Introduzione
La parte della legge che si riferisce ai piani comunali relativi all’uso delle
fonti rinnovabili, descrive cosa si debba intendere per fonte rinnovabile e per
fonte assimilata.
Sono considerate fonti rinnovabili di energia: il sole, il vento, l’energia
idraulica, le risorse geotermiche, le maree, il moto ondoso e la trasformazione
dei rifiuti organici ed inorganici o di prodotti vegetali. Sono considerate fonti di
energia assimilate alle fonti rinnovabili di energia: la cogenerazione, intesa
come produzione combinata di energia elettrica o meccanica e di calore, il
calore recuperabile nei fumi di scarico e da impianti termici, da impianti
elettrici e da processi industriali, nonché le altre forme di energia recuperabile
in processi, in impianti e in prodotti ivi compresi i risparmi di energia
conseguibili nella climatizzazione e nell’illuminazione degli edifici con
interventi sull’involucro edilizio e sugli impianti.
L’incentivazione delle fonti rinnovabili e assimilate interessa, quindi, tutti
quei settori dove si consuma, dove si produce o dove si verifica una
trasformazione di energia.
Visto il legame molto forte tra usi energetici e i risvolti ambientali che
derivano da tali usi, il piano previsto dalla legge 10/91 diviene un piano
energetico con valenza anche ambientale.
Il Comune di Perugia nel 2000 ha avviato l’iter per la redazione di un
Piano Energetico e Ambientale Comunale (PEAC). L’iter si è sviluppato in tre
fasi.
Nella prima fase si è redatto un Piano Operativo di Dettaglio dove si
esprimevano le linee guida e la tempistica per la redazione del PEAC.
La seconda fase è consistita nella redazione del Piano Preliminare. In
questa fase si è effettuata una ricognizione della normativa vigente e si è
valutata la situazione del territorio comunale sotto vari profili: economico,
demografico, energetico e ambientale.
4
Introduzione
A partire dalla situazione attuale si sono delineati, tramite opportuni
modelli, degli scenari futuri per quanto riguarda i consumi energetici e le
emissioni in atmosfera.
La terza fase del lavoro consiste nella redazione del Piano Definitivo dove
si approfondisce il lavoro della fase precedente.
In questa fase si è cercato di valutare tutti gli aspetti che, all’interno del
territorio comunale, potessero influire per la realizzazione di interventi atti alla
valorizzazione delle fonti energetiche e assimilate e, più in generale, ad una
corretta ed efficace pianificazione energetica e ambientale.
A tale scopo si sono redatte delle schede tecniche che, da un punto di vista
scientifico, potessero fornire gli strumenti per valutare i possibili interventi sulle
produzioni, sugli usi e sulle trasformazioni di energia che si verificano in
ambito comunale.
Vista la valenza ambientale del Piano, si sono affrontati anche argomenti
che non investono direttamente settori con risvolti energetici ma che possono
fornire dei vantaggi sul lato ambientale. I risvolti ambientali, comunque,
possono essere considerati come fattori che permettono di attenuare impatti
negativi provenienti da settori dove vi è un consumo, una produzione o una
trasformazione di energia.
La prima fase di redazione delle schede tecniche si è sviluppata, dunque,
attraverso l’individuazione dei temi di carattere generale che interessano i
fattori energia e ambiente.
Le schede sono state suddivise in cinque settori: sviluppo delle fonti
energetiche rinnovabili e assimilate, interventi nel settore dei trasporti,
risparmio energetico, aspetti amministrativo-gestionali e interventi di risparmio
energetico del Comune di Perugia e delle società di servizi collegate.
Le schede sono strutturate in modo uniforme per ogni argomento trattato e
contengono una descrizione tecnica, della particolare tecnologia o dello
specifico sistema, completa delle seguenti voci: stato dell’arte; prospettive di
5
Introduzione
sviluppo; risvolti energetici, ambientali e socio-economici; attuabilità nel
territorio comunale; note.
Per ogni scheda sono stati evidenziati e valutati i risvolti positivi e i
possibili impatti negativi che ogni intervento, relativo al tema trattato, potrebbe
avere nell’ambito territoriale comunale.
