5
educativi con i minori. I progetti migratori sono quasi sempre quelli di un adulto che attiva
un processo di sradicamento (temporaneo e/o definitivo) per raggiungere un tenore di vita
migliore rispetto alla sua attuale condizione. Il contatto avviene con una società che ha
sviluppato dispositivi culturali e sociali che chiedono agli immigrati una ridefinizione
importante della propria identità. È un discorso tra adulti di società culturalmente diverse, è
un dialogo (spesso asimmetrico per lo status socio-economico) nella diversità che non può
esser eluso. I problemi delle seconde generazioni cominciano a bussare alle porte solo
adesso in Italia e anche in Provincia di Varese. Ma hanno bisogno di questo sostrato
d’incontro, dove la pedagogia può riscoprire la sua vocazione: un faro predittivo,
prescrittivo sui cammini comportamentali e sui valori comuni da coltivare per attuare una
crescita e una valorizzazione degli esseri umani coinvolti in questo interscambio dettato
dalle ragioni di una nuova epoca segnata dalla globalizzazione. Il segno dell’intercultura
comporta questo “valore aggiunto”, dove i cammini educativi ridefiniscono i propri punti
di partenza per definire nuovi spazi e tempi dell’agire, per contaminarsi efficacemente tra
valori e identità che si mescolano senza perdersi ma ricreandosi.
Prima di entrare nel merito del territorio varesino diamo un’inquadratura più ampia sul
fenomeno migratorio in Italia (Capitolo I). Ci sono degli aspetti quantitativi che danno il
segno di un movimento in crescita, orientato a una stabilizzazione e parallelamente un
contesto italiano che offre una sua risposta legislativa e uno scenario sociale definito.
Come si muove il mercato del lavoro? Quali sono le aspettative per il futuro economico
con l’inserimento degli immigrati in modo stabile nel contesto italiano?
Ci chiederemo se ci sono le infrastrutture legislative e istituzionali per una buona
governance dei flussi.
Successivamente dedicheremo spazio alla scoperta di un territorio (Capitolo II) con un
background storico, un’evoluzione economica, uno sviluppo e delle condizioni di
benessere che operano un effetto “pull” sulle migrazioni: la Provincia di Varese. Questa
offre delle credenziali di rilievo per soddisfare le aspettative dei progetti migratori. Ma
nello stesso tempo cerchiamo nelle pieghe della storia e nella geografia di “confine” di
questo territorio se ci sono delle costanti che segnano gli atteggiamenti culturali del
varesino nei confronti della migrazione e dell’”altro”. Ripescare dal passato (remoto e
recente) le vicende dell’emigrazione e del frontalierato varesino costituiscono tasselli di
“memoria attiva” di vivo interesse. Una terra “bianca” politicamente colonizzata dalla Dc
6
che si trasforma in uno dei maggiori bacini collettori del movimento leghista offre motivi
di riflessione per capire i vissuti di fronte all’immigrazione degli ultimi anni.
Le questioni più comuni che si affrontano, anche in questa Provincia, sulla questione
migratoria sono l’effetto “invasione”, la clandestinità che alimenta la disoccupazione, il
lavoro nero e l’illegalità. È importante quindi farsi aiutare dai dati statistici dei Rapporti
ISMU provinciali per dare un quadro locale più oggettivo e meno legato agli impatti
mediatici ed emotivi (Capitolo III). Ritroveremo delle costanti già lette a livello nazionale
e alcune peculiarità del territorio varesino, osservando la distribuzione degli immigrati, la
loro provenienza, la condizione abitativa, lavorativa e altri indici che possono dare delle
chiavi di lettura sull’integrazione.
Le variabili che influiscono sull’integrazione dei cittadini stranieri nel territorio varesino
sono indagate a livello delle politiche di accoglienza (Capitolo IV). Si è ritenuto importante
leggere le risposte istituzionali pubbliche, che denotano il lavoro continuo svolto da
amministrazioni alla ricerca di un controllo il più efficiente possibile del fenomeno.
Parallelamente c’è il fervore di un privato sociale che muove i suoi passi in un momento
storico particolare per la propensione alla cittadinanza attiva; osserveremo quindi come
l’associazionismo e il volontariato della Provincia di Varese si sono mossi nelle risposte al
fenomeno migratorio.
Un servizio attivato è il tentativo istituzionale di coprire un bisogno. Quali sono i bisogni
di un immigrato in età adulta in Provincia di Varese? Trovano copertura nel territorio?
Cosa rimane scoperto? Si intuiscono le ragioni di certi “ritardi” nel leggere le
problematiche interculturali?
