Capitolo 1 Introduzione
siccità. Tra gli elementi innovativi della Direttiva Quadro vi sono gli obiettivi di
qualità per i corpi idrici e una nuova concezione di monitoraggio e controllo.
Gli obiettivi di qualità riguardano i corpi recettori e lo stato di tutte le componenti
costituenti il corpo idrico (acqua, sedimenti, biota, morfologia, funzionalità e
quantità), con lo scopo di ottenere il raggiungimento per tutti i corpi idrici di uno
stato ecologico definito come “buono stato ecologico”. In altre parole, viene richiesto
il raggiungimento di buone condizioni chimico-fisiche e chimiche delle acque e di
biodiversità e naturalità degli ecosistemi.
Il monitoraggio è visto come strumento di pianificazione e verifica dell’efficacia
delle misure prese in fatto di tutela e risanamento. I monitoraggi si basano quindi
sull’analisi di indicatori e indici che forniscano informazioni integrate nel tempo e
nello spazio relative a tutte le componenti dell’ecosistema. Il Decreto Legislativo
152/99 e la Direttiva 2000/60/CE individuano anche un diverso programma di
monitoraggio, sia in termini di elementi di qualità da determinare, sia in termini di
modalità (densità dei siti, frequenza dei campionamenti), in funzione degli obiettivi
operativi da raggiungere. Si identificano tre tipologie di monitoraggio.
Il monitoraggio di sorveglianza è previsto tra un piano di bacino ed il successivo ed è
basato sulla determinazione di tutti i parametri per verificare il conseguimento degli
obiettivi ambientali.
Il monitoraggio operativo segue l’evoluzione dei corpi idrici ritenuti a rischio per il
conseguimento degli obiettivi ambientali.
Il monitoraggio d’indagine approfondisce lo studio di fenomeni non chiari, quali
fioriture algali, presenza di inquinanti quali i distruttori endocrini, etc.
Il monitoraggio in ogni caso analizza elementi di qualità di tipo fisico, chimico,
microbiologico, biologico e idro-morfologico. In particolare, la valutazione della
qualità ecologica del sistema prevede come prioritari gli elementi di qualità
biologica.
A seguito dell’emanazione della WFD, anche in Italia sono state prese una serie di
iniziative mirate ad adeguare la situazione nazionale ai requisiti della normativa.
Particolarmente ampio e rilevante diviene il ruolo delle Regioni, e con esse del
sistema delle Autonomie locali, nel processo di realizzazione degli obiettivi,
nell’ambito del quale risulta centrale l’elaborazione, l’adozione e l’attuazione del
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Capitolo 1 Introduzione
Piano di tutela delle acque, documento di pianificazione generale contenente gli
interventi volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di
qualità dei corpi idrici e le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del
sistema idrico.
Non solo, il ricorso ad indicatori biologici, finora poco diffuso, diviene basilare per
la determinazione dello stato di qualità di un corpo idrico. Questa tesi si presenta
quindi come esempio applicativo di piano di gestione per la valutazione ecologica
mediante l’impiego di macroinvertebrati bentonici, espressa con metodologie
confrontabili con quanto previsto dagli altri Stati Membri europei.
1.3 Finalità e obiettivi del lavoro di tesi
Il Lago di Viverone è dagli inizi degli anni ’80 in condizioni di elevata trofia, a causa
dell'eutrofizzazione che ha provocato importanti conseguenze sia nel bacino lacustre,
sia nella circostante zona umida. Tale fenomeno comporta all’interno del bacino
lacustre significative alterazioni delle caratteristiche chimiche e fisiche delle acque e
dei sedimenti che, a loro volta, inducono modificazioni qualitative e quantitative
sulle componenti biologiche (fitoplancton, zooplancton, benthos, ittiofauna). Viene
così favorito il processo di interramento della zona umida causando una forte
regressione degli habitat di torbiera, con scomparsa di specie floristiche molto rare e
diminuzione della biodiversità.
Il presente lavoro di tesi è parte di un progetto di ricerca sul Lago Viverone che
l’Istituto per lo Studio degli Ecosistemi (CNR-ISE) svolge per conto della Regione
Piemonte per l'applicazione della Direttiva 2000/60/CE.
