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INTRODUZIONE
Il lavoro si propone l’obiettivo di analizzare la politica e la società d’Italia nel
secondo dopoguerra, in particolare la classe politica dirigenziale di quel periodo.
Il punto di partenza è l’Italia “in miseria”, ovvero si cerca di analizzare il
movimento contadino nel Meridione verso la riforma agraria, partendo dalla rivolta
“pacifica” dei contadini, i quali erano in preda ad un forte “malcontento” causato dalla
permanenza dei numerosi latifondi assenteisti, ed erano spinti alla “rivolta” dalla mancata
applicazione del decreto Gullo del 1944, che concedeva terreni incolti a cooperative di
contadini.
In questo contesto vengono analizzati anche i fatti di Campofiorito, la repressione
poliziesca e le lotte di emancipazione, dal momento che tali fatti sono essenziali per
comprendere il fenomeno in questione. Campofiorito era un paese agricolo nei pressi di
Corleone, nel quale i contadini decisero di manifestare pacificamente, anche attraverso
l’occupazione dei latifondi per evidenziare la loro miserevole condizione.
Al riguardo, vengono riportate diverse testimonianze rese nei verbali dei
carabinieri, che fanno emergere il carattere pacifico di tali manifestanti e l’ostilità dei
carabinieri nei loro confronti.
Si passa poi ad esaminare un tragico fatto che vide un comportamento ben più
violento da parte delle forze dell’ordine, e per far ciò ci si avvale di alcune deposizioni
relative al processo contro Pio La Torre ed altri contadini conseguente ad un’occupazione
di quasi duemila ettari di terra.
Infine, sempre restando in ambito “contadino”, si vuole analizzare l’ingresso della
mafia in questo mondo, agevolato dalla situazione di forte instabilità creatasi soprattutto
nelle campagne siciliane, dal fatto che i grandi feudatari temevano sempre più l’avanzata
dei contadini e tutto ciò costituiva l’occasione giusta per “i mafiosi” di entrare nel contesto
agrario siciliano. Inoltre, l’ingresso della mafia fu agevolato dal fatto che, dopo lo sbarco
degli Alleati in Sicilia, venne dato il compito di riportare l’ordine sociale proprio ai capi
della mafia, che quindi riuscirono ad insediarsi nelle amministrazioni e nei comuni più
importanti.
Il lavoro di tesi procede all’analisi dei fatti più importanti avvenuti in quel periodo;
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in particolare vengono esaminati gli omicidi di Giuseppe Maniaci e Placido Rizzotto, che
non trovarono colpevoli. Nello specifico, il lavoro evidenzia l’importanza del ruolo
repressivo delle forze dell’ordine e della mafia, che permisero l’attuazione di un’attività di
depistaggio e di sviamento delle indagini, come fossero dei fattori costanti.
Si passa poi ad analizzare il contesto socio – politico dell’Italia repubblicana, dal
momento che, a livello istituzionale, nell’immediato dopoguerra, vi era una forte inferiorità
del movimento operaio rispetto alla classe capitalista, quindi una notevole differenza tra le
diverse componenti dell’elettorato. Invece, i due leader dell’epoca, Alcide De Gasperi e
Palmiro Togliatti, erano considerati due rivali di eguale spessore, tra l’altro simili per
vivacità mentale e per aspetto fisico. Essi, insieme a Pietro Nenni e Giuseppe Romita, con
il I governo De Gasperi, “traghettarono” l’Italia verso il referendum del 2 giugno 1946, che
sancì la vittoria della Repubblica sulla Monarchia.
Nel secondo capitolo del lavoro si analizzano le elezioni del 1948, partendo
dall’osservazione delle principali forze politiche, per arrivare alla campagna elettorale vera
e propria. In effetti, si parte dall’analisi del passaggio dal clima collaborativo post
liberazione, ad una violenta contrapposizione ideologica, alimentata dal contesto
internazionale (Piano Marshall), si giunge alla formazione dell’Assemblea Costituente, la
quale fu poi sciolta per l’indizione delle elezioni politiche, e si arriva ad analizzare più da
vicino la campagna elettorale, evidenziando anche, in modo approfondito, la battaglia dei
manifesti e dei “botta e risposta” dei leader politici nelle varie piazze.
