5
Il presente lavoro si articola in cinque parti, di cui le prime
tre strutturate in maniera tale da fornire una serie di supporti
storici, istituzionali e normativi sufficienti a consentire
un’interpretazione reale di alcuni aspetti e problemi presenti
all’interno di un progetto, l’unione economica e monetaria, che è
il coronamento indispensabile del mercato unico. Nell’ambito di
un tema così ampio, ho ritenuto utile analizzare, partendo dalla
realtà italiana del triennio ‘95-’97, ed in vista delle future scelte
ed indirizzi di politica economica dei paesi dell’area dell’euro,
l’istituzione della BCE ed il Patto di Stabilità e Crescita, che
incorpora una serie di vincoli fiscali destinati a guidare undici
economie verso un sentiero di crescita e di stabilità.
Nel Capitolo I è racchiusa una sintesi dell’evoluzione dei
meccanismi che hanno governato le relazioni monetarie tra le
nazioni, dal gold standard del 1879 fino al Sistema Monetario
Europeo. Relativamente a ciascun ordine monetario instaurato,
ho cercato di illustrare le regole scritte o implicite che hanno
guidato gli obiettivi di cambio rispetto a ciascun periodo storico, e
di mettere in risalto anche il modo in cui esse frequentemente
sono state diversamente interpretate. Così, l’intenzione di trattare
6
simmetricamente tutte le nazioni, negli Accordi di Bretton Woods,
fu seguita dal sistema a cambi fissi imperniato sul dollaro, e la
formale simmetria dello SME fu praticamente rimpiazzata da un
regime simile ad un’area allargata del marco.
Il Capitolo II, invece, contiene una rassegna delle tappe
fondamentali del processo di integrazione economica e
monetaria. In particolare, attraverso un iter storico che parte dal
1957 e giunge fino ai nostri giorni, sono messi in risalto i fattori e
le esigenze che hanno spinto, tra notevoli difficoltà, il popolo
europeo a concentrare sforzi ed attenzione per rendere concreto
un progetto che con la creazione della moneta unica è entrato
nella sua fase conclusiva.
Il Capitolo III esamina la struttura del Trattato di
Maastricht, con particolare riguardo alle disposizioni che
tracciano il percorso di realizzazione dell’unione economica e
monetaria. Un’attenzione speciale è stata dedicata alle fasi
dell’unione ed a quel processo di convergenza delle economie
che ha rappresentato un punto di svolta importante per le
modalità di conduzione della politica economica italiana e di
quelle dei paesi che hanno avuto accesso alla terza fase.
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La realtà italiana è rappresentata nel Capitolo IV, in cui,
relativamente agli anni ‘95-’97, sono descritti i caratteri peculiari
della politica economica dell’Italia. In particolare, sono delineate
l’impostazione seguita dalla Banca d’Italia nella conduzione della
politica monetaria e la strategia globale di risanamento della
finanza pubblica, al fine di valutarne il relativo impatto sul
funzionamento del sistema economico e sociale del paese.
Un’attenzione particolare è stata, infine, dedicata alla politica dei
redditi seguita nel periodo di riferimento; da uno studio effettuato
da alcuni economisti della Banca d’Italia, tale politica è stata
ritenuta particolarmente efficace nell’accomodare la politica
monetaria e nel contribuire al raggiungimento di un livello
d’inflazione capace di assicurare al paese credibilità e fiducia per
una crescita stabile e duratura.
L’ultimo Capitolo affronta il tema del coordinamento delle
politiche economiche nazionali in un contesto caratterizzato da
una sola moneta e da strutture economiche non ancora
perfettamente integrate tra loro. Esso può idealmente essere
diviso in tre parti: la prima fa riferimento alla politica monetaria
comunitaria, la seconda considera le implicazioni che il Patto di
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Stabilità e Crescita avrà sulle politiche fiscali nazionali dell’area
dell’euro, e la terza parte, infine, pone l’accento sulle politiche del
lavoro in Europa.
