-Cap. I Biomasse e Bioenergia -
4
riassorbita durante la loro fase di crescita; in tal modo il contributo
praticamente nullo all’incremento della CO
2
atmosferica minimizza
l’impatto dell’effetto serra e dell’innalzamento di temperatura. A ciò si deve
aggiungere che, dato il modesto contenuto di zolfo normalmente presente
nelle biomasse, le emissioni di SO
2
sono trascurabili e non contribuiscono al
fenomeno delle piogge acide.
L’utilizzo energetico di rifiuti urbani, altrimenti destinati a discariche, così
come di residui agricoli di cui diventa a volte problema disfarsi, costituisce
chiaramente un grosso miglioramento nella direzione di una politica di
salvaguardia ambientale. Del resto le coltivazioni a scopi energetici
richiedono pochi fertilizzanti ed erbicidi ed hanno un impatto ambientale
meno marcato rispetto alle coltivazioni tradizionali per cui si addicono
particolarmente a quelle vaste aree agricole, abbandonate perché non più
produttive, di cui in questo modo è possibile combattere l’erosione. In tali
termini coltivazioni mirate alla produzione di biomasse per scopi energetici,
non sono in competizione con le attivià tradizionali, ma rappresentano
un’ulteriore fonte di guadagno capace di arginare la crescente crisi del
settore agricolo e l’alto tasso di disoccupazione nelle zone rurali, oltre a
costituire il presupposto per fornire energia elettrica proprio nelle regioni
meno sviluppate.
Uno dei maggiori problemi delle biomasse come materia prima per la
produzione di energia sta nel costo relativamente elevato legato all’intenso
lavoro richiesto per la produzione, la raccolta ed il trasporto di una fonte che
per sua natura risulta dispersa su larghe aree; anche quando, essendo sotto
forma di rifiuto o residuo, il costo è nullo od anche negativo, il materiale
-Cap. I Biomasse e Bioenergia -
5
richiede estensivi pretrattamenti per renderne le caratteristiche compatibili
con i processi di conversione. Per questo motivo esiste sempre un limite
superiore alla potenzialità degli impianti che sfruttano biomasse (che nel
caso della produzione di energia elettrica varia tra i 10 ed i 100 MWe) e
comunque ne risulta necessaria l’integrazione all’interno di processi flessibili
che ottimizzino tutte le fasi, dalla scelta e raccolta della materia prima fino
all’individuazione dei mercati più profittevoli.
I.1 Conversione di Biomasse
Lo sfruttamento su larga scala delle biomasse in paesi industrializzati
richiede l’adozione di moderne tecnologie avanzate, capaci di valorizzare le
relativamente costose risorse agroforestali in un modo efficiente ed
economicamente accettabile, oltre che sostenibile dal punto di vista
ambientale. Per questa ragione, sebbene tre siano le principali vie di
conversione delle biomasse (termica, biologica, fisica) correntemente
utilizzate, l’enfasi maggiore soprattutto in Europa è sui processi di
conversione termochimica (Pirolisi e Gassificazione).
-Cap. I Biomasse e Bioenergia -
6
Zuccheri
e lignina
Fermentazione
Trattamenti
chimici
Etanolo
Gas medio
potere cal.
Raffinazione Metanolo
Syngas
CO
2
+H
2
Bio-oils
Catalizzatori
Zeoliti
Componenti
Benzine
riformulate
Idrolisi
Acidi , enzimi
Bio-oils
Vapore o
turbine a gas
Elettricità
Biomasse
Combustione diretta
Pirolisi
Gassificazione
Cicli combinati
ad alta efficienza
H
2
O
CO
2
O
2
Estrazione
Catene ricche
in carbonio
Trattamenti
chimici Diesel
Gas basso
potere cal.
Figura I-A. Processi di conversione di biomasse.
I.1.1 Pirolisi
La pirolisi è il processo di degradazione termica di materia carboniosa
solitamente condotto nell’intervallo di temperatura compreso tra 400 ed
800°C, sia in completa assenza di agenti ossidanti, sia con quantità così
limitate che la gassificazione non avviene a livelli apprezzabili.