Più in particolare, il lavoro vuole porre l’accento sull’importanza che i manifesti
hanno rivestito in tale periodo storico e, a tal fine, si riportano i cartelloni più emblematici
delle diverse correnti politiche, i quali mostrano in modo eclatante quanto dura fosse la
battaglia tra i vari partiti. In questo contesto, vengono poi analizzati i risultati delle elezioni
con relativa tabella, i pensieri dei diversi leader e degli opinionisti, e si riportano le prime
pagine dei quotidiani dell’epoca che evidenziavano la vittoria della Democrazia Cristiana.
Infine, nel terzo capitolo, si analizza la I Legislatura, con il suo I governo e la sua
classe politica; inizialmente si esaminano i singoli anni e per ognuno di essi si riportano gli
avvenimenti più importanti. Pertanto, vengono analizzati: l’anno 1948 con l’elezione di
Luigi Einaudi a Presidente della Repubblica, il I governo repubblicano di De Gasperi e il
ferimento di Palmiro Togliatti; l’anno 1949 con le due leggi Fanfani, la prima sul
finanziamento delle case popolari e la seconda sull’assistenza ai disoccupati, e con
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l’ingresso dell’Italia nel Patto Atlantico; l’anno 1950 con la nascita della UIL e della CISL,
con l’istituzione della “Cassa del Mezzogiorno” e con la legge di Riforma agraria (legge
stralcio); l’anno 1951 con la Riforma Vanoni denominata “perequazione tributaria”, che
per la prima volta introduceva in Italia l’obbligo della dichiarazione annuale dei redditi, e
con la nascita del Psdi; l’anno 1952 con la “legge Scelba”, sul reato di ricostituzione del
Partito fascista; infine, l’anno 1953 con l’istituzione dell’ENI diretto da Enrico Mattei, e
con l’approvazione della “legge truffa”.
Si passa poi ad analizzare il V governo De Gasperi, più in particolare, gli aspetti
personali dei suoi Ministri, come l’età, la zona geografica di provenienza, la professione,
l’esperienza politica, l’appartenenza o meno al regime fascista ed il titolo di studio. Tra
l’altro, tali caratteristiche vengono approfonditamente studiate per ogni Ministro, si
rielaborano i dati in modo da poterli rappresentare graficamente a livello statistico, con dei
diagrammi a torta e con degli istogrammi.
Infine, si procede ad un’analisi parallela per i componenti del Senato della
Repubblica, mentre per la Camera dei Deputati non è possibile reperire dati attendibili
(maggiore limite oggettivamente riscontrato). Per i Senatori vengono esaminati aspetti,
quali la regione di provenienza, la professione, l’età ed il sesso, e per ogni caratteristica si
procede ad analisi statistica con relativa rappresentazione grafica.
Un’ultima osservazione: relativamente all’età, si ritiene opportuno effettuare un
confronto tra quelle delle diciassette Legislature, evidenziando l’età generale, l’età degli
uomini e quella delle donne.
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CAPITOLO I
L’ITALIA NEL DOPOGUERRA: 1945-1948
1.1 L’ITALIA IN MISERIA
Correva l’anno 1945: al termine della Seconda Guerra Mondiale l’Italia si
presentava in gravi condizioni. I danni causati dal conflitto erano ingenti ed avevano
portato l’economia, e non solo, del Bel Paese al collasso. Città devastate, cumuli di
macerie ovunque, ma anche una povertà sempre più crescente che rendeva il clima ancora
più cupo. Il 40% delle stazioni ferroviarie era ancora danneggiato, il trasporto privato
iniziava a divenire indispensabile per molti Italiani ed oltre alla bicicletta vi erano soltanto
2 soluzioni: la Fiat “Topolino”, autovettura di 500cc., e la motocicletta “Vespa” progettata
dall’ingegnere Corradino D’Ascanio
1
.
Fotografia 1: Il centro di Parma nel 1945
Fonte: www.bbrubra.com
1
S. Lanaro, Storia dell’Italia repubblicana, Venezia, Marsilio Editori spa, 2001, pag. 179.
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Un crollo di stipendi e salari, i quali erano passati dal 34,1% del 1938 al 23,9%, con
perdite patrimoniali del 17% della ricchezza nazionale, facevano sì che moltissimi nuclei
familiari non potevano permettersi di acquistare veicoli, nè tanto meno di avere case
confortevoli. Si stima che solo il 76% delle case era provvisto di cucina, il 52% di acqua
corrente, il 27% di gabinetto al bagno, il 7% di apparecchio telefonico
2
.
