6
Questo lavoro nasce dal desiderio di comprendere le motivazioni che
spinsero, e spingono tutt’oggi, la dittatura a bloccare e ad ostacolare gli aiuti
umanitari occidentali e di analizzare quanto le condizioni politiche di un
paese possano influenzare le strategie politiche e, nello specifico, quelle
riguardanti gli aiuti umanitari.
Lo scopo di questo lavoro è la ricerca di politiche corrette che possano
portare alla costruzione di un dialogo al fine di poter incrementare
l’assistenza umanitaria e di poter operare all’interno del paese.
Il percorso si articola su tre piani di studio: l’aspetto storico e l’analisi della
società birmana come base; le politiche estere della giunta e le politiche dei
paesi occidentali e orientali verso la giunta; nel mezzo, schiacciate dai veti
della giunta e dall’embargo imposto dall’occidente, le politiche degli aiuti
umanitari.
L’appoggio teorico viene dalla storia e dall’evoluzione della sfera umanitaria.
I vari report evidenziano la situazione degli aiuti umanitari in rapporto al
fabbisogno della popolazione e come siano tenuti a ‘distanza di sicurezza’ da
un manipolo di militari ossessionati dalla possibilità di perdere i propri
privilegi e poteri.
Nella prima parte ho rilevato le caratteristiche principali del paese,
concentrando l’attenzione su due poli opposti: il potere della giunta e i suoi
crimini da una parte, la situazione della popolazione dall’altra.
Si delinea un panorama molto critico in particolar modo riguardo al campo
sanitario, HIV/AIDS, tubercolosi e malaria, che non viene preso in
considerazione ma anzi sminuito dagli organi di governo birmani.
Un’‘emergenza umanitaria’, com’è stata definita nell’appello che 13
Organizzazioni non governative operanti sul territorio, tra cui Action Contre la
Faim, Cesvi, Save the Children e Terre Des Hommes Italia, hanno lanciato
nell’autunno del 2007
2
sottolineando la necessità di un’immediato e drastico
impegno in mezzi e investimenti.
Nella seconda parte ho analizzato le cause e le caratteristiche dell’ostilità dei
generali birmani nei confronti delle interazioni con l’esterno, con l’intento di
2
cfr Terre des hommes Italia, grave emergenza umanitaria in myanmar:appello congiunto
alla comunita’ internazionale di tutte le organizzazioni attive nel paese, Yangon,
22.10.2007 consultato il sito www.tdhitaly.org il 13.10.2008
7
comprendere il terreno di gioco politico sul quale le organizzazioni umanitarie
e i rappresentanti politici possono giocare per poter operare in Myanmar.
Ho pensato di tracciare un iter storico dello sviluppo delle relazioni
diplomatiche tra la giunta e gli operatori umanitari nel tentativo di
comprendere a quali condizioni i generali siano più disponibili ad accogliere
l’assistenza umanitaria e per individuare le cause che hanno portato
all’alternanza di periodi di maggiore apertura a periodi di ferma chiusura.
L’analisi delle risposte politiche e umanitarie ai due disastri naturali che
hanno colpito direttamente il paese, lo tsunami nel 2004 e il ciclone Nargis
nel Maggio 2008, quest’ultimo arricchito dall’intervista a Francesca Coloni,
operatrice di Medici Senza Frontiere durante l’emergenza post Nargis,
conferma il fatto che il filtro creato dalla giunta si pone come barriera
all’assistenza umanitaria nel paese con la conseguenza di aggravare la
situazione d’emergenza della popolazione.
Presupposto di questo lavoro è lo studio della storia della Birmania perché è
solo con la conoscenza del passato che possiamo arrivare a capire il
presente di un paese. E a capire perché un popolo dalla “natura timorosa e
generalmente remissiva”
3
porti avanti da anni una lotta non violenta contro
una delle più sanguinose dittature al mondo: “una lotta che si fonda sulla non
violenza e sulla resistenza pacifica, figlie di una cultura buddista”
4
, come per
le manifestazioni del Settembre 2007.
