Capitolo I : “Petrolio” e la prima critica
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Paolo Volponi, noto scrittore ed amico di Pasolini, riferendosi
all’ultimo colloquio avuto con l’autore racconta : “Sapeva che era
un’impresa difficile, ma ne era entusiasta: in quel libro buttava tutto il
suo impeto e le sue ambizioni. Mi disse che con Petrolio voleva
esprimere i drammi della società, smascherare il potere. Doveva essere
un imponente volume sociale, una caccia alla simulazione e alle illusioni
del tempo, una dichiarazione di sdegno”.
Uno sdegno ed una profonda indignazione, sfondo per
un’affresco degli ultimi vent’anni di vita politica, sociale ed
amministrativa italiana. Il racconto e la fedele rappresentazione della
sviscerata crisi della Repubblica e della società, “con il petrolio sullo
sfondo- confidava all’amico Volponi - come grande protagonista della
divisione internazionale del lavoro, del mondo del capitale che è quello
che determina poi questa crisi, le nostre sofferenze, le nostre immaturità,
le nostre debolezze, e insieme le condizioni di sudditanza della nostra
borghesia, del nostro presuntuoso neocapitalismo.”
Di questo parla “Petrolio”, dei mutamenti antropologici e sociali
apportati dallo spettro, ormai “cosificato”, della società dei consumi e ne
parla “con un’attenzione micrologica ai minimi fatti di costume, ai
cambiamenti nella gestualità dei corpi, come ad esempio lo sguardo dei
Capitolo I : “Petrolio” e la prima critica
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giovani, o ai comportamenti sociali, come l’ostentazione della propria
immagine”
1
.
In un’intervista rilasciata alla Rai, durante gli anni settanta, egli
affermò di credere nel progresso ma non nello sviluppo, uno sviluppo
che avvertiva come una svolta tragica nella sua vita gaia : “ perché non
sono un sociologo o un professore, ma faccio un mestiere molto strano
che è quello dello scrittore e sono direttamente interessato a quelli che
sono i cambiamenti storici”
2
.
Durante gli anni ’50, il periodo della sua permanenza a Roma,
Pasolini aveva scoperto il mondo della periferia suburbana, delle borgate
e dei figli del sottoproletariato. Si era lasciato affascinare e travolgere da
essi e dalla loro lingua, incolta ma ancora pura, incontaminata e verace.
Si era immerso nell’analisi di questa realtà.
Lo coinvolse sempre più la realtà del popolo, dell’amato mondo
primigenio in cui riversare le proprie antiche nostalgie, in compagnia di
questi ragazzi “dannati”che lo ispirarono ai suoi due romanzi “Ragazzi di
Vita”, del 1955 , e “Una vita violenta”, del 1959. Romanzi neorealistici
nei quali egli sperimentava il purpureo dialetto romanesco in grado di
attuare una profonda mimesi con la realtà e con il quale “rinsanguare”
1
Carla Benedetti, “Per una letteratura impura”, in “ A partire da Petrolio Pasolini interroga la
letteratura” a cura di Carla Benedetti e Maria Antonietta Grignani, A. Longo Editore, Ravenna, 1995.
2
Dall’intervista di Enzo Biagi , ne “I grandi autori italiani del ‘900”, Rai Educational, Einaudi
Tascabili. Saggi.
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gaddianamente una lingua che di lì a breve si sarebbe dispersa tra le
macerie di una società intellettualmente mutata.
Nell’Avvertenza al romanzo “Ragazzi di vita” scrisse: “ I
riferimenti a singole persone, fatti e luoghi reali qui descritti sono frutto
di invenzione: tuttavia vorrei che fosse ben chiaro al lettore che quanto
ha letto in questo romanzo è, nella sostanza, accaduto realmente e
continua ad accadere. Ringrazio i “ragazzi di vita” che, direttamente o
indirettamente, mi hanno aiutato a scrivere questo libro.”
3
Pasolini aveva profondamente creduto nell’efficacia del
Neorealismo, perché “ tutte le opere neorealistiche si fondano sull’idea
che il futuro sarà migliore, in quanto si adempirà un evoluzione….”
4
.
Scopre infatti nel sottoproletariato una società rivoluzionaria
simile a quella delle società protocristiane, portatrici di un messaggio
imperniato su concetti di ascetica umiltà, ai quali contrapporre con forza
e determinazione quelli della società borghese, una società edonista,
classista, globalizzante e superficiale.
