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INTRODUZIONE
La pet-therapy, anche conosciuta come zoo-terapia, è un concetto molto ampio che
racchiude non solo le vere e proprie terapie ma anche le attività ludiche, ricreative ed
educative che coinvolgono pets nonché tutti i benefici derivanti dal semplice possedere e
tenere in casa animali da affezione. Si tratta di una co-terapia che viene affiancata alla
terapia tradizionale attuata. Il fine è quello di facilitare l'approccio medico, terapeutico e
psicologico attraverso l’interazione con l’animale.
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Il mio lavoro è suddiviso in più parti: nella prima affronto il tema della pet-therapy in
modo quanto più preciso possibile; il mio scopo è difatti quello di far conoscere
l'argomento il quale, come scritto in precedenza, è particolarmente vasto.
Nel primo capitolo mi sono soffermata sul rapporto uomo-animale. In Italia, nelle zone
settentrionali sempre più spesso gli animali da compagnia vengono impiegati come co-
terapeuti negli ospedali e nelle carceri, mentre nel meridione tale rapporto è più
concentrato sulle attività di allevamento di bestiame. Va detto che le cose stanno
cambiando ed anche qui al sud gli animali, in particolare quelli domestici, stanno
assumendo sempre più importanza sino ad essere considerati, da molti, come veri e propri
membri della famiglia.
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Come ho scritto in seguito, il rapporto suddetto ha origini molto lontane e non è centrato
solo sullo sfruttamento delle bestie per ottenere cibo, beni di consumo e/o aiuto nel lavoro.
Gli studi degli ultimi sessant'anni hanno dimostrato che un animale rende la vita più
semplice e allegra.
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Certo, tutto dipende dal pet usato e dagli individui coinvolti ma, se le
condizioni sono idonee, i benefici per entrambi sono sorprendenti, come dimostrato dai
risultati del progetto “Lucignolo”. (V. cap. 4.2)
Nel secondo capitolo ho dato rilievo al progetto terapeutico-assistenziale, con particolare
riguardo all’equipe in cui è presente anche l’assistente sociale. Successivamente ho
analizzato gli ambiti di intervento i quali sono innumerevoli e spesso, se non sempre,
vedono il coinvolgimento attivo dell'assistente sociale. Nel caso di attività o terapie
1 Cfr. Buono V ., Delle Foglie A., Amico cane, Red Edizioni, Milano 2004
2 Cfr. Ballarini G ., Animali amici della salute. Curarsi con la pet therapy, Xenia Edizioni, Milano 2005
3 Cfr. La Fata S., PET-THERAPY. Le terapie assistite dall'animale domestico, