resto non è andato oltre la soglia compresa tra i 10 e i 19 addetti. Fra le imprese con 10 -19 
addetti piø della metà è rimasta nella propria classe dimensionale, piø di 1/4 ha ridotto la 
2
propria dimensione. Solo 1/5 delle imprese ha aumentato il numero degli addetti. La 
sproporzione, rimasta stabile negli anni, non sembra mostrare segni di mutamento. Persiste 
inoltre una forte specializzazione delle imprese italiane in lavorazioni a ridotto contenuto 
tecnologico, negli anni ’90 la composizione settoriale dell’economia italiana - caratterizzata 
dal peso significativo dei settori del commercio e manifatturiero - è rimasta pressochØ 
immutata. Nell’area dell’euro si osservano due modelli: quello della Francia e Germania 
con una forte specializzazione delle esportazioni nei prodotti ad intensità di lavoro 
qualificato e a contenuto tecnologico medio-alto; quello dell’Italia e della Spagna che 
concentra la propria specializzazione nelle lavorazioni tradizionali a minore intensità 
3
tecnologica. La combinazione di questi fattori segnala un problema di competitività della 
nostra economia: la specializzazione produttiva espone il nostro sistema alla concorrenza 
dei paesi emergenti; la dimensione contenuta delle nostre imprese frena la mobilità 
settoriale poichØ la possibilità di introdurre innovazioni radicali di processo e di prodotto è 
collegata alla disponibilità di risorse ingenti, di capacità e di strutture di ricerca rilevanti. 
2
 Cfr. Guelpa (1997). 
3
 Cfr. Bugamelli (2001). 
5
Capitolo I 
1.1.1 La nuova definizione di PMI 
«Le Piccole e Medie Imprese costituiscono l’ossatura su cui poggia l’economia dell’Unione 
europea», e la ricerca di variabili quantitative o qualitative idonee a delimitare il concetto di 
dimensione di impresa rappresenta un tradizionale oggetto d’analisi e di studio della 
4
dottrina economica-aziendale. 
La nuova definizione di PMI, applicabile a partire dal primo gennaio 2005, sostituisce 
quella contenuta nella precedente Raccomandazione 96/280/CE (GU L 107 del 30.04.96), 
in primo luogo in ragione dell'evoluzione che hanno subito le strutture produttive in seno 
all’Unione nel corso di questi ultimi anni, in secondo luogo in virtø del fatto che si è reso 
necessario un adeguamento delle soglie finanziarie relative al fatturato ed allo stato 
patrimoniale delle aziende che tenesse conto dei mutati sviluppi del mercato odierno, sia in 
termini di produttività che in termini di inflazione, rispetto al passato. 
L’Unione si attende che questa nuova definizione di PMI, piø rispondente alla realtà 
economica, dia piø impulso all’imprenditorialità e sostegno alla crescita economica, 
promuovendo gli investimenti e l’accesso delle PMI ai venture capitals. Ci si attende anche 
che tale novazione contribuisca ad eliminare gli ostacoli amministrativi, promuovendo allo 
4
 Il tema della definizione dimensionale delle imprese e il concetto stesso di piccola impresa hanno costituito 
oggetto di attenzione da molto tempo, sia da parte di economisti che di policy makers. 
Tuttora si registrano, in proposito, opinioni diversificate e talora discordi e si è ben lungi dall’aver trovato una 
soluzione definitiva al problema della qualificazione della piccola impresa. La difficoltà di giungere a una 
definizione condivisa di PMI è riconducibile alla estrema eterogeneità delle realtà che, almeno in prima 
approssimazione, si potrebbero far rientrare nella categoria suddetta. 
6
stesso tempo una maggiore certezza dal punto di vista giuridico per quanto concerne 
l’applicazione delle norme. 
