5
I dubbi e le perplessità che furono espresse da Pirandello lo classificano come uomo del
Novecento, che non trova nessun senso logico nella vita che conduce e, soprattutto, non riesce
a sentirsene parte attiva. Dal 1882 ai primi anni del Novecento, si dipana l’operato dell’Autore
come scrittore e la sua produzione è, dunque, la fonte estremamente attendibile di un periodo
storico in continuo divenire, in cui si alterneranno e, contestualmente, convivranno plurimi stili
di pensiero, come conseguenza della perdita degli antichi ideali.
10
In una lettera scritta a Filippo Surico, in cui ripercorre le prime fasi della sua carriera, Luigi
Pirandello si esprime in questo modo: “Seguì al Turno la raccolta di rime agresti Zampogna,
preceduto dal poemetto Padron di Dio, che forse tra le mie cose in versi è quella a cui tengo di
più”.
11
Mediante la voce del vecchio Giuffrè, il protagonista del bozzetto in rime citato dinanzi,
vengono espressi empatia e solidarietà verso coloro che si ritrovano sulle soglie di un nuovo
mondo, privi di risorse ed isolati.
12
In questo senso, è opportuno specificare che aver vissuto
nelle terre della Sicilia, nei primi anni della sua vita, gli diedero la possibilità di comprendere
in maniera profonda le condizioni in cui si trovava l’Italia del Sud dopo l’unificazione e un
simile elemento è imprescindibile se si vuol capire l’intera filosofia della sua opera: nascere ad
Agrigento e studiare a Palermo in quegli anni significava, infatti, formarsi lontano dalla vita
culturale italiana del Nord, decisamente più vivace, ed essere quasi predestinati a maturare le
proprie convinzioni alla luce di un’eredità culturale e letteraria estremamente legata alla
tradizione.
13
10
Ivi, p. 201.
11
Cfr. L. Pirandello, Saggi. Arnoldo Mondadori, 1965, p. 1287.
12
M. Trovato, “Tormento e Ansia Nella Poesia Del Giovane Pirandello.” op. cit., p. 2.
13
R. Luperini, Pirandello, op. cit., p. 12.
6
La famiglia di Pirandello viveva in una confortevole agiatezza, la quale, al contempo, era
soggetta a temporanee crisi. In altri termini, la situazione economica del suo nucleo familiare
non risultava del tutto solida.
L’unione dell’Italia aveva portato alla luce le differenze incolmabili tra il Settentrione e il
Meridione e, in quanto isola, la Sicilia viveva una situazione che risultava ancora più distante
da quella che avrebbe dovuto essere un’unione portatrice di benefici per tutti.
Facendo riferimento alle informazioni sopracitate, cioè la precarietà della famiglia e del
territorio in cui risiedeva, la precarietà era qualcosa che l’Autore conosceva molto bene e che
non poteva dimenticare, in quanto lo aveva colpito da vicino.
14
Anche per questa motivazione,
Luigi Pirandello è l’autore che, meglio di ogni altro letterato, è riuscito ad interpretare e ad
indagare in maniera lucida la crisi dell’epoca a cui apparteneva, seppur essendo coinvolto in
prima persona nel relativismo novecentesco.
15
La sua capacità innata di interpretare la realtà nella sua doppiezza derivò sempre dal suo
essere contemporaneamente lucido e passionale. In tal senso, ogni sua opera può essere
interpretata come una effettiva testimonianza del suo saper scandagliare, meglio di ogni altro
autore dell’epoca, l’animo umano.
16
Le prime novelle e il romanzo che prenderà, poi, il titolo di “L’esclusa” vedono la luce in
quel periodo, il quale fu fertile di proponimenti e di sollecitazioni e, al fine di capire meglio
l’evoluzione pirandelliana, si reputa opportuno ricordare che, durante il periodo storico
esaminato, le scoperte scientifiche fecero passi da gigante. L’industrializzazione e i significativi
cambiamenti tecnologici nell’assetto europeo, i quali furono dovuti alle nuove scoperte
tecnologiche, ebbero una ricaduta sia concettuale che pratica sui rapporti tra lo spazio e il
tempo, intesi sia dal punto meramente fisico che intellettuale. In questo nuovo paradigma, il
14
Ivi, pp. 12-13.
15
R. Luperini, Pirandello, op. cit., p. 6.
16
R. Barilli, L. Pirandello, Luigi Pirandello, Vol. 80, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, 1995.
7
tempo iniziò ad avere una funzione subordinata rispetto allo spazio, ma, al tempo stesso,
assunse un’importanza fondamentale con riferimento alla crisi alla quale fu esposto l’autore,
che fu uomo e letterato di fine Ottocento, in bilico sulla soglia di un mondo nuovo.
