8
La prima opera del Settecento, quella di Giovan Mario Cre-
scimbeni, ha ancora molto dell’aspetto puramente catalogico del
secolo precedente, visibile negli interminabili elenchi di opere
che si sono occupate di Petrarca, “principale ingegno del suo se-
colo”
1
, ma l’opera è ugualmente importante per la novità che
comunque reca, cioè il fatto che i poeti (ricordiamo che l’Istoria
si occupa solo di poesia volgare, altro suo limite) sono ordinati
cronologicamente, proprio nel tentativo di mostrare
un’evoluzione del genere lirico.
Anche due trattati come Della ragion poetica di Gian Vincen-
zo Gravina e Della perfetta poesia italiana di Ludovico Antonio
Muratori si sono occupati di Petrarca, il primo, analizzando
l’adesione, rivelatasi solo formale, del poeta ai modelli classici, il
secondo, esaltando il “principe de’ poeti lirici italiani”
2
, quale e-
sempio di buon gusto e modello cui ispirarsi in quella difesa della
poesia italiana contro i critici francesi, motivo per cui sorse, al-
meno in origine, Della perfetta poesia.
L’Idea della storia dell’Italia letterata di Giacinto Gimma,
opera da collegarsi direttamente all’Istoria nella linea di sviluppo
1
G. M. Crescimbeni, Istoria della volgar poesia, Roma, Antonio de’ Rossi, 1714, libro
II, p. 94.
2
Della perfetta poesia italiana spiegata e dimostrata con varie osservazioni da Lodo-
vico Antonio Muratori con e le annotazioni critiche di Anton Maria Salvini, Milano, Socie-
tà tipografica dei classici italiani, 1821, libro I, p. 30
9
della storiografia letteraria, si occupa di tutta la cultura, scienze
comprese, aprendosi anche alla prosa. In essa, fra le pochissime
notizie fornite su Petrarca, ci sono solo quelle che servono all’
autore per testimoniare la grandezza italiana nei confronti dello
straniero, seguendo il motivo nazionalistico proprio di tutta la
storiografia letteraria di inizio Settecento.
Ancora una lunga lista di edizioni delle opere di Petrarca e di
vari commenti ai suoi scritti è ciò che troviamo in Della storia e
della ragione d’ogni poesia, di Francesco Saverio Quadrio, opera
in sette tomi, che probabilmente contiene il maggior numero di
indicazioni bibliografiche mai scritte sulla poesia.
Con il suo Discorso sopra le vicende della letteratura del
1760, Carlo Denina estende l’analisi alle opere straniere, usando
per la prima volta il termine “letteratura” con l’accezione moder-
na di “belle lettere”. Vi si può leggere qualche novità, prevalen-
temente in ambito linguistico, su Petrarca e il Canzoniere, “il so-
lo libro italiano che meriti, come Orazio fra i latini, d’essere im-
parato a mente”
3
. Per la prima volta si riconosce la permanenza
del lessico petrarchesco, le cui parole, nota Denina, non sono an-
3
C. Denina, Discorso sopra le vicende della letteratura, Napoli, Porcelli, 1792, tomo I,
p. 232.
10
cora cadute in disuso, e si avanza l’ipotesi di un’influenza della
poesia araba sul Canzoniere.
Bisogna arrivare al capolavoro della storiografia letteraria set-
tecentesca, la Storia della letteratura italiana dello storico Giro-
lamo Tiraboschi, in nove tomi, dove il documento letterario di-
venta oggetto dell’indagine e l’esattezza dei fatti riportati diventa
irrinunciabile, per avere notizie più complete sul poeta. Ordine e
precisione sono termini che ben si adeguano all’autore. Nella sua
Storia troviamo una fin troppo particolareggiata biografia del po-
eta, scompaiono definitivamente i lunghi elenchi di opere di
commento, che in Tiraboschi trovano un acerrimo avversario, e
viene tentato un primo debole commento a qualcuna delle opere
del poeta, la cui grandezza viene ancora esaltata, ritenuto ristora-
tore e padre della letteratura italiana.
Dopo il Discorso di Denina, un’altra opera che si occupa della
letteratura non solo italiana ma anche di altre nazioni è
Dell’origine, de’ progressi e dello stato attuale d’ogni letteratura
dello spagnolo Giovanni Andrés, pubblicata tra il 1782 e il 1799,
che a differenza del primo, estende, come già Tiraboschi, il con-
cetto di letteratura a quello generico di cultura. Un’opera dove è
evidente l’influenza dell’enciclopedico gusto settecentesco, e do-
11
ve si sottolinea soprattutto il peso che i provenzali hanno avuto
sulla lirica del Petrarca, al quale si deve il rifiorire degli studi e la
rinascita della sepolta letteratura grazie alle sue opere latine.
