dei tratti principali di tali organizzazioni. Il capitolo si conclude con un
confronto tra il Balanced Scorecard e altri due conosciuti performance
measurement system: il Tableau de Bord e l’EFQM,.
Il secondo capitolo è, invece, dedicato ai servizi pubblici. Cosa si
intende con questo termine, i mutamenti del contesto, i settori che
compongono tale mercato e le variabili che lo influenzano. Definita l’arena
competitiva, vengono presentate le principali proposte della dottrina per
sopperire ad alcune lacune che l’approccio BSC presenta con riferimento al
settore multi-utility.
La trattazione si conclude con l’analisi del caso Gruppo IRIDE. Dopo
aver osservato le varie società che lo compongono, la struttura organizzativa
adottata e le modalità di presidio dei business, viene esaminato il processo di
pianificazione e controllo e vengono fornite una serie di proposte e di
accorgimenti in merito. Nello specifico, particolare risalto viene dato al
progetto cui ho partecipato per la costruzione, tramite l’applicativo Metric
Studio, di un report direzionale ad uso informativo.
La proficua esperienza professionale e il percorso accademico da me
intrapreso mi hanno permesso di elaborare, spero con spirito critico, questa
tesi osservando come, molto spesso, ci siano notevoli differenze tra come un
determinato modello concettuale dovrebbe essere applicato e le modalità
con cui questo viene effettivamente recepito in azienda.
1
1. Strategy-Focused Organization
Lo scenario competitivo globale è mutato considerevolmente a partire
dai primi anni ’80. Il mondo, come lo conosceva Adam Smith, è, ormai, un
paradigma antiquato. Quelle che Hammer e Champy
1
definiscono “le tre C
2
”
hanno preso il sopravvento e hanno portato a mutamenti decisivi e pervasivi
in ogni settore.
Oggi sono gli intangible asset
3
la principale fonte di vantaggio
competitivo e, per tale motivo, sono essi i più significativi driver per la
creazione di long-term value. Rappresentano la parte più rilevante del valore
di un titolo azionario
4
e ciò è significativo di come non si possa prescindere
da una loro accurata misurazione. Oltretutto, diviene impensabile perseguire
una strategia, qualunque essa sia, se tali elementi non sono adeguatamente
allineati e mobilitati in funzione di essa.
La chiave per attuare un piano
5
è, perciò, quella di comprenderlo
pienamente. Un framework utile per descriverlo e comunicarlo è la strategy
map
6
. Tale modello fa ricorso a relazioni causa-effetto per mostrare come gli
intangible e i tangible asset vengano trasformati in financial outcome. Il
Balanced Scorecard, e la mappa strategica che gli sottende, costituiscono, di
fatto, la tecnologia di misurazione per gestire un’azienda in una knowledge-
based economy.
1
M. Hammer, J. Champy, Reengineering the Corporation: A Manifesto for
Business Revolution, 2003.
2
Customer (Clienti), Competition (Concorrenza) and Change (Cambiamento).
3
Human capital, databases and information systems; responsive, high quality
processes, customer relationships and brands, innovation capabilities and culture. R.S.
Kaplan, D.P. Norton, Strategy maps, 2004 pag. 3.
4
R.S. Kaplan, D.P. Norton, The Strategy-Focused Organization, 2000 pag. 2.
5
Tra le molteplici definizioni: Strategy is a creation of a unique and valuable position,
involving a different set of activities. Tratto da M. Porter, What is strategy?, articolo
pubblicato sull’Harvard Business Review 2000.
6
R.S. Kaplan, D.P. Norton, The Strategy-Focused Organization, 2000 pag. 10.
2
Kaplan e Norton non avevano colto fin da subito tutte le potenzialità
del BSC. Inizialmente
7
, infatti, tale strumento nacque per misurare le
performance a livello operativo, tattico e strategico, ma non come ausilio
nell’implementazione delle strategie. Tuttavia, ci si rese presto conto di come
molte società
8
, che avevano adottato il BSC non solo per quantificare le
prestazioni, ma, anche, per tradurre in pratica le loro strategie, riuscirono a
raggiungere risultati inaspettati. Apparve, per tale motivo, evidente il ruolo
che tale strumento doveva andare ad occupare. Esso diveniva un tool utile a
colmare il gap che da sempre esisteva tra strategie di business e piani
d’azione.