17
«Nel periodo che va dal 1880 allo scoppio della prima guerra mondiale una serie di radicali
cambiamenti nella tecnologia e nella cultura creò nuovi, caratteristici modi di pensare e di
esperire lo spazio e il tempo».
18
«Molte concezioni del tempo e dello spazio, comunque, furono modificate
indipendentemente dalla tecnica, in risposta a pressioni interne a vari generi e discipline».
19
La sfida richiesta era quella di misurarsi con un’idea differente di quella che, finora, era stata
la percezione della realtà. Inoltre, non si possono dimenticare i seguenti mutamenti a livello
antropologico e la crescente necessità “di far emergere delle identità attraverso la filigrana di
un tema condiviso, non (e neanche potendo), riscrivere una storia letteraria sub specie
temporis”.
20
In quel periodo, il nostro autore elabora la cosiddetta poetica dell’umorismo.
“Il fu Mattia Pascal” vide la luce nel 1904, anche a causa delle traversie economiche che
costrinsero l’autore a tentare di guadagnare con la sua arte. Negli anni compresi tra il 1904 e il
1915, furono pubblicati “Suo marito”, “I vecchi e i giovani”,” Si gira…”, il cui titolo sarà
mutato in “Quaderni di Serafino Gubbio operatore”. Il teatro umoristico lo vedrà protagonista
dal 1916 con “L’uscita” e la sua naturale prosecuzione sarà con il cosiddetto teatro del
grottesco
21
.
Ora, risulta opportuno ai fini della trattazione inserire nel contesto di tale primo capitolo una
breve cronologia delle opere prodotte, per permetterci di seguire l’evoluzione del nostro Autore.
Altri rimandi verranno fatti nel corso dello studio.
17
D. Baroncini, E. Graziosi. Lettere Italiane, 63(4), 2011, pp. 649-652.
18
Cfr. S. Kern, Il tempo e lo spazio: la percezione del mondo tra Otto e Novecento. Il Mulino, 1988, p. 7.
19
Cfr. Ivi, p. 13.
20
Cfr. E. Graziosi, "Il tempo e la poesia: un quadro novecentesco." Il tempo e la poesia, 2008, p. 21.
21
R. Luperini, Pirandello, op.cit., p. 6.
8
I movimenti artistici che, in quel periodo, si affacciano alla ribalta vennero identificati con
il termine di avanguardismo, al fine di esprimere le diverse connotazioni di un’arte ardita e, in
qualche modo, rivoluzionaria. Tra la vita e l’interpretazione della stessa, c’è una frattura che
deve essere rappresentata con parole “messe di traverso”, esposte in una prosa destinata a
spiegare, in modo logico, una realtà inconoscibile e senza significato.
22
L’intento più autentico dei letterati avanguardisti era di agire sulla sensibilità individuale e
collettiva, promuovendo un rinnovamento che si sarebbe dovuto attuare tramite l’uso di
originali poetiche e nuovi modi espressivi.
Negli anni ‘80 e ‘90 dell’Ottocento, nacquero, pertanto, numerosi movimenti legati alle
diverse espressioni artistiche, i quali furono stimolati dal grande sviluppo nel campo del
progresso scientifico, il naturalismo, il simbolismo e il modernismo condussero ad un trionfale
ripudio del passato.
Nell’Autore oggetto della trattazione, il quale fu uno studioso delle correnti filosofiche e
letterarie, la disillusione verso la vita continuò in maniera implacabile e nelle produzioni
giovanile questo sentimento si espresse quasi con violenza. Solo gli anni stempereranno il
disagio e lo condurranno ad una pacatezza diversa.
23
Si può dire che quelli che saranno nel tempo i temi portanti della filosofia pirandelliana, vale
a dire l’umorismo, intellettualismo, relativismo, il senso del doppio e il gioco delle parti,
composto da luci e ombre, non derivino dai pensieri filosofici e dallo studio degli autori classici.
Essi sono il naturale divenire di un profondo sentimento di perdita, il quale fu principalmente
causato dalla disillusione da lui provata dinanzi allo sfacelo di un mondo ideale e alla
consapevolezza che non se ne poteva creare uno nuovo parimenti valido.
24
Avvicinarsi al
positivismo, al naturalismo e allo scientismo furono, dunque, per Pirandello degli espedienti
22
V. Zaccaro, Belfagor, vol. 55, no. 5, 2000, pp. 613-615.
23
M. Trovato, “Tormento e Ansia Nella Poesia Del Giovane Pirandello.” op.cit., pp. 201-216.
24
F. Bonanni, Pirandello poeta:(motivi della poesia pirandelliana). Morano, 1966.
9
per affrontare una vera crisi religiosa. Il positivismo, nuova fede del tempo, promulgava come
i valori quelli da ricercarsi nella psicologia empirica e nella biologia.