In particolare, nelle voci citate costituenti ciascuna scheda, si sono
analizzati gli attuali sistemi, le moderne tecnologie utilizzate, i diversi
macchinari presenti sul mercato e le loro prestazioni. Sono elencati i riferimenti
normativi attuali più importanti e gli eventuali incentivi e limitazioni presenti, si
sono esaminate, inoltre, le previsioni di sviluppo ed i possibili scenari futuri.
Vengono riportati i possibili risvolti in termini di risparmio energetico
ottenibile dall’adozione di interventi inerenti al settore considerato e si
analizzano le differenze in termini di consumi di energia di diversi sistemi,
tradizionali e innovativi.
Accanto ai risvolti energetici, vengono considerati i vantaggi e gli impatti
che si possono riscontrare dal punto di vista ambientale.
Inoltre, sono elencati i costi e gli investimenti medi necessari per
l’attuazione dei possibili interventi e alcuni parametri per valutarne la
convenienza economica e vengono analizzati i risvolti sociali che l’intervento
può apportare (vivibilità, occupazione).
Si analizza, infine, lo stato, in ambito comunale, delle tecnologie o dei
sistemi presi in considerazione e si esaminano eventuali iniziative o esperienze
effettuate e si individuano le potenzialità e la possibilità di sviluppo in ambito
locale ed eventualmente si propongono possibili misure per gli interventi presi
in considerazione.
Le cinquanta schede, così elaborate, si prefiggono quindi di fornire un
quadro completo dei sistemi, delle normative e delle tecnologie che sono legate
agli usi, alle produzioni o alle trasformazioni energetiche per potere individuare
6
Introduzione
così gli interventi che possono presentare particolari positivi sviluppi e le
tecnologie più o meno adattabili all’interno del territorio comunale.
Le schede tecniche, nonostante forniscano un’ampia panoramica dei
vantaggi e degli svantaggi inerenti ciascun intervento, vista la complessità degli
aspetti che in ciascuna di esse sono analizzati e il loro numero elevato, rendono
difficile un confronto che possa permettere una classificazione degli interventi
più idonei da adottare nel territorio comunale.
Allo scopo di generare una classifica delle possibili decisioni in merito
agli interventi descritti nelle schede, è stata realizzata una matrice riepilogativa
in cui, attraverso appositi indicatori, si dà la possibilità di valutare in maniera
complessiva i singoli interventi sotto i diversi aspetti.
Gli indicatori presi in considerazione sono dieci e tengono in conto i
seguenti aspetti: attuabilità nel territorio comunale, prospettive di sviluppo,
aspetti energetico-ambientali, occupazione, monitorabilità e aspetti economici.
Per ogni scheda sono stati valutati i rispettivi valori degli indicatori. La
somma di questi rappresenta il voto finale, ossia il parametro di confronto fra le
diverse soluzioni.
Attraverso il voto finale è stato possibile stilare una classifica e
individuare delle priorità sugli interventi che hanno dimostrato una reale
fattibilità e una maggiore efficacia.
7
CAPITOLO 1 Riferimenti normativi
1 Riferimenti normativi
1.1 Introduzione
A partire dalla fine degli anni ’80 si è assistito ad un aumento della
sensibilità sui temi ambientali e sul tema della sostenibilità dello sviluppo. Ciò
ha portato i governi dei vari Paesi ad intraprendere una via di cambiamento
degli strumenti legislativi e delle normative in materia energetica ed ambientale
e ad affrontare questi problemi, che hanno risvolti su scala planetaria, in
maniera congiunta. Negli ultimi anni numerose conferenze sulle problematiche
clima, ambiente ed energia si sono susseguite in varie parti del mondo, al fine di
programmare e adottare interventi per la riduzione delle emissioni dei gas
climalteranti e al tempo stesso consentire uno sviluppo sostenibile dei Paesi
partecipanti. A livello nazionale e locale sono stati recepiti gli indirizzi generali
delle conferenze internazionali e tutti gli enti che governano il territorio sono
ormai interessati alle problematiche energetiche e ambientali.
