa), questa politica è da ritenersi “efficiente”. Questa
visione è possibile poiché la scuola di Chicago ed i suoi seguaci sono indifferenti
al problema della distribuzione delle risorse: problema che riguarda la politica-
sociale e non la politica della concorrenza.
L’esperienza legislativa americana ha permesso ai paesi giunti in tempi successivi
ad una disciplina antitrust, di sfruttare l’evoluzione giudiziale e teorica formatasi
oltre oceano, usufruendo in sede comunitaria ed europea del filtro dell’evoluzione
della teoria economica sviluppatasi tra le due guerre mondiali e sfruttando il
dibattito giuridico svoltosi intorno alle legislazioni antimonopolistiche.
Ciò ha trovato conferma nell’introduzione, come modello di riferimento, della
concorrenza “praticabile” o “sostenibile” (workable competition)
13
sviluppatosi
nel diritto statunitense e ancora oggi il più in auge in alternativa al modello della
concorrenza perfetta
14
.
13
Nel 1940 J. M. Clark introdusse il concetto di concorrenza workable. La “workable
competition” afferma che non necessariamente le imperfezioni del mercato sono da eliminare,
perché queste possono essere annullate dalla presenza di altre imperfezioni. Il mercato secondo
Clark può essere efficiente anche se ci sono delle imperfezioni, ma è importante vedere se nel
segmento preso in considerazione ci sia un tipo di concorrenza funzionante, praticabile o
workable.
14
Il concetto di concorrenza, almeno per gli occidentali è un concetto che a livello intuitivo
ognuno possiede e lo si associa spesso alla rivalità che c’è fra due o più soggetti per raggiungere
un obiettivo. Il confronto concorrenziale in genere è stimolante per gli individui in “lotta”, in
“gara” in cui solo alcuni saranno premiati, quelli più efficienti. E’ nella teoria dei prezzi, che si va
ad affermare a livello nozionistico il concetto di concorrenza perfetta che ancora oggi predomina.
Tale definizione coincide con quella operata da E. H. Chamberlin che nel suo lavoro la divide in
concorrenza “pura” e “perfetta”. La concorrenza pura richiede due requisiti necessari e sufficienti:
• la singola impresa è influenzata dal prezzo, cioè è price-taker;
• i prodotti presenti sul mercato sono omogenei e fungibili.
La concorrenza pura se ha anche altri requisiti quali:
• non vi sono barriere all’ingresso;
• le risorse impiegate godono di mobilità assoluta;
• l’informazione sul mercato è totale,
allora il modello diviene perfetto. L’impresa che opera in un regime di concorrenza perfetta avrà
una curva di domanda piatta, questo permetterà di vendere all’impresa una qualsiasi quantità Q ad
un prezzo dato. In una situazione di concorrenza perfetta l’impresa avrà il suo punto di massimo
profitto o equilibrio concorrenziale quando la funzione positiva del costo marginale intersecherà
quella del ricavo marginale, cioè quando il prezzo uguaglia il costo marginale. Se ci si dovesse
Capitolo 1 Politiche della concorrenza e disciplina del mercato
11
La concorrenza perfetta fa sì che qualsiasi variazione nella quantità prodotta di un
bene non influenzi il prezzo dato un numero infinitamente grande di produttori.
Come è ben verificabile la concorrenza perfetta è una condizione difficilmente
raggiungibile, una situazione limite rispetto alla normalità della concorrenza.
Osservando la realtà che lo circonda Schumpeter
15
critica questo modello
affermando che la sostanza dinamica del moderno capitalismo dimostra che
l’impulso fondamentale da cui trae alimento il progresso economico proviene
dall’introduzione di nuovi beni di consumo, dall’impiego di nuove tecniche
produttive e distributive, dalla conquista di nuovi mercati e dalle nuove forme di
organizzazione industriale e commerciale, non dalla sola concorrenza basata sui
prezzi
16
. Soltanto l’impresa monopolista è in grado di acquisire e di disporre delle
trovare sotto tale “prezzo critico”, naturalmente le nuove imprese diserteranno questo settore
industriale, finché il prezzo P non sarà nuovamente al livello di equilibrio. In caso contrario, ossia
nel caso in cui il prezzo di mercato sarà superiore al costo marginale o punto di pareggio, nuove
imprese saranno invogliate ad entrare in quel mercato, per realizzare il surplus dato dalla
differenza fra prezzo di mercato e prezzo di pareggio. La presenza di nuove imprese però,
innescherà un meccanismo che fungerà da volano per far muovere in basso, verso il punto critico
di pareggio, il prezzo di mercato.
E’ importante precisare però, che tale meccanismo è valido se le imprese possono entrare ed uscire
da quel mercato senza sostenere dei costi, in altre parole non ci devono essere delle barriere sia
“all’entrata” che “all’uscita”. Inoltre tale ragionamento crolla quando la curva del costo marginale
dell’impresa è inclinata verso il basso. In questo caso se ci si muove a destra di una curva
decrescente del costo marginale, si trova che il prezzo unitario addizionale, è maggiore del costo
marginale. Il risultato di questo discorso è che l’impresa concorrenziale, con costi marginali
decrescenti, per ottenere un profitto addizionale, espanderà la propria produzione oltre la curva del
costo marginale. Così facendo si arriva ad un traguardo evidente: un’impresa o un piccolo numero
di imprese espanderà sempre più la produzione a tal punto da accaparrarsi una parte notevole di
mercato. Si arriverà dunque ad avere o una situazione di monopolio, o di oligopolio, o una forte
imperfezione della concorrenza che rappresenta uno scostamento dal modello teorico della
concorrenza perfetta.
