1
Introduzione
«Llegará un día en que todas las naciones del continente, sin perder su idiosincrasia o su
gloriosa individualidad, se fundirán estrechamente en una unidad superior y constituirán la
fraternidad europea. Llegará un día en que no habrá más campos de batalla que los foros en los
que compitan las ideas. Llegará un día en que las balas y las bombas serán sustituidas por los
votos»
1
.
Il discorso profetico di Victor Hugo, nel quale si annunciava la realizzazione di
un’unità fraterna tra le nazioni europee, diverrà realtà, attraverso numerose tappe, soltanto un
secolo più tardi. Quest’anno l’Unione Europea celebra vent’anni dalla firma del Trattato di
Maastricht: quando si è giunti alla firma del Trattato che ha dato vita all’Unione monetaria
nessuno poteva prevedere di dover affrontare una crisi economica di tale portata, una crisi
che avrebbe portato a dei ripensamenti sull’assetto organizzativo di una delle politiche più
significative dell’Unione Europea
2
o, come venne definita da Tony Judt, «la più influente leva
a disposizione della Comunità», ovvero la politica di coesione.
1
«Arriverà un giorno in cui tutte le nazioni del continente, senza perdere il proprio temperamento o la propria
gloriosa individualità, si fonderanno totalmente in un’unità superiore, costituendo la fratellanza europea.
Arriverà un giorno in cui ci saranno meno campi di battaglia e più arene in cui si esprimeranno le idee. Arriverà
un giorno in cui i proiettili e le bombe saranno sostituiti dai voti». Discorso di Victor Hugo, 1849.
2
Tutte le crisi economiche hanno avuto un impatto negativo sulla politica regionale: sin dalla crisi energetica
degli anni Settanta, seguita dal crescente divario tra le regioni dovuto all’allargamento e dalla nascita del mercato
unico, la politica regionale ha dovuto modificare il suo peso specifico. Appare, dunque, naturale che a seguito
della crisi economica del 2008 la Commissione abbia ripensato all’allocazione delle risorse della politica di
coesione, risorse fondamentali per avviare processi di crescita e sviluppo in molti Stati membri e nelle rispettive
Regioni. A tal proposito, proprio a partire dal 2008 la Commissione con una serie di comunicazioni ha invitato
gli Stati ad accelerare il processo di implementazione delle azioni previste nel periodo di programmazione 2007-
2013. L’attuazione delle comunicazioni è avvenuta attraverso l’adozione di alcuni regolamenti: Regolamento
(CE) n. 1341/2008 del Consiglio del 18 dicembre 2008, che modifica il Regolamento (CE) n. 1083/2006 sul
Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione, per quanto riguarda
alcuni progetti generatori di entrate; Regolamento (CE) n. 284/2009 del Consiglio del 7 aprile 2009, che
modifica il Regolamento (CE) n. 1083/2006 recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo
regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione, per quanto riguarda alcune disposizioni relative
alla gestione finanziaria; Regolamento (CE) n. 397/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 maggio
2009, che modifica il Regolamento (CE) n. 1080/2006 relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale per
quanto riguarda l’ammissibilità degli investimenti a favore dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili
nell’edilizia abitativa; Regolamento (CE) n. 396/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 maggio
2009, che modifica il Regolamento (CE) n. 1081/2006 relativo al Fondo sociale europeo per estendere i tipi di
costi ammissibili a un contributo del FSE. Al fine di poter implementare in maniera più veloce le azioni sono
state introdotte alcune misure volte alla flessibilizzazione delle modalità di finanziamento, come ad esempio
quella che concede la possibilità di finanziare subito i cosiddetti «grandi progetti», ovvero quei progetti che
superano i 50 milioni di euro, senza la necessità di ottenere l’approvazione preventiva della Commissione.