Il Lago di Viverne è collocato nell’anfiteatro morenico d’Ivrea, nella regione bio-
geografica continentale, ed è caratterizzato dalla presenza di specie e habitat di
notevole pregio naturalistico. E’ inserito nell’elenco dei Siti di Importanza
Comunitaria (SIC) e per la zona circostante il lago, caratterizzata da ontani e torbiere,
è stato inserito con lo stesso decreto nell’elenco delle Zone a Protezione Speciale
(ZPS). L’ambiente lacustre è però soggetto ad un pronunciato deterioramento e ad
una marcata eutrofizzazione delle acque.
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Capitolo 1 Introduzione
Il progetto si propone di fornire agli Enti gestori gli strumenti per svolgere il
monitoraggio di ogni elemento di qualità biologica indicato dalla Direttiva:
fitoplancton, macrofite e fitobentos, ittiofauna e macroinverterbrati bentonici.
Particolare attenzione è qui dedicata alle metodologie di campionamento con
riferimento a frequenze di prelievo e metodologie analitiche.
In questo contesto, il lavoro di tesi ha riguardato lo studio di sedimenti e comparto
bentonico. È stata anzitutto svolta una descrizione preliminare delle caratteristiche
abiotiche del sedimento (struttura, contenuto in acqua e alcuni parametri chimici). In
parallelo, è stato condotto lo studio della fauna dei macroinvertebrati bentonici che
danno una risposta integrata all’inquinamento e ai fattori di disturbo che sono
presenti nel lago.
La ricerca è stata svolta in accordo con le indicazioni della Direttiva 2000/60/CE; in
particolare, campionamento e analisi della comunità dei macroinvertebrati bentonici
dovranno rispondere ai requisiti di seguito descritti.
- Sono generalizzabili e dunque applicabili ad tutti i laghi che rientrano nella
tipologia del lago di Viverone (allegato II comma 1.1.2);
- Sono validati e intercalibrati nei laghi che formano la rete di riferimento per
ciascuna tipologia di corpo idrico (allegato II comma 1.3);
- Consentono la stima della composizione specifica e dell’abbondanza delle
singole specie che costituiscono la comunità dei macroinvertebrati bentonici
(allegato V, comma 1.1.2);
- La metodologia è in grado discriminare in modo chiaro ed univoco le diverse
classi di qualità, ovvero di distinguere lo stato ecologico elevato da quello buono,
quello buono da quello sufficiente, ecc. (allegato V, comma 1.2.2);
- La frequenza di monitoraggio deve essere conforme a quella prevista dalla
Direttiva (art. 8, allegato V, comma 1.3) .
I dati ottenuti contribuiranno infine all’acquisizione ulteriori conoscenze sulla
ecologia del Lago di Viverone.
Le stazioni di campionamento e le tecniche di prelievo sono state inizialmente scelte
sulla base delle caratteristiche del substrato del fondo lacustre, secondo le linee guida
Environment Protecion Agency Americana (US-EPA) e previa caratterizzazione
della granulometria del sedimento.
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Capitolo 1 Introduzione
In considerazione dei cicli biologici delle specie presenti e della vicenda stagionale
del lago, sono stati previsti due campionamento annuali: durante il periodo di piena
circolazione del lago a fine inverno-inizio primavera e in coincidenza con il periodo
di massima stratificazione estiva, quando il lago è presumibilmente nelle condizioni
ecologiche peggiori. L’identificazione tassonomica è stata svolta fino al livello di
genere o specie, livello questo che consente la valutazione della biodiversità
bentonica e il calcolo di indici biotici ed ecologici.
Sono stati considerati habitat sia lito-sublitorali che profondi, per i quali sono stati
analizzati i soli Ditteri Chironomidi e Oligocheti.
Le analisi biologiche sono state accompagnate dal rilevamento delle caratteristiche
fisiche e chimiche del sedimento e della qualità delle acque.
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Capitolo 2 Area di Studio
CAPITOLO 2: AREA DI STUDIO
2.1 Il Lago di Viverone
Il Lago di Viverone, o d’Azeglio, è situato nel Piemonte nord-occidentale tra le
province di Torino e Biella e in parte di Vercelli. Insieme ai laghi Maggiore, Orta,
Mergozzo, Candia, Avigliana, Trana e Sirio, costituisce uno degli 8 laghi piemontesi
pedemontani con superficie > 0,2 km
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e insieme alle cuvette lacustri Bertignano,
Candia, Alice Superiore e Meugliano rappresenta uno dei 5 laghi dell’anfiteatro
morenico d’Ivrea.