15
Joseph Alois Schumpeter (Triesch, 1883 - Taconic, Connecticut, 1950). Economista austriaco,
tra i maggiori del ventesimo secolo. Nato in Moravia (Repubblica Ceca), allora parte dell'Impero
Austro Ungarico, da una famiglia appartenente all'etnia tedesca dei Sudeti, si trasferì con essa a
Graz dopo la morte del padre e, in seguito, a Vienna, dove la madre si era stabilita con il nuovo
marito. Nella capitale dell'Impero, studiò alla facoltà di Diritto, dove si specializzò in economia
sotto la guida di Friedrich von Wieser ed Eugen von Böhm-Bawerk. Dopo la laurea ed una breve
esperienza professionale come avvocato al Cairo, tornò in patria, ottenendo l'incarico di professore
d'economia all'Università di Czernowitz, città che ora si trova entro i confini dell'Ucraina. Insegnò
poi a Graz (1911 - 1918). Dopo la grande guerra, fece parte di una commissione per lo studio delle
socializzazioni istituita dalla repubblica di Weimar. Nel 1919 rivestì, per pochi mesi, la carica di
ministro delle finanze nel governo della giovane repubblica austriaca. In seguito, tenne la
presidenza della banca Biederman, fino al 1924, anno in cui riprese la docenza universitaria,
questa volta a Bonn. Nel 1932 si trasferì negli Stati Uniti, dove insegnò ad Harvard fino a che la
morte lo colse nel sonno, l’8 gennaio 1950.
16
Per Schumpeter la causa preponderante è l'innovazione. Il concetto schumpeteriano di
innovazione è complesso e non può essere qui approfondito appieno, ma in sostanza la nozione
d'innovazione viene a coincidere per Schumpeter con quella di impresa e la nozione di
imprenditore con quella di innovatore. L'innovazione non è per Schumpeter un fatto tecnologico,
tant'è che delle cinque tipologie di "nuove combinazioni" che egli individua nella Teoria della
sviluppo economico (Schumpeter, 1971), due non hanno alcun punto di contatto con la tecnologia,
manifestandosi nella sfera dello scambio ("apertura di un nuovo mercato", "conquista di una
Capitolo 1 Politiche della concorrenza e disciplina del mercato
12
tecnologie innovative, che non sono alla portata della gran massa dei concorrenti.
Se dunque è la grande impresa monopolistica a promuovere lo sviluppo e, nel
lungo periodo, anche la crescita globale del sistema, la conclusione è che le
condizioni di una concorrenza perfetta non soltanto sono difficilmente verificabili
nella pratica, ma non vantano neppure alcun titolo per proporsi come modello
assoluto e desiderabile di ideale efficienza.
Nonostante ciò, la maggioranza di economisti e giuristi è più sensibile ai pericoli
derivanti da posizioni monopolistiche che ai vantaggi delle economie di scala,
preferendo la concorrenza al monopolio.
Da tempo esisteva anche la consapevolezza che la gara concorrenziale, ancorché
volta all’acquisizione di posizioni di monopolio, può portare a notevoli vantaggi
in termini di efficienza delle imprese e che una rigida applicazione dei divieti
legislativi avrebbe sacrificato in parte detti vantaggi.
Proprio per cogliere i migliori aspetti delle due opposte visioni (concorrenza
atomistica
17
e monopolio) si è optato per un modello di cosiddetta concorrenza
“praticabile” o “sostenibile” (workable). L’obiettivo di questo modello era quello
di permettere una riduzione del numero delle imprese presenti sul mercato
(rispetto al modello di concorrenza atomistica) cercando di garantire al contempo
un corretto funzionamento della concorrenza: niente di nuovo, ovviamente,
rispetto al modello teorico di concorrenza perfetta, ma piuttosto il tentativo di
soddisfare l’esigenza delle imprese di raggiungere la dimensione ottima minima
18
così da abbassare i costi con la condizione di un numero sufficientemente ampio
di unità produttive presenti sul mercato.
Una teoria successiva detta del “mercato contendibile” elaborata da Bain sulle
riflessioni di Clark riguardo al concetto di concorrenza potenziale invitava a
nuova fonte di approvvigionamento"), una attiene all'organizzazione ("riorganizzazione di una
qualsiasi industria") e le rimanenti due alla sfera della produzione ("produzione di un nuovo bene",
"introduzione di un nuovo metodo di produzione"). Ovviamente l'ultima è quella su cui è più
diretto l'influsso della tecnologia, ma al riguardo Schumpeter si affretta a precisare che, per
manifestarsi, "non ha affatto bisogno di una nuova scoperta scientifica". In altre parole,
l'innovazione non deve essere confusa con l'invenzione, che Schumpeter considera irrilevante dal
punto di vista economico, né l'imprenditore va confuso con l'inventore. In sintesi,
innovatore/imprenditore è colui che rompe la routine, introducendo un nuovo modo di produrre o
di commerciare o di organizzare, perché lì vede un'opportunità di profitto che altri non vedono.
17
La concorrenza è atomistica quando il numero degli operatori è illimitatamente grande.
18
La dimensione ottima minima può essere definita in sintesi come quel livello di output che
permette di utilizzare i fattori produttivi nel modo tecnicamente ed economicamente più efficiente,
e corrisponde quindi a quel volume di produzione per unità di tempo cui è associato il costo medio
unitario minore, quando sia dato e costante l'impianto di produzione.