1.2 Riferimenti internazionali
Il Protocollo di Montreal, adottato nel 1987 da un gruppo di venticinque
Paesi e divenuto effettivo il 1° gennaio 1989, aveva come obiettivo, per i Paesi
sviluppati, la riduzione della produzione e del consumo di clorofluorocarburi al
50% dei livelli del 1986 entro il 1988 e la stabilizzazione della produzione e del
consumo di halon ai livelli del 1986, onde contenere il danno che possono
arrecare allo scudo d'ozono. Ai Paesi in via di sviluppo, invece, il Protocollo di
Montreal concedeva un periodo di adattamento di dieci anni. I vincoli stabiliti
dal Protocollo sono stati in seguito irrigiditi dalla Conferenza di Londra del
giugno 1990, che stabiliva l'eliminazione dei clorofluorocarburi e dell'halon e
degli HCFC entro il 2000. Tuttavia furono concesse alcune deroghe per quegli
8
CAPITOLO 1 Riferimenti normativi
usi definiti come “essenziali”, cioè necessari per la salute e la sicurezza, oppure
per la loro importanza per il funzionamento della società, sempre che non vi
fossero alternative tecnicamente ed economicamente praticabili, nonché eco-
compatibili. Circa settanta paesi, tra quelli che producono il 90% del volume
mondiale dei clorofluorocarburi, aderirono al Protocollo.
La prima conferenza sul clima si è tenuta nel 1988 a Toronto; questa servì
a focalizzare l'attenzione sulle conseguenze dei cambiamenti climatici provocati
dall'effetto serra e fissò come obiettivo, per i paesi industrializzati, la riduzione
del 20%, rispetto ai livelli del 1988, delle emissioni di CO
2
entro il 2005.
Successivamente, nel giugno 1992, si è tenuta la Conferenza di Rio de
Janeiro promossa dall'Organizzazione della Nazioni Unite su "Ambiente e
Sviluppo" (UNCED). La conferenza ha sancito cinque principi di fondamentali
importanza:
o il diritto allo sviluppo deve essere realizzato in modo da soddisfare anche
le esigenze delle generazioni future;
o la tutela dell'ambiente deve costituire parte integrante delle politiche
economiche, non essere distinta ed aggiuntiva rispetto ad esse: i costi
ambientali dovranno essere internalizzati tra i costi di gestione di
impresa, secondo l'approccio detto “chi inquina paga”; gli stati inoltre
dovranno favorire le pratiche a minor impatto ambientale attraverso
strumenti economici adeguati (incentivi);
o le responsabilità riguardanti il degrado ambientale del pianeta non sono
equamente suddivise ma sono maggiori per i Paesi del Nord sviluppato e
minori per i Paesi del Sud, di conseguenza anche l'impegno deve essere
differenziato;
o per affrontare efficacemente i problemi ambientali è necessario
assicurare la partecipazione dei cittadini a diversi livelli;
o in caso di rischio, di danno grave o irreversibile l'assenza di certezza
scientifica assoluta non deve servire da pretesto per rinviare l'adozione di
9
CAPITOLO 1 Riferimenti normativi
misure adeguate dirette a prevenire il degrado ambientale (principio
precauzionale).
Inoltre sono state approvate due importanti convenzioni internazionali.
Nella prima, riguardante i cambiamenti climatici, fu stabilito che i Paesi
maggiormente industrializzati avrebbero dovuto adottare politiche e misure al
fine di ritornare singolarmente o congiuntamente entro il 2000 ai livelli del
1990 per le emissioni di anidride carbonica e di altri gas serra non controllati
dal protocollo di Montreal; le parti firmatarie avrebbero dovuto adottare
programmi e misure di prevenzione, controllo e mitigazione dei cambiamenti
climatici per mezzo di programmi nazionali o regionali. La seconda
convenzione riguarda la conservazione della biodiversità.
Per raggiungere gli obiettivi previsti dalla Conferenza è emersa la
necessità di azione anche a livello locale; pertanto, a conclusione dei lavori, è
stato redatto un documento noto con il nome di Agenda 21 e sottoscritto da tutti
i 183 stati partecipanti, nel quale sono individuate le migliori strategie per
conciliare lo sviluppo economico e la tutela dell'ambiente. Nel capitolo 28 i
leaders del mondo invitano tutte le autorità locali a intraprendere il processo
consultivo con le loro popolazioni ed a cercare il consenso su un'Agenda 21
locale entro il 1996:
ogni autorità locale deve aprire un dialogo con i propri cittadini, con le
associazioni locali e con le imprese private ed adottare un'Agenda 21 locale.