Prima opera di storiografia letteraria pubblicata nell’Ottocento
è I secoli della letteratura italiana, di Giovan Battista Corniani,
legata alla precedenti per l’esaltazione dell’Italia e per l’interesse
verso tutte le scienze, ma dove diventano principale oggetto
d’indagine le vite degli autori illustri. Nella particolareggiata
biografia del Petrarca, c’è un’interessante descrizione dell’amore
per Laura, del quale troviamo una cronistoria mirante
all’esaltazione della purezza del sentimento platonico dell’autore.
A differenza dell’esclusivo interesse per il fatto storico della bio-
grafia tiraboschiana, in quella del Corniani c’è una sensibilità e
un’attenzione alle sfumature mai trovata prima. Curioso è
l’inserimento ne I secoli di alcune massime del Petrarca, pensieri
morali e pensieri politici estratti dalle opere latine in prosa.
Nella Storia della letteratura italiana del francesce Pierre
Louis Ginguené, traduzione italiana dell’Histoire littéraire
d’Italie, oltre a un’accurata biografia del Petrarca, esaltato non
solo come colui che ripristinò la lingua italiana, ma anche come
il solo che riuscì a esprimere sentimenti tanto puri, troviamo un
12
maggiore interesse verso le opere del poeta, tanto che, mentre per
quelle latine vengono fatti accurati riassunti, per il Canzoniere
Ginguené riporta qualcuna delle liriche per lui più significative.
Uno storico è Jean Charles Léonard Sismonde de Sismondi,
ginevrino autore del Della letteratura italiana dal secolo XIV fi-
no al principio del secolo XIX, pubblicata nel 1820, traduzione
per la parte riguardante la nostra letteratura del De la littérature
du Midi de l’Europe. Nell’opera, che vede per la prima volta il
connubio tra storia letteraria e storia civile, cambia l’opinione sul
Petrarca: il Sismondi, dopo una brevissima biografia, esalta la ca-
stità dell’amore del poeta, loda l’impegno profuso nella ricerca di
testi antichi, ma ammette che le rime del Petrarca non sono mai
entrate nel suo cuore e che egli è molto meno poeta di Dante.
Vengono scritti anche manuali di storia della letteratura italia-
na, destinati sia a studenti sia a chi, pur non essendo erudito, vuol
ampliare le proprie conoscenze. Testi che costituiscono un mero
esercizio storiografico, senza alcuna novità nell’analisi del Pe-
trarca, ma che sono una testimonianza della nuova esigenza di
opere più agili e di ampia divulgazione.
Diverso il discorso per la Storia delle belle lettere in Italia,
che segna un altro momento importante, dopo la Storia del Tira-
13
boschi, per lo svolgimento della storia della letteratura. L’opera
di Paolo Emiliani Giudici costituisce il primo esempio di storia
letteraria intesa nel senso attuale del termine, escludendo dichia-
ratamente l’analisi delle scienze o di qualsiasi altro ambito di
studio. È questo il periodo in cui la storiografia letteraria diventa
una scienza a tutti gli effetti. Anche qui, come nell’opera del Si-
smondi, al Petrarca viene preferito Dante: sono i primi sintomi di
una generale sensibilità che sta mutando, quel “colpo di stato”
che durante l’Ottocento destituisce Petrarca dal ruolo di padre
supremo dell’identità nazionale a favore di Dante.
4
Del Petrarca,
“mente dominatrice del secolo”
5
, l’Emiliani Giudici riconosce la
sincerità del sentimento per Laura, ma definisce anche la passio-
ne “dolce delirio”
6
, e ridimensiona il Canzoniere, che sottolinea
esser nato dal connubio tra tradizione trovadorica e esperienza
personale del poeta. Inclemente è il giudizio su alcuni aspetti ri-
guardanti la personalità del Petrarca, come il desiderio di pri-
meggiare, il cedere alle lusinghe, e la fertilissima immaginazione
per la quale il poeta idealizzava sia Laura, sia l’Italia, provando
4
Si veda A. Quondam, Petrarca, l’italiano dimenticato, Milano, Rizzoli, 2004.
5
P. Emiliani Giudici, Storia delle belle lettere in Italia, Firenze, Società Editrice Fio-
rentina, 1844, p. 371.
6
Ivi, p. 387.
14
per quest’ultima non un reale sentimento ma un’imitazione della
retorica classica.