Se la formulazione di strategie vincenti è non di rado una forma
d’”arte” la loro descrizione non può e non deve esserlo
9
. Appare, quindi,
evidente come l’abilità nell’eseguire una strategia divenga spesso più
importante della strategia stessa
10
.
1.1. Il BSC nella sua prima accezione
È il 1990 quando Kaplan e Norton propongono la prima versione del
BSC. La prassi comune, in quegli anni, privilegiava una misurazione delle
performance basata su indicatori di natura economico-finanziaria. Tale
pratica, tuttavia, non era più adatta nel contesto che veniva a formarsi e, per
tale motivo, fu proposto un modello multi-dimensionale in grado di superare
la visione strettamente finanziaria manifestamente orientata al breve periodo.
Il Balanced Scorecard (scheda di valutazione bilanciata) era uno
strumento capace di includere ed armonizzare, nello stesso contenitore:
ξ obiettivi a breve e a lungo termine,
ξ indicatori di natura financial e non,
7
R.S. Kaplan, D.P. Norton, The Balanced Scorecard, 1996 pag. 8.
8
Tra queste Mobil, Chemical Retail Bank, Brown & Root Services’ Rockwater
Division e Nova Scotia Power.
9
R.S. Kaplan, D.P. Norton, Having trouble with your strategy? Then map it,
articolo pubblicato sull’Harward Business Review, 2000 pag. 176.
10
R.S. Kaplan, D.P. Norton, The Strategy-Focused Organization, 2000 pag. 1.
3
ξ indicatori ritardati (lag) con indicatori di tendenza (lead) e
ξ prospettive di performance interna ed esterna.
Le quattro distinte prospettive di miglioramento furono così
individuate
11
:
ξ prospettiva economico-finanziaria (Financial Perspective);
ξ prospettiva del cliente (Customer Perspective);
ξ prospettiva dei processi interni (Internal Process Perspective);
ξ prospettiva orientata all’innovazione ed all’apprendimento
(Learning and Growth Perspective).
Per comprendere i legami fra queste, possiamo dire, in sintesi, che:
ξ le risorse umane e organizzative impattano positivamente
sull’eccellenza dei processi;
ξ a quest’ultima è legata la soddisfazione dei clienti;
ξ clienti soddisfatti portano a maggiori ricavi e, quindi, si
presume, ad un miglioramento della redditività aziendale.
1.2. I primi sviluppi del BSC
Quella presentata nel precedente paragrafo era, comunque, solo la
prima versione del modello. Dopo alcuni anni, con il contributo di alcuni CEO,
il BSC si evolse. Ci si orientò verso il collegamento delle misure del Balanced
Scorecard alle strategie. In particolare ci si accorse di quanto fosse
importante individuare i nessi causali che legavano le singole misure di
performance. La prima trasformazione del BSC è stata, dunque, quella di
trasformarsi da un sistema di misurazione ad un sistema di gestione
12
.
Questo, quindi, non è, e non poteva essere, esclusivamente
considerato come un tentativo di moltiplicare le misure di performance.
11
R.S. Kaplan, D.P. Norton, The Balanced Scorecard, 1996 pag. 25.
12
R.S. Kaplan, D.P. Norton, Using the Balanced Scorecard as a Strategic
Management System, 1996, articolo pubblicato sull’Harward Business Review, 1996 pag.
75.
4
Doveva, invece, risultare adeguatamente allineato alla strategia per i
seguenti motivi:
ξ favoriva una visione del futuro condivisa da tutta
l’organizzazione;
ξ agevolava la comprensione di quale fosse il contributo che ogni
dipendente/unità organizzativa poteva apportare al successo
delle strategie;
ξ spingeva al cambiamento.
