Introduzione
hanno interrotto i rapporti tra Occidente ed Estremo Oriente. Sospinta in prevalenza
da necessità economiche e commerciali, la ricerca (e la scoperta) di nuove rotte via
mare per le Indie Orientali ha così gettato le fondamenta del colonialismo europeo
e di un più diretto e talvolta turbolento contatto tra la civiltà occidentale e quella
cinese.
Messe l’una di fronte all’altra in modo molto più pervasivo rispetto al passato,
le due culture hanno avuto così anche modo di affrontare incomprensioni e malintesi,
tanto da dar vita dall’Ottocento in avanti a paure e timori di varia natura, i cui effetti
(amplificati dalla contrapposizione Est-Ovest del Novecento) si fanno sentire ancora
oggi.
In questi ultimi anni, durante i quali la società cinese ha saputo riempire molti
spazi sino a toccare e influenzare da vicino anche il vivere quotidiano di città e
regioni distanti migliaia di chilometri dalle strade affollate di Shanghai o dai deserti
dello Xinjiang, tale influenza si è dimostrata oltremodo impressionante e il “pericolo
giallo” che ha condizionato l’opinione pubblica occidentale nel XIX secolo sembra
essere tornato in voga sotto nuove forme.
Con la fine della Guerra Fredda, il crollo della potenza sovietica e il formarsi
di un nuovo ordine mondiale, la Cina non si è limitata a occupare il suo posto in
Estremo Oriente, ma è entrata con vigore nell’arena internazionale passando da una
delle porte principali: quella dell’integrazione economica e della globalizzazione,
dell’influenza politica e della rinascita militare.
La Cina non è più l’impero sfavillante, autocelebrativo e decadente di un tempo;
non è più neanche il roccioso Stato comunista “accerchiato” ed isolato dal resto del
mondo. I cinesi non sono più solamente contadini, gestori di ristoranti etnici o operai
di fabbriche tessili; grazie all’enorme quantità di valuta estera accumulata durante
gli anni Novanta in seguito all’apertura economica, alla formazione di imponenti
joint ventures con imprese straniere e alla penetrazione nei mercati occidentali di
prodotti Made in China a basso costo, ora i cinesi sono anche ricchi imprenditori che
acquistano attività commerciali di ogni genere, sono uomini d’affari che seguono
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Introduzione
l’andamento delle borse internazionali partecipando alla compravendita delle azioni,
sono facoltosi turisti che visitano città d’arte in tutto il mondo. Il popolo delle
biciclette è divenuto il popolo delle automobili e dei telefonini.
Questi nuovi ricchi cinesi sono i figli della “porta aperta” e della celebre
massima di Deng Xiaoping “arricchirsi è glorioso”; sono il frutto del “socialismo
con caratteristiche cinesi”, teoria sponsorizzata dallo stesso Deng come sprone per
le quattro modernizzazioni (agricoltura, industria, scienza e tecnologia, esercito) e
divenuta parte del preambolo della Costituzione Cinese nel 1993; sono il risultato dei
mutamenti dell’ideologia comunista attraverso gli anni, divenuta oggi “socialismo
di mercato”.
Il rapido passaggio verso un’economia molto meno comunista e molto più
simil-capitalista ha tuttavia portato con sè anche grandi problematiche. Il progresso
economico si è concentrato prevalentemente sulle province costiere, alle quali venne
concesso il privilegio di instaurare rapporti economici con l’estero. Internamente, la
Cina è ancora un Paese contadino che vive in estrema povertà, che ancora si nutre
con la celebre ciotola di riso giornaliera.
Tale contraddizione, ossia l’enorme divario creatosi tra una facoltosa Cina
costiera e una misera Cina interna, è la miccia più pericolosa di un Paese-bomba da
cui ora dipende una grande fetta dell’economia mondiale.
A questa, si affianca un’altra contraddizione. Una contraddizione che non trova
le sue basi nell’economia ma nell’organizzazione statale.
Dal 1949, la Repubblica Popolare Cinese è governata da un solo partito, di volta
in volta guidato da una diversa generazione di leaders: prima la generazione di Mao
Zedong, poi quella di Deng Xiaoping, dunque quella di Jiang Zemin e, attualmente,
la quarta generazione di Hu Jintao. L’assenza di pluralismo politico, la permanenza
del solo Partito Comunista Cinese al potere e l’apparato burocratico nel quale esso
opera, appaiono oggi a molti come le uniche eredità del vecchio socialismo marxista
e maoista. La possibilità di fare affari, l’abolizione delle politiche demografiche e
della legge del figlio unico, persino l’abilitazione del concetto di proprietà privata
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Introduzione
sono entrati a far parte dell’ordinamento giuridico e sociale cinese, intaccando quei
concetti che dagli anni Cinquanta in avanti hanno rappresentato il cuore dell’ideologia
politica cinese.
