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I n t r o d u z i o n e
Da sempre, l'incentivazione del personale è stata una delle leve della
performance aziendale. La sua importanza è stata recepita anche dal Contratto
Collettivo Nazionale del Lavoro che ha portato nelle imprese il concetto di
retribuzione variabile diffusa con l'adozione dei Contratti Integrativi Aziendali.
Come impostare il piano d'incentivazione in modo che massimizzi i suoi effetti,
come associarlo all'autosviluppo della risorsa umana, come renderlo sistema
d'attrazione e di fidelizzazione?
Un sistema d'incentivazione che serva alla giusta soddisfazione dei collaboratori
può essere anche valido, ma sarà utile all'impresa solamente se saprà fare da
collegamento tra il premio ed il binomio controllo e sviluppo.
Cos’è l’incentivazione?
In via generale, è il principio che prevede un sistema di ricompense per il lavoro
svolto. Con i termini "ricompensa" e "lavoro svolto" si indicano due concetti
pure generali, di portata ampia: ricompensa è qualsiasi premio (carriera,
promozione, aumento di stipendio), mentre lavoro svolto è tutto ciò che l’azienda
si aspetta da un dipendente, per valutarne l’utilità.
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Nel significato più preciso del termine, incentivazione è un sistema di
collegamento tra uno specifico tipo di ricompense e i risultati del lavoro svolto
misurati secondo una scala di risultato. Le ricompense sono un premio specifico
e predeterminato, la cui caratteristica principale è di essere una tantum: viene
cioè corrisposto a fronte del risultato ottenuto in un determinato periodo, e ciò
esaurisce il rapporto. Ci potranno essere altri premi in periodi successivi, ma il
singolo risultato viene premiato in un determinato momento e basta (al contrario
di altre ricompense, come la promozione o l’aumento di stipendio, che
manterranno i loro effetti nel tempo). Il premio è generalmente monetario, ma
può anche consistere in beni (un’automobile) oppure in servizi (un viaggio alle
Bahamas). Il premio è rapportato ad un risultato: oggetto di valutazione e misura
non è l’attività in sé o le sue modalità più o meno apprezzate, ma il risultato
dell’attività che si dovrà esprimere in modo misurabile e quantificabile.
Ciò vuol dire che l’incentivazione - in questo significato più specifico - si situa
all’interno del più ampio sistema di ricompensa del lavoro prestato o total
compensation: diciamo in breve che questo si articola in retribuzione
(ricompensa per il lavoro normale), sviluppo di carriera (ricompensa per il merito
in generale e per il potenziale), incentivazione (ricompensa per i risultati misurati
in un arco di tempo qualsiasi). Ogni azienda avrà poi un modello diverso di
compensazione. Certamente, non tutte le aziende adottano un sistema di
collegamento risultati-premio, cioè l’incentivazione.
In via di prima approssimazione, la logica sottostante è la seguente: primo, è
opportuno misurare i risultati per un sistema di ricompense, perché l’oggettività
della misurazione compensa la soggettività inevitabile della valutazione del
merito. Secondo, un sistema ben predeterminato - cui sia noto il risultato
desiderato e il premio connesso - costituisce un fattore importante per l’impegno
lavorativo.
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Una logica che si può ritrovare nei diversi sistemi: quello per quadri e dirigenti
(il cosiddetto Mbo, Management By Objectives), quello per venditori e quello
per operatori di produzione, sistemi che all’interno della logica d’incentivazione
costituiscono applicazioni dello stesso principio con modalità differenti.
Il sistema d’incentivazione può anche rispondere al tema della distribuzione degli
incrementi di produttività, un tema di fondo del conflitto industriale.
Recentemente, l’incentivazione, si è sempre più legata ad un altro tema, già
implicito: quello del costo del lavoro. L'accordo del luglio 1993 sul costo del
lavoro definisce un nuovo sistema retributivo, composto di tre parti che
affrontano rispettivamente:
1) i principi ed i contenuti della politica dei redditi;
2) gli assetti contrattuali e le rappresentanze sindacali di base;
3) le politiche per il mercato del lavoro e per il sistema produttivo.
In estrema sintesi, si può dire che gli obiettivi dell'accordo del luglio 1993
mirano a garantire il potere d’acquisto dei salari, attraverso una certa flessibilità
salariale legata ai risultati delle imprese. La contrattazione aziendale assolve il
ruolo di ridistribuire gli incrementi di produttività e/o redditività in funzione
degli andamenti specifici d’ogni azienda. Al sistema d’incentivazione è
demandata un’altra funzione: quella di vincolare l’incremento del costo del
lavoro collegandolo all’andamento aziendale.
Il sistema d’incentivazione, per essere coerente con il sistema generale definito
dall’accordo sul costo del lavoro, dovrà avere strumentazioni idonee:
• in primo luogo, deve assumere parametri effettivamente significativi e
rappresentativi dell’andamento aziendale, su cui commisurare i premi;
• in secondo luogo, deve assicurare la variabilità dei premi e con essa la loro
reversibilità, perché i costi di un anno non si trasferiscano sui seguenti.