Si comincia a delineare uno spazio dove l’educazione può intervenire per capire se è
possibile progettare con largo respiro, partendo dai bisogni delle persone, evitando risposte
emergenziali, che rischiano di ridurre l’ontologia della persona a un “problema sociale”.
Analizzando alcune esperienze del territorio dal punto di vista educativo (Capitolo V)
cerchiamo di leggere se nelle strategie attuate è presente la questione “culturale” del
fenomeno. Il terzo settore sembra avere quell’elasticità per intuire i percorsi interculturali
del futuro, prospettando il progetto/ricerca di una società multiculturale.
7
Ogni società mette in atto dei percorsi d’integrazione, più o meno implicitamente. L’Italia
sta vivendo con un certo ritardo l’evoluzione del fenomeno migratorio. Quindi abbiamo la
fortuna di poter leggere quale modello d’integrazione (Capitolo VI) stiamo ricalcando e
ipotizzare quali saranno le tappe successive, mutuandole dall’esperienza dei vicini paesi
europei di vecchia tradizione migratoria (Francia, Germania…). Infatti ogni modello
nasconde un’idea specifica d’integrazione, che conferisce uno statuto differente allo
straniero, alla sua permanenza sul territorio, alla sua condizione lavorativa, al suo status
giuridico, ai suoi doveri, al percorso di cittadinanza. Anche il mondo dell’educazione
subisce un’evoluzione in seno ai fenomeni migratori, e passa da pratiche di indifferenza e
nascondimento delle differenze culturali a una loro accettazione e riconoscimento.
L’intercultura giunge come un additivo ricostituente della pedagogia rivendicando un suo
statuto particolare, capace di superare i modelli d’integrazione e le società multiculturale
finora sperimentate dai paesi sviluppati dell’occidente. È un cambio di prospettiva, il
“problema sociale”, il “diverso da tollerare” si trasmutano in una risorsa culturale che
l’educazione si adopra a sottolineare e a sviluppare per arricchire l’umanità di un contesto.
La complessità di una società che deve scoprire nuove forme d’interazione, che coltiva
l’utopia di una convivialità delle differenze, che usa l’educazione come un’efficace
antidoto ai conflitti interetnici.
Di tutto ciò andiamo a ricercare in Provincia di Varese se vi sono delle tracce, delle spie,
che indichino l’orientamento su questo cammino e quali ostacoli ancora permangono.
8
CAPITOLO I
IL FENOMENO MIGRATORIO IN ITALIA
Ci inseriamo nel contesto allargato dell’Italia per cogliere quegli aspetti che valgono a
livello nazionale quando affrontiamo il tema dell’immigrazione. I dati demografici ci
indicheranno la tendenza costante dei flussi, la loro provenienza e offriranno
ridimensionamenti dello stesso fenomeno. Infatti sottolineeremo come l’aspetto mediatico
influenzi notevolmente la dimensione d’accoglienza del popolo italiano. In parallelo va
letto l’andamento legislativo con i risvolti della recente modificazione apportata dalla
Bossi-Fini. Questa costituisce l’impalcatura istituzionale per qualsiasi osservazione e
lavoro critico sull’integrazione e intercultura. Altro tema importante è il mondo del lavoro
(fortemente sottolineato con il legame stretto contratto-permesso di soggiorno) che
costituisce fattore di attrazione e di incontro di interessi plurimi, dai progetti migratori
degli stranieri in cerca di condizioni economiche più vantaggiose alle carenze del mercato
del lavoro lamentate dall’imprenditoria italiana. Altri indici importanti per riflettere
sull’integrazione saranno quelli legati alla questione abitativa, all’accessibilità ai servizi
pubblici, alla libertà di culto e ai fenomeni di criminalizzazione troppo spesso uniti
automaticamente alla condizione di clandestinità.
1.1 Persone stabilmente in cerca di giustizia
Il fenomeno migratorio in Italia ormai va caratterizzandosi sempre più per la dimensione
strutturale e stabile. Dagli anni ’70 ad oggi il costante aumento, seppur quantitativamente
inferiore agli altri paesi dell’Ue, non ha però trovato sempre un dibattito sociale e politico
aperto e predittivo e hanno prevalso i toni legati all’emergenza, all’ “allarme”, o
addirittura dell’ “invasione”.