Infatti il Lago di Viverone è collocato in una depressione intermorenica, nella
porzione più orientale dell’anfiteatro, lasciata dal ghiacciaio che occupava la Valle
d’Aosta durante le ultime glaciazioni (Fig. 2.1).
Fig. 2.1: Anfiteatro d’Ivrea, in evidenza il bacino imbrifero del Lago di Viverone.
Dal punto di vista amministrativo il bacino lacustre è ripartito tra 8 comuni (Tab. 2.1
e Fig. 2.2).
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Capitolo 2 Area di Studio
Tab. 2.1: Comuni nel cui territorio ricade il bacino imbrifero del Lago di Viverone.
Comune Abitanti (dati ISTAT 2005) Provincia
Cavaglià 3644 Biella
Borgo d’Ale 2629 Vercelli
Alice Castello 2602 Vercelli
Viverone 1434 Biella
Azeglio 1303 Torino
Viverone 1267 Torino
Roppolo 907 Biella
Zimone 413 Biella
Fig. 2.2: Unità amministrative del bacino imbrifero del Lago di Viverone (Calderoni et al. 2006).
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Capitolo 2 Area di Studio
Caratteristiche geografiche, idrografiche, geologiche e idrologiche
Il bacino imbrifero del Lago di Viverone ha un’altitudine massima compresa tra 230
e 529 m s.l.m. e una superficie di 21,4 km
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(esclusa la cuvetta lacustre, Calderoni et
al. 2006). Le acque del lago sono raccolte in una conca originata dall’azione erosiva
della lingua glaciale baltea del Pleistocene superiore, che percorreva la Valle
d’Aosta, nell’area compresa tra le cerchie moreniche attribuite all’ultima glaciazione
e la parte più antica dell’anfiteatro d’Ivrea. L’anfiteatro è caratterizzato da una
dorsale rettilinea, la Serra d’Ivrea, alta fino a 700 m s.l.m., che forma uno
sbarramento ad est del bacino del Lago di Viverone; mentre ad ovest vi sono altri due
sbarramenti morenici S. Michele-Borgo e Bollengo-Strambino. La quota più elevata
del bacino è il Monte Chiaro, 529 m s.l.m. situata a rispetto del lago a N-E.
Dal punto di vista idrografico il Lago di Viverone fa parte del bacino della Dora
Baltea; il fiume influenza il reticolo superficiale e la circolazione sotterranea, che
sembra presenti un asse di drenaggio principale in direzione NW-SE (Mugion et al.
1993-94, Giacomin 1996).
Il bacino imbrifero è privo di grandi corsi d’acqua, infatti l’idrografia superficiale è
costituita da una serie di canali naturali ed artificiali, segnalati localmente con il
nome di rogge, che discendono per lo più dalla parte meridionale della Serra d’Ivrea.
La cuvetta lacustre non dispone di grandi immissari esterni che lo alimentano con
continuità, ma l’acqua arriva da sorgive che sgorgano dal fondo lacustre o dalle
rogge circostanti, come le rogge Viverone e Roppolo. L’unico emissario del lago, la
Roggia Fola, si origina nel settore nord-occidentale e scorre in direzione NW fino a
confluire nella Roggia Violana, provvista di notevole flusso anche in condizioni di
tempo secco e che prende un percorso inizialmente orientato verso il lago da NW e
poi se ne distacca con ampia curva in prossimità del Comune di Azeglio. Il corso
della Roggia Violana è stato regolarizzato ad opera dell’uomo, tanto da assumere un
aspetto di canale artificiale a corso lento. Lungo il suo tragitto raccoglie le acque
degli affluenti minori, il cui principale è proprio l’emissario del lago, che sostengono
un reticolo minore di solchi e colatori ad uso irriguo, provenienti dalla collina di
Piverone. Occasionalmente, solo nel periodo estivo, in condizioni di portata critica
della Roggia Violana, e nel caso in cui il bilancio idrico del lago sia fortemente
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Capitolo 2 Area di Studio
negativo, il flusso della Roggia Fola può invertirsi ed avere un senso centripeto
rispetto al lago, trasformando la Roggia Violana in immissario.