Attraverso la consultazione e la costruzione di consenso le autorità locale
possono imparare dalla comunità locale e dalle imprese e possono acquisire le
informazioni necessarie per la formulazione delle migliori strategie. Il processo
di consultazione può aumentare la consapevolezza ambientale delle famiglie.
Nel 1994 si è tenuta ad Aalborg (Danimarca) una conferenza europea sulle
città sostenibili, nella quale sono stati definiti i principi da seguire per
l'attuazione dell'Agenda 21 nei vari ambiti (clima, inquinamento degli
10
CAPITOLO 1 Riferimenti normativi
ecosistemi, mobilità urbana, uso del territorio, ecc.) e i piani locali d'azione per
un modello urbano sostenibile.
La Prima Conferenza della Parti tenutasi a Berlino nel marzo 1995 ha
avuto lo scopo di fare il punto della situazione in merito agli impegni presi nella
Conferenza di Rio de Janeiro, senza aggiungere ulteriori accordi impegnativi;
tra le altre cose si è presa in considerazione la proposta (avanzata nell'ambito
dell'Intergovernamental Negotiating Committee, New York, febbraio 1995) di
ridurre le emissioni di anidride carbonica entro il 2005 del 20% rispetto ai
livelli del 1990. Tali indicazioni non sono state estese ai Paesi in via di
sviluppo. Le parti firmatarie si impegnarono ad adottare entro il 1997 un
protocollo legalmente vincolante sulle modalità d'azione nei riguardi dell'effetto
serra.
La Seconda Conferenza delle Parti, tenutasi a Ginevra nel 1996, ha
ribadito l'impegno dell'anno precedente mettendo in luce due problemi: la
difficoltà a cambiare rotta sulle politiche ambientali ed energetiche dei Paesi
sviluppati e la consapevolezza che l'azione di questi non porterà effetti positivi,
a livello globale, se non si promuoveranno politiche di sviluppo ad alta
efficienza e basse emissioni nei Paesi in via di sviluppo.
Durante la Terza Conferenza delle Parti tenutasi a Kyoto nel 1997, sono
stati definiti gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas climalteranti fino al
2010, validi per i Paesi industrializzati. L'accordo finale prevede una riduzione
totale pari al 5,2%, entro il 2008 - 2012, rispetto alle emissioni del 1990 per
CO
2
, N
2
O, CH
4
; per HFC
S
, PFC
S
, SF
6
invece l'anno da prendere in
considerazione era il 1995. L'accordo prevede inoltre che per gli USA la
riduzione sia del 7%, per il Giappone del 6% e per l'Europa (nel suo complesso)
dell'8%. Per Ucraina e Russia è stata concessa una stabilizzazione delle
emissioni, mentre per l'Australia un aumento fino all'8%.
Al Vertice di Buenos Aires (novembre 1998) la Conferenza delle Parti ha
cercato di negoziare le modalità di applicazione pratica degli accordi presi a
11
CAPITOLO 1 Riferimenti normativi
Kyoto. Tra i risultati più rilevanti del vertice va segnalata la firma del protocollo
di Kyoto da parte degli USA, senza la quale il protocollo non sarebbe entrato in
vigore per nessun altro Paese firmatario.
A l'Aja nel novembre 2000 ha avuto luogo la Conferenza della Parti sui
cambiamenti climatici, durante la quale si è registrata una battuta d'arresto sulle
modalità per il raggiungimento dei parametri ambientali stabiliti nel 1997 a
Kyoto. Le parti sono entrate in disaccordo sul modo di ridurre
complessivamente del 5,2 % le emissioni di gas a effetto serra entro il 2012.
Infatti il blocco formato da USA, Canada, Australia e Giappone ha puntato a
commerciare le quote di gas emesse comprando da altri Paesi il diritto di
inquinare. Inoltre, ritenendo che il patrimonio boschivo potesse essere
considerato un "pozzo di assorbimento", gli USA, ricchi di foreste, si sono
sentiti legittimati ad emettere più anidride carbonica in quanto gli alberi
avrebbero provveduto ad assorbirla.
Un'altra questione che ha provocato spaccature è stato il sistema delle
sanzioni, proposto dall'Unione Europea ai danni di chi non avesse rispettato gli
accordi, ma che ha trovato una forte opposizione di USA, Canada, Australia e
Giappone.