Nell’ambito della semplificazione dei fondi invece sono state introdotte misure volte, ad esempio, alla
semplificazione del sistema degli anticipi (gli anticipi sugli aiuti di Stato versati ai beneficiari possono coprire il
100% dell’importo) o alla semplificazione del sistema dei rimborsi (la Commissione può rimborsare spese per
piccoli progetti su base forfettaria). Se da un lato questi interventi facilitano l’impiego delle risorse, permettendo
2
La politica di coesione, o politica regionale, come approfondito nel primo capitolo
dell’elaborato, ha l’obiettivo di sanare, attraverso risorse elargite mediante l’impiego dei
Fondi strutturali, secondo art. 174 del Trattato di Lisbona: «il divario tra i livelli di sviluppo
delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite». Il più recente meccanismo di
destinazione dei Fondi, previsto dal Regolamento (CE) n. 1081/2006 del Parlamento europeo
e del Consiglio del 5 luglio 2006 relativo al Fondo sociale europeo e recante abrogazione del
regolamento (CE) n. 1784/1999, in GUUE 31 luglio 2006 e dal Regolamento (CE) n.
1083/2006 del Consiglio dell'11 luglio 2006 recante disposizioni generali sul Fondo europeo
di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il
regolamento (CE) n. 1260/1999, prevede il coinvolgimento, oltre che dei governi centrali
degli Stati membri, impegnati nella redazione del Quadro Strategico Nazionale, anche dei
governi regionali, ai quali è affidato il compito di stilare i Programmi Operativi Regionali,
ispirandosi alla normativa europea e in coerenza con il proprio Quadro di Riferimento
Nazionale.
Nell’ambito dell’obiettivo Convergenza che, insieme agli obiettivi Competitività
regionale e occupazione e Cooperazione territoriale europea, definisce un particolare contesto
geografico e socioeconomico di destinazione dei fondi, questa tesi si concentra sulle modalità
e i processi mediante i quali vengono impiegate le risorse elargite attraverso il Fondo sociale
europeo in due regioni affini per storia e condizioni macro-economiche: la Sicilia e
l’Andalusia.
Tabella 1: Comparazione su aspetti generali delle due regioni
3
.
Sicilia Andalusia
Estensione
Territoriale
25.711 km² 87.597 km²
Popolazione
4
5.051.075 8.256.297
Disoccupazione
5
14,38% 31,23%
agli Stati membri di avviare molti più progetti in modo da favorire crescita ed occupazione, dall’altro sembra
perdere peso il carattere di addizionalità della politica regionale, faticosamente impostosi nel corso degli anni, a
favore di una nazionalizzazione della stessa.
3
Tutti i dati presenti nella tabella sono consultabili al sito www.istat.it per la Sicilia, mentre i dati riguardanti
l’Andalusia sono consultabili al sito www.ine.es.
4
Il dato relativo alla densità della popolazione si riferisce all’anno 2010.
5
La percentuale del tasso di disoccupazione riportata in tabella fa riferimento all’anno 2011.
3
In particolare, come si evince nel secondo e nel terzo capitolo dell’elaborato, la ricerca
si è concentrata su due settori nei quali vi è il cofinanziamento del Fondo sociale europeo: le
politiche per l’inclusione sociale e per il miglioramento del capitale umano. Sono questi due
settori strettamente collegati alla crescita economica di ogni Paese, l’uno relativo
all’istruzione scolastica e volto a combattere l’abbandono scolastico prematuro e al
miglioramento delle qualifiche professionali possedute, e l’altro indirizzato a incrementare la
partecipazione dei soggetti più deboli nel mercato del lavoro, migliorando così la loro
inclusione sociale. Con il termine di capitale umano si fa qui riferimento alla definizione
fornita dal Consiglio dell’Unione Europea: «conoscenze, capacità, competenze ed attributi di
cui dispone l’individuo, che facilitano il benessere personale, sociale ed economico»
6
.