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Il capitolo 1 di questa tesi, analizza le diverse forme di retribuzione variabile,
distinguendo i meccanismi retributivi non incentivanti da quelli incentivanti, con
particolare attenzione ad un modello retributivo basato sulle competenze, il
competence model, sicuramente tra i modelli incentivanti più innovativi.
Nel capitolo 2, dopo aver descritto com’è cambiato il rapporto tra lavoratori e
direzione, si analizza il ruolo dell’incentivazione nelle diverse fasi di carriera.
In seguito, per meglio comprendere quello che può fare e quello che non può fare
la retribuzione, nel capitolo 3, si valuta l’impatto del sistema premiante sulla
performance aziendale.
Il ruolo di total compensation manager (responsabile di compensazione totale)
può essere compreso attraverso la lettura del capitolo 4, nel quale si analizza
accuratamente la progettazione e la gestione del sistema d’incentivazione.
Nel capitolo 5, il collegamento tra ricompense e performance porterà allo
sviluppo di un nuovo modello di gestione delle risorse umane e delle loro
competenze, il performance management.
Infine, nel capitolo 6, una trattazione accurata della letteratura italiana e
internazionale, permetterà di condurre ulteriori rilevanti considerazioni, in grado,
in parte, di sostenere e confermare la mia analisi e allo stesso tempo di confidare
in uno sviluppo futuro di maggior interdisciplinarietà.
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Capitolo 1: Forme di retribuzione variabile
Sulla base di specifiche caratteristiche, si possono identificare quattro forme
diverse di salario variabile, ciascuna caratterizzata da differenti obiettivi e
strumenti:
A) Schemi retributivi che non hanno alcun riferimento esplicito alle
performance dell’impresa o alla partecipazione dei lavoratori, il cui
obiettivo è principalmente contenere il costo del lavoro e ridurre i conflitti
fra datore di lavoro e lavoratori attraverso una ridistribuzione di parte del
“surplus aziendale”.
B) Schemi retributivi esplicitamente basati sull’output fisico del processo
produttivo che tendono ad accrescere la produttività.
C) Schemi retributivi basati sulle performance finanziarie dell’impresa il cui
scopo è ridistribuire gli incrementi di redditività (ability to pay) e/o di
suddividere il rischio fra imprenditore e lavoratori.
D) Schemi retributivi finalizzati alla misurazione ed all’incentivazione della
partecipazione diretta dei lavoratori all’organizzazione lavorativa
dell’impresa attraverso lo sviluppo di abilità e competenze.
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Un altro aspetto rilevante che va tenuto in considerazione è come ciascuno di
questi schemi si colloca in relazione ai problemi d’incertezza. Essi, infatti, sono
divisibili in due diverse categorie:
a) strumenti interni, quando i relativi parametri cercano di rispondere a
problemi d’incertezza endogena dell’azienda;
b) strumenti esterni, quando i parametri sono invece relativi a problemi
d’incertezza esogena all’azienda.
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1.1 - I Meccanismi retributivi non incentivanti: I lump-sum
Fra i vari strumenti retributivi, i lump-sum o bonus una tantum, sono la forma di
salario variabile sicuramente meno innovativa. L’erogazione del bonus, in questo
caso, non è, infatti, in alcun modo collegata a performance d’alcun genere
dell’impresa. Si distinguono in due tipi differenti:
1) Bonus definiti in termini assoluti (ad esempio un bonus di 50 € in più sulla
paga base), nei quali, quindi, non c’è alcun legame con la parte strutturale
del salario;
2) Bonus definiti in termini relativi o percentuali (ad esempio 10% della paga
base), nei quali il livello è invece una funzione del salario base.
Si può affermare, che lo scopo principale di un sistema di bonus è di evitare il
diffondersi di un clima d’insoddisfazione fra i lavoratori (Fabbri e Pini, 1998), in
special modo quando l’introduzione di qualche meccanismo retributivo
premiante può comportare una contrazione nel salario totale del lavoratore.
L’utilizzo di lump-sum è fortemente influenzato dalla presenza d’incertezza. Più
è incerto l’ambiente in cui opera l’impresa, come nel caso di andamenti negativi
o in ambiti fortemente espansivi, più è probabile che l’impresa adotti uno schema
retributivo di tipo lump-sum.
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1.2 - Meccanismi retributivi incentivanti
Per iniziare l’analisi dei differenti meccanismi retributivi di tipo incentivante
bisogna chiedersi che cosa s’intende con la parola “incentivo”.
In generale, un incentivo può essere un sistema di strumenti economici che
secondo una scala prestabilita, associa in modo inequivocabile un insieme di
ricompense ad uno specifico range di performance (Felicetti, 1994).