Il calore necessario al processo, che globalmente risulta endotermico, è di
solito fornito in una varietà di forme dall’esterno, sebbene una parziale
-Cap. I Biomasse e Bioenergia -
7
gassificazione (ossidazione esotermica) del sistema reagente possa esser
utilizzata come sorgente diretta di riscaldamento.
Gas, liquido (sotto forma di vapori condensabili indicati come TAR) e
residuo solido carbonioso (CHAR) sono prodotti nella pirolisi in proporzioni
relative che risultano fortemente dipendenti dal tipo di processo e dalle
condizioni operative utilizzate:
• Pirolisi Lenta: caratterizzata da basse temperature e lunghi tempi di
reazione, permette di massimizzare la produzione di char a circa il 30% in
peso (corrispondente a circa il 50% del contenuto energetico), sebbene
l’incremento della pressione fornisca rese ancora più elevate.
• Pirolisi Veloce (Flash): massimizza la produzione di liquido fino a più
dell’80% in peso utilizzando temperature relativamente basse, tipicamente
intorno ai 500°C ma comunque al di sotto di 650°C, con tempi di
residenza inferiori ad 1 secondo. Simile alla Flash Pirolisi ma a
temperature più elevate (superiori a 700°C) è il processo che, con elevate
velocità e brevi tempi di reazione, consente la massimizzazione della resa
in prodotto gassoso fino all’80% in peso del materiale di partenza.
• Pirolisi “Convenzionale”: con temperature inferiori ai 600°C e velocità
di reazione moderate fornisce approssimativamente proporzioni uguali di
prodotti gassosi, tars e char.
Di particolare interesse risulta la produzione diretta di liquidi a partire da
biomasse (indicati come bio-oils o bio-crude) in virtù della molto maggior
densità di energia che riduce sensibilmente i costi di trasporto e
-Cap. I Biomasse e Bioenergia -
8
immagazzinamento, oltre che della facile sostituzione dei combustibili
tradizionali con bio-oils in numerose applicazioni. Questi liquidi hanno
composizioni variabili, soprattutto in dipendenza della natura della materia
prima e della velocità di reazione: pur essendo comunque costituiti da
miscele complesse di idrocarburi ossigenati, quasi tutta l’attenzione risulta
indirizzata verso i liquidi di flash pirolisi a causa delle maggiori rese e delle
proprietà superiori in termini di resistenza termica e viscosità. Al fine di
ottenere una gamma di prodotti di più alto valore (perché caratterizzati da un
più elevato rapporto H/C) si ricorre sempre più frequentemente a trattamenti
secondari con zeoliti o di idrogenazione.
In figura 2 sono illustrati i principali utilizzi dei prodotti della pirolisi:con le
linee marcate sono indicate le opzioni al momento favorite nei programmi di
ricerca sull’energia da biomasse finanziati dalla Comunità Europea.
Usi dei prodotti di Pirolisi
Pirolisi
Char
Liquido
Gas
Sospensione
Upgrading
Turbina
Caldaia
Motore
Sintesi
Prodotti
Chimici
Benzine,
Diesel
Elettricità
Figura I-B. Utilizzazioni dei prodotti di pirolisi.
-Cap. I Biomasse e Bioenergia -
9
I.1.2 Gassificazione
La gassificazione è il processo di conversione attraverso reazioni di
ossidazione parziale ad elevata temperatura (tipicamente intorno agli 800°C)
di una materia prima carboniosa come biomasse o carbone in un gas
combustibile, contenente monossido di carbonio, ossido di carbonio,
idrogeno, metano, tracce di idrocarburi superiori (etano ed etilene), vapore
acqueo, azoto (qualora si impieghi aria come agente ossidante), nonché vari
contaminanti come piccole particelle di char, ceneri e tars.
L’ossidazione parziale può esser effettuata con diversi agenti quali l’aria,
l’ossigeno ed il vapore acqueo e, a seconda della scelta, il gas risultante ha
caratteristiche differenti. Sebbene il gas ottenuto per gassificazione con aria
risulti caratterizzato da un basso potere calorifico (4-7 MJ/Nm
3
rispetto ai 39
MJ/Nm
3
del gas naturale) e non sia quindi adatto ad esser trasportato vista la
bassa densità di energia, questo processo resta il più diffuso per la sua
semplicità ed economicità in confronto alle altre soluzioni.