Nella letteratura economica, l’importanza del capitale umano come fattore
fondamentale per la crescita economica è stata sottolineata a partire dagli anni Sessanta da
Schutlz
7
, a cui fece seguito Denison
8
, il quale fu promotore della necessità di incorporare il
tema del capitale umano in modelli teorici, e Uzawa che, nel 1965, realizzò per la prima volta
questa incorporazione nel modello di crescita ottima realizzato da Cass
9
. Nello scenario
attuale, caratterizzato da un’ingente crisi economica, la conoscenza da parte degli operatori
pubblici del contributo alla crescita dato dal capitale umano
10
può essere utile per prendere
6
Risoluzione del Consiglio del 15 luglio del 2003, sul capitale sociale e umano (2003/C 175/02).
7
Schultz illustrò i benefici degli investimenti in istruzione e formazione ai fini dell’incremento della produzione
agricola su scala nazione. Successivamente, spiegò come l’incremento ottenuto da questi investimenti
rappresentasse un vantaggio per l’economia nazionale, considerata nel suo complesso; per far ciò dimostrò che
la resa del capitale umano nell’economia americana era superiore a quella del capitale fisico. R. Donkin, Il futuro
del lavoro, Gruppo il Sole 24 ore, Milano 2011, p. 285.
Per approfondire la teoria del capitale umano, Schultz T., Investment in human capital, in «American Economic
Review», 51, 1961, pp. 1-17.
8
Per approfondimenti sul tema, Denison E., The Sources of Economic Growth in the United States and the
Alternatives Before Us, Committee for Economic Development, Washington D.C., 1962; e Denison E.,
Education, Economic Growth and gaps in information, in «Journal of Political Economy», 70, 1962, pp.124-
128.
9
Cass D., Optimum Growth in an aggregative model of capital accumulation, in «Review of Economic Studies»,
XXXII, 1965, pp. 223-240.
10
L’incremento alla crescita dato dal miglioramento del capitale umano è stato analizzato del documento della
European Commission - DG Employment, Final Report, Study on the return on ESF investiment in human
capital, 2010.
4
decisioni a favore dello sviluppo
11
: in sintesi, «l’uomo non può essere sostituito dalle
macchine, ma è una risorsa primaria da sviluppare e su cui investire»
12
.
Attraverso l’analisi, prima del Quadro Strategico Nazionale italiano e del Marco
Estratégico de Referencia Nacional spagnolo, e dopo dei Programmi Operativi Regionali in
vigore per il periodo di programmazione 2007-2013, si mettono in luce le modalità di impiego
delle risorse del FSE, a cui si affiancano risorse sia nazionali sia regionali, sottolineando in
qualche occasione l’inefficienza con cui vengono utilizzate le somme messe a disposizione
delle regioni: il caso della Sicilia, così come testimoniato dalla stampa nazionale, è
emblematico dei ritardi accumulati nei primi 5 anni di programmazione nell’impiego dei
fondi comunitari, e nello specifico delle risorse del Fondo sociale europeo. Per far fronte a
questa situazione, che inevitabilmente potrebbe comportare un disimpegno da parte
dell’Unione Europea, il nuovo Ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca, ha
individuato nuove linee di azione, il cui obiettivo è quello di incrementare la spesa investendo
il “tesoro” messo a disposizione dall’Unione Europea.
Il caso dell’Andalusia, invece, è l’emblema della corruzione che dilaga e che si
impossessa anche dei Fondi comunitari: circa sei mila imprese, infatti, sono state oggetto di
controlli incrociati da parte dell’OLAF e dell’Agenzia fiscale spagnola per aver ricevuto
finanziamenti da parte della Giunta dell’Andalusia, senza aver portato a compimento quanto
previsto dai bandi che le hanno viste beneficiarie di tali somme.
Tabella 2: Aspetti generali della Sicilia in rapporto alla situazione italiana
13
.
Sicilia Italia
Estensione
Territoriale
25.711 km² 301.338 km²
Popolazione
14
5.051.075 60.626.442
Disoccupazione
15
14,38% 8,4%
11
Gli studi sul capitale umano, che vennero ripresi a metà degli anni Ottanta, si concentrarono soprattutto sulle
differenze di produttività e dei tassi di crescita. In particolare, la presenza massiccia di capitale umano venne
considerata in modo positivo come fattore di produzione di esternalità positive, grazie al contributo dato allo
sviluppo di nuove idee e prodotti, elementi fondamentali per l’incremento del progresso tecnico. Mª del Pópulo
Pablo-Romero Gil-Delgado - Mª de la Palma Gómez-Calero Valdés, Efecto del capital humano sobre la
productividad: Andalucía y resto de España, in «Revista de Estudios Regionales», 2010, n. 90, pp. 45-70, pp.