Vale la pena ricordare che questo esodo ormai globale è in gran parte forzato. Raramente è
la libera scelta a spingere una persona a trasferirsi in un altro paese: lo richiama
puntualmente il Papa in preparazione della 89 Giornata Mondiale del Migrante indicando
quali motivi di fuga la povertà estrema, le guerre, il degrado ambientale, le violazioni dei
diritti umani, le persecuzioni politiche e/o religiose:
9
“Nessuno può arrogarsi il diritto di pretendere che queste persone restino a casa loro senza
disturbare i paesi ricchi, che tra l’altro fanno poco per promuovere il benessere e lo
sviluppo su scala mondiale.
1
”
Inoltre la necessità di acquisizione di manodopera nei suddetti paesi, ivi compresa l’Italia ,
è innegabile. Ci si trova a riflettere allora sulla contraddizione in essere tra un mercato di
capitali e merci liberizzati e politiche migratorie restrittive centrate sul controllo e sulla
limitazione.
Patrick A. Taran scrive: “la migrazione continua e continuerà in maniera inesorabile a
seguito delle forze economiche operanti nell’economia mondializzata. La comunità
internazionale riconosce la necessità di gestire e regolare i movimenti di capitali, di merci,
di tecnologie, di servizi, dell’informazione, sia attraverso i mezzi formali che attraverso il
“meccanismo di mercato”. Ora appare manifestamente contraddittorio che questa logica
non venga applicata alla migrazione.”
2
Il via libera ai “trafficanti di vite umane” genera così una riserva di migranti illegali,
funzionali ai bisogni dell’economia dei paesi sviluppati, ma crea dei soggetti assolutamente
fragili ed esposti all’impossibilità di difendere la propria dignità di lavoratori
3
.
In questo limbo si collocano così molte persone che “non sono più di questo mondo”.
Attingo questa espressione dalle parole del protagonista afgano Jamal del film “Cose di
questo mondo”
4
, parlando della morte del cugino soffocato in un container in un
apocalittico esodo in traghetto da Istanbul a Trieste.
Ciò si inserisce in un tempo storico che è after-11 september-2001.
I sentimenti di rabbia, paura, sicurezza influenzano qualsiasi politica, quella migratoria di
naturale conseguenza.
Ecco che una programmazione efficiente, efficace e longanime per quanto riguarda il
fabbisogno sostitutivo ed aggiuntivo del mercato del lavoro, non trova impianti legislativi e
politiche di accoglienza strutturate per la convivenza civile e l’integrazione.
Ma non è tutto economia. Si corre il rischio della riduzione a homo oeconomicus, e non si
coglie lo sguardo globale sulla persona, portatrice di una cultura, di un mondo vitale,
1
Introduzione de “Immigrazione. Dossier statistico 2003. Caritas e Migrantes” pag. 7.
2
Patrick A. Taran, Eduardo Geronimi, Globalisation et migrations de main-d’œuvre: importance de la
protection, Genève,2003, BIT-secteur de la protection sociale/Programma des Migrations Internationales, p.
15.
3
Cf. André Linard, Migration and globalisation, the new Slaves, Brussels, Conféderation Internationale des
syndicats libres, 1998.
4
Titolo originale: “In this World”. Regista: Winterbottom; vincitore del leone d’oro a Berlino nel 2003
10
gravido di ricchezze. di cui farsi carico affinché queste potenzialità entrino nel nostro
tessuto quotidiano.
L’educazione al rispetto delle civiltà altrui deve altresì trovare un background di regole
sociali di convivenza civile rispettate da tutti, dove i nuovi cittadini possano implementare
i propri valori in un confronto creativo con altri già radicati da secoli in un territorio
altrettanto ricco culturalmente.
Aprendosi a una dimensione culturale europea Bassam Tibi
5
trova cinque elementi
fondanti della civiltà europea:
- separazione tra religione e politica
- democrazia
- diritti umani individuali
- società civile
- pluralismo culturale e tolleranza
-
E’ importante che questo lavoro di ricostruzione di un’identità sia stato stilato da un
musulmano, perché proprio nella definizione d’identità culturale occidentale, quasi sempre
mediaticamente contrapposta a quella islamica, si avvertono trasversalmente i rischi di una
maggior incomprensione dovuti a timori, a volta infondati, legati al concetto di “perdita”.
Sarebbe interessante elaborarlo come un “vissuto psicologico interiore”, ed osservare le
ragioni profonde per le quali il diverso suscita queste reazioni di ostilità e si attiva il
recupero della dimensione di identità. Ma facciamo per adesso una breve carrellata dei
temi.
Dal punto di vista sociale riprendo delle suggestioni, sempre tratte dal Dossier 2003 della
Caritas, che traduco indicazioni pragmatiche da considerare per avere una lungimiranza
politica.