Verso la fine degli anni sessanta, però, egli si accorge di un
profondo stravolgimento della civiltà, che non è più preindustriale e
contadina, ma industriale e con una cultura di massa. Si chiede dunque
se sia ancora possibile scrivere come aveva fatto sino a quel momento.
3
Pier Paolo Pasolini, “Una vita violenta”, Garzanti Editore, Milano, 1959.
4
Dall’intervista di Enzo Biagi, ne “I grandi autori italiani del ‘900”, Rai Educational, Einaudi
Tascabili. Saggi.
Capitolo I : “Petrolio” e la prima critica
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Aveva creduto che le umili borgate avrebbero potuto coesistere con
l’imponente struttura dei “quartieri alti” sino al momento in cui si fosse
raggiunta la consapevole maturità per l’avverarsi della loro distruzione e
di una palingenesi generale. “Sarebbe ingiusto dire che Pasolini aveva
bisogno, per la sua letteratura, che la cosa pubblica restasse in questa
condizione; più corretto è affermare che la sua visione del mondo
poggiava sull’esistenza di un sottoproletariato urbano rimasto fedele,
appunto, per umiltà profonda e inconsapevole, al retaggio di un’antica
cultura contadina”.
5
Proprio a questo punto si inserisce il cosiddetto boom del
consumismo e, paradossalmente, i sottoproletari, gli umili, i ragazzi di
vita che egli aveva vestito di una tenera e sincera grazia, che aveva
accostato ai cristiani delle origini, rifiutavano la palingenesi, la
rivoluzione e lasciavano assimilare se stessi e la loro cultura contadina
dalla civiltà capitalistica. Persino il loro codice assiologico era
profondamente mutato e la scoperta della loro “borghesizzazione” fu per
Pasolini un mero e scottante trauma ideologico.
Egli comprende così che la realtà fino ad allora descritta nei suoi
romanzi era un retaggio del passato. Un passato travolto da
un’omologazione ed una massificazione della cultura, persino della
storia. Da allora non avrebbe più parlato contro la borghesia a nome dei
5
A.Moravia, L’Espresso, 9 novembre 1975
Capitolo I : “Petrolio” e la prima critica
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sottoproletari, ma semplicemente a nome di se stesso contro il fenomeno
globalizzante di imborghesimento civile.
Possiamo affermare che il linguaggio dei mass media ha il potere
di fare tabula rasa, di “Mettere fra parentesi e di far dimenticare come
irrilevanti le “radici” della presenza umana nel mondo”.
6
La storia è una storia che si autoconsuma, che procede verso
l’autoannullamento. Descrive situazioni che si confanno a tutti e dunque
a nessuno, che perdono la propria particolarità, la loro specificità ed il
carattere che traduce la loro esperienza unica ed irripetibile. Pasolini è la
testimonianza di una tra le pochissime voci che tentò di recuperare un
“senso”, di opporsi, con tutta la propria forza artistica e con lo stesso
“Petrolio”, alla nullificazione dell’uomo.
“Questo può urlare un profeta che non ha la forza di uccidere
una mosca,
la cui forza è nella degradante diversità.
Solo detto questo, o urlato, la mia sorte si potrà liberare e
cominciare il mio discorso sopra la realtà.”
7
Dopo aver abiurato alla sua “Trilogia della vita”,
8
Pasolini si
impegna in qualcosa di diverso, “in cui il senso di insulsaggine della
6
Ferrarotti, “La storia e il quotidiano”, pag. 109, Sagittari Laterza, Roma-Bari, 1986.
7
“Versi”, da “I grandi autori italiani del ‘900, Einaudi Tascabili. Saggi.
8
Appartengono alla “Trilogia della vita” le seguenti opere: “Decameron”, “I racconti di Canterbury”,
“Fiore delle mille e una notte “.
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contemporaneità si sposi all’orrore politico che lo governa”
9
. Dal 1973,
accettando la richiesta di Piero Ottone, partecipa attivamente, con feroci
denunce ed autentiche invettive, alle vicende contemporanee scrivendo
articoli infuocati sul “Corriere della Sera”.
Tutto ciò verrà successivamente riunito nella raccolta “Scritti
Corsari” dove apparirà un Pasolini luterano e corsaro, capace di scrivere
questi versi:
“ ….io vorrei soltanto vivere,
pur essendo poeta,
perché la vita si esprime anche solo con se stessa.