Mentre importanti branche della politica economica
rimarranno sostanzialmente di responsabilità degli undici stati
membri, la politica monetaria è ora determinata al livello dell’area
dell’euro. Relativamente a tale questa gestione sovranazionale,
sono analizzati gli strumenti operativi messi a disposizione della
BCE, e la strategia seguita dalla stessa per il mantenimento della
stabilità dei prezzi. Tenendo conto dell’esperienza e dei risultati
ottenuti dalle più importanti banche centrali nazionali, sono state
evidenziate le peculiarità dei regimi monetari finora adottati ed i
loro effetti sugli andamenti dei fondamentali economici delle
economie sottostanti.
Per ciò che concerne la politica fiscale nell’unione, il
capitolo, partendo dalla considerazione degli elementi che
decretano il successo delle politiche di consolidamento fiscale,
tenta di fornire una valutazione del Patto di Stabilità e Crescita
nell’ambito del dibattito, particolarmente acceso in quest’ultimo
tempo, tra coloro che rivendicano una gestione più espansiva dei
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bilanci, e coloro che, al contrario, forti dell’esperienza di molti
paesi occidentali negli anni ottanta, considerano opportuno
adottare politiche fiscali disciplinate da vincoli rigidi, così come è
stato deciso ad Amsterdam, nel 1997, e prima ancora a
Maastricht, nel 1992.
La parte conclusiva del Capitolo V, dedicata al problema
dell’elevata disoccupazione, suggerisce la necessità che le
politiche del lavoro siano condotte su piani di azione nazionali,
attraverso l’individuazione di strumenti che, seppur dotati di
elementi comuni, possano essere manovrati secondo modalità e
tempi rispettosi delle diverse situazioni economiche generali.
Infine, credo che si possa auspicare che la BCE abbandoni
un’interpretazione letterale e ristretta del suo mandato, per
assumere una più ampia responsabilità per gli investimenti e
l’occupazione, i quali coinvolgono sì gli stati membri in maniera
autonoma, ma richiedono pur sempre sforzi decisi e coordinati.
EVOLUZIONE STORICA DEI SISTEMI MONETARI INTERNAZIONALI
10
CAPITOLO I
EVOLUZIONE STORICA DEI SISTEMI MONETARI
INTERNAZIONALI
Ogni considerazione sul tema della moneta unica, non può
prescindere da un'attenta analisi delle regole del gioco1 che
hanno governato il funzionamento dei diversi sistemi monetari
internazionali fin qui sperimentati. Nello svolgimento del suddetto
compito, è altresì fondamentale capire in che modo le autorità
monetarie dei diversi paesi hanno fissato i propri obiettivi di
cambio nel corso del tempo.
1.1 Dal gold standard agli accordi di Bretton Woods
Il punto di partenza della presente rassegna è costituito
dall'esame del gold standard, che divenne intrinsecamente
internazionale nel 1879, e rimase saldamente in vigore per circa
trentacinque anni. Secondo le regole implicite del sistema:
1
Espressione coniata da J. M. Keynes nel suo saggio “Le conseguenze economiche di Churchill”, per
indicare le regole che hanno governato il sistema di gold standard prima del 1914.
EVOLUZIONE STORICA DEI SISTEMI MONETARI INTERNAZIONALI
11
� Ogni paese fissava un prezzo ufficiale dell'oro in base
al quale convertiva la sua moneta.
� Il commercio d'oro da parte dei privati era libero. I
cittadini potevano cedere le proprie banconote alla banca
Centrale e viceversa.
� Durante le crisi di breve periodo, le banche centrali
effettuavano prestiti senza limiti a tassi crescenti.
� Tutti i paesi s'impegnavano per la stabilità di lungo
periodo dei cambi.
� Nel lungo periodo, il livello mondiale dei prezzi era
endogenamente determinato dal mercato dell'oro e
nessun'autorità monetaria si poneva come ancora nominale del
sistema, potendo così disporre di un limitato potere discrezionale
nell'inflazionare il livello dei prezzi del proprio paese.