Un punto riguarda le quote d’ingresso; occorre una comparazione più realistica con le
esigenze del mercato del lavoro e un collegamento più stretto con investimenti sociali sulla
abitazione, questo per evitare di continuare a ricorrere a sanatorie a posteriori.
Il focus sul “lavoro” della nuova legislazione non considera le difficoltà pragmatiche del
collocamento attraverso un iter che non è alla portata di tutti. Inoltre bisognerebbe
procedere alla ratifica della convenzione ONU sulla tutela di tutti i lavoratori migranti,
imperniata sulla considerazione di ogni migrante come persona portatrice di diritti
5
musulmano di origine siriana docente a Gottinga, autore del libro Europa senza identità, su “Il
Messaggero” 24/01/04
11
inviolabili a prescindere dalla posizione giuridica quanto al soggiorno e adeguarsi agli
orientamenti comunitari che parlano di lotta alla discriminazione e alla garanzia
d’inserimento nel tessuto civile (non solo nel mercato del lavoro)
6
.
Persone, non solo braccia, stabilmente, non di passaggio, in cerca di giustizia, e non per
rubare privilegi.
1.2 Previsioni demografiche
Un aspetto importante è considerare la struttura demografica di un paese per meglio
comprendere il suo sviluppo.
L’Italia è un paese che sta invecchiando velocemente, ormai c’è stato il ribaltamento tra il
numero degli anziani (dai 65 anni in su: 10.556.519) e quello dei giovani(dai 0 ai 14:
8.313.289
7
), questi ultimi in calo e fanno intuire facilmente il problema del ricambio
generazionale. Una persona su cinque è sopra i 65 anni, nel 2051 lo sarà uno su tre.
Nel 2000 la popolazione italiana contava all’incirca 57 milioni; si stima che nel 2050
saremo 44. E questo nonostante il flusso migratorio.
Insomma avere un figlio è sempre più diventata una scelta declinata individualmente e
svincolata dalla pressione valoriale della società; inoltre insieme al Giappone l’Italia è il
paese più longevo del mondo: la speranza di vita per gli uomini è di 81,4 anni, per le donne
ben 88,1. Questo ha delle ripercussioni in termini di costi sociali notevoli. Se non ci sarà
un cambiamento dei comportamenti riproduttivi (difficile pensare quale motivo dovrebbe
cambiare questa tendenza) l’Italia avrà bisogno per contrastare il declino di popolazione
giovanile in età lavorativa di un costante e aumento di quote ingresso di immigrati,
stimabili in 250/300 mila ingressi annuali. Un numero improponibile visto che nel
decennio appena scorso la media era 150.000. L’immigrazione avrà un ruolo determinante
ma non potrà risolvere da sola alcuni squilibri.
6
Cfr. da “Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes, pag. 10-11
7
Fonte: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazione su dati Istat 2002
12
1.3 I flussi migratori e provenienza
Questo discorso si innesta su un altro aspetto più specifico : i flussi d’ingresso. I dati che
riporteremo sono sempre inerenti all’elaborazione della Caritas 2003 e quindi riguardano
l’anno 2002. In questo anno c’è stata una diminuzione dei visti ingresso, dovuti alla
restrizione posta in essere dalla nuova normativa 189/02 che riordina la disciplina in
materia d’immigrazione. La diminuzione più sensibile sta proprio nei visti per lavoro: -
19,2%, da 80.016 visti del 2001 a 64.637, di cui solo 5 mila si possano classificare per
inserimento nel lavoro subordinato. Rileviamo anche la diminuzione dei visti d’ingresso
per ricongiungimento familiare, da 64.772 a 62.063. Percentualmente meno sensibile del
precedente, ma gravido di conseguenze per chi osserva il fenomeno dall’ottica
dell’integrazione possibile. La possibilità di ricongiungersi ai propri familiari è un diritto
fondamentale dei lavoratori regolarmente soggiornanti in Italia non sottoposto, quindi, ad
alcuna condizione. Non è dunque una concessione bensì un diritto soggettivo, sancito
anche dalla convenzione internazionale sui diritti dei lavoratori migranti (n°143 del 1975)
8
ratificata dall’Italia. La fondazione Migrantes fa notare come la Bossi-Fini si mostra
restrittiva in questo campo non tanto per la riduzione degli aventi diritto ma per la
macchinosità della norma che disciplina le modalità per lo svolgimento delle relative
pratiche. Le quote d’ingresso nel 2002 sono arrivate piuttosto tardi. La prima definizione è
datata 15/10/2002, che fu ovviamente prorogata fino al 31 marzo 2003. Quindi si può
affermare che il 2002 è stato un anno di regolarizzazione piuttosto che di programmazione.