1.3 Riferimenti normativi comunitari
In seguito alle conferenze sul clima ed agli accordi presi nelle conferenze
delle parti, l'Unione Europea ha emanato alcune direttive e risoluzioni con
l'obiettivo di ridurre i consumi e le emissioni climalteranti, di promuovere lo
sviluppo sostenibile e di incentivare l’uso delle fonti rinnovabili. Sono riportate
di seguito le più significative ed una sintesi dei contenuti.
La Direttiva del Consiglio del 13 settembre 1993 (93/76/CEE) mirava alla
realizzazione, da parte degli Stati membri, dell'obiettivo di limitare le emissioni
di biossido di carbonio grazie a un miglioramento dell'efficienza energetica, per
mezzo della certificazione energetica degli edifici, della fatturazione delle spese
12
CAPITOLO 1 Riferimenti normativi
di riscaldamento, climatizzazione ed acqua calda per usi igienici sulla base del
consumo effettivo, del finanziamento tramite terzi degli investimenti di
efficienza energetica nel settore pubblico, dell'isolamento termico degli edifici
nuovi.
La Decisione del Consiglio (pubblicata in G.U.C.E. 18 settembre 1993, n.
235) concernente la promozione delle energie rinnovabili nella Comunità
(Programma Altener) impegnava gli Stati membri a contribuire con la loro
politica energetica a limitare le emissioni di biossido di carbonio, tenendo conto
degli obiettivi indicativi comunitari nel settore delle energie rinnovabili. Nel
testo si legge della possibilità di ottenere entro il 2005 una riduzione di 180
milioni di tonnellate delle emissioni di biossido di carbonio mediante le azioni
di seguito indicate:
o aumentare il contributo delle energie rinnovabili alla copertura della
domanda globale di energia da circa il 4% del 1991 all'8% nel 2005. Per
conseguire questo obiettivo, la produzione di energie rinnovabili
dovrebbe passare da circa 43 milioni di TEP del 1991 a circa 109 milioni
di TEP nel 2005;
o triplicare la produzione di energia elettrica ottenuta dalle energie
rinnovabili (escluse le grandi centrali idroelettriche). Per conseguire
questo obiettivo, la capacità e la produzione elettrica di tutte le centrali
(escluse le grandi centrali idroelettriche) che fanno ricorso alle energie
rinnovabili dovrebbero passare da 8 GW e da 25 TWH del 1991 a 27
GW e 80 TWH nel 2005;
o portare la quota di mercato di biocarburanti al 5% del consumo totale dei
veicoli a motore. Per realizzare questo obiettivo, si ritiene necessario
produrre nel 2005 11 milioni di TEP di biocarburanti.
La Decisione del Consiglio del 18 maggio 1998 concernente un
programma pluriennale di promozione delle fonti energetiche rinnovabili nella
Comunità (Altener II) aveva i seguenti obiettivi:
13
CAPITOLO 1 Riferimenti normativi
o contribuire a creare le condizioni giuridiche, socio-conomiche e
amministrative necessarie per attuare un piano d'azione comunitario per
le fonti rinnovabili;
o promuovere gli investimenti privati e pubblici nei settori della
produzione e dello sfruttamento delle energie a partire da fonti
rinnovabili.
Tali obiettivi specifici concorrono al conseguimento dei seguenti obiettivi
globali: limitazione delle emissioni di CO
2
, aumento della quota delle fonti
energetiche rinnovabili nell'equilibrio energetico, riduzione della dipendenza
dalle importazioni di energia, sicurezza dell'approvvigionamento energetico,
promozione dell'occupazione, sviluppo economico, coesione economica e
sociale e sviluppo locale e regionale, compreso il rafforzamento del potenziale
economico delle regioni remote e periferiche. Tra le altre azioni, il programma
finanzia misure in materia di fonti energetiche rinnovabili nell'ambito della
pianificazione locale e regionale, degli strumenti di pianificazione,
progettazione e valutazione e dei nuovi prodotti finanziari e di strumenti di
mercato.