La tenacia di una donna, Aung San Suu Kyi, premio nobel per la Pace nel
1991, più volte incarcerata e ad oggi agli arresti domiciliari, ha consentito al
mondo di conoscere la verità sulle condizioni di vita della popolazione sotto
la dittatura e di smascherare “ la grande ipocrisia di buona parte dei potenti,
che preferiscono chiudere gli occhi di fronte ai massacri, al lavoro forzato, a
una economia della droga e delle armi, pur di salvaguardare i propri interessi
economici; soprattutto, ma non solo, nel settore petrolifero.”
5
Oggigiorno però, il chiaro fallimento dei programmi di sviluppo economico
della giunta e le pressioni internazionali sempre più forti (soprattutto riguardo
3
Bultrini R, introduzione in San Suu kyi A., Liberi dalla paura, Sperling Paperback,
Milano 2005, p.XII
4
Pezzotta S., Veltroni W., introduzione in Brighi C,. op.cit, p. 11
5
Pezzotta S., Veltroni W., introduzione in Brighi C,. op.cit, p. 14
8
ai traffici illeciti e alla violazione dei diritti umani) hanno costretto la giunta a
doversi confrontare con nuove necessità (gli embarghi economici hanno
portato la giunta a ricercare introiti in nuovi settori, ad esempio in quello
turistico).
E di conseguenza ad intrecciare nuove relazioni di tipo politico.
Nonostante questo, ogni apertura è accompagnata da meccanismi di
controllo per limitare l’impatto negativo di influenze esterne all’interno del
paese e ancor più, direttamente sulla giunta.
Le relazioni internazionali del Myanmar sono modellate su questa tensione
tra la difesa dei valori tradizionali e i bisogni attuali.
Rimane la speranza di un cambiamento ma: “molti governi autoritari
desiderano collocarsi all’avanguardia del progresso moderno, ma sono restii
a mettere in atto autentici cambiamenti. Tendono a sostenere di aver
imboccato l’unica via nazionale o locale verso un sistema politico coerente
con i tempi.”
6
E difendono e diffondono le loro scelte con tutti i mezzi possibili
e soprattutto con la repressione e la violenza.
Per questo, è di vitale importanza, oggi più che mai, impegnarsi per trovare
risposte adeguate che permettano in primis di poter raggiungere e assistere
la popolazione di un paese che si trova sotto il controllo di una dittatura
spietata da quasi mezzo secolo.
Ritengo che l’occidente dovrebbe sempre tutelare i più deboli.
6
San Suu kyi A., op.cit., Sperling Paperback, Milano 2005, p.271
9
CAPITOLO PRIMO
1.1 MYANMAR: CARATTERISTICHE PRINCIPALI.
Il Myanmar, più comunemente conosciuto come Birmania, è lo Stato più
grande dell’Asia sud occidentale per estensione territoriale avendo una
superficie di 676.552 chilometri quadrati.
Si affaccia sul golfo del Bengala e sul mar delle Andamane; confina a ovest
con Bangladesh e India, a nord con la provincia cinese dello Yunnan e a est
con Laos e Tailandia. La regione è solcata da nord a sud dal fiume
Irrawaddy, sulle cui sponde si sono sviluppati fin dall’antichità i centri
culturali, politici e religiosi più importanti, città che si sono alternate come
capitali dell’impero: “da secoli, persone, merci, idee, soldati, rubini, giada e
riso transitano lungo l’Irrawaddy”
7
.
Il Paese è diviso amministrativamente in sette Stati, che rappresentano le
terre d’origine delle sette etnie principali. Le regioni montuose circostanti
sono divenute la patria di varie minoranze etniche: lo stato Shan sull’altipiano
a est, lo stato Kochin sull’estremo lembo nord, i Karen nella regione
centroest confinante con la Thailandia,
Dal 27 Marzo 2006 la capitale è Naypyidaw, situata al centro della regione; la
precedente e storica capitale era Rangoon, oggi rinominta Yangon, che
rimane il centro commerciale e la prima città per importanza della nazione.