E questo è un aspetto sul quale torneremo, perché l’impianto legislativo mostra
storicamente questo aspetto deficitario e non avere la prospettiva programmatica a lungo
termine rende difficoltoso il lavoro per la costruzione di una convivenza civile. Comunque
l’impatto delle novità introdotte dalla 189 dal punto di vista statistico sarà
significativamente misurabile solo a partire da quest’anno, quando sarà terminata la
regolarizzazione. La stima della popolazione straniera residente in Italia all’inizio del 2003
è di 2.469.324, il dettaglio è indicato nella tabella n° 2. Siamo quindi intorno al 4% della
popolazione italiana, una percentuale ancora inferiore alla media europea che è di un punto
superiore, ma notevolmente in crescita. Da qui leggiamo di nuovo le caratteristiche di una
stabilizzazione del fenomeno, ma di certo non di una “invasione” come talvolta viene
descritta.
8
Convenzione sui lavoratori migranti n. 143 del 1975 dell’O.I.L.: Convenzione sulle migrazioni in condizioni
abusive e sulla promozione della parità di opportunità e di trattamento dei lavoratori migranti
13
Tabella 1
ITALIA. Visti di ingresso concessi a cittadini stranieri (2001-2002)
Motivo 1999 2000 2001** 2002
V.A. % V.A. % V.A. % V. A. %
IMMIGR. DI
INSERIM.
126.035 15,2 182.541 18,2 207.916 22,0 175.259 20,5
Lavoro subordinato 35.902 4,3 82.115 8,2 91.002 9,6 61.108 7,2
Lavoro dipendente 35.902 4,3 65.304 6,5 66.211 7,0 56.843 6,7
Lavoro - - 5.005 0,5 4.798 0,5 555 0,1
Lavoro - - 855 0,1 1.745 0,2 1.155 0,1
Lavoro sub/sport - - 328 - 1.285 0,1 1.367 0,2
Inserimento con
sponsor
- - 6.776 0,7 14.203 1,5 470 0,1
Inserimento senza sponsor - - 3.847 0,4 2.760 0,3 718 0,1
Lavoro autonomo 7.279 0,9 7.568 0,8 5.977 0,6 4.711 0,6
Lavoro autonomo 7.279 0,9 5.558 0,6 1.485 0,2 803 0,1
Lav. Aut. Spettacolo - - 1.702 0,2 4.332 0,5 3.870 0,5
Lav. Aut. Sport - - 308 - 160 - 38 0,0
Ricong. Familiare 44.666 5,4 48.705 4,8 64.772 6,8 62.063 7,3
Studio 31.609 3,8 35.628 3,5 38.356 4,1 40.655 4,8
Studio 31.609 3,8 33.101 3,3 34.783 3,7 35.462 4,2
Studio/Università - - 2.527 0,2 3.573 0,4 5.193 0,6
Motivi religiosi 6.080 0,7 8.007 0,8 7.018 0,7 5.870 0,7
Residenza elettiva 499 0,1 518 0,1 791 0,1 852 0,1
ALTRI MOTIVI 708.741 84,8 826.458 81,8 739.169 78,0 678.207 79,5
Adozione * 3.420 0,4 3.709 0,4 1.885 0,2 2.310 0,3
Affari 145.850 17,4 156.739 15,5 137.650 14,5 122.766 14,4
Attività sportiva 990 0,1 629 0,11 - - -
Cure mediche 2.775 0,3 3.125 0,3 1.906 0,22.218 0,3
Diplomatici 735 0,1 4:170 0,4 6.570 0,7 4.981 0,6
Diplomatici/titolari 735 0,1 1.078 0,1 996 0,1 1.016 0,1
Dipl./Familiari al - - 3.092 0,3 5.574 0,6 3.965 0,5
Gare sportive 13.153 1,6 13.370 1,3 11.691 1,2 8.731 1,0
Invito 24.568 2,9 25.988 2,6 23.301 2,5 19.557 2,3
Missione 16.243 1,9 16:203 1,6 20.200 2,1 19.546 2,3
Motivi familiari 24.342 2,9 8.423 0,8 5 --
Reingresso 1.492 0,2 2.505 0,2 3.050 0,3 2.918 0,3
Tirocinio 1.010 0,1 704 0,1 1 - -
Transito 84.811 10,2 89.927 8,9 86.130 9,1 93.854 11,0
Transito normale 79.057 9,5 84.767 8,4 80.085 8,5 88.226 10,3
Transito 5.754 0,7 5.160 0,5 6.045 0,6 5.628 0,7
Trasporto - - 5.377 0,5 12.290 1,3 11.761 1,4
Turismo 389.256 46,7 495.589 49,1 434.463 45,9 389.505 45,6
Turismo 389.146 46,7 463.785 45,9 434.371 45,9 389.505 45,6
Turismo/giubileo 107 - 31.804 3,292 - -
Vacanze lavoro _ _ - - 26 - 60
TOTALE 834.776 100 1.008.99 100 947.085 100 853.466 100
*i visti per adozione, pur non trattandosi di usuale immigrazione, riguardano un inserimento stabile