1.4 Riferimenti normativi nazionali
Per molti anni la normativa energetica italiana si è caratterizzata per la sua
settorialità; dal 1980 si è cominciato ad agire in modo più collegato e capillare,
intervenendo principalmente sul risparmio energetico, sulla manovra tariffaria,
sulla localizzazione degli impianti e sulla diversificazione degli
approvvigionamenti. Le leggi più importanti emanate da allora sono state la
legge 8/83 (sull'erogazione di contributi in favore di regioni e comuni che
ospitano impianti), la legge 645/83 (sull'esercizio degli impianti di
riscaldamento) e specialmente la legge 308/82 (Norme sul contenimento dei
consumi energetici, lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia e l'esercizio di
centrali elettriche alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi).
14
CAPITOLO 1 Riferimenti normativi
Quest'ultima si caratterizza per essere sostanzialmente una legge di
incentivazione finanziaria alla domanda, incentivazione che, sia di competenza
centrale (cogenerazione civile e industriale; progetti dimostrativi; impianti
idroelettrici; ecc.) che regionale (climatizzazione ambienti; risparmio energetico
e impiego fonti rinnovabili in agricoltura), è stata concretamente indirizzata
grazie ad una serie di decreti e delibere applicative. Con questa legge è stato
introdotto per la prima volta in Italia il principio dell'incentivazione al
risparmio; le peculiarità sono la diversificazione energetica (che sia il più
possibile basata sulle fonti rinnovabili) e, specialmente, il risparmio, visto non
solo come prima fonte di energia da sviluppare, ma anche come strumento per
ridurre l'impatto delle attività umane sull'ambiente.
La normativa italiana in materia di energia prende corpo negli anni ‘90
con la Legge 9/91 e la Legge 10/91. Queste leggi costituiscono un quadro
legislativo elaborato per raggiungere gli obiettivi del Piano Energetico
Nazionale elaborato nel 1988 (PEN88).
La legge 9/1991 (Norme per l'attuazione del nuovo Piano energetico
nazionale: aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi
e geotermia, autoproduzione e disposizioni fiscali) contiene norme in materia di
procedure per l'autorizzazione alla costruzione di elettrodotti e di centrali
idroelettriche, la ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in
terraferma, nel mare territoriale e sulla piattaforma continentale, la ricerca e
coltivazione geotermica, il vettoriamento del gas naturale, le norme per gli
autoproduttori da fonti energetiche convenzionali, il regime giuridico degli
impianti di produzione di energia elettrica a mezzo di fonti rinnovabili e
assimilate e le relative disposizioni fiscali.
La legge 10/1991 (Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale
in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo
delle fonti rinnovabili di energia) risulta divisa in due parti:
15
CAPITOLO 1 Riferimenti normativi
- TITOLO I (articoli 1 - 24): Norme in materia di uso razionale
dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili
di energia.
- TITOLO II (articoli 25 - 37): Norme per il contenimento del consumo di
energia negli edifici.
La prima parte riguarda la concessione di contributi speciali al fine di
incentivare la realizzazione di opere che riducano sensibilmente il consumo
energetico, sia mediante l'impiego di fonti rinnovabili di energia, sia mediante il
miglioramento dell'efficienza energetica nel campo della climatizzazione e
dell'illuminazione. Gli interventi per cui è prevista l'erogazione di contributi
sono: l'isolamento termico degli edifici esistenti, l'installazione di nuovi
generatori di calore ad alto rendimento, l'installazione di pompe di calore o
impianti per l'impiego di fonti rinnovabili di energia che coprano almeno il 30%
del fabbisogno termico, l'installazione di impianti di cogenerazione,
l'installazione di impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica,
l'installazione di impianti telematici che sovraintendano alla climatizzazione, la
trasformazione di impianti centralizzati di riscaldamento in impianti
unifamiliari a gas, l'installazione di sistemi di illuminazione ad alto rendimento.
Sono specificate le modalità di concessione ed erogazione dei contributi,
costituiti da capitali a fondo perduto messi a disposizioni dalle Regioni e dal
MICA; apposite commissioni, dopo l'esame dei progetti facenti richiesta del
contributo, stilano le graduatorie per la concessione degli incentivi.