25
Nacque, allora, nel clima fertile creato dal simbolismo, un nuovo tipo di teatro, che tentava
di riprodurre il mondo borghese tramite rappresentazioni inerenti la vita quotidiana della
suddetta classe sociale, in tutte le sue sfumature. Il positivismo affermava l’esistenza di una
verità oggettiva, conoscibile e afferrabile.
26
«Il dramma è assoluto […] staccato da tutto ciò che gli è esterno […] non conosce nulla al
di fuori di sé».
27
Esso è anche «primario. Non è la rappresentazione (secondaria) di qualcosa
(di primario); ma rappresenta sé stesso, è sé stesso».
28
L’autore, nelle rappresentazioni sopracitate, diventa quasi marginale rispetto al dipanarsi
della trama, al vivere di vita propria dei personaggi: lo sviluppo della situazione si crea, infatti,
dal nulla e non dipende da ciò che egli ha composto, ma si origina dall’evolversi della vicenda.
I protagonisti delle opere rappresentate, in tal senso, vivono indipendenti i loro stati emotivi, e
la loro psicologia si scopre durante lo svolgersi dell’azione.
29
I temi trattati erano quelli del dramma amoroso, in cui non erano previsti colpi di scena, e il
pubblico non era spinto a meditare su quanto stesse avvenendo nel mondo che gli si presentava
innanzi.
30
In tale tipo di teatro, la finzione sulla scena scorreva fluidamente, perché non erano
contemplati stacchi temporali o fatti che potessero modificare l’azione in atto. Veniva riprodotta
esattamente la situazione, quale sarebbe stata se fosse accaduta realmente.
31
Una simile forma
25
M. Trovato, “Tormento e Ansia Nella Poesia Del Giovane Pirandello” op. cit., p. 206.
26
C. Aliberti, Il teatro borghese dal verismo al grottesco in "Letteratura siciliana contemporanea da Capuana
a Verga, a Pirandello, a Quasimodo, a Camilleri: tra storia, disinganno, lirismo ed ironia. Cosenza, L. Pellegrini,
2008.
27
Cfr. P. Szondi, Teoria del dramma moderno 1880-1950.Einaudi, Torino, 1962, p. 10.
28
Cfr. Ivi, p. 11.
29
Ivi, p. 10.
30
C. Terzi, Le poetiche del grottesco, in L. Anceschi, L’idea del teatro e la crisi del naturalismo. Studi di
poetica dello spettacolo, Calderini, Bologna, 1971, p. 58.
31
L. Chiarelli, “… il fortunato autore de La maschera e il volto…”, in La maschera e il volto e altri drammi
rappresentati, 1916/1928. Bulzoni, Roma, 1988, p. 369.
10
di teatro nasceva a scopo di intrattenimento e non era, come affermato dinanzi, previsto che lo
spettatore fosse coinvolto a livello emotivo
32
o che egli esprimesse giudizi morali.
33
In sintesi, tra il XIX e il XX secolo, il panorama sociale era dominato dalla nozione di
macchina e la cultura, come si è visto nel breve excursus che è stato dedicato al teatro borghese,
e si ritrovò a dover subire la mortificazione di doversi piegare alle dinamiche del nuovo ceto
sociale, dove l’intellettuale non poteva più ergersi a faro morale, bensì si ritrovava ad essere un
semplice dipendente. Non ci si poteva più fidare della borghesia, la quale, fino a poco tempo
prima, era stata propensa a sostenere letterati e promuovere la cultura. Bisognava, di
conseguenza, piegarsi a norme che “suonano ora false e stantie, appaiono sorpassate, reliquie
di un edificio in rovina”.
34
Nacquero, per far fronte a siffatta situazione, nuovi studi filosofici, culturali e letterari, i
quali portarono al desiderio di sperimentare e di produrre temi diversi. Nel periodo tra le due
guerre, inoltre, videro la luce inedite forme di restaurazione e poetiche originali che erano
l’esternazione di prospettive filosofiche quali, per esempio, l’esistenzialismo, che propose agli
intellettuali del tempo una nuova idea dell’uomo e della letteratura.
35
Per la nostra trattazione
e al fine di contestualizzare lo studio, presentiamo una teoria di quelli che sono i fondamentali
movimenti che hanno caratterizzato sia il linguaggio che l’espressione artistica, con precipuo
riferimento al teatro.
Il naturalismo nacque in Francia intorno al 1870 e il suo esponente di maggior spicco fu
Emile Zola, per cui la letteratura doveva procedere seguendo le varie modalità che sono proprie
32
P. Szondi, Teoria del dramma moderno 1880-1950, Einaudi, Torino, 1962, pp. 10-11.
33
C. Terzi, Le poetiche del grottesco, in L. Anceschi, L’idea del teatro e la crisi del naturalismo. Studi di
poetica dello spettacolo, Calderini, Bologna, 1971, p. 62.