** i dati relativi al 2001 presentano degli aggiustamenti pubblicati dal Ministero degli Affari Esteri
FONTE: Dossier Statistico immigrazione Caritas/Migrantes. Stima su dati del
Ministero degli Affari Esteri
14
Tabella 2
ITALIA. Stima della popolazione straniera regolare in Italia all'inizio del 2003
1.512.324 Soggiornanti stranieri a qualsiasi titolo presenti in Italia al 1.1
2002
82.000 Ipotesi di nuovi permessi sfuggiti alla registrazione del
Ministero dell'Interno in quanto inviati successivamente dalle
questure e recuperati a distanza di tempo dall'ISTAT (6%)
230.000 Minori non registrati nell'Archivio di soggiorno in quanto
riportati sul permesso di soggiorno dei genitori
1.824.000 Popolazione straniera regolare all'inizio del 2002
Stima incremento popolazione straniera tra il 2002 e il 2003
45.000 Nati stranieri in Italia nel 2002 più minori venuti a carico di
familiare e non conteggiati tra i permessi un
120.000 Stima incremento medio complessivo
600.000 Immigrati che hanno presentato istanza di regolarizzazione
conteggiando una volta sola quelle riguardanti la stessa
persona)
2.469.324 POPOLAZIONE STRANIERA REGOLARE ALL'INIZIO
DEL 2003
FONTE: Dossier Statistico immigrazione Caritas/Migrantes. Stima su dati del
Ministero dell'Interno
L’Italia è un paese d’immigrazione policentrica, è propriamente un modello sui generis per
l’estrema diversificazione delle nazionalità di provenienza. Si contano ben 191 stati!
Le ragioni sono innanzitutto di carattere geografico. L’Italia costituisce un vero e proprio
crocevia per i flussi provenienti dall’Africa, sia settentrionale che sub-sahariana, e
dall’Europa Balcanica da dove giungono anche molti cittadini dell’estremo oriente.
Poi ci sono altre ragioni di tipo culturale che spiegano alcuni insediamenti di alcune
nazionalità in alcune aree geografiche della penisola o specifici settori lavorativi.
Ma ci sono delle aree di provenienza privilegiate?
Negli ultimi anni si sono stabilizzate 6 nazionalità precise che mantengono la loro presenza
al di sopra delle 50.000 unità: Marocco, Albania, Romania, Filippine, Cina Popolare e
Tunisia.(vedi Tab. 3).
15
Tabella 3
ITALIA. Soggiornanti stranieri al 31.12.2002 per motivo della presenza.
Primi trenta gruppi nazionali
Motivi di Lav. di cui lav.di cui lav Motivi Mot. lav. Motivi Motivi Altri TOTALE
Totale subord. autonomo familia + famil. di studio relig. Motivi
1 Marocco 67,1 50,5 12,8 31,7 98,8 0,3 0,0 0,9 172.834
2 Albania 53,8 47,6 4,238,892,64,10,13,3 168.963
3 Romania 58,3 50,4 6,131,489,71,00,98,4 95.834
4 Filippine 78,1 74,4 2,115,293,30,55,50,7 65.257
5 Cina 64,1 42,0 19,833,697,70,90,21,2 62.314
6 Tunisia 70,7 58,2 6,3 28,3 98,9 0,4 0,0 0,7 51.384
7 Usa 15,9 13,6 2,252,268,17,98,515,6 47.645
8 Iugoslavia 56,5 45,4 6,129,886,32,01,210,5 39.799
9 Germania 40,7 31,4 5,6 20,6 61,3 3,0 4,4 31,4 37.667
10 Senegal 90,1 64,6 19,5 9,1 99,2 0,1 0,1 0,6 36.310
11 Sri Lanka 65,0 58,9 3,2 31,4 96,4 0,1 0,7 2,7 35.845
12 Polonia 50,0 44,7 3,53,583,42,57,56,6 35.077
13 India 48,0 44,5 2,132,080,01,716,51,9 34.080
14 Perù 68,6 58,5 7,727,295,80,72,31,3 31.115
15 Egitto 72,0 55,8 14,4 26,0 97,9 0,5 0,6 1,0 29.861
16 Francia 47,3 36,5 4,7 23,6 71,0 2,3 7,4 19,4 26.846
17 Macedonia 57,7 50,3 5,040,097,60,40,01,9 26.060
18 Regno 49,4 38,0 6,3 24,0 73,5 1,9 5,2 19,4 24.138
19 Bangladesh 73,8 63,0 8,1 23,9 97,7 0,1 0,3 1,9 22.061
20 Spagna 38,2 29,4 2,3 19,7 57,9 6,8 26,9 8,4 21.163
21 Pakistan 70,5 57,4 9,7 25,3 95,8 0,2 0,4 3,5 20.986