Vorrei esprimermi con gli esempi.
Gettare il mio corpo nella lotta.
Ma se le azioni della vita sono espressive,
anche l’espressione è azione……”.
10
Attraverso accese polemiche l’autore gettò il proprio corpo nella
lotta, ma ve lo gettò da scrittore.
Egli aveva un’ossessione: che l’Italia stesse vivendo un processo
di adattamento alla propria lenta degradazione.
Le accuse da lui pronunciate erano violente e “ la sua violenza
era quella di un innamorato. La nostra letteratura conosce pochi scrittori
9
Serafino Murri, “Pierpaolo Pasolini” ne “I libri dell’Unità”, Editrice Il Castoro S.r.l. Milano, 1995.
10
Pier Paolo Pasolini, “Il poeta delle Ceneri”, Garzanti, Milano, 1975.
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innamorati, come Pasolini lo fu, dell’Italia intera, della sua cultura, del
suo paesaggio, della sua gente”.
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Da innamorato della letteratura, attraverso le sue opere, tentava
di instaurare un dialogo pedagogico ed educativo nei confronti del
proprio destinatario.
Ultimamente, però, il destinatario delle sue parole e della sua
passione civile non era più lo stesso. Cosa era accaduto ai suoi ragazzi di
vita?
Nico Naldini, cugino di Pasolini, nella sua biografia dell’autore
da la parola a Pasolini stesso: “Li hanno odiati (i valori tradizionali),
hanno abiurato: è l’abiura che sta avvenendo in tutto il Terzo mondo,
l’abiura dei loro antichi valori….le Ss non sono un prodotto tedesco,
non si inseriscono in un modello germanico ma in un modello
borghese….l’Italia assomiglia alla Germania di Hitler”.
12
Sono parole crude, spietate, è il grido di un poeta civile che sino
ad allora aveva creduto in un popolo che adesso non ascoltava più la sua
voce.
Una voce inebriata dalla passione di ergersi a guida di
un’educazione esistenziale. Ma il soggetto da educare non poteva più
essere il sottoproletariato, amato ed irrimediabilmente perduto, un
11
Enzo Siciliano, “Corriere della Sera”, 22 ottobre 1992.
12
Nico Naldini, “Pasolini, Una Vita”, Einaudi, Torino, 1989.
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momento da collocare nel proprio passato, che solo il mito, forse,
avrebbe potuto riportare in vita.
A questo punto Pasolini decide di rivolgersi direttamente al
mostro borghese, “e qui non si tratta tanto di un progetto di educazione
quanto di una vera e propria rieducazione”.
13
Negli ultimi tre anni della sua vita, l’autore scrisse circa
cinquecento cartelle del romanzo “Petrolio” che, secondo le sue
aspirazioni, ne avrebbe dovuto contare duemila.
Verso la metà dell’ottobre 1975, aveva chiesto a Dino Pedriali
che lo fotografasse nudo, fuori dalla vetrata della sua camera da letto
nella Torre di Chia, l’ultimo rifugio di ispirazione artistica e di
riflessione esistenziale.
Le foto avrebbero dovuto illustrare il romanzo cui stava
lavorando. Non è in questo atto che riscontriamo uno scandalo; piuttosto,
possiamo rinvenire lo scandalo di “Petrolio” nell’accanimento con il
quale Pasolini si lancia contro “la parete vischiosa della nostra società,
nel modo lucido in cui ne analizza la dissoluzione e la perversa tenacia
autoassolutoria”.
14
Nel libro è contenuta la crisi italiana culturale e politica. Contro e
dentro il “Palazzo”, struggente metafora per individuare il Potere, si
13
Enzo Golino, “Avanti!”, 23 ottobre 1992.
14
Enzo Siciliano, “Corriere della Sera”, 24 ottobre 1992.
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sviluppa la vicenda. Questa si svolge tra la fine degli anni cinquanta e i
primi anni settanta; tra Roma, Torino, il Canavese e viaggi in Oriente; tra
salotti di sinistra, ricevimenti dell’ establishment ed orditi complotti.
Il protagonista è Carlo Valletti, un personaggio sdoppiato e
lacerato. A contendersi il suo corpo sono due “esseri”: il Carlo di Polis,
che è l’uomo pubblico, un uomo che si occupa appunto di petrolio e
delle faccende politiche ad esso legate, un ingegnere dell’ENI, un uomo
moderno, colto e cattolico di sinistra. Vi è poi il Carlo di Tetis, che è il
personaggio privato, tormentato dalla sua tenebrosa ed espiante
sessualità.