I presupposti che consentono di collegare il BSC alla strategia di
impresa sono, sostanzialmente, tre:
ξ i nessi causali;
ξ i driver (o determinanti) della performance;
ξ il legame con i financial outcome.
Ciò partendo dal pensiero secondo il quale ogni strategia si basa su
una serie di ipotesi
13
riguardanti relazioni causa-effetto che si possono
esprimere in affermazioni del tipo “what…if” (se…allora). Tramite il BSC, la
strategia viene, in tal modo, descritta e formalizzata. Il sistema di
misurazione, rendendo espliciti i rapporti fra obiettivi (e misure) nelle varie
prospettive, aumenta la consapevolezza di quali leve occorra muovere per
raggiungere i fini ultimi della gestione.
1.3. L’evoluzione del BSC
Nel libro “The Strategy-Focused Organization” (2000), Kaplan e
Norton evidenziano un’importante trasformazione del BSC. Esso diventa un
modello in grado di tenere conto dell’importanza del fattore strategico nel
contesto attuale.
La strategia non è più, quindi, un insieme di decisioni imposte dal top
management (top-down), bensì un processo continuo che coinvolge l’intera
13
The Balanced Scorecard design process builds upon the premise of strategy as
hypotheses. R.S. Kaplan, D.P. Norton, The Strategy-Focused Organization, 2000 pag.
75.
5
organizzazione. Le società che hanno adottato con maggior successo il BSC
sono quelle che, di fatto, hanno messo la strategia al centro dei processi
chiave di gestione (“Strategy-Focused Organization”).
Le fondamenta sulle quali costruire tale tipo di aziende sono le
seguenti:
1) Translating the strategy to operational terms;
2) Aligning the organization to create synergies;
3) Making strategy everyone’s everyday job;
4) Making strategy a continual process;
5) Mobilizing change through executive leadership.
Ad ognuna di queste è dedicato un paragrafo per evidenziare cosa
effettivamente i due autori intendano quando parlano di organizzazioni
“orientate” alla strategia. Prima di concludere il paragrafo, tuttavia, ritengo
necessaria una precisazione in merito al BSC. Esso non deve essere visto
come uno strumento innovativo per quanto concerne l’ideazione di strategie,
bensì come un fondamentale ausilio per fare in modo che queste funzionino
e siano realizzate
14
. Solo comprendendo tale affermazione è possibile
cogliere in pieno le effettive funzionalità di tale framework.
1.3.1. Tradurre una strategia in azioni operative
Il presupposto essenziale per eseguire una strategia è quello di
conoscerla e, soprattutto, comprenderla. Tuttavia non si può capire qualcosa
che non può essere descritto
15
. Qualsiasi realtà aziendale deve, quindi,
prima di implementare una qualunque strategia, fornirne un disegno che sia
comprensibile ad ogni livello dell’organizzazione. Da questo devono
trasparire le modalità e il percorso che l’organizzazione segue per creare
valore.
14
R.S. Kaplan, D.P. Norton, The Strategy-Focused Organization, 2000 pagg. 9
e segg.
15
R.S. Kaplan, D.P. Norton, The Strategy-Focused Organization, 2000 pag. 65.
6
Il punto di partenza è fornito, come già evidenziato, dagli intangible
asset. Tali elementi sono classificabili in capitale umano, informativo e
organizzativo
16
. La loro immaterialità porta, spesso, a sottovalutarne
l’importanza, ma gli effetti di tale miopia manageriale possono essere
devastanti. Una loro misurazione è, senza dubbio, complessa
17
ed è dovuta,
principalmente, alle peculiarità dalle quali tali elementi sono contraddistinti. In
particolare, il loro valore trae origine dal contesto organizzativo e strategico
nel quale si collocano e, soprattutto, i loro effetti sui financial outcome non
sono visibili in modo diretto ed immediato
18
.