Escludendo le rogge sopra citate, da oriente in senso orario, il reticolo idrografico è
formato da:
- la Roggia Piverone;
- la Roggia Moglia;
- la Roggia Toele, che convoglia acque bianche;
- la Roggia di Viverone, che convoglia acque miste;
- la Roggia Moglie, che convoglia acque miste;
- la Roggia Roppolo;
- la Roggia Riva, che convoglia saltuariamente acque di scolo;
- la Roggia Torbiera, situata in sponda Sud-Est, che convoglia acque di drenaggio.
Dal punto di vista geologico l’anfiteatro morenico in cui è ubicato il Lago di
Viverone, è formato da una deposito morenico che ha un diametro di circa 27 km con
un’unica apertura verso Nord lungo lo sbocco della Valle d’Aosta.
L’imponente ghiacciaio, che diede origine al lago nel Quaternario, proveniva dalla
Valle d’Aosta e si estendeva in pianura per 25 km, con un fronte di 20 km, portando
con sé il carico recuperato lungo il suo tragitto. La glaciazione ha perciò lasciato,
nell’area terminale, racchiusa tra Ivrea e Vercelli, una grande massa di depositi
morenici che formano la poderosa dorsale rettilinea della Serra d’Ivrea, la quale si
estende per 25 km in direzione NO-SE da Andrate a Cavaglià e che sbarra
frontalmente il lago (Calderoni et al. 2006).
Tale accumulo, poco impermeabile, è intercalato da depositi permeabili fluvio-
glaciali; infatti si suppone, che il Lago di Viverone sia alimentato da importanti
acquiferi sotterranei che si congiungono al reticolo idrico, quindi è probabile che una
variazione piezometrica degli acquiferi si traduca in una variazione del livello del
lago.
La parte frontale dell’anfiteatro è composta da tre archi principali (laterale che
comprende il lago, intermedio e assiale) separati da cordoni morenici, che
rappresentano i resti di cerchie moreniche più interne (Calderoni et al. 2006).
Nella parte più a Nord dell’anfiteatro il substrato è costituito da rocce cristalline,
appartenenti a tre unità strutturali della Regione Alpina:
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Capitolo 2 Area di Studio
1. zona Sesia-Lanzo: contraddistinta da rocce polimetamorfiche, caratterizzate da
associazioni mineralogiche quarzo-granito-pirosseno giadetico;
2. zona Canavese: rappresentata da basamenti cristallini d’età pre-permiana;
3. zona Ivrea-Verbano: caratterizzata da rocce di origine profonda e di alto grado
metamorfico, contraddistinte da associazioni mineralogiche in facies granulitica o
anfibolitica.
Nel tratto intermedio invece l’anfiteatro poggia su un deposito sedimentario di sabbie
marine fossilifere di color grigio-giallastro.
Il bacino imbrifero del lago può essere suddiviso in differenti settori, caratterizzati
rispettivamente da impieghi diversi del suolo:
a) Depositi fluviali lacustri e poligenici, con pH neutro (compreso tra 6,6 e 7,3). La
falda permanente si pone tra 60 cm e la superficie, con un drenaggio lento ed
imperfetto.
b) Depositi fluvio-glaciali e fluviali, poligenici, con pH acido (≤ 6,5). La falda
permanente è collocata nei primi 60 cm, con un drenaggio normale.
c) Depositi fluviali poligenici, in superficie sub-pianeggianati con pH acido (≤ 6,5).
La falda permanente è situata tra 60 e 90 cm di profondità.
d) Depositi lacustri e/o palustri, torbosi, con pH acido (≤ 6,5).
e) Depositi glaciali, poligenici, con assenza di falda, drenaggio normale, e pH da
acido a neutro (pH ≤ 7,3).
Le prime quattro tipologie sono caratteristiche dell’area di pianura e sono quelle
maggiormente utilizzate in agricoltura, mentre l’ultima è presente sui rilievi acclivi
della Serra, prevalentemente coperta da boschi e vigneti (F.I.S.I.A.1996).
L’uso del suolo (Fig. 2.3, 2.4), insieme alla durata della stratificazione termica
dell’acqua, il rapporto tra epilimnio e ipolimnio e il tempo teorico di ricambio del
lago, influiscono sulla dinamica dei nutrienti all’interno del corpo d’acqua,
determinandone l’approvvigionamento, il trasporto e la disponibilità al suo interno.
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