Il progetto di “Petrolio” risale alla primavera del 1972, anno in
cui Pasolini stila una scaletta, poi riprodotta dal volume Einaudi, alla fine
della quale spiega il motivo della sua decisione di scrivere il romanzo:
“Mi sono caduti per caso gli occhi sulla parola petrolio in un articoletto
credo de “L’Unità”, e solo per aver pensato la parola petrolio come il
titolo di un libro mi ha spinto poi a pensare alla trama di tale libro. In
nemmeno un’ora questa “traccia” era pensata e scritta”.
Questo appunto di Pasolini è posto in calce ad un foglio dello
scartafaccio del romanzo e risale all’estate del 1972. Egli avrebbe scritto
in tutto 522 pagine di cui 492 a macchina e le altre a mano. I fogli
dattiloscritti e quelli a penna erano gelosamente raccolti in una cartella .
Capitolo I : “Petrolio” e la prima critica
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Petrolio venne pubblicato da Einaudi alla fine dell’ottobre 1992.
La complessa e delicata decisione di darlo alle stampe fu ragionata dalla
nipote, nonché unica erede dello scrittore e curatrice delle sue carte,
Graziella Chiarcossi, persona di grande cultura e sensibilità.
Dall’età di nove anni era solita trascorrere le sue estati a Roma,
nella casa di Pasolini. A diciotto anni vi si trasferì definitivamente per
frequentare l’Università e laurearsi poi con Aurelio Roncaglia in
Filologia Romanza. Durante il tempo libero dallo studio aiutava con cura
lo scrittore e le sue faccende artistiche.
“Mi ricordo, a proposito di “Petrolio”, che era molto fiero della
consistenza dei fogli. Faceva vedere agli amici quanto aveva scritto, ma
a nessuno lo aveva dato da leggere: era molto geloso.
Quando nel ’74 mi diede il manoscritto da fotocopiare si
raccomandò con un sorriso di scusa di fare la fotocopia senza leggere..”
15
Ma perché pubblicare l’opera dopo diciassette anni dalla morte
dello scrittore?
“Per anni la cartella di Pier Paolo era rimasta lì tra le altre carte
che gli appartenevano, ed io mi sono sempre rifiutata di leggerla.
Da più parti manifestarono un instancabile interessamento
affinchè mi decidessi a darlo alle stampe, ma la morte di Pasolini era
15
Dall’intervista a Graziella Chiarcossi, “La Repubblica”, 23 ottobre 1992.
Capitolo I : “Petrolio” e la prima critica
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ancora troppo vicina, dolorosa, ed io temevo che vi fosse una trepidante
caccia all’inedito, allo scoop.
Venni aspramente criticata da più fronti per quella che era la mia
momentanea decisione. Mi accusarono di aver fatto morire Pier Paolo
due volte. Volevo lasciar passare del tempo, riflettere, avevo capito che
l’essere precipitosa avrebbe potuto nuocere alla sua figura. Comunque, la
notizia che il dattiloscritto esisteva, sin dalla sua morte, era di dominio
pubblico. Ne fece un accenno in alcune interviste, con gli amici più
intimi, anche in alcune lettere.
Poi, diciassette anni dopo, la decisione di pubblicarlo. Non è
stata certamente l’insistenza della stampa o la spietata corte degli editori
a spingermi a farlo, semplicemente una mia riflessione. In famiglia
nessuno si occupa di letteratura e Pier Paolo non aveva lasciato alcuna
disposizione sul da farsi, non mi disse mai di bruciarlo. Dunque la
decisione spettava solo a me. Se mi fosse accaduto qualcosa che sorte
avrebbe avuto “Petrolio” ? Capii che sarebbe stato assurdo aspettare di
essere troppo vecchia per poterci lavorare con la dovuta attenzione e con
tutti i necessari strumenti. Armata di coraggio, ho aperto quella cartella
ed ho letto il romanzo per la prima volta.
E’ seguito poi il mio lavoro di curatrice dell’opera assieme alla
mia amica filologa Maria Careri e sotto la supervisione di Roncaglia. E’
stato un compito delicato, duro, ora sono soddisfatta, ho fatto solo il mio
Capitolo I : “Petrolio” e la prima critica
13
dovere”
16
. La ragione per la quale Aurelio Roncaglia ha partecipato alla
cura filologica del testo è motivata dal fatto che Pasolini ripeteva spesso
che avrebbe avuto necessità di parlare con lui per avere delle
delucidazioni riguardo a dei problemi linguistici che l’opera gli poneva.