Se, però, ci fermassimo di fronte a questi ostacoli tutto ciò che è stato
detto fino ad ora si rivelerebbe inutile. È in questo momento che entra in
gioco il BSC. Esso non tenta di dare un valore in $ o € a tali elementi, ma
vuole comunque misurarli con unità non monetarie.
Tali grandezze sono i driver per raggiungere l’eccellenza dei processi
da cui dipendono, a loro volta, la customer e la shareholder satisfaction. Solo
una volta compresi tali nessi è possibile individuare le leve (Fattori critici di
successo – FCS) che occorre azionare per raggiungere gli obiettivi di fondo.
Se non si conoscono i driver del successo la scelta delle azioni strategiche
rischia di essere casuale o, comunque, troppo intuitiva
19
.
Il ciclo complessivo strategia, pianificazione e controllo deve quindi
seguire un preciso iter logico. Si veda al riguardo la figura 1
20
.
16
R.S. Kaplan, D.P. Norton, Strategy Maps, 2004 pag. 13.
17
Si veda al riguardo R.S. Kaplan, D.P. Norton, Strategy Maps, 2004 pag. 211
e segg.
18
R.S. Kaplan, D.P. Norton, The Strategy-Focused Organization, 2000 pag. 66.
19
L. Brusa, Attuare e controllare la strategia aziendale – Mappa Strategica e
Balanced Scorecard, 2007 pag. 46.
20
Immagine tratta da L. Brusa, Attuare e controllare la strategia aziendale –
Mappa Strategica e Balanced Scorecard, 2007 pag. 191.
7
Budgeting e reporting
Mappa strategica e BSC
Target
Iniziative o azioni
strategiche
Strategia
Revisione iniziative in
corso
Simulazione risultati
economico-finanziari
Esame nuove iniziative
Pianificazione strategica
Figura 1: Dalla strategia al budgeting
Appare evidente come l’individuazione delle iniziative strategiche, e la
loro traduzione in termini operativi tramite gli strumenti del program/project
management
21
, sia solo l’ultimo step della pianificazione strategica. Prima è
indispensabile identificare i FCS, coglierne i nessi causali e cercare dei KPI
(e relativi target) che consentano di monitorarli in modo adeguato.
Con riferimento allo schema qui delineato è bene fare alcune
considerazioni:
ξ Finora abbiamo ribadito il ruolo che il BSC, tramite la mappa
strategica, ricopre nella descrizione di una strategia. Tuttavia è
bene sottolineare come il processo di costruzione di tale tool
possa anche essere simultaneo a quello di creazione della
strategia e, anzi, possa fornire, in tale fase, un contributo
rilevante
22
, soprattutto in quei casi nei quali questa emerga
dalle decisioni di più soggetti;
ξ La mappa strategica ha il pregio di cogliere i nessi causali che
legano i FCS. Tali fattori vengono inquadrati in quattro
21
Per approfondimenti L. Mitchell, Program Management: A Comprehensive
Overview of the Discipline, 2001.
22
R.S. Kaplan, D.P. Norton – The Strategy Focused Organization – 2000 pag.
373.
8
prospettive. Nel dettaglio esse sono: learning and growth,
internal process, customer e financial. Le relazioni che le
legano sono già state sinteticamente evidenziate. È importante,
tuttavia, notare come, anche all’interno delle stesse prospettive,
esistano dei legami causa-effetto tra i singoli FCS
23
. La mappa
strategica è, ad ogni modo, solo uno dei modelli in grado di
cogliere ed esplicitare tali fattori. Tra gli altri vanno ricordati
l’analisi dei pre-requisiti del successo e i modelli di generazione
della redditività del business
24
;
ξ Non esiste un cruscotto di indicatori adatto ad ogni realtà
aziendale
25
. Se è vero che la dottrina in materia di KPI finanziari
ha portato a definire una serie di indici di cui, ormai, si fa ampio
uso
26
è, però, necessario evidenziare come, anche tra questi,
sia fondamentale scegliere quelli più adatti a monitorare gli
obiettivi strategici che ci si è posti. Per fare questo occorre
tenere conto di come questi siano profondamente interrelati con
la fase del ciclo di vita del business che viene esercitato
27
;
ξ Anche dopo aver, a fatica, individuato un insieme selezionato,
bilanciato e concatenato di KPI non è possibile rilassarsi. La
definizione dei target è, infatti, una fase delicata
28
. Va definita in
23
Per approfondimenti si veda R.S. Kaplan, D.P. Norton, The Balanced
Scorecard, 1996.