Inoltre, i tassi di cambio bilaterali si mantenevano entro una
banda d'oscillazione assai ristretta, potendo discostarsi dalla
parità centrale soltanto entro limiti fissati dalle spese di trasporto
dell'oro.
Alcuni studi condotti da Morgenstern (1959) hanno stimato
che la banda fosse di poco superiore al 1%, per il dollaro, ed
EVOLUZIONE STORICA DEI SISTEMI MONETARI INTERNAZIONALI
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oscillasse tra lo 0.5 per cento e l’1 per cento, per le valute
europee.
Considerando l'ultimo punto, si capisce che il sistema
operava simmetricamente ma, allo stesso tempo, era
continuamente esposto ad improvvise restrizioni di liquidità, per
cui, ciò che era un vantaggio finiva per trasformarsi in una sua
debolezza. Ancora, il gold standard attraverso movimenti dell'oro
(e dei prezzi) consentiva aggiustamenti automatici delle bilance
dei pagamenti, sottoponendo le economie nazionali a continue e
pericolose pressioni inflazionistiche o recessive2 sempre più
osteggiate dai governi nazionali, anche alla luce della limitata
discrezionalità monetaria di cui essi disponevano.
Dal primo conflitto mondiale (1914-1918) era emersa una
realtà economica profondamente diversa da quella prebellica; si
erano sviluppati preoccupanti processi inflazionistici, la
produzione d'oro era in forte calo e quasi ovunque era cessata la
convertibilità delle rispettive valute.
Negli anni ’30 si ebbe il crollo dell'economia mondiale.
Studiosi e politici profusero notevoli sforzi nella realizzazione di
2
Con ripercussioni su produzione ed occupazione
EVOLUZIONE STORICA DEI SISTEMI MONETARI INTERNAZIONALI
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un nuovo ordine monetario che permetteva ad ogni paese di
essere sovrano nella propria politica monetaria. Si ebbe un
cambio di filosofia che pose le basi per una riforma del sistema
monetario concretatasi nel 1944 con gli Accordi di Bretton
Woods, il cui obiettivo era quello di fornire stabilità ai tassi di
cambio, senza la rigidità tipica dello standard aureo.
Nel Prospetto 1, Ronald I. Mc. Kinnon (1993) ha
brillantemente sintetizzato, in sei regole, lo spirito originario del
trattato, evidenziando la volontà dei negoziatori di contenere, nel
breve periodo, le oscillazioni dei tassi di cambio entro una banda
dell'1%, lasciando aperta la possibilità di una loro sostanziale
modifica nel lungo periodo.
EVOLUZIONE STORICA DEI SISTEMI MONETARI INTERNAZIONALI
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PROSPETTO 1
GLI ACCORDI DI BRETTON WOODS DEL 1945: LO SPIRITO DEL TRATTATO.
Tutti i paesi
1) Fissano una parità della valuta nazionale in termini di oro, o di una
moneta ancorata all’oro;
2) Nel breve periodo mantengono fisso il tasso di cambio con una banda
di oscillazione dell’1%; lasciano, però, flessibile la parità di lungo
periodo se il Fondo Monetario Internazionale lo sostiene;
3) Liberalizzano la convertibilità per i regolamenti in conto corrente; usano
i controlli sui capitali per combattere le speculazioni sui cambi;
4) Usano simmetricamente le monete nazionali nelle transazioni
internazionali, compresi i prestiti del FMI;
5) Controllano i disequilibri di breve periodo delle bilance dei pagamenti
con le riserve ufficiali e i crediti del FMI; sterilizzano l’impatto monetario
interno con interventi sul mercato aperto;
6) Autonomia macroeconomica nazionale: ogni governo membro persegue
il proprio obiettivo di livello dei prezzi e di occupazione, senza vincoli
costituiti da un’ancora nominale comune od una regola dei prezzi.