La seconda parte della legge regola il consumo di energia negli edifici
pubblici e privati, qualunque sia la loro destinazione d'uso, mediante norme
concernenti la progettazione, la messa in opera e l'esercizio degli edifici e degli
impianti. Gli impianti di nuova realizzazione devono essere progettati e
realizzati in modo da consentire l'adozione di sistemi di termoregolazione e
contabilizzazione del calore per ogni singola unità immobiliare. I progetti
devono essere corredati da una relazione tecnica, sottoscritta dal progettista o
dai progettisti, che ne attesti la rispondenza alle prescrizioni della legge 10. I
16
CAPITOLO 1 Riferimenti normativi
Comuni con più di 40.000 abitanti e le Province devono effettuare i controlli
necessari e verificare, con cadenza almeno biennale, l'osservanza delle norme
relative al rendimento di combustione. L'art. 34 fissa le sanzioni per chi non
rispetta le norme introdotte, ma non specifica i soggetti preposti ad imporle e ad
amministrarle. L'art. 37 fissa l'entrata in vigore delle norme del titolo II e dei
relativi decreti ministeriali.
La legge 10/91 indica le linee generali per raggiungere gli obiettivi di
risparmio energetico, mentre i decreti attuativi specificano le modalità tecniche
e le norme UNI-CTI riportano le metodologie di calcolo richieste (Figura 1-1).
Figura 1-1
Norme tecniche
Decreti attuativi
Legge 10/91
UNI-CTI
Ministeri
Parlamento
Schema logico della Legge 10/91
Il decreto attuativo fondamentale per l'applicazione della Legge 10/91 è il
DPR 412 del 1993. In esso viene introdotta la suddivisione del territorio
nazionale in 6 zone climatiche, individuate rispettivamente dalle sei lettere A,
B, C, D, E, F, in base al numero crescente dei gradi-giorno del comune. Inoltre
viene effettuata una classificazione generale degli edifici in funzione della loro
destinazione d'uso. Nel decreto vengono fissati i valori massimi della
temperatura ambiente (per tutti gli edifici, compresi quelli industriali o
artigianali) durante il periodo di funzionamento dell'impianto di climatizzazione
invernale, nonché il fabbisogno energetico normalizzato per la climatizzazione
invernale (FEN), ovvero la quantità di energia primaria globalmente richiesta
nel corso di un anno, per mantenere negli ambienti riscaldati la temperatura al
17
CAPITOLO 1 Riferimenti normativi
valore costante di 20 °C con un adeguato ricambio d'aria. Vengono fissate le
norme di esercizio e manutenzione degli impianti termici e i relativi controlli.
Oltre al DPR 412/1993 sono stati emanati altri decreti e circolari per
sviluppare e rendere operanti le linee guida fornite dalla Legge 10/91.
Un altro provvedimento successivo è la Deliberazione 25 febbraio 1994
(Approvazione del programma nazionale per il contenimento delle emissioni di
anidride carbonica entro il 2000 ai livelli del 1990) con cui il CIPE (Comitato
Interministeriale per la Programmazione Economica) approva il Programma
nazionale per il contenimento delle emissioni di anidride carbonica entro l'anno
2000 ai livelli dell'anno 1990, in seguito alle risultanze della Conferenza delle
Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo (UNCED) di Rio de Janeiro del 1992,
ed in seguito alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti
climatici (Toronto 1988).
Nel testo della delibera sono riportate le emissioni di anidride carbonica al
1990 (421 MTON) e le stime delle emissioni provenienti dall'uso dei
combustibili fossili. Per il 65% queste sono attribuite al consumo di petrolio,
per il 21% al gas naturale, il restante 14% è da attribuire al consumo di
combustibili solidi. Per quanto riguarda gli usi finali le emissioni sono attribuite
per il 31% all'industria, per il 26 % ai trasporti, per il 22% al settore civile, per
il 10% alle attività terziarie, per il 6% al settore della raffinazione, per il 5% agli
altri usi. Viene anche fornito uno scenario di emissioni al 2000, nell'ipotesi che
non venga apportato alcun intervento di riduzione. Sulla base dello scenario
definito dal PEN del 1988, ad un fabbisogno totale tendenziale di energia
primaria per il 2000 di 188 MTEP corrispondono emissioni di anidride
carbonica per circa 488 MTON. Infine nella delibera vengono indicate misure e
strumenti per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica, da perseguire
mediante strumenti economici, normativi, misure volontarie, diffusione
dell'informazione ed investimenti diretti.
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