La denominazione Birmania, ufficiale dal 1948, deriva da “Bamar”, l’etnia
maggioritaria. Nel 1989, in seguito alla nota insurrezione popolare ed al
successivo colpo di stato
8
, il nome è stato cambiato in “Myanmar”,
riconducibile alla parola “Mranma”, la lingua comunemente parlata nella
regione, o, più probabilmente, il governo ha cercato con questo
cambiamento un compromesso con le minoranze che non avevano mai
accettato la vecchia denominazione coloniale.
7
Pavan, A., Birmania, sui sentieri dell’oppio, Feltrinelli traveller, Milano, 2007, p. 52.
8
Vedi Cap. I, par. 1.2.3
10
Mentre le Nazioni Unite hanno riconosciuto il nuovo nome, Francia,
Australia, Canada, Gran Bretagna, USA e i loro principali organi mediatici
continuano a utilizzare il nome “Burma”, come segno di non riconoscimento
di legittimità del governo del paese. L’Unione Europea ha preferito
impiegare entrambe le denominazioni, “Burma/Myanmar”.
Secondo il Report 2006 della Banca Mondiale, la nazione conta una
popolazione di circa 48 milioni di persone
9
, ma l’ultimo censimento affidabile
fu svolto nel 1984.
Aung San Suu Kyi nel libro “Liberi dalla paura” descrive con queste parole il
suo paese:
“La Birmania è uno di quei paesi che sembrano favoriti dalla natura. Il suolo
è fertile, produce riso e altri raccolti in abbondanza (…) il sottosuolo contiene
petrolio, molti minerali e pietre preziose come rubini, zaffiri e giada (…) Non
sorprende quindi che la Birmania sia stata descritta come un paese dell’oro,
un paradiso orientale d’indicibili ricchezze.”
10
Ma nonostante sia uno dei paesi più ricchi in materie prime della regione,
rimane uno tra gli stati più poveri al mondo. Una storia di dittature e
repressioni violente hanno portato la Birmania ad essere inserita nella lista
dei cosidetti “paesi del terzo mondo”
11
.
Il Myanmar è il secondo centro religioso dopo lo Sri Lanka del Buddismo
Theravada. Il paese è “una distesa infinita di zedi e pagode, ne sono state
contate duemileduecentotrenta”
12
.
Il Buddismo influenza in modo profondo la cultura e i costumi dell’intera
popolazione: “i monasteri buddisti erano tradizionalmente le scuole del
popolo birmano, per cui il legame fra religione e istruzione era molto forte.
(…) Tutti i ragazzi birmani entravano nell’ordine religioso almeno una volta
nella vita, di solito come novizi intorno ai dieci anni”
13
.
Dal 1962 il potere politico è in mano a una dittatura militare tra le più
repressive
14
, sanguinarie e corrotte al mondo, che mantiene l’ordine ed il
9
World Bank, World Development Indicators database, report 2008.
10
Aung San Suu Kyi, Liberi dalla paura, Sperling Paperback, Milano 2005, pag. 41.
11
www.nationonline.org, www.freedomhouse.org, Report.
12
Pavan, A., op. cit., p. 72.
13
Aung San Suu Kyi, op. cit., p. 100
14
www.freedomhouse.org, the worst of the worst, the world’s most repressive societies,
2007
11
potere attraverso la legge marziale, le condanne, gli arresti arbitrari e la
detenzione di qualsiasi persona sospetta. Al premio nobel per la pace, Aung
San Suu Kyi
15
sono stati inflitti dodici anni di prigionia ed è tutt’ora agli
arresti domiciliari.
Il Myanmar è in testa, insieme alla Somalia, alla classifica dei paesi con il più
alto livello di corruzione al mondo
16
.
Occupa l’ultimo posto nella classifica dei paesi ‘meno democratici’
17
, e il
penultimo posto per il grado di libertà di stampa, dopo la Corea del nord
18
.