Utilizzando ossigeno per la gassificazione si ottiene un gas di miglior qualità
(potere calorifico superiore 10-18 MJ/Nm
3
) che può esser trasportato in
condotte anche se non per distanze elevate ed è anche adatto come gas di
sintesi nella produzione di metanolo; all’impianto di gassificazione vero e
proprio vanno però aggiunte tutte le apparecchiature per la produzione di
ossigeno. Analoghe caratteristiche possiede il gas ottenuto con vapore
acqueo come agente ossidante, ma anche in questo caso la miglior qualità del
combustibile si paga in termini di complessità delle apparecchiature e costi
complessivi superiori.
-Cap. I Biomasse e Bioenergia -
10
Qualunque sia l’agente ossidante il processo si può schematizzare in 3 fasi
principali successive:
• essiccamento: allontanamento del contenuto di umidità
• pirolisi: produzione di gas, tars in fase vapore e residuo solido (char)
• gassificazione: reazione di ossidazione parziale dei prodotti di pirolisi
In generale le reazioni di piroscissione procedono assai più velocemente
della gassificazione che avviene attraverso le reazioni eterogenee tra il char
(solido) e gli agenti ossidanti gassosi (O
2
, CO
2
, H
2
O). Pur essendo tali
reazioni catalizzate dalla presenza di metalli alcalini solitamente contenuti
nelle biomasse (specie in quelle erbacee), restano lo stadio cineticamente
limitante, determinando quindi la velocità dell’intero processo.
L’idrogeno presente nel gas risulta prodotto dalla reazione di water-shift tra
CO ed H
2
O.
Il gas risultante è solitamente contaminato dalla presenza di tars non
convertiti che, a causa delle più alte temperature rispetto alla pirolisi, sono
molto poco reattivi e dunque difficili da rimuovere con i vari processi
secondari termici, catalitici e fisici a valle del reattore di gassificazione.
Il più promettente utilizzo della gassificazione di biomasse è legato
all’integrazione di tale tecnologia con quella della cogenerazione di
elettricità e calore in cicli combinati ad alta efficienza: in tale schema (figura
3), dopo la necessarie operazioni di purificazione, la corrente gassosa calda
proveniente da un reattore di gassificazione (sotto pressione) viene bruciata
in una turbina a gas, utilizzata direttamente per produrre energia elettrica. La
-Cap. I Biomasse e Bioenergia -
11
corrente calda di gas esausti viene poi impiegata in apparecchiature per il
recupero di calore per produrre vapore che può esser, a seconda delle
esigenze e delle caratteristiche, adoperato per muovere una turbina a vapore
(impianti combinati), iniettato con i gas nella turbina principale (turbine ad
iniezione di vapore) o ancora utilizzato come calore per riscaldamento
(cogenerazione).
G
a
s
s
i
f
i
c
a
t
o
r
e
Biomasse
Aria
Compressore
Camera Comb.
Hot gas
cleanup
Generatore
Turbina
Generatore
Caldaia
a vapore
Acqua
Vapore
Gas esausti
Camino
Figura I-C. IGCC Integrated Gasifier Combined Cycle.
-Cap. I Biomasse e Bioenergia -
12
I.2 Il problema del contenuto di inorganici nelle
biomasse
La conversione termochimica del legno ha ormai raggiunto livelli di
efficienza accettabili per applicazioni commerciali basate sia sulla tecnologia
dei gassificatori a letto fisso che su quella a letto fluido (Buekens et al.
1990). Sebbene il legno sia la biomassa più approfonditamente studiata e con
cui si sono ottenuti a tutt’oggi i risultati più brillanti, bisogna tener presente
che esso costituisce una materia prima relativamente pregiata, il cui utilizzo è
limitato dalla disponibilità e dai costi, nonché da restrizioni di carattere
normativo, tese alla salvaguardia del patrimonio boschivo e dell’ecosistema
forestale (Baxter et al. 1993). D’altronde, proprio perché il legno risulta il
miglior combustibile di scelta e di progetto per i reattori di conversione
termochimica e per i bruciatori, il suo prezzo è cresciuto in modo
considerevole negli ultimi anni.