Con la Storia della letteratura italiana di Cesare Cantù c’è
una battuta d’arresto nello sviluppo della storiografia letteraria:
ignorando il lavoro dell’Emiliani Giudici, si ritorna al Tiraboschi
e all’ormai antiquato generico concetto di letteratura come cultu-
ra, trattando nell’opera, oltre alle belle lettere, anche altre scien-
ze. L’autore apprezza del Petrarca solo il linguaggio usato nel
Canzoniere, ancora attuale dopo tanti secoli. Altre opere del poe-
ta sono criticate in maniera impietosa, con uno stile denigratorio
proprio di Cantù. Il paragrafo su Petrarca termina con
l’emblematico parallelo tra Dante genio, e Petrarca artista.
Neanche con le Lezioni di letteratura italiana di Luigi Set-
tembrini, esempio di storia patriottica, viene dato un significativo
contributo alla storia letteraria, tuttavia, grazie alla personalissi-
ma sensibilità dell’autore, si ha un approccio inedito al Petrarca,
soprattutto riguardo il poema Africa, rivalutato per la sua valenza
artistica. Ma Petrarca, il “primo ed il maggiore dei poeti solita-
rii”
7
, esprime l’amore, sentimento solitario, ed è il re di un deser-
to, e quando l’Italia si sveglia dal torpore, cerca la sua unità e il
7
L. Settembrini, Lezioni di letteratura italiana, Firenze, Sansoni, 1964, vol. I, pp. 202-
203.
15
deserto si popola, è a questo punto, scrive Settembrini, che si ha
bisogno del grande atleta che lotta contro i nemici, e questo è
Dante.
Infine c’è la Storia della letteratura italiana di Francesco De
Sanctis, opera d’arte essa stessa, storia della nostra civiltà, dove
l’autore ha saputo individuare e poi tracciare le “linee evolutive
di uno sviluppo”
8
che ha influenzato tutte le successive correnti
di pensiero. Nella Storia Petrarca, non poeta ma artista, perde il
costante confronto con Dante. Il Medioevo ha avuto un solo poe-
ta, Dante. Petrarca è “l’illustre malato”
9
.
8
D. Baldini e A. Palermo, Riflessione teorica e letteratura oltre l’orizzonte romantico.
Nievo. De Sanctis, in Storia della letteratura italiana diretta da E. Malato, Roma, Salerno
Editrice, 1998, vol. VII, Il primo Ottocento, p. 1155.
9
F. De Sanctis, Storia della letteratura italiana, Milano, Bietti, 1969, vol. I, p. 242.
17
1. ISTORIA DELLA VOLGAR POESIA
DI GIOVAN MARIO CRESCIMBENI
L’Istoria della volgar poesia di Giovan Mario Crescimbeni
1
viene pubblicata per la prima volta nel 1698.
1
Giovan Mario Crescimbeni nacque a Macerata il 9 ottobre 1663, in una delle più im-
portanti famiglie della città: il padre Gioan Filippo era professore di discipline giuridiche
presso la locale università, e la madre, Anna Virginia Barbo, nobildonna romana. Dal 1676
iniziò a studiare retorica con il gesuita Carlo D’Aquino. Indirizzato dal padre agli studi giu-
ridici, si laureò in legge nel 1679. Trasferitosi a Roma, presso lo zio paterno Anton France-
sco, Crescimbeni iniziò a far pratica legale presso la Curia romana senza tralasciare la sua
passione per la letteratura. Nel 1690 fu tra i fondatori dell’Accademia dell’Arcadia e sul
Colle Gianicolo, sede della prima Adunanza Arcadiaca, fu ribattezzato col nome pastorale
di Alfesibeo Cario e nominato Custode d’Arcadia. Forte del suo titolo, tentò di imprimere
all’Accademia un indirizzo di moderata restaurazione classicistica e moralistica che in pra-
tica si esaurì solo nel campo dell’organizzazione burocratica. Nel 1695 iniziò, per insisten-
za degli amici, a pubblicare le sue opere. Prima fra tutte la favola pastorale Elvio, dedicata
ad Anna Beatrice Carrafa Spinelli, e le Rime. Del 1698 è l’Istoria della volgar poesia. In-
tanto, troppo preso dalle belle lettere, lasciò indietro le sue occupazioni presso la Curia e lo
zio lo cacciò di casa. Ospitato dall’amico Alessandro Guidi, vi rimase fino alla morte dello