Già con il Consiglio europeo di Feira del 2000, i Capi di Stato o di Governo e la 
Commissione europea avevano riconosciuto l’importanza di orientare i rispettivi sforzi 
strategici verso linee di azione comune in tema di sviluppo delle Piccole e Medie Imprese 
che tenessero conto anche dell’environment nel quale queste operano. In tale occasione, le 
PMI erano state qualificate come motore dell’innovazione e dell’occupazione in Europa, in 
piena armonia con quanto previsto dalla Strategia di Lisbona mirante a rendere l’Unione 
europea la società della conoscenza piø dinamica e piø competitiva del mondo entro il 
2010.L’attenzione del legislatore comunitario alle imprese di minori dimensioni era stata 
messa in luce già nella Decisione 2000/819/CE (GU L 333 del 29.12.00), adottata dal 
Consiglio verso la fine del 2000 e relativa ad un Programma pluriennale a favore 
dell’impresa e dell’imprenditorialità, in particolare per le piccole e medie imprese. 
1.1.2 PerchØ una nuova definizione 
A fronte di una certa rigidità che caratterizza la grande impresa (sia sotto il profilo degli 
investimenti infrastrutturali, che in termini di occupazione), la piccola e media impresa si 
distingue da sempre per una maggiore flessibilità in ambito amministrativo e da una 
5
maggiore reattività alle mutate esigenze del mercato. Statisticamente, le PMI presenti 
5
 A partire dalla metà degli anni settanta, a seguito delle crisi petrolifere e dell’elevata instabilità che ha 
progressivamente caratterizzato i diversi settori, sono caduti alcuni capisaldi delle precedenti teorie 
economiche e sono stati riconsiderati elementi quali la pronta capacità di risposta alle sollecitazioni esterne, la 
flessibilità, l’elasticità, la creatività tipici delle imprese di dimensioni minori. In tutte le economie 
7
nell’UE (circa 19 milioni) rappresentano oltre il 99% di tutte le imprese comunitarie, per un 
totale di circa 74 milioni di addetti, una parte consistente, dunque, dell’intero tessuto 
economico dell’Unione. 
Le PMI, in effetti, beneficiano di uno specifico trattamento di favore per quanto concerne 
alcuni settori, tra i quali assumono particolare rilievo le seguenti materie: 
• Aiuti di Stato, ai sensi del Regolamento (CE) n. 70/2001 della Commissione (GU L 
10 del 13.01.01), il quale, entro certi limiti, prevede l’esenzione dall’obbligo di 
notificazione preventiva per gli aiuti disposti da uno Stato a favore delle sue PMI 
(in quanto non diretti a falsare la concorrenza); 
• Programmi di ricerca cooperativa (CRAFT), contemplati dal Sesto Programma 
Quadro, che prevedono uno specifico sostegno alle PMI che investano in ricerca ed 
innovazione, stante la scarsa propensione di esse a svolgere tale tipo di attività; 
• Fondi Strutturali, si pensi alle singole previsioni di finanziamento rinvenibili nei 
Documenti di Programmazione (Docup) delle Regioni, che dispongono particolari 
interventi finanziari solo a favore delle PMI; 
• Interventi finanziari riconducibili alle istituzioni finanziarie come la Banca Europea 
per gli Investimenti (BEI) ed il Fondo Europeo per gli Investimenti (FEI), i quali 
assumono in particolari casi le forme di venture capital funds e garanzie sui prestiti 
in favore delle sole PMI. 
industrializzate si è quindi assistito a una diminuzione della dimensione media delle unità produttive del 
settore manifatturiero. Le PMI, infatti, sono sembrate maggiormente idonee ad adattarsi ai cambiamenti della 
domanda sia interna che internazionale e soprattutto hanno dato prova di saper meglio reagire ai piø stringenti 
vincoli di costo. Cfr. Cortesi A.-Alberti F.-Salvato C. (2004), Le piccole imprese. Struttura, gestione, percorsi 
evolutivi, Carocci editore. 
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Nonostante la riconosciuta necessità di una disciplina unitaria per le PMI a livello 
comunitario, i vari Stati membri avevano, in passato, mantenuto qualificazioni diverse per 
designare le imprese di taglia minore, questo per rispondere ad esigenze peculiari 
riconducibili alla struttura produttiva del loro proprio Paese. Le varie definizioni, in origine, 
erano dunque riconducibili essenzialmente alle sensibili differenze che da sempre hanno 
caratterizzato gli apparati infrastrutturali delle aziende nei vari Stati membri: per i Paesi a 
piø alto potenziale industriale, come la Germania, la dizione PMI designava le sole imprese 
di limitate dimensioni rispetto alla taglia media delle imprese tedesche; altro discorso 
andava fatto per le PMI italiane, caratterizzate storicamente da una dimensione media di 
gran lungo inferiore a quelle tedesche, sia dal punto di vista del personale impiegato, sia 
sotto l’aspetto dei capitali a disposizione. 