L’incertezza sulla disponibilità ed il progressivo aumento dei costi hanno
spinto verso la valutazione di biomasse alternative per la produzione di
energia. In particolare, soprattutto nei paesi dell’Europa settentrionale, i
residui agricoli e forestali vengono indicati come i sostituti ottimali
nell’ottica di uno sviluppo energetico sostenibile e con basso impatto
ambientale (Hustad e Sonju 1992). Paglia di frumento, di riso, di granturco e
di orzo è disponibile in ingenti quantità anche nell’Europa meridionale,
costituendo l’ovvia alternativa al legno in questi paesi: basti considerare che
-Cap. I Biomasse e Bioenergia -
13
in Italia la produzione annua di paglia si aggira intorno 11•10
6
tons/anno, di
cui il 50% costituisce un rifiuto da eliminare, spesso bruciandola nei campi
producendo CO
2
con le ovvie implicazioni ambientali e senza il benché
minimo recupero energetico.
L’impulso verso l’utilizzo di biomasse come risorsa energetica pulita e
rinnovabile ha anche motivazioni politiche in quei paesi in cui più sviluppata
è la coscienza ambientalista, come la Danimarca, dove le centrali
termoelettriche dovranno progressivamente eliminare nei prossimi anni
l’utilizzo del carbone rimpiazzandolo ad una velocità di 1.200.000 tons di
paglia e 200.000 tons di trucioli di legno all’anno.
Le differenti caratteristiche della paglia determinano serie implicazioni per il
corretto ed efficiente funzionamento delle apparecchiature di gassificazione
e pirolisi oltre che per i bruciatori e le camere di combustione. In prima
istanza a causa della grandissima differenza di densità e contenuto di umidità
della paglia rispetto al legno bisogna far in modo di assicurare
un’alimentazione sufficiente e affidabile.
I problemi maggiori nella progettazione e nella gestione ottimale degli
impianti derivano comunque dall’alto contenuto di materiale inorganico
(ceneri): infatti, mentre per il legno tali sostanze risultano limitate a circa
0.5-1.5% in peso, esse sono presenti in quantità sensibilmente più elevate
nella paglia e in altre specie di biomasse, soprattutto quelle di natura erbacea
(fino al 25% in peso). Tra i principali componenti elementari si ritrovano Si,
Ca, K, Na, Mg insieme con quantità più contenute di P, Fe, S, Mn, Al: questi
componenti si ritrovano sotto forma di ossidi, silicati, carbonati, solfati,
fosfati e cloruri. Un confronto tra il contenuto e la composizione delle ceneri
-Cap. I Biomasse e Bioenergia -
14
di varie biomasse è riportato nella Tabella 1 (Jenkins et al. 1996): i valori
sono comunque solo rappresentativi visto che le singole composizioni
possono variare significativamente per lo stesso tipo di combustibile a
seconda della zona di provenienza, nonché delle modalità di raccolta,
immagazzinamento e degli eventuali trattamenti subiti.
% in peso dei
componenti (ossidi)
Paglia
di Grano
Paglia
di Riso
Switch
Grass
Bagasse di
Canna da
Zucchero
Legno
Douglas
Fir
Cenere Totale
% in peso su base
secca di biomassa
13.00 19.60 8.97 2.44 0.45
SiO
2
35.84 74.31 65.18 46.61 12.26
Al
2
O
3
2.46 1.40 4.51 17.69 2.83
K
2
O 18.40 11.30 11.60 4.15 17.00
Na
2
O 10.50 1.85 0.58 0.79 3.16
CaO 4.66 1.61 5.60 4.47 37.08
MgO 2.51 1.89 3.00 3.33 5.86
P
2
O
5
1.47 2.65 4.50 2.72 1.86
Fe
2
O
3
0.97 0.73 2.03 14.14 4.24
Cl
% su combustibile
secco
2.02 0.74 0.10 0.03 0.01
Tabella I-A.Contenuto e composizione delle ceneri di alcune biomasse,
[Jenkins et al. 1996].