24
Per approfondimenti si veda R.M. Grant, L’analisi strategica per le decisioni
aziendali, 2004 pagg. 106-112.
25
Sui principi generali di scelta degli indicatori si veda L. Brusa, Attuare e
controllare la strategia aziendale – Mappa Strategica e Balanced Scorecard, 2007 pag. 81.
26
Si veda fra gli altri G. Ferrero, F. Dezzani, P. Pisoni, L. Puddu, Le analisi di
bilancio: indici e flussi, 2000.
27
R.S. Kaplan, D.P. Norton, The Balanced Scorecard, 1996 pag. 48.
28
I target devono seguire trend che siano in linea con il tipo di attività svolta. È,
inoltre, importante adottare logiche di benchmarking per conseguire best practice. Si vedano
in proposito l’articolo di P.M. Nattermann, Best practice ζ Best strategy, 1994 disponibile
9
modo partecipativo con tutti coloro che devono contribuire a
raggiungerli trovando il miglior compromesso tra raggiungibilità
e impegno;
ξ Solo a questo punto le metodologie di program/project
management fanno il loro ingresso in campo. Ogni iniziativa
strategica viene tradotta in piani d’azione cui vengono
assegnati un leader, un program/project team ed un budget
29
.
Tutto ciò ricordando come le iniziative siano dei mezzi per
raggiungere gli obiettivi e non dei fini ultimi. Le modalità di
attuazione delle strategie sono duplici: si può ricorrere ad una
revisione dei programmi in corso, con l’ausilio di strumenti
come il BPR
30
, o all’attuazione di nuovi programmi. In ogni caso
è importante una valutazione economica di tali iniziative con
modelli come il DCF o l’EVA
31
.
1.3.2. Allineare l’organizzazione alla strategia
Una realtà societaria può essere paragonata ad una squadra di calcio.
Ogni reparto di gioco rappresenta una funzione (secondo la definizione
classica di insieme di operazioni di gestione omogenee da un punto di vista
economico-tecnico
32
). Ogni giocatore fa parte di una funzione. Se ogni
giocatore/funzione lavora per raggiungere obiettivi personali/di funzione al
fine di massimizzare la propria performance è molto probabile che il risultato
di squadra non sia quello sperato. Cercare con insistenza il goal o la bella
sul sito www.mckinseyquarterly.com/strategy/bepr00.asp e quello di M. Ensley,
Scorecarding Best Practices, 2007 disponibile sul sito www.cognos.com.
29
Si veda a tal proposito R.S. Kaplan, D.P. Norton, The Strategy-Focused
Organization, 2000 pag. 293.
30
Si veda a tal proposito M. Hammer, J. Champy, Reengineering the Corporation:
A Manifesto for Business Revolution, 2003.
31
Si veda a tal proposito A. Damodaran, Valutazione delle aziende, 2002 pagg.
18 e 366.
32
F. Culasso, Sistema impresa e gestione per processi, 1999 pag. 13.
10
giocata, anche in situazioni nelle quali sarebbe preferibile passare la palla al
compagno, può rivelarsi dannoso per il team. Lo scopo ultimo di un’equipe è
sicuramente quello di segnare un goal più dell’avversario, ma per vincere
occorre anche fare gioco di squadra, difendere, impegnarsi e non prendere
goal.
Lo stesso ragionamento può essere fatto in azienda. Il modello dei
CdR economica
33
rappresenta un esempio di come il privilegiare risultati
settoriali spesso non porti a raggiungere gli obiettivi che l’azienda si è
prefissa. Inoltre, se sicuramente gli obiettivi economici sono importanti (il
goal), non si può non tenere conto di quelli che sono i driver (l’impegno, il
gioco di squadra) per ottenere vittorie future magari ben più importanti.