Un programma di censura informatica blocca qualsiasi tentativo di
connessione a siti esteri
19
.
15
Consultato il sito www.aungsansuukyi.it.
16
www.trasparency.org, Corruption Perceptions Index 2007.
17
www.worldaudit.org, World democracy profile.
18
Reporters sans frontieres, www.rsf.org
19
Giglioli, A., Premiata macelleria delle indie, Bur, Milano, 2007, p. 222.
12
1.2 EVOLUZIONE STORICA
1.2.1 LE GRANDI MIGRAZIONI, IL COLONIALISMO E L’INDIPENDENZA.
L’analisi dell’evoluzione storica è necessaria per comprendere l’attuale
situazione politica, economica e sociale di un paese.
I primi insediamenti sono riconducibili al XII sec. A.C., ma la storia del
Myanmar è caratterizzata da grandi migrazioni dalle regioni confinanti.
I primi due grandi movimenti furono quelli dei Mon e dei Pyu, che si
stabilizzarono rispettivamente a sud e a nord del delta dell’Irrawaddy tra il
3°sec a.C. e il 1° sec. d.C. La successiva e più importante migrazione portò
all’arrivo della prima etnia di ceppo Burmese, i “Bamar”, a metà del 9° sec.,
che alla guida di Re Anawratha assorbirono sia Mon che Pyu, dando vita nel
1057 d.C. a quello che viene ricordato oggi come il “Primo Impero Birmano”.
In quel periodo, in diverse ondate, arrivarono nel paese Shan, Kachin e
Karen, che si insediarono nelle regioni settentrionali.
Nel 1287 d.C., l’invasione da parte dei mongoli capeggiati da Kublai Khan,
portò alla fine del regno e all’inizio di un periodo turbolento, caratterizzato da
continui conflitti con le popolazioni Shan e Mon.
Nel periodo che va dal XVI sec. al XIX sec. grandi dinastie si susseguirono al
comando della regione, determinando sia periodi di splendore che periodi di
decadenza. Nel 1537 la dinastia Toungoo, aiutata dai Portoghesi, riunificò
l’impero, dando vita al “Secondo Impero Birmano”, che cadde nel 1752 a
seguito di una rivolta interna dei Mon.
Successivamente, la dinastia Ronbaung, ultima dinastia birmana (1752-
1885), riuscì a sedare le rivolte interne e spostò la capitale a Rangoon (il suo
nome significa infatti “fine del conflitto”). Nacque così il “Terzo Impero
Birmano”, che nel momento di massima espansione si estese da Ayuttaya,
capitale dell’impero del Siam, alla provincia di Arakan, attuale Bangladesh,
includendo il Tenasserim, la lingua di terra che si sviluppa verso sud.
20
Impaurite dalle conquiste birmane molte potenze decisero di intervenire. La
Cina tentò ben quattro volte l’invasione della Birmania, ma fu la Gran
20
Consultato il sito www.encharta.com
13
Bretagna, con il suo mastodontico impero asiatico, ad assoggettare l’impero
birmano con le tre guerre Anglo-Birmane. La prima (1824-1826) portò la
Birmania alla perdita di tutti i territori conquistati in precedenza; con la
seconda (1851-1852) gli inglesi conquistarono le regioni costiere che
vennero trasformate in provincia dell’impero indiano. Il nord del paese riuscì
a resistere ma capitolò nell’ultima guerra (1885-1886) che portò la Gran
Bretagna alla conquista totale
21
.
Lo scrittore George Orwell, ufficiale dell’Indian Imperial Police tra il 1922 e il
1928, ha descritto questo periodo attraverso il personaggio di Jhon Flory nel
libro “Giorni in Birmania”. Ma quello che ad una prima lettura appare come
un affresco del periodo coloniale nasconde una feroce critica
all’imperialismo britannico.
22
Sotto il colonialismo inglese la regione progredì commercialmente,
diventando il primo esportatore di riso del mondo, ma la separazione tra
sfera religiosa e politica e la conseguente perdita di identità, alimentò
sentimenti nazionalisti e indipendentisti, andando a rinsaldare le divisioni
etniche.