46-47.
12
Boccafusco A. (a cura di), Il futuro oltre lo «Stretto». Indagine sul capitale umano: i diplomandi nel sistema
locale del lavoro di Palermo, FrancoAngeli, Milano 2007, p. 37.
13
I dati riportati in tabella sono consultabili al sito www.istat.it.
14
Il dato relativo alla popolazione si riferisce all’anno 2010.
5
Tabella 3: Aspetti generali dell’Andalusia in rapporto alla situazione spagnola
16
.
Andalusia Spagna
Estensione
territoriale
87.597 km² 504.645 km²
Popolazione 8.256.297 46.196.278
Disoccupazione 31,23% 21,7%
L’ultimo capitolo rivolge lo sguardo al futuro, cioè alla riforma che verrà attuata nel
prossimo periodo di programmazione 2014-2020. Attraverso un breve excursus sulle tappe
fondamentali del dibattito, dalla presentazione del documento Regioni 2020 alla Quinta
relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale Investire sul futuro dell’Europa,
vengono presentate tutte le possibili linee di rifoma, molte delle quali figurano anche in altri
documenti di notevole importanza per il dibattito, ovvero: il Documento di riflessione per la
politica di coesione, opera dell’allora commissaria europea Hübner; il Rapporto Barca,
un’analisi indipendente sulle possibili azioni di riforma della politica di coesione in un
contesto economico globalizzato; infine, il Documento di orientamento sulla futura politica di
coesione, nel quale vengono ripercorse dapprima le tappe che hanno portato all’istituzione
della politica di coesione così com’è conosciuta oggi, e successivamente, viene analizzato
l’impatto della politica regionale sul territorio locale.
I settori in cui interverrà la riforma della politica di coesione afferiscono:
- alla definizione strategica dell’intervento;
- al sistema di incentivi tra i diversi livelli amministrativi;
- all’attività di controllo;
- alla finanziarizzazione dell’azione amministrativa;
- all’organizzazione dell’amministrazione comunitaria.
15
La percentuale del tasso di disoccupazione fa riferimento all’anno 2011.
16
I dati riportati in tabella sono consultabili al sito www.ine.es.
6
Il Governo italiano ha accolto con favore quasi la totalità delle linee di riforma
proposte e contenute nei vari documenti, consapevole anche della necessità di una maggiore
collaborazione tra le politiche, fondamentale per ottenere i risultati previsti e per raggiungere
un buon grado di sviluppo.
Ci si chiede da più parti se sia necessaria una riforma della politica di coesione che
limiti l’area geografica di intervento da un lato, e le risorse finanziarie a disposizione
dall’altro; quello che però è certo è la volontà, se non addirittura le necessità, di adottare delle
azioni di controllo, e quindi potenziare le fasi di monitoraggio e valutazione, sulla qualità
degli interventi posti in essere dalle amministrazioni locali.
7
1. La politica di coesione europea negli interventi finanziati dal Fondo
sociale europeo
1.1. La politica regionale europea: un profilo storico-giuridico.
La politica regionale europea sin dalle origini fu concepita come una politica di
solidarietà finanziaria volta a ridurre le notevoli disparità economiche e sociali tra le regioni,
attraverso la redistribuzione di una parte delle risorse degli Stati membri
1
.
La volontà di ridurre i divari regionali, considerati un forte freno allo sviluppo e al
progresso del mercato unico, è evidente già nel preambolo del Trattato di Roma, firmato nel
marzo 1957 ed entrato in vigore il 1° gennaio 1958
2
: gli Stati membri, all’epoca solo i sei
fondatori (Francia, Germania, Italia, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi), si impegnarono in
tale occasione a rafforzare la coesione delle loro economie, assicurandone uno sviluppo
armonioso «attraverso la riduzione delle differenze esistenti tra le varie regioni e
dell’arretratezza di quelle meno favorite».