Nonostante tale modello non sia in grado di misurare gli intangible,
non sia orientato al lungo periodo e non ponga adeguata enfasi sui processi,
esso rappresenta, ancora oggi, una milestone grazie alla sua capacità di
diffondere in azienda una sensibilità economica e di favorire l’utilizzo di un
sistema incentivante. Se la dottrina tende ad allontanarsi da tale tecnica, le
prassi aziendali evidenziano come la sua diffusione sia ancora elevata.
Un contributo rilevante al superamento dei limiti sottolineati è quello
fornito dal sistema dei parametri di controllo o parametri obiettivo
34
. Si tratta
di indicatori lead e lag
35
che consentono di bilanciare KPI economici e
finanziari, di gestione corrente e strategica, di efficacia ed efficienza
diffondendo il concetto di corresponsabilità. Tuttavia tale modello non
consente di esplicitare i collegamenti che legano i driver agli outcome e, di
fatto, fatica a creare sinergie tra le diverse unità organizzative.
Ma se le diverse componenti (risorse, business e unità organizzative)
di una corporate non sono allineate ed indirizzate verso gli stessi obiettivi
33
Si veda a tal proposito L. Brusa, Sistemi manageriali di programmazione e
controllo, 2000 pagg. 243 e segg.
34
Si veda a tal proposito L. Brusa, L. Zampogna, Pianificazione e controllo di
gestione, 1999 pagg. 180 e segg.
35
Si veda a tal proposito R.S. Kaplan, D.P. Norton, The Strategy-Focused
Organization, 2000 pagg. 149-150.
11
appare evidente come, la struttura burocratica che le sottende, non sia più
giustificata e giustificabile e, per questo, sia preferibile esplodere l’azienda in
business unit separate
36
.
Le sinergie nascono da eccellenti interazioni tra le componenti
aziendali e il BSC è un utile strumento per linkare le strategie di corporate
con quelle a livello di business unit e di shared service unit. In particolare,
partendo dalla strategy map a livello corporate è possibile, attraverso un
accurato cascading, costruire quelle di business unit e, sui risultati di queste,
corresponsabilizzare tutte quelle funzioni (SSU) che prestano loro servizi
interni. Nel costruire tali mappe lo schema e le prospettive cui fare riferimento
sono le medesime. Naturalmente occorre prendere atto che cambia il
significato di customer. A livello di SSU il cliente è la BU ed è la
soddisfazione per il servizio che questa riceve che deve essere misurata.
Una tecnica per favorire la corresponsabilità delle SSU rispetto ai risultati dei
loro “clienti” è fornita dal linkage scorecard
37
.
È, comunque, attraverso il già citato cascading che si allineano le
singole componenti aziendali alle strategie corporate. Tuttavia le critiche e le
perplessità con le quali la mappa strategica viene calata all’interno
dell’azienda non sono poche e, soprattutto, di facile soluzione. Se partiamo
dall’idea secondo la quale nella mappa debba essere evidenziato solo ciò
che risulti effettivamente critico per il successo (cioè in grado di creare valore
per il cliente) allora è possibile che ciò che non sia critico a livello di
corporate lo sia, per esempio, per uno stabilimento di produzione. Se però i
FCS delle singole unità organizzative non sono la diretta conseguenza di
quelli di corporate il cascading diventa complesso e difficilmente
formalizzabile
38
. Nonostante tali criticità, i molti successi, di quelle che
36
D.J. Collis, C.A. Montgomery, Corporate Strategy, 2005.
37
Sui concetti di SSU e di linkage scorecard si veda R.S. Kaplan, D.P. Norton,
The Strategy-Focused Organization, 2000 pagg. 193 e segg.
38
Si veda sull’argomento L. Brusa, Attuare e controllare la strategia aziendale –
Mappa Strategica e Balanced Scorecard, 2007 pagg. 116 e segg.