Se sotto il profilo economico la Cina è cambiata, passando da un socialismo
prevalentemente agricolo a un socialismo di mercato, sotto il profilo politico il
Paese è rimasto tendenzialmente immutato, mantenendo il proprio centro di potere
nell’apparato burocratico del partito comunista.
Questo doppio canale entro cui si è mossa e si sta tuttora muovendo la Cina
lascia aperte innumerevoli questioni. Domande che non possono trovare una semplice
risposta solo nella Cina di oggi, ma anche nella Cina di ieri; domande alle quali non si
può rispondere solo attraverso i canoni del pensiero occidentale ma che, al contrario,
sono meglio risolvibili gettando uno sguardo alla millenaria cultura orientale.
Questa tesi nasce proprio da simili interrogativi: perchè la Cina Popolare, oggi,
è così grande se nel 1989 il comunismo internazionale è crollato? Perchè la Cina ora
è considerata la potenza del Terzo Millennio se meno di venti anni fa gli incidenti
di Piazza Tiananmen l’hanno esclusa dal mondo? Cosa ha rappresentato per la Cina
quella rivolta che, attraverso l’immagine di un ragazzo in piedi di fronte a un carro
armato, è entrata nella memoria storica del Novecento e in quella del sottoscritto
che, all’epoca, era una bambino di soli nove anni?
2. Obiettivi della tesi
Nella primavera 1989, la brusca interruzione subita dal processo di
modernizzazione cinese dovuta all’impopolare decisione del governo di utilizzare
l’esercito per sedare la rivolta di Piazza Tiananmen, ha avuto come effetto l’immediata
sospensione dei contatti tra Pechino e il resto del mondo industrializzato.
La risorse economiche e il credito che la Cina aveva faticosamente raccolto
durante gli anni Ottanta, non senza profonde fratture politiche interne tra un’ala
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Introduzione
conservatrice avversa alla temutissima “liberalizzazione borghese” e un’ala riformista
più propensa a seguire nuovi persorsi economici, si erano improvvisamente infranti
contro l’indignazione dell’opinione pubblica occidentale, fortemente colpita dalle
scene televisive di eserciti e carri armati in marcia verso manifestanti inermi.
La coincidenza storica con i ripetuti successi del processo democratico nei
Paesi dell’Europa Orientale e, in misura ancora maggiore, in Unione Sovietica
rendeva addirittura anacronistica la mossa di Pechino di dichiarare guerra al proprio
popolo e di epurare l’ala riformatrice del partito, spingendo nuovamente la Cina nel
baratro dell’isolamento internazionale.
Nel 1992, tuttavia, la Repubblica Popolare Cinese era di nuovo un attore attivo
sulla scena mondiale e, anzi, nel decennio successivo è riuscita addirittura a crescere
quale potenza economica, politica e militare.
Come è riuscito a riprendere e addirittura migliorare la propria posizione
internazionale un Paese senza più l’apprezzamento e il sostegno del blocco
occidentale, uscito vittorioso dalla contrapposizione Est-Ovest? Cosa è accaduto in
quel periodo che va dal 1989 al 1992?
La Cina di oggi trova la spiegazione della sua grandezza anche negli avvenimenti
di quel periodo storico, nella situazione internazionale d’allora e nell’intensa attività
diplomatica intrapresa.
Per trovare risposta ai numerosi quesiti che si possono incontrare lungo il
percorso, bisogna inizialmente tenere presente la storia della Cina contemporanea,
o meglio i passi che la Repubblica Popolare Cinese ha compiuto prima di giungere
al fatidico 4 giugno 1989. In altre parole, in quale situazione si trovava il Paese (e
perchè) al momento degli incidenti della primavera 1989.
In secondo luogo, è opportuno conoscere la situazione internazionale del
momento: il contesto entro cui certe decisioni vennero assunte. La presa di posizione
cinese contrastò fortemente con l’atteggiamento dei Paesi dell’Europa dell’Est e
dell’Unione Sovietica, ma permise al Partito Comunista di restare saldamente al
potere in Cina. Al contrario, in Europa e a Mosca il comunismo subì una serie
8
Introduzione
di débacles tali da condurre al crollo dell’ideologia. Da un lato, la vittoria della
democrazia occidentale sull’ideologia socialista rese più semplice isolare una Cina
dalle maniere staliniste. Dall’altro lato Pechino, pur pagando caro il prezzo delle sue
scelte, riuscì a non subire il colpo patito dagli altri Partiti Comunisti e a mantenere
il controllo all’interno del proprio Paese, seguendo il consiglio del proprio leader
Deng Xiaoping: “Dobbiamo restare calmi, calmi e ancora calmi e dedicarci con
tranquillità ad un lavoro pratico, per realizzare qualcosa – qualcosa per la Cina”
1
.