zio, quando ottenne una piccola eredità che gli permise di non aver più preoccupazioni per
la propria sussistenza. Nel 1699 fece un viaggio in Toscana, soggiornando a Siena e a Fi-
renze, dove ricevette pubbliche dimostrazioni di stima, come “riformatore delle toscane let-
tere” (F. M. Mancurti, Vita di Giovan Mario Crescimbeni, Roma, Antonio de’ Rossi, 1729,
pag. 38), mentre aumentavano anche in quelle città le Colonie d’Arcadia. Tornato a Roma,
nel 1700 pubblicò la Bellezza della volgar poesia e nello stesso anno, salito al soglio ponti-
ficio Clemente XI (che durante il cardinalato fu un arcade), Crescimbeni ebbe l’onore di
baciare il piede al Papa in quanto Custode Generale d’Arcadia. Nel 1702 pubblicò il primo
volume dei Comentarj intorno alla Istoria della volgar poesia, mentre gli altri quattro vo-
lumi verranno pubblicati nel 1710 e 1711. Dal 1704 volgarizzò le omelie e le orazioni di
Papa Clemente XI. L’anno seguente Papa Clemente XI gli offrì il Canonicato di S. Maria in
Cosmedin. Nel 1709, a seguito della morte di alcuni amici arcadi pubblicò, sul modello del
Sannazaro, L’istoria d’Arcadia. Nel 1715 uscì L’istoria della Basilica di S.Maria in Co-
smedin col ristretto di molte altre chiese di Roma, completato col secondo volume che fu
pubblicato nel 1719. Seguirono altre storie di chiese: L’istoria della chiesa di San Giovanni
a Porta Latina (1716), Memorie istoriche di S.Maria delle Grazie in S.Salvatore in Lauro
(1716), L’istoria della Basilicata di Santa Anastasia (1722). Nel 1719 Papa Clemente XI
nominò Crescimbeni arciprete della chiesa di S. Maria in Cosmedin, di cui era canonico.
Presi gli ordini sacri, diventò sacerdote e celebrò la sua prima messa il giorno di Pasqua.
Scrisse biografie di personaggi illustri, tra cui nel 1721 la Vita di Monsignore Giovan Ma-
18
La mole dell’opera avrebbe dovuto essere molto maggiore, vi-
sto che per dieci anni Crescimbeni aveva raccolto abbastanza ma-
teriale da riempire tre grossi volumi. Si trattava di notizie riguar-
danti più di mille rimatori e, precisa l’autore, tutte provenienti da
fonti certe, cioè da testi stampati o da manoscritti delle più famo-
se biblioteche. Ormai prossimo a terminare il lavoro, Crescimbe-
ni dovette però alleggerire l’opera di gran parte del suo contenuto
in modo da poterla pubblicare in tutta fretta per battere sul tempo
un altro stimato autore, il veneziano Apostolo Zeno, che stava fi-
nendo una Storia del tutto simile alla sua
2
. Con tali premesse
l’Istoria risulta essere, già di per sé, incompleta, lasciando aperta
la porta a futuri ampliamenti.
L’edizione del 1698 è divisa in sei libri: il primo, Contenente
l’origine e lo stato
3
, tratta la nascita della poesia volgare in Sici-
lia con Ciullo o Cielo D’Alcamo, e esamina lo sviluppo delle
ria Lancisi, medico del Papa, nel 1724 la Vita di Monsignore Gabriello Filippucci, nel
1725 gli Atti della Coronazione del Cavalier Perfetti, fatta in Campidoglio.
Crescimbeni morì l’otto marzo del 1728, all’età di 65 anni, da religioso della Compa-
gnia di Gesù, prendendo i voti sul letto di morte per esaudire una promessa che sua madre
aveva fatto a San Francesco Saverio quando Giovan Mario era bambino e malato. (Per la
biografia si veda F. M. Mancurti, Vita di Giovan Mario Crescimbeni, cit.; A. Negri, Cre-
scimbeni, Giovan Mario, in Dizionario Biografico degli italiani, Roma, Istituto
dell’Enciclopedia Italiana, 1984, vol. 30, pp. 675-678).
2
G. M. Crescimbeni, Istoria della volgar poesia, Roma, Chracas, 1698, Avviso dello
Stampatore, (s. p. ); F. M. Mancurti, Vita di Giovan Mario Crescimbeni, cit., p. 33 e cfr. F.
Arato, La storiografia letteraria nel settecento italiano, Pisa, Edizioni ETS, 2002, p. 20.