Nata inizialmente come una semplice politica di compensazione delle diversità
regionali, la politica di coesione in realtà aveva alla base motivazioni politiche profondamente
connesse al processo di integrazione
3
: il primo elemento che spinse i politici europei a
contenere gli squilibri regionali fu il decisivo legame tra l’intervento pubblico compensativo e
la costruzione della «comunità», intervento che evitava che le differenze di opportunità e di
condizioni di vita tra le varie regioni minassero l’unità raggiunta; il secondo elemento
determinante è da rinvenirsi nella stretta connessione tra il processo di integrazione europea
(processi di liberalizzazione, adozione di una moneta unica e allargamento) e la necessità di
1
M. Esteban - A. Rodríguez - J. Moreno - A. Altuzarra - J. Larrañaga, La evaluación de la Política Regional
Europea. Análisis empírico de las metodologías aplicadas, in «Investigaciones Regionales», 2009, n. 14, pp.
157-184, p. 160.
2
Il Trattato invitava gli Stati ad affrontare il tema dei divari regionali, mettendo a disposizione come unico
strumento la Banca Europea degli Investimenti che finanziò, soprattutto nel periodo compreso tra il 1958 e il
1987, i progetti di rilancio infrastrutturale nel Mezzogiorno. Da ciò emerge un dato rilevante e cioè che,
all’epoca, le politiche in materia di disparità regionali erano prerogativa degli governi nazionali. G. Viesti – F.
Prota, Le nuove politiche regionali dell’Unione Europea, il Mulino, Bologna 2007, p. 11.
3
Il fenomeno dell’interdipendenza tra integrazione politica ed economica è stato sottolineato dalla corrente
neofunzionalista: i neofunzionalisti affermano che per raggiungere l’efficienza in un determinato settore, risulta
indispensabile che la cooperazione venga estesa ad altri settori (fenomeno definito spillover o effetto indotto). M.
Brunazzo, Come funziona l’Unione Europea. Le istituzioni, i processi decisionali, le politiche, Laterza, Bari
2009, p. 29.
8
garantire uno sviluppo equilibrato delle regioni economicamente meno pronte a sostenere
cambiamenti di tale portata
4
.
Sin dall’istituzione della Comunità economica europea, nonostante fosse chiaro il
ruolo negativo esercitato dagli squilibri regionali, i primi significativi interventi volti a
diminuire concretamente le disparità vennero adottati solo a partire dalla seconda metà degli
anni Settanta. Questo cambiamento d’azione, che comportò un intervento comunitario più
incisivo, fu determinato dalla volontà di superare due concezioni che avevano mostrato i
propri limiti: la prima considerava le disparità regionali come un problema da risolvere
esclusivamente a livello nazionale; la seconda invece, riponendo un’eccessiva fiducia nei
confronti dello sviluppo del mercato interno, riteneva che lo stesso potesse colmare
naturalmente i divari esistenti
5
. A ciò si aggiunse la crisi che investì l’Europa nella seconda
metà degli anni Settanta, la quale provocò una profonda revisione di obiettivi, strategie e
strumenti che fino ad allora avevano caratterizzato la politica regionale: in particolare, la
necessità di fronteggiare la produzione e la domanda su scala regionale convertì le regioni in
attori fondamentali, il cui compito divenne quello di promuovere le strategie per il
risanamento economico mediante l’utilizzo e lo sfruttamento del proprio potenziale interno
6
.
L’Atto Unico Europeo (AUE), entrato in vigore il 1° luglio 1987, stabiliva all’art. 23:
«Per promuovere uno sviluppo armonioso della Comunità, questa sviluppa e prosegue la
propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica e sociale. In
particolare la Comunità mira a ridurre il divario tra le diverse regioni ed il ritardo delle regioni
meno favorite».