1.2) Così ci appare “Petrolio”: la struttura e la lingua
Il romanzo si propone con una copertina bianca, quella dei
Supercoralli di Einaudi, “spoglia, eppure bellissima nella sua
semplicità”
17
.
Bianca dunque la prima pagina sulla quale spicca il titolo in
rosso, colore che rimanda certamente al contenuto “sanguigno” e
profondo del libro.
Bianco il frontespizio, che non ostenta il nome delle due curatrici
del testo né quello dell’autore della nota filologica pubblicata in calce
all’opera, secondo un sentimento di rispetto e discrezione dello scritto.
E’ proprio in questa nota filologica che l’autore Roncaglia ha
inteso fornire ai lettori alcune preziose “istruzioni per l’uso”, per
renderci più agevole la lettura di un testo molto complesso, oltre che per
16
Dal dialogo avuto con Graziella Chiarcossi, che mi ha gentilmente accolta per discutere
sull’importanza di Petrolio.
17
Margherita Ghilardi, “Il Mattino”, 25 ottobre 1992.
Capitolo I : “Petrolio” e la prima critica
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il fatto storico di essere “postumo”, anche per i problemi derivati dal suo
stato di incompiutezza.
Infatti, rispetto alle duemila pagine , all’ ”opera monumentale”
che l’autore avrebbe voluto, quel che ce ne rimane è poco più di un
quarto. Tali frammenti erano stati denominati da lui stesso come
“Appunti”. Possiedono una numerazione progressiva e per la maggior
parte, ma non sempre, delle intitolazioni. L’ordine di tale numerazione,
espresso in abbozzo, presenta alcune modifiche evidentemente non
casuali, operate da Pasolini stesso nel disporre il materiale dentro la
cartella P/PPP, senza rettificare la progressione numerica. Le
numerazioni giungono fino al n. 133, ma, considerando i numeri bis, ter,
ecc. ( in un caso arrivano sino a sexies ), i contrassegni costituiti da
lettera alfabetica a,b,c, ecc. ( in un caso fino a z ), l’Appunto iniziale
esente da numerazione e titolo, i fogli provvisori tra un Appunto e
l’altro, la scaletta originaria ed in ultimo la famosa lettera a Moravia, mai
spedita, nella quale l’autore chiedeva all’amico importanti consigli
sull’opera, giungiamo ad un insieme di 200 unità circa.
Ci pare doveroso far notare che tra un Appunto ed il successivo
la consecuzione della struttura è spesso immediata ma che tra i vari
gruppi di Appunti, invece, non compaiono dei rapporti stretti e di
consequenzialità, probabilmente per la “forma magmatica” descritta
all’interno del testo, per il suo carattere di fluvialità.
Capitolo I : “Petrolio” e la prima critica
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“Il romanzo era stato pensato da subito come una serie di
Appunti, e si prestava a continue integrazioni. Pasolini aggiungeva nuovi
materiali e tornava su quello che aveva già scritto: annotando a margine
indicazioni correttorie non perseguite; costellando racconti e appunti di
chiose; accumulando scalette e disarticolando l’ordine di quanto già
aveva numerato”.
18
All’inizio dell’opera Pasolini stesso ci avvisa, in una nota datata
primavera 1973, che tutto “Petrolio”:
“(…) dovrà presentarsi sotto forma di edizione critica di un testo
inedito considerato opera monumentale, un Satyricon moderno). Di tale
testo sopravvivono quattro o cinque manoscritti, concordanti e
discordanti, - tra i quali due apocrifi - di cui alcuni contengono dei fatti
e altri no (…)”
19
.
Per una più agevole ricostruzione del testo è l’autore stesso a
consigliare ai lettori il confronto di tali manoscritti e l’apporto di altri
materiali, fra cui lettere proprie ed altre destinate agli amici,
dichiarazioni riportate sui giornali e documentari cinematografici.
18
Walter Siti,”Pasolini, romanzi e racconti 1962-1975, a cura di W.Siti e Silvia De Laude,
Mondadori-I Meridiani,Milano, 1998, pag. 1993.
19
Pier Paolo Pasolini, “Petrolio”, Einaudi, Supercoralli, Torino, 1992, 1993, pag. 3.