Nell’ottica del mercato unico, privo di frontiere interne, si era quindi ritenuto che il 
trattamento delle imprese dovesse essere fondato su una base costituita da regole comuni , 
in particolar modo per evitare che la Comunità indirizzi le sue azioni ad un certo tipo di 
PMI e gli Stati membri ad un altro. La Commissione, già nella Raccomandazione 
96/280/CE , aveva ritenuto che l’esistenza di definizioni diverse a livello comunitario e a 
livello nazionale potesse essere fonte di incoerenza. Questo assunto veniva confermato dal 
fatto che i vari Stati membri adottavano molteplici e differenziate forme di sostegno alle 
microimprese, alle piccole ed alle medie imprese (PMI), da cui la necessità di rendere piø 
coerenti ed efficaci tutte le politiche a favore delle PMI, con conseguente restrizione dei 
rischi alla distorsione della concorrenza su scala europea. Si Ø resa necessaria una 
definizione univoca di Piccola Media Impresa (PMI), che riconoscesse l’importanza della 
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funzione economico-sociale da essa esercitata tenendo al contempo in debito conto delle 
particolari difficoltà cui essa deve far fronte per prosperare sul mercato. La nuova dizione 
risponde, inoltre, ai bisogni di accrescere la crescita, gli investimenti e l’innovazione; viene 
vista, infine, come fonte di maggiore cooperazione e raggruppamento fra le imprese 
indipendenti (clusters). 
1.1.3 Micro, Piccole e Medie Imprese 
La nuova Raccomandazione 2003/361/CE si pone in linea con le istanze manifestate dalle 
imprese e dalle varie amministrazioni degli Stati membri in merito ad una maggiore 
chiarezza del concetto PMI, sia sotto il profilo legale, sia sotto l’aspetto economico, proprio 
in ragione dei trattamenti di favore che accompagnano tale qualifica. 
La rinnovata definizione di PMI mantiene le varie classi di effettivi che consentono di 
definire le categorie delle microimprese, delle piccole e delle medie imprese, previste dalla 
precedente Raccomandazione 96/280/CE, dettando, tuttavia, un aumento sostanziale per 
quanto concerne i tetti finanziari (volume d’affari e totale di bilancio), in ragione delle 
mutate evoluzioni riconducibili all’aumento dell’inflazione ed alla crescita della 
produttività. 
Questa nuova definizione ha costituito l’occasione anche per meglio delineare il concetto di 
microimpresa: la microimpresa è identificata come l’organismo produttivo che occupa 
meno di 10 dipendenti, il cui fatturato annuo Ø uguale o inferiore ai 2 milioni di Euro e che 
presenta uno Stato patrimoniale pari o al di sotto di tale plafond. In questo modo si dà 
10
occasione anche alle imprese che, per loro natura sono caratterizzate da una connaturale 
esiguità di mezzi (imprese artigianali ed imprese a conduzione familiare), di poter 
beneficiare di particolari agevolazioni “fatte su misura” in ragione della loro dimensione 
peculiare. 
Numero di 
Categoria 
Fatturato Stato patrimoniale 
dipendenti 
d'impresa 
MICRO 
= 2 = 2 
< 10 < 10 n.d. n.d. 
IMPRESA 
Meuro Meuro 
PICCOLA 
= 10 = 10 
= 7 = 5 
< 50 < 50 
IMPRESA 
Meuro Meuro Meuro Meuro 
MEDIA 
= 40 = 50 = 27 = 43 
< 250 < 250 
IMPRESA 
Meuro Meuro Meuro Meuro 
Definizione ai sensi della Raccomandazione 96/280/CE 
Nuova definizione ai sensi della Raccomandazione 2003/361/CE 
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