Il rilascio di quantità relativamente ingenti di vapori contenenti metalli
alcalini e alcalino-terrosi durante la combustione o la gassificazione di
biomasse a carattere erbaceo, causa fenomeni di sporcamento e di
intasamento delle apparecchiature; questi possono determinare seri problemi
e spesso richiedono frequenti ed impreviste soste degli impianti, causandone
-Cap. I Biomasse e Bioenergia -
15
una riduzione dell’efficienza e della produttività (Buekens et al. 1990). In
particolare, tutti i nuovi sistemi di produzione di energia elettrica a partire da
biomasse basati sull’utilizzo di turbine a gas, prevedono la combustione
della materia prima sia direttamente che attraverso prodotti intermedi (di
pirolisi e gassificazione) liquidi o gassosi. I metalli alcalini, insieme all’acido
cloridrico ed allo zolfo, causano la corrosione ad alta temperatura delle pale
(portando via lo strato protettivo di ossido che le ricopre) e tendono a
formare depositi sulle pale stesse, in entrambi i casi riducendo la vita e le
prestazioni delle turbine (Bridgwater 1995): per questo motivo le specifiche
del combustibile riguardo metalli alcalini, cloro e zolfo sono molto restrittive
(vedi Tabella 2) ed impongono efficaci processi di purificazione.
Minimo Potere Calorifico Inferiore 4-6 MJ/Nm
3
Massima concentrazione di metalli alcalini 20-1000 ppb
Massima concentrazione di HCl 0.5 ppm
Massima concentrazione di S (H
2
S,SO
2
...) 1 ppm
Combinazioni:
Metalli totali
Metalli alcalini+zolfo
< 1 ppm
< 0.1 ppm
Particolato (ceneri, char)
di dimensioni: > 20 µm
10-20
4-10
< 0.1 ppmw
< 1.0 ppmw
<10.0 ppmw
Tabella I-B. Specifiche di combustibile per turbine a gas, [Bridgwater 1995].
-Cap. I Biomasse e Bioenergia -
16
Altro problema sostanziale legato alla presenza di materiale inorganico nelle
biomasse è costituito dalla modalità di smaltimento delle ceneri. Le
tecnologie di co-gassificazione e combustione combinata di paglia e carbone
offrono la prospettiva di una maggior economicità, specie nel breve periodo,
impiegando apparecchiature già esistenti riconvertite all’uso di biomasse
(Guanxing et al. 1994; Baxter et al. 1993). Allo stato attuale, mentre un
sistema alimentato con paglia risulta tipicamente caratterizzato da
un’efficienza inferiore al 27%, nei sistemi combinati è potenzialmente
raggiungibile un’efficienza superiore al 40%. Questo tipo di tecnologia
comporta però seri problemi legati allo smaltimento delle ceneri. Se, infatti,
da un lato le ceneri di carbone (in particolare quelle provenienti dalle centrali
elettriche a combustibile polverizzato) trovano talora impiego
nell’ingegneria civile come riempimento strutturale o nella manifattura di
mattoni (Furfari 1993) e le ceneri di paglia sono considerate un fertilizzante,
dall’altro una miscela delle due si è dimostrata esser un rifiuto tossico
pericoloso che va gestito e smaltito come tale.
-Cap. I Biomasse e Bioenergia -
17
I.3 Influenza del contenuto di inorganici nella
termoconversione di biomasse
Le ingenti quantità di ceneri presenti soprattutto nelle biomasse di tipo
erbaceo (come già ricordato fino anche al 25% in peso) modificano il
comportamento del combustibile nei processi di pirolisi, gassificazione e
combustione. La procedura sperimentale maggiormente utilizzata per
quantificare gli effetti del contenuto di inorganici nelle biomasse si basa su
analisi di termogravimetria dinamica (T.G.A.): in tale procedura si realizza
un progressivo e costante riscaldamento del campione posto in un reattore
all’intero di una fornace, e si provvede contemporaneamente a misurare e
registrare l’evoluzione temporale del peso del campione stesso.
In figura 4 è riportato lo schema classico di un’apparecchiatura per TGA.
Tali sistemi utilizzano speciali bilance capaci di dare misure accurate e
riproducibili di perdita di peso di quantità di campione fino a pochi
milligrammi, senza la necessità di impiego di speciali banchi da laboratorio o
tavoli antivibranti. Il distanziamento della zona di pesata da quella di
riscaldamento evita fluttuazioni delle misure ed in generale consente di
ottenere crescite di temperatura fino a 120 K/min con temperature massime
nel reattore di circa 1500 K.