22 Brasile 24,1 18,0 4,851,175,34,512,77,5 20.804
23 Nigeria 67,1 48,3 14,221,989,00,84,26,0 19.505
24 Ghana 71,7 65,4 3,4 26,8 98,5 0,2 0,6 0,6 19.160
25 Svizzera 32,3 26,0 5,520,452,71,32,843,2 17.674
26 Croazia 61,4 52,4 6,525,987,38,31,53,0 16.852
27 Ucraina 36,7 31,5 3,543,980,61,82,015,7 14.035
28 Bosnia 62,7 51,5 6,63,796,41,40,02,2 12.790
29 Russia 26,7 19,3 6,3 55,1 81,7 5,6 0,5 12,2 12.735
30 Ecuador 62,2 52,0 6,527,189,21,42,17,2 12.108
ITALIA 55,2 45,1 7,2 31,2 86,4 2,8 3,6 7,2 1.512.324
FONTE: Dossier Statistico immigrazione Caritas-Migrantes. Elaborazioni su dati del
Ministero dell'Interno
In una ripartizione su 10 immigrati 4,5 sono europei, 2,5 sono africani, 2 asiatici e uno è
americano. Il trend mostra un aumento della componente europea e il motivo principale
della presenza rimane sempre e comunque il lavoro con il 55,2%.
La Lombardia è la regione in cui soggiorna il maggior numero di immigrati: occupa il
primo posto con il 23% della popolazione migrante.
16
1.4 Inserimento e media
Ciononostante alcuni indici di inserimento parlano ancora di un’integrazione ancora
carente nel 2002. Le acquisizioni di cittadinanza sono ancora poche (10.600), non sono
diffusi i matrimoni misti (20.000, uno ogni 14 celebrati nell’anno ) e l’immagine degli
immigrati nei media non è soddisfacente.
Il Nord Italia, comunque, per la sua ricca e vitale economia rappresenta per un immigrato
attuale la meta ideale per tentare di portare a compimento il proprio progetto migratorio. E
così ci si discosta dalla media in senso positivo su alcuni indici d’inserimento: quindi per
esempio ci sono più matrimoni misti, a cui aggiungiamo una presenza significativa di
coniugati, coniugati con prole, e inoltre registriamo i più alti tassi di scolarizzazione della
penisola.
Discorso a parte per i media.
“I mass-media tendono a riprodurre un’immagine dell’immigrato quanto quella stessa del
fenomeno influenzando l’orizzonte culturale del destinatario e orientandolo all’apertura o
al rifiuto, alla positività o alla negatività. Se il destinatario non possiede un suo background
di conoscenze ed esperienze, l’azione dei media diviene per lui determinante”.
9
Certo non è un discorso che vale per tutti gli operatori del settore. Ci sono lavori
giornalistici dettagliati e seri ed è opportuno ricordare quanto il clima politico e la scarsità
di tempo possano influenzare l’obiettività.
Da un’indagine condotta sui dispacci Ansa
10
si rileva come la tendenza al sensazionalismo,
allo spettacolarismo e al dramma sia maggiormente diffusa nei giornali italiani quando
questi si occupano di immigrazione. Così si fa presa sul pubblico proprio perché è il
criterio principe della “concorrenza” che detta la selezione del materiale. Inoltre
l’attenzione dell’informazione Ansa è quasi esclusivamente concentrata su irregolari e
clandestini, sui loro comportamenti illegali, senza mai interpellarli di persona (la voce dei
migranti è scarsa, 1,3% dei casi), o informando sulla loro identità culturale o dei loro
rapporti con gli autoctoni. L’immigrazione importa e conta solo se è emergenza. Un
dispaccio Ansa è breve, di cronaca, quasi esclusivamente sugli irregolari, presenta quindi
9
Immigrazione e mass media di Delfina Licata in Dossier Statistico immigrazione Caritas/Migrantes 2003
10
ricerca condotta dal Centro Studi Interculturali dell’Università di Verona. Corte M., Stranieri e mass-
media. Stampa, immigrazione e pedagogia interculturale, Padova, Cedam,2002.