La Comunità, secondo il dettato dello stesso articolo, contribuiva alla realizzazione
della politica economica degli Stati membri mediante l’impiego di
«Fondi a finalità strutturale (Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia, sezione
orientamento, Fondo sociale europeo, Fondo europeo di sviluppo regionale), la Banca europea
per gli investimenti e gli altri strumenti finanziari esistenti».
4
G. P. Manzella, La ‘irresistibile’ ascesa della politica regionale: effetti, motivi, prospettive, in <<Rivista
giuridica del Mezzogiorno>>, XXIII (2009), n. 3, pp. 841-864, p. 845.
5
M. Brunazzo, Le regioni italiane e l’Unione Europea. Accessi istituzionali e di politica pubblica, Carocci,
Roma 2005, p. 41.
6
M. Esteban - A. Rodríguez - J. Moreno - A. Altuzarra - J. Larrañaga, La evaluación de la Política Regional
Europea. Análisis empírico de las metodologías aplicadas, cit., p. 161.
9
La volontà di operare un rafforzamento della coesione economica e sociale, attraverso
la redistribuzione delle risorse, è una costante nell’azione dell’Unione Europea, come
testimoniato non solo dall’art. B delle disposizioni comuni presenti nel Titolo I del Trattato di
Maastricht (1992)
7
, ma anche dal successivo Trattato di Amsterdam (1997)
8
. Il recente
Trattato di Lisbona (2009), sottolineando l’importanza dell’ambito territoriale sul quale si
esplica l’attività dell’Unione, afferma all’art. 3 comma 3: «essa [l’Unione Europea] promuove
la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri»
9
.
La politica regionale è caratterizzata da una serie di elementi che contribuiscono a
evidenziarne il valore aggiunto:
- il cofinanziamento, ovvero la partecipazione di finanziamenti anche nazionali,
favorisce l’istituzione di partenariati pubblico-privato, garantendo gli
investimenti anche in periodi di austerità economica;
- il carattere pluriennale della programmazione permette la pianificazione di
interventi a lungo termine;
- l’effetto governance che incentiva non solo la capacità di iniziativa e la
responsabilità di tutti i livelli dell’Amministrazione coinvolti e degli attori
socioeconomici, ma incide anche sulll’istituzione di partenariati e
sull’allocazione finanziaria;
- il partenariato che comporta il coinvolgimento di una pluralità di attori, sia
pubblici che privati, come la Commisione Europea, lo Stato membro, le regioni
e gli enti locali, le autorità di gestione, le parti sociali, ecc.
7
Art. B: «L’Unione si prefigge i seguenti obiettivi: - promuovere un progresso economico e sociale equilibrato e
sostenibile, segnatamente mediante la creazione di uno spazio senza frontiere interne, il rafforzamento della
coesione economica e sociale e l’instaurazione di un’unione economica e monetaria che comporti a termine una
moneta unica, in conformità delle disposizioni del presente trattato». Trattato di Maastricht, trattato sull’Unione
Europea, in Gazzetta Ufficiale n. C 191 del 29 luglio 1992.
8
Art. 1, comma 5: «Articolo B l’Unione si prefigge i seguenti obiettivi: - promuovere un progresso economico e
sociale e un elevato livello di occupazione e pervenire a uno sviluppo equilibrato e sostenibile, in particolare
mediante la creazione di uno spazio senza frontiere interne, il rafforzamento della coesione economica e sociale
e l’instaurazione di un’unione economica e monetaria che comporti a termine una moneta unica, in conformità
delle disposizioni del presente trattato». Trattato di Amsterdam che modifica il Trattato sull’Unione Europea, i
Trattati che istituiscono le Comunità europee e alcuni Atti connessi, in Gazzetta Ufficiale n. C 340 del 10
novembre 1997.
9
Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull’Unione Europea e il trattato che istituisce la Comunità europea,
(2007/C 306/01), in G.U.U.E. n. C 306 del 17 dicembre 2007.
10
- l’effetto a catena che implica conseguenze anche sulle altre politiche
comunitarie, ad esempio su quelle aventi ad oggetto l’istruzione, l’occupazione
e lo sviluppo rurale
10
.