34
Cfr. C. Terzi, Le poetiche del grottesco, op. cit., p. 58.
35
M. Pazzaglia, Scrittori e critici della letteratura italiana: antologia con pagine critiche e un profilo di storia
letteraria. Ottocento e Novecento. Parte seconda, Zanichelli, 1992, p. 2.
11
del metodo scientifico. A tale fine, essa doveva, quindi, sperimentare, osservare e riportare gli
accadimenti con un rigoroso distacco oggettivo.
36
Per i naturalisti, inoltre, l’arte non avrebbe dovuto rinunciare a delle finalità morali e sociali,
ma nell’ottica della consapevolezza che i comportamenti sono condizionati da fattori che
sfuggono in modo completo al controllo dell’uomo, influenzato dall’ambiente e dai limiti
morali.
37
In tale senso, si potrebbe affermare che “l’arte non rinunciava a finalità morali e
sociali, ma si pensava che soltanto una ricerca scientifica rigorosa dal vero nei rapporti umani
potesse essere la premessa effettiva del progresso, che fu il grande ideale e la fede sicura del
tempo”.
38
D’altro canto, il Verismo italiano nasce come branca del suddetto movimento e, infatti, parte
dallo stesso presupposto, ma, negli autori italiani, latita quella fiducia nel progresso che
contraddistingueva gli altri paesi europei. Una simile sfiducia era frutto della diversa condizione
in cui versava la maggiore parte della popolazione, una massa sottomessa e senza diritti,
totalmente estranea al contesto di una vita nazionale orientata al progresso. I nostri scrittori non
condividevano l’ottimismo della borghesia europea e, da Verga a Pirandello, quello che
affermavano e illustravano attraverso i loro studi erano le differenze a livelli stratificati tra le
numerose regioni italiane.
39
Per esempio, Giovanni Verga metteva in scena testi teatrali, quali
“La Cavalleria Rusticana” e “La Lupa”, dove il conflitto tra le classi sociali non trovava
soluzioni e si affermava ineluttabile. La pena del vivere si esemplifica, pertanto, nella
perplessità dell’autore che fotografa una realtà senza speranza di cambiamento.
40
36
Ivi, p. 510.
37
M. Pazzaglia, Scrittori e critici della letteratura italiana: antologia con pagine critiche e un profilo di storia
letteraria. Ottocento e Novecento. I volumi, Zanichelli, 1992, p. 506.
38
Cfr. Ivi, p. 507.
39
Ibidem, p. 508.
40
Ivi, p. 539.
12
Gli intellettuali di fine secolo esprimevano, alla luce di quanto è stato affermato in seno ai
paragrafi precedenti, un disagio emblematico delle molteplici difficoltà che la società stava
incontrando e affermavano l’impossibilità di conciliare il progresso tecnologico e un
miglioramento del contesto politico e sociale.
41
Come una reazione all’isolamento e al senso di impotenza in cui versavano gli scrittori e i
filosofi dell’epoca, si originò, in Francia il Decadentismo;
42
i motivi che coinvolsero il
movimento furono, da un canto, il bisogno di dare alla dimensione istintiva dell’uomo uno
spazio in cui essa potesse essere rappresentata e, dall’altro, la ricerca di una nuova definizione
di coscienza sociale, che fosse coerente con le nuove conquiste scientifiche e tecnologiche.
43
In un quadro così multiforme a livello europeo, nei territori italiani, restava dominante la
cultura classica. Autori come Pascoli e D’Annunzio convissero, allora, con altri poeti, quali il
Carducci, fedele a Umanesimo e Romanticismo. Detta coesistenza perdurerà per una
molteplicità di anni, favorita dal fatto che, in Italia, la cultura della modernità fece fatica a
prendere piede.
44
Agli inizi del XXI secolo, sembrava che il Paese sopracitato potesse diventare
una potenza europea,
45
ma il contrasto menzionato dinanzi, vale a dire quello tra le regioni del
nord e del sud, permaneva spietato e la frattura era indice di una debolezza politica: il
Mezzogiorno viveva in una condizione di spaventosa arretratezza e, in definitiva, non risultava
possibile ricreare lo slancio ideale che fu provato ai tempi del Risorgimento negli spiriti
prostrati dei cittadini. In tale senso, si potrebbe affermare che non esisteva una forza politica
che potesse risolvere la situazione.
46
41
M. Pazzaglia, Scrittori e critici della letteratura italiana: antologia con pagine critiche e un profilo di storia
letteraria. Ottocento e Novecento. Parte seconda, Zanichelli, 1992, p. 3.
42
Ivi, p. 4.
43
Ivi, p. 5.
44
Ivi, p. 29.
45
Ivi, p. 156.
46
Ibidem.