17
tra i poveri i più poveri, tra i devianti i più devianti, fa intervenire i politici, le associazioni
con le loro disquisizioni. È ancora una volta la voce di chi ha già voce.
In un lavoro di osservazione condotta su 1.205 articoli delle principali testate italiane
11
(Tab. N°4) si osserva proprio come l’immigrazione venga sempre affrontata con valenza
negativa, contribuendo alla cristallizzazione digli stereotipi. Temi come l’integrazione,
ricerche e studi interculturali non trovano spazio sui quotidiani.
Tabella 4
ITALIA. Quotidiani e immigrazione: numero di articoli per
argomenti (2002)
Argomenti n. articoli %
Clandestini/Sbarchi 280 23,2
Criminalità 61 5,1
Intolleranza 95 7,9
Lavoro 127 10,5
L.geBossi-Fini 342 28,4
Prostituzione 44 3,7
Religione 53 4,4
Altri temi 203 16,8
TOTALE 1.205 100,0
FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Indagine su
quattro quotidiani italiani (gen.-dic. 2002)
Questo dal punto di vista quantitativo. Dal punto di vista qualitativo le espressioni
maggiormente usate per tema appaiono significative.
Tabella 5
Temi ricorrenti negli articoli sull’immigrazione
Clandestini/Sbarchi Emergenza – invasione
Criminalità Aggressivo – terrorismo – Islam
Intolleranza Inciviltà – orda
Lavoro Clandestini – lavoro nero
L.geBossi-Fini/Sanatoria Legalità – accalcati in file oceaniche- colf – badanti
Religione Musulmani – religione islamica
11
Dossier Statistico immigrazione Caritas/Migrantes pag. 209
18
L’effetto “11 settembre” è ben evidente laddove a criminalità si associa il terrorismo e
l’Islam.
Proprio per questo, tra gli altri, Maurizio Corte
12
indica che la pedagogia interculturale
non deve limitare solo alla scuola l’impegno interculturale. Infatti questo potente influsso
dei media deve essere ricondotto in un dialogo che non è né assimilazione del diverso, né
mistificazione dello stesso. D’altro canto sollecita gli educatori e la scuola a insegnare ai
giovani una fruizione critica dei mass media. “…è la nostra scuola che può far diventare i
mezzi della comunicazione di massa educativi
13
”.
1.5 Quadro legislativo
Il percorso legislativo italiano si è mosso in materia immigrazione sempre con azioni
posticipate di riparazione attraverso le famose sanatorie. Anche i dispositivi legislativi di
riferimento si sono sempre caratterizzati con normative di contenimento e di restrizione
piuttosto che in modo predittivo a favore dell’integrazione.
Fino all’86 in Italia il fenomeno dell’immigrazione era regolato seguendo le norme del
Testo Unico di Pubblica Sicurezza del 1931, cioè della legislazione fascista.
Il dibattito politico si apre a inizio anni ’80 e porta alla legge 943 del 30-12-86, primo
quadro normativo organico ma parziale perché concentrata sulla disciplina del lavoro degli
immigrati.
Il triennio 87-90 vede l’impegno più delle regioni di affrontare sul territorio la gestione e
l’integrazione, per cui nascono i primi corsi di lingua italiana per stranieri per esempio.
È del 1990 la legge 39 “Martelli” che introduce il permesso di soggiorno non guardando
all’immigrato soltanto come un lavoratore. Ma la filosofia della legge rimane quella della
chiusura, per cui c’è garantismo per chi è regolare ma blocco nei confronti di chi sarebbe
arrivato successivamente. Ma il blocco dei clandestini non c’è stato, come neanche la
tutela dei regolari.
Nel 95 c’è stato il decreto 489 “Dini” che dava nuove indicazioni sulle espulsioni, e da
molti commentatori tali norme vennero indicate come anti-costituzionali. Ma questo
decreto decadde per non essere stato più rinnovato.
12
Maurizio Corte in “Immigrazione, mass media e pedagogia interculturale”pag. 325 su “Pedagogia
interculturale in Italia e in Europa-aspetti epistemologici e didattici” a cura di Agostino Portera, Vita e
Pensiero 2003
13
L.Secco, Dall’educabilità all’educazione, Morelli, Verona, 1990, pag.153.