Fotografia 2: Mezzi di trasporto nel dopoguerra, filobus a Milano
Fonte: www.alfasport.net
Fotografia 3: Rappresentazione di una casa italiana nel dopoguerra
Fonte: www.cronologia.leonardo.it
2
P. Braghin, Inchiesta sulla miseria in Italia 1951-1952. Materiali della Commissione parlamentare, Torino,
1978, pag. 23.
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“Nel 1945 […] il salario reale (ossia il potere d’acquisto) era la metà circa del 1938-39.
Tale situazione riguardava grosso modo 4,5 milioni di lavoratori dell’industria e dell’edilizia e altri
3 milioni di dipendenti pubblici e privati: ossia, esclusi i salariati agricoli, il 45% della popolazione
“produttiva”. In moneta corrente (1945), un salario operaio medio, comprese le indennità, si
aggirava sulle 3.800-4.000 lire mensili; uno stipendio impiegatizio medio sulle 4.500-4700. Il
significato economico di un tale reddito percepito da più di metà delle famiglie “urbane” appare
evidente quando si pensi che il fabbisogno alimentare di una famiglia tipo, pur compresso a 1500
calorie pro capite giornaliere (con un deficit di circa 500 calorie rispetto ai già bassi standard
prebellici), corrispondeva a una spesa di lire 0,020 per caloria, ossia a 900 lire pro capite mensili.
Per una famiglia di quattro persone la spesa di sopravvivenza era di lire 3.600, pari al 93-95% circa
del reddito. In altri termini, dedotte le spese alimentari, a una famiglia operaia restavano 200-400
lire per tutte le altre spese (e a una famiglia impiegatizia, che utilizzasse 1.600 calorie pro capite, il
residuo arrivava a 800-1000 lire); di cui, quali spese fisse, erano da mettere in conto circa 80 lire
per elettricità e gas, e 200-250 per affitto e riscaldamento (legna e carbone). Si potrebbe dunque
affermare che una famiglia operaia con un solo componente occupato non aveva nessuna
possibilità di acquistare merci non alimentari”
3
.
Fotografia 4: La stazione di Prato
Fonte: www.foto.aft.it
Anche la classe imprenditoriale uscì dalla guerra, specie al Nord, con diverse
incertezze. All’epoca la struttura dell’industria italiana era caratterizzata da un lato, da una
gran quantità di piccole fabbriche e di laboratori artigiani, dall’altro, da una concentrazione
notevole di capitali e mezzi produttivi.
I settori dominanti dell’industria italiana erano:
3
C. Daneo, La politica economica della ricostruzione (1945-1949), Torino, Einaudi, 1975, pag. 11.
11
• l’idroelettrico, che aveva grandi intensità di capitale ed era di recente
formazione;
• il tessile e l’alimentare, i quali erano entrambi ad alta intensità di lavoro e a
basso livello tecnologico.
Fotografia 5: L’industria tessile nel dopoguerra
Fonte: www.cronologia.leonardo.it
Invece, i settori dell’acciaio, automobilistico e chimico, i quali successivamente
avrebbero avuto la massima importanza, erano ancora in secondo piano.
Occorre osservare che, nel dopoguerra, emersero divergenze strategiche
nell’industria italiana tra una maggioranza conservatrice ed una minoranza progressista: la
prima era rappresentata in particolare dall’industria elettrica e dai produttori di cemento e
di zucchero
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, mentre la seconda era formata dal settore metallurgico, dal settore della
gomma e da quello statale dell’acciaio, la quale era consapevole che la propria
4
Secondo P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, Torino, Einaudi, 2006, pag. 94, “L’ala
dominante, rappresentata soprattutto dall’industria elettrica e dai produttori di cemento e zucchero, stava
tranquillamente al sicuro in una situazione di monopolio e privilegiava le speculazioni finanziarie rispetto
agli investimenti o alla produttività.”
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sopravvivenza dipendeva essenzialmente da una profonda riconversione e
razionalizzazione delle risorse
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.
Fotografia 6: Acciaieria nel 1946
Fonte: www.statoquotidiano.it
Fotografia 7: Setificio in Calabria nel dopoguerra
Fonte: www.calabriaonweb.it
5
C. Daneo, La politica economica della ricostruzione (1945-1949), opera cit. pp. 328-330.