1.1.1 Un ventennio di riforme: i cambiamenti della politica di coesione.
I fondi europei - il Fondo sociale europeo (FSE) e il Fondo europeo agricolo di
orientamento e di garanzia (FEAOG), contemplati nel Trattato di Roma
11
, e il Fondo europeo
per lo sviluppo regionale
12
(FESR) istituito nel 1975 con il Regolamento (CEE) n. 724/1975 -
vennero disciplinati per la prima volta in modo organico attraverso l’adozione dei
Regolamenti (CEE) n. 2052/1988 e n. 4253/ 1988, e soggetti successivamente a numerose
modifiche.
La politica di coesione fu riformata nel 1993 (Regolamenti (CEE) n. 2081 e n. 2082),
nel 1999 mediante il Regolamento (CE) n. 1260/1999 e ancor più recentemente con il
Regolamento n. 1083/2006 che ha apportato profondi cambiamenti nella strategia e nella
gestione degli interventi relativamente al periodo 2007-2013
13
.
Con la riforma del 1988
14
, che trasformò l’intervento comunitario nella politica di
coesione economica e sociale propriamente detta
15
, venne riconosciuto il ruolo decisivo
10
G. Pittella – S. Serenari, I programmi finanziari dell’Unione Europea 2007-2013, Pendagron, Bologna 2007,
pp. 31-32.
11
Art. 123 del Trattato che istituisce la Comunità economica europea: «Per migliorare le possibilità di
occupazione dei lavoratori all’interno del mercato comune e contribuire così al miglioramento del tenore di vita,
è istituito, nel quadro delle disposizioni seguenti, un Fondo sociale europeo che avrà il compito di promuovere
all’interno della Comunità le possibilità di occupazione e la mobilità geografica e professionale dei lavoratori».
Art. 40, comma 3 del Trattato CEE: «L’organizzazione comune in una delle forme indicate al paragrafo 2 può
comprendere tutte le misure necessarie al raggiungimento degli obiettivi definiti all’art. 39, e in particolare
regolamentazioni dei prezzi, sovvenzioni sia alla produzione che alla distribuzione dei diversi prodotti, sistemi
per la costituzione di scorte e per il riporto, meccanismi comuni di stabilizzazione all’importazione o
all’esportazione». L’istituzione del FEAOG è contenuta negli articoli seguenti al già citato art. 40 del trattato
CEE ed è disciplinato dal Regolamento (CE) n. 1257/1999.
12
Il FESR non fu creato con l’intenzione di intervenire laddove sussistevano divari regionali, ma semplicemente
come uno strumento di compensazione per i Paesi creditori netti del bilancio comunitario. Inizialmente i
finanziamenti del Fondo in questione, che non furono ingenti, venivano allocati sulla base di quote nazionali
assegnate dal Consiglio dei ministri, senza un chiaro indirizzo verso le regioni meno sviluppate. Nel 1984 venne
introdotto il sistema delle <<forcelle>> che consentì l’intervento diretto sulle regioni in ritardo di sviluppo. G.
Viesti – F. Prota, Le nuove politiche regionali dell’Unione Europea, cit., p. 14.
13
A. Di Stefano, La politica comunitaria di coesione economica, sociale e territoriale. Profili problematici di
una Multilevel Governance, in «Rivista giuridica del Mezzogiorno», XXII (2008), n. 3, pp. 749-792, p. 750.
14
I cambiamenti introdotti dalla riforma del 1988 furono preceduti da due eventi significativi: il primo elemento
caratterizzato dall’adozione, nel 1985, dei Programmi integrati mediterranei (indirizzati alla Francia, all’Italia e
alla Grecia) spianò la strada alle modifiche nell’utilizzo dei finanziamenti e nel metodo di intervento
comunitario. Invece, tra il 1987 e il 1988 vennero pubblicati i Rapporti Padoa-Schioppa e Cecchini, nei quali si
denunciava un acuirsi delle disparità regionali come conseguenza del processo di integrazione europea e della