Negli anni 20 e 30 le grandi manifestazioni studentesche, religiose e
contadine richiedenti l’indipenza iniziarono a trasformarsi in aperte
insurrezioni contro il governo coloniale inglese, che fu costretto nel 1937 a
separare la Birmania dal resto dell’impero indiano e a concedere costituzione
e elezioni a suffragio universale. Ma, nonostante le larghe autonomie
concesse, i sentimenti d’indipendenza continuarono ad aumentare.
Durante la seconda guerra mondiale la Birmania divenne uno dei maggiori
terreni di scontro tra Inghilterra e Giappone.
Il film ‘L’arpa birmana’ affronta questo tema in chiave poetica e il
protagonista Mizushima quando alla fine decide di non tornare in Giappone
ma di rimanere in Birmania per farsi bonzo lascia ai commilitoni queste
parole:
“Ho superato i monti, guadato i fiumi, come la guerra li aveva superati e
guadati in un urlo insano. Ho visto l’erba bruciata, i campi riarsi… perché
tanta distruzione caduta sul mondo? E la luce mi illuminò i pensieri. Nessun
21
Cfr. Sivieri, M., Viaggio in Myanmar. La Birmania dal feudalesimo alla dittatura
attraverso il colonialismo, Cleup, Padova, 2007, p.26.
22
Cfr. Orwell, G., Giorni in Birmania, Oscar Mondadori, Milano, 2007.
14
pensiero umano può dare una risposta a un interrogativo inumano. Io potevo
solo portare un poco di pietà laddove non esisteva che crudeltà. Quanti
dovrebbero avere questa pietà! – pensai – E allora non importerebbero la
guerra, la sofferenza, la distruzione, la paura, se solo potessero da queste
nascere alcune lacrime di carità umana. Adesso continuerò in questa mia
missione, continuerò nel tempo fino alla fine.”
23
.
In quel periodo Aung San si affermò come leader del movimento
indipendentista riuscendo ad organizzare una forza armata, la “Burma
Indipendent Army”. Stringendo un patto sulla futura indipendenza dello stato,
Aung San aiutò l’esercito Giapponese a sconfiggere e cacciare gli inglesi.
Quando però divenne chiaro che il Giappone non intendeva concedere
l’indipendenza alla Birmania, Aung San decise di allearsi in segreto con
l’esercito inglese che riuscì a sconfiggere i giapponesi nel 1948.
Ma il 19 luglio 1947 (ricordato come “il giorno dei martiri”), Aung San, capo
della “Lega per la libertà delle persone antifaciste” (AFPFL), dopo esser stato
eletto vicepresidente del governo di transizione, venne assassinato insieme
a molti altri membri del partito
24
.
Aung San è stato un personaggio chiave della storia della Birmania: grazie a
lui e a lunghe trattative con i gruppi di minoranza etniche furono raggiunti gli
accordi di Panglong del 1947.
“Per il popolo della Birmania, Aung San era l’uomo venuto nell’ora del
bisogno per salvare l’orgoglio e l’onore nazionale.”
25
Il 4 Gennaio del 1948 la Birmania divenne indipendente con il nome ufficiale
di “Union of Burma”; Sao Shwe Thaik fu il primo presidente e U Nu il primo
ministro.
Con l’indipendenza però, ebbe inizio anche la guerra civile; le richieste
federaliste delle minoranze vennero portate avanti con la guerriglia e
represse con la violenza.
Karen e Shan furono le etnie più attive in quel periodo.
I Karen, la minoranza birmana più numerosa, si concentra sul delta
dell’Irrawaddy e vicino al confine con la Tailandia. Gli Shan sono insediati
sull’ ‘altipiano shan’, situato sul confine tra Tailandia e Cina.
23
Kon Ichikawa, L’arpa birmana, 1956
24
Cfr. Sivieri, M., op. cit..
25
Aung San Suu Kyi, op. cit., p. 39.