In terzo luogo, è necessario tenere in considerazione il mutamento degli equilibri
internazionali all’indomani del termine della Guerra Fredda e il ruolo ricoperto da
Pechino in questo contesto. La scomparsa dell’Unione Sovietica ha sì trasformato
inizialmente il sistema da bipolare a unipolare, con gli Stati Uniti nella posizione di
potenza egemone; tuttavia ha contemporaneamente reso gli stessi Stati Uniti meno
fondamentali per il mantenimento degli equilibri in certe aree del mondo, favorendo
nel medio periodo il sorgere di un sistema multipolare dove diversi attori regionali
si suddividono l’influenza sulle diverse aree del mondo. Ad esempio, con la fine
dell’URSS, il Vietnam ha perso un importante sostegno nella guerra in Cambogia.
Di conseguenza, gli Stati Uniti hanno visto decrescere la loro importanza in funzione
antisovietica per alcuni Paesi del Sud Est Asiatico (in primo luogo quelli riuniti
nell’ASEAN); di conseguenza, la Cina ha saputo sfruttare questi “vuoti di potere”
a proprio vantaggio, uscendo lentamente dall’isolamento alla quale venne costretta
dopo l’incidente di Tiananmen e diventando col tempo una potenza regionale.
In ultimo, è proprio l’attività diplomatica cinese uno degli elementi che
ci permettono di rispondere ai vari interrogativi iniziali. Stretta nella morsa
dell’isolamento internazionale, ma ben consapevole delle possibilità fornite dagli
storici cambiamenti globali, la Repubblica Popolare Cinese è riuscita a tessere una
1
With stable policies of reform and opening to the outside world, China can have great hopes for the
future, in Selected Works of Deng Xiaoping, Volume III (1982-1992), 4 settembre 1989, www.english.
people.com.cn/dengxp/.
9
Introduzione
rete di rapporti e contatti bilaterali fatta di concessioni e compromessi; accantonando
l’ideologia in favore di un pragmatismo sistematico, la Cina non si è opposta in
sede Onu all’intervento americano nel Golfo Persico nel 1991 ottenendo in cambio
il riconoscimento internazionale di cui aveva bisogno. Ha ufficializzato le relazioni
con Seul (indebolendo di fatto quelle con l’alleato storico, Pyongyang) dirottando
il riconoscimento sudcoreano da Taipei a Pechino e allontanando ulteriormente
Taiwan dalla scena internazionale. Ha utilizzato la comune accusa sul mancato
rispetto dei diritti umani inferta da Occidente a Pechino e a molti Paesi africani per
rinforzare il legame tra la Repubblica Popolare e l’Africa. Ha sfruttato il processo
di pace cambogiano come mezzo per rientrare nel multilateralismo internazionale e
contemporaneamente assumere un ruolo di primo piano nella penisola indocinese e
nel Nan Yang, il Mar Cinese Meridionale.
L’obiettivo della presente tesi è dunque quello di dimostrare quanto abbia
influito nell’immediato l’episodio di Piazza Tiananmen sulla politica estera cinese
e di conseguenza, attraverso gli eventi del triennio 1989-1992, quanto tale episodio
sia stato fondamentale sulla strada che ha condotto la Cina sino alla posizione che
attualmente occupa nel mondo.
Con il 1992 si può definire, dunque, concluso un periodo di “transizione”
compiuto dalla Repubblica Popolare Cinese all’indomani degli incidenti di
Tiananmen. A livello internazionale, sebbene l’immagine della Cina fosse ancora
fortemente condizionata dal modo in cui essa si era trovata a gestire la protesta
studentesca, il suo ruolo politico poteva considerarsi riabilitato.
In primo luogo, di fronte al crollo dell’URSS. Dopo il mutamento di Mosca
da centro nevralgico dell’impero sovietico a capitale della sola Russia, i rapporti
tra i governi cinese e russo diventarono anche più stretti di prima. A partire dal
gennaio 1992 (ossia poco dopo il riconoscimento ufficiale dei “nuovi” Paesi del
CSI), con l’incontro tra Boris Eltsin e Li Peng alle Nazioni Unite, i contatti tra i
leaders russi e le controparti cinesi si susseguirono fino al viaggio del Presidente
russo in Cina il 17 dicembre 1992, che sancì la definitiva amicizia tra i due
10
Introduzione
Paesi
2
.
In Medioriente, i nuovi rapporti instaurati con due delle principali realtà regionali
(nel 1990 con l’Arabia Saudita e nel 1992 con Israele) mutarono radicalmente la
posizione cinese nella zona, in parte riequilibrando la “concessione” fornita agli
Stati Uniti nel 1990, i quali grazie all’astensione cinese al Consiglio di Sicurezza
ottennero l’autorizzazione ad intervenire militarmente nel Golfo Persico andando ad
aumentare la propria presenza nell’area.