In contrasto con i modelli retributivi di tipo tradizionale, quindi la ricompensa
(monetaria o non monetaria) non è commisurata solamente alle ore lavorative
(input), bensì anche a specifici risultati di produttività (output), ovverosia a ciò
che l’impresa si aspetta di ottenere da un lavoratore.
Tre aspetti sono comuni ad ogni schema incentivante:
a) gli incentivi ricompensano soltanto il risultato finale della performance
del lavoratore e non la performance stessa;
b) le ricompense devono essere di tipo reversibile;
c) la connessione fra risultati e ricompense deve essere chiara al lavoratore
prima che questi eroghi lo sforzo lavorativo.
Mantenendo salde queste caratteristiche, gli schemi incentivanti assumono forme
diverse a seconda delle categorie di lavoratori alle quali essi sono destinati.
I manager, per esempio, sono spesso incentivati da schemi conosciuti come
Management by objectives (MbO); i venditori ricevono commissioni sul
quantitativo venduto; gli operai ricevono bonus direttamente correlati alle loro
performance produttive.
Non vanno confusi questi tipi di schemi con i bonus una tantum. Infatti, nel caso
degli schemi incentivanti l’ammontare del bonus ed il suo legame con il lavoro
svolto sono conosciuti a priori dal lavoratore, mentre nel caso dei bonus una
tantum questo non avviene.
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1.2.1 - Schemi gain-sharing individuali e di gruppo
Gli schemi di tipo gain-sharing possono soddisfare diverse esigenze dell’impresa.
Oltre a stimolare la produttività incentivando il lavoratore ad erogare un maggior
sforzo, o a condividere le informazioni con i propri collaboratori, essi possono,
infatti, alleggerire i conflitti interni all’azienda e trasformare parte del salario
strutturale in salario flessibile.
Gli incentivi, come abbiamo visto, collegano la retribuzione all’output del
lavoratore. L’incentivo corrisponde dunque a una ricompensa per il lavoratore la
cui performance raggiunge o supera un livello precedentemente contrattato.
Posto in questi termini il rapporto contrattuale può quindi essere ricondotto ed
analizzato sulla base di uno schema concettuale classico del tipo
principale/agente, che prevede un agente al quale spetta di produrre un certo
livello di output, e un principale, proprietario dell’output prodotto, il cui compito
è ricompensare l’agente.
Gli indicatori e i metodi di misurazione delle performance (parametri) devono
essere specificati prima dell’azione lavorativa, così che la retribuzione finale sia
il più possibile percepita dal lavoratore come inequivocabile e giusta. Queste
necessità creano però evidenti problemi. La retribuzione di specifici indicatori,
infatti, può portare forti effetti distorsivi nella qualità della prestazione.
Le imprese ottengono soltanto “esattamente ciò per cui pagano” (Gibbons, 1996),
pertanto se in uno schema incentivante si sceglie, ad esempio, il numero di pezzi
prodotti come indicatore della performance del lavoratore, l’impresa in questione
otterrà un maggior numero di pezzi prodotti, ma contestualmente, correrà il
rischio di verificare una riduzione della qualità degli stessi.
Proprio per queste debolezze intrinseche agli schemi gain-sharing molte imprese
adottano schemi d’incentivazione tendenzialmente deboli e poco definiti.
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1.2.1.1 - Incentivi individuali
L’introduzione di un sistema d’incentivazione individuale deve essere sempre
preceduta da un’attenta analisi dei benefici che da questo possono essere tratti e
degli eventuali costi d’implementazione e gestione che l’ambiente nel quale
opera l’impresa comporta.
Mentre i benefici consistono nei potenziali incrementi di produttività attesi
dall’introduzione dello schema, i costi possono essere così distinti:
a) I costi di comparazione, derivati dalla percezione che i lavoratori hanno
dell’equità del sistema retributivo; un aumento di retribuzione di un
singolo spinge ogni lavoratore a rivalutare la propria retribuzione in
relazione alla mutata struttura retributiva dell’azienda e questo potrebbe
portare possibili perdite della percezione d’equità;
b) I costi di misurazione, nei quali l’impresa incorre al fine di misurare la
performance d’ogni singolo lavoratore o gruppo di lavoratori; le imprese
di piccole dimensioni hanno un forte vantaggio in questo campo rispetto
alle grandi imprese, per le quali i costi di monitoraggio sono elevati.
Da un punto di vista pratico, l’adozione di uno schema di gain-sharing di tipo
individuale può rilevarsi indicato quando:
1) la performance del singolo lavoratore ha un’influenza significativa
sull’intero processo produttivo;
2) la performance del singolo lavoratore è misurabile ed identificabile a costi
di misurazione contenuti;
3) la posizione occupata dall’individuo nell’organizzazione è caratterizzata
da una scarsa interdipendenza con le altre posizioni; il modello