Era, inoltre, istituito il Fondo Monetario Internazionale
destinato ad operare nel breve-medio termine al fine di garantire
EVOLUZIONE STORICA DEI SISTEMI MONETARI INTERNAZIONALI
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un comportamento simmetrico dei paesi membri ed assicurare il
rispetto delle regole del gioco.
Nel ventennio 1949-1969 si sono registrati pochissimi
aggiustamenti delle parità monetarie; si pensi che per ben
ventidue anni quella dello yen rimase costante al valore di 360
rispetto al dollaro!
Di fatto, il sistema monetario internazionale si era
trasformato in un dollar standard a cambi fissi e l'autonomia di
ogni paese era nuovamente vincolata da uno standard monetario
internazionale. Le intenzioni dei negoziatori erano diverse dalle
regole che, concretamente, hanno disciplinato l'operatività del
sistema monetario dal 1950 al 1970.
Come ben si evidenzia nel Prospetto 2, il comportamento
degli USA differiva sensibilmente da quello degli altri paesi, e
questo suo ruolo asimmetrico risolveva ciò che Mundell (1968)
aveva definito "il problema della ridondanza", ossia quello di
individuare il N-esimo paese che avrebbe esercitato
EVOLUZIONE STORICA DEI SISTEMI MONETARI INTERNAZIONALI
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l'indipendenza monetaria e fornito l'ancora nominale ad un
sistema costituito da N paesi3.
In realtà, le banche centrali estere rispettando l'impegno a
detenere riserve ufficiali in titoli del tesoro USA (T-Bonds), non
influenzavano la base monetaria americana e così, essendo la
domanda di moneta USA sostanzialmente stabile, la Federal
Reserve4 poteva unilateralmente stabilizzare il livello interno dei
prezzi e quello dell'intero sistema. Sul mercato dei cambi, invece,
gli USA rinunciavano ad assumere un atteggiamento attivo, e
l'arbitraggio triangolare nell'ambito del sistema determinava tutti i
N (N-1) /2 tassi incrociati (compreso quello USA).
3
Dopo la 2^ guerra mondiale, l'oro non determinava più il livello comune dei prezzi.
4
Banca centrale americana.
EVOLUZIONE STORICA DEI SISTEMI MONETARI INTERNAZIONALI
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PROSPETTO 2
LO STANDARD DEL DOLLARO A TASSI FISSI: 1950-1970
Tutti i paesi tranne gli USA
1) Fissano la parità della valuta nazionale rispetto al dollaro USA, il numerario, e
mantengono indefinitamente questa parità, con uno scostamento massimo
dell’1%;
2) Liberalizzano la convertibilità per i pagamenti di parte corrente; utilizzano il
controllo dei movimenti di capitale per isolare i mercati finanziari nazionali;
3) Usano il Dollaro come valuta di intervento e mantengono riserve ufficiali in titoli
del Tesoro USA;
4) Subordinano la crescita di lungo periodo dell’offerta di moneta al tasso di
cambio (fisso) e al tasso prevalente di inflazione realizzato negli USA;
5) Coprono le perdite di riserva di breve periodo con l’acquisto, da parte della
banca centrale, di attività nazionali, per ripristinare parzialmente la liquidità del
sistema e l’offerta di moneta:
6) Limitano gli effetti degli squilibri di parte corrente con un’adeguata politica
fiscale;
Gli Stati Uniti
I. Rimangono passivi sul mercato dei cambi; non fissano obiettivi sul saldo della
bilancia dei pagamenti, né sul tasso di cambio. Non mantengono significative
riserve ufficiali in valuta estera;
II. Aprono il mercato dei capitali USA ai governi ed ai privati non residenti;
III. Mantengono la posizione di creditori internazionali netti e limitano il disavanzo
di bilancio;
IV. Ancorano il livello mondiale del prezzo, in dollari, dei beni commerciati ad
un’autorità monetaria americana indipendente.