Delle sanzioni provenienti da Occidente, permasero nella loro completezza
solo quelle militari, peraltro tuttora in corso. Con la visita di John Major nel 1992,
primo Premier occidentale a recarsi in Cina dopo le sanzioni del giugno 1989,
si concluse definitivamente l’interruzione dei rapporti politici tra Europa e Cina,
decisione di fatto infranta già a partire dal 1990 con gli incontri di Qian con numerose
personalità quali l’italiano De Michelis, lo spagnolo Ordonez, l’irlandese Collins e il
lussemburghese Poos.
La principale riabilitazione dell’immagine cinese da parte dell’Occidente
avvenne però per mano del Giappone che, sempre nel 1992, con il viaggio di Akihito
in Cina e la dichiarazione ufficiale di scuse per i danni inflitti dall’impero nipponico
prima e durante la Seconda Guerra Mondiale compì un vero è proprio kowtow
all’indirizzo del governo cinese.
Sia i Paesi europei che il Giappone furono mossi prevalentemente da interessi
economici e dal desiderio di non perdere terreno nei confronti della concorrenza
internazionale sul mercato cinese. Paradossalmente, il mancato crollo del socialismo
a Pechino e il mantenimento della politica di apertura imposta dal Politburo (e in
primo luogo dal suo leader carismatico Deng Xiaoping) permisero di fatto alla
Repubblica Popolare Cinese di sfruttare a proprio vantaggio le caratteristiche del
capitalismo, uscito vittorioso dal conflitto ideologico con l’Est comunista, senza per
2
QIAN QICHEN, Ten episodes in China’s Diplomacy, New York, HarperCollins Publishers, 2005,
pp. 177-185.
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Introduzione
questo abbandonare del tutto la strada socialista. Con il celebre “Viaggio a Sud”
compiuto all’inizio del 1992, Deng Xiaoping ritornò alla carica con il suo programma
di riforme interne, momentaneamente abbandonato nel 1989 in favore di una gestione
economica e sociale più conservatrice. Ponendo sullo stesso livello concetti quali
il Mercato e il Piano al fine di “liberare le forze del socialismo”
3
, Deng mutò il
concetto stesso di socialismo trasformandolo in “socialismo di mercato” o, secondo
la costituzione cinese, nel suo vecchio sogno: il “socialismo con caratteristiche
cinesi”
4
.
Nello stesso anno, il XIV° Congresso del Partito Comunista Cinese procedette
con la formazione del nuovo Politburo.Anche in questo caso vinse la linea riformatrice
di Deng. Del XIII° Politburo (quello rimodellato successivamente agli incidenti del
4 giugno 1989, dopo l’allontanamento di Zhao Ziyang e Hu Qili) rimasero Jiang
Zemin, Li Ruihuan, Qiao Shi e Li Peng; il conservatore Song Ping lasciò il seggio
in favore di un altro riformista, Zhu Rongji, ex sindaco di Shanghai. Infine, vennero
aggiunti Liu Huaqing e Hu Jintao. Mentre il primo era apparentemente avulso dalla
diatriba che coinvolgeva riformisti e conservatori, il secondo, molto apprezzato da
Deng Xiaoping e messosi in luce con la repressione delle rivolte del marzo 1989 in
Tibet, dove deteneva la carica di Segretario Provinciale, si sarebbe rivelato l’uomo
del futuro per la Cina: durante il XVI° Congresso del Partito Comunista, nell’autunno
2002, avrebbe infatti sostituito Jiang Zemin alla guida del Paese
5
.
3
Excerpts from talks given in Wuchang, Shenzhen, Zhuhai and Shanghai, in Selected Works of Deng
Xiaoping, Volume III (1982-1992), 18 gennaio – 21 febbraio 1992, www.english.people.com.cn/
dengxp/.
4
Il 29 marzo 1993, nella prima sessione dell’VIII^ Assemblea Nazionale del Popolo, venne inserito nel
secondo emendamento della Costituzione della Repubblica Popolare Cinese la seguente espressione:
“Il compito basilare della nazione è concentrare gli sforzi sulla modernizzazione socialista, in
accordo con la teoria della costruzione del Socialismo con caratteristiche cinesi”; Il 14 marzo 2004,
nella seconda sessione della X^ Assemblea Nazionale del Popolo, il quarto emendamento ha mutato
l’espressione “costruzione del socialismo con caratteristiche cinesi” con un più esplicito “Socialismo
cinese”. Constitution of the People’s Republic of China, in Chinese Government’s Official Web Portal,
http://english.gov.cn/2005-08/05/content_20813.htm; per il testo degli emendamenti cfr. People’s
Daily Online, http://english.people.com.cn/constitution/constitution.html.
5
Brevi biografie dei personaggi qui citati sono reperibili su China Vitae, www.chinavitae.com.
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