3
G. M. Crescimbeni, Istoria della volgar poesia, cit., p. 1.
19
forme metriche; il secondo libro Contenente il giudizio sopra le
opere poetiche di cento Rimatori defunti più scelti per ordine
cronologico annoverati, col Catalogo alfabetico di cinquanta vi-
venti
4
; il terzo Contenente i saggi de’ poeti annoverati
nell’antecedente libro
5
espone un sonetto per ogni poeta, seguen-
do l’ordine in cui sono presentati nel libro precedente; il quarto
Contenente il Catalogo alfabetico di molti altri rimatori defunti,
che sono degni di memoria, e de’ quali si truovan rime appresso
l’autore
6
, è un elenco con nomi e cognomi di poeti divisi in tre
gruppi: antichi, del 1500 e del 1600; il quinto Contenente il rac-
conto delle fatiche fattesi intorno all’opere di molti poeti volgari,
o dagli stessi poeti, o da altrui
7
riporta, per ciascun poeta, com-
menti e critiche fatte da altri autori; infine il sesto libro Conte-
nente un racconto di molti trattati, e scritture generali, e partico-
lari sopra l’arte poetica, e le sue spezie, e sopra i componimenti
poetici toscani, e le altre ragioni della volgar poesia
8
, si occupa
dei vari aspetti del componimenti lirici, con paragrafi come Della
4
Ivi, p. 83.
5
Ivi, p. 175.
6
Ivi, p. 253.
7
Ivi, p. 293.
8
Ivi, p. 371.
20
poesia in generale, Scrittori sopra la poetica di Aristotele, Del
furor poetico, Dell’epopea, Della tragedia e altri.
Nel 1714 viene pubblicata una seconda edizione dell’opera,
riveduta, corretta e modificata anche nella struttura, riducendo i
libri a cinque. Rispetto alla prima, in questa seconda edizione i
primi tre libri rimangono quasi uguali, tranne che per l’aggiunta
nel secondo di altri diciannove poeti e dei rispettivi diciannove
sonetti nel terzo. Gli altri libri cambiano di molto: per rendere u-
nita l’opera e agevolarne la lettura, il quarto libro della prima e-
dizione viene tolto e sostituito nella seconda edizione con quello
che nella prima era il quinto; quindi nella seconda edizione il
quarto libro prende il titolo Contenente il racconto delle fatiche
intorno all’opere di vari poeti annoverati nell’antecedente libro
II, fatte o dagli stessi poeti o da altri
9
; il quinto Contenente di-
verse notizie di molti rimatori defunti degni di memoria, e non
compresi nell’antecedente cronologia
10
è completamente riscrit-
to. Viene a mancare del tutto il sesto libro
11
.
Punto centrale dell’Istoria, come afferma Crescimbeni stesso
nell’introduzione alla seconda edizione, è il secondo libro, e in
9
G. M. Crescimbeni, Istoria della volgar poesia, ed. 1714, cit., libro IV, p. 285.
10
G. M. Crescimbeni, Istoria della volgar poesia, ed. 1714, cit., libro V, p. 395.
11
Ivi, Introduzione, (s. p.).
21
particolare i giudizi sulle opere dei poeti più conosciuti e impor-
tanti, cioè quelli che sono stati fondatori e capi di scuole o manie-
re o stili, “imperciocché da essi dipende il conoscere i crescimen-
ti, e gli scemamenti della condizione, che la nostra Poesia ha di
tempo in tempo avuto ne’ secoli, che è stata professata: al quale
fine ho ordinato essi Poeti cronologicamente”.
12
È questo un pun-
to molto importante dell’Istoria: conoscere i mutamenti della
condizione della poesia volgare italiana attraverso i secoli, rispet-
tando quindi un ordine cronologico, costituisce un primo tentati-
vo di accostarsi allo studio degli autori in maniera storica, abban-
donando quegli schemi propri della tradizione secentesca basati
solo su finalità retoriche o su mere compilazioni biografiche o
aneddotiche, che raggruppavano gli autori secondo il contenuto
degli argomenti trattati o le loro qualità formali, ma che non ave-
vano mai affrontato un argomento di così vasto respiro da ab-
bracciare tutta la poesia volgare
13
.
Crescimbeni seleziona cento nomi tra i più importanti autori
defunti, e cinquanta tra quelli in vita, scegliendo quest’ultimi con
un’ estrazione a sorte.
12
Ibidem.
13
G. Getto, Storia delle storie letterarie, Firenze, Sansoni, 1969, p. 35; B. Bianchi e E.
Esposito, Crescimbeni Giovan Mario, in Dizionario critico della letteratura italiana, diret-
to da V. Branca, Torino, UTET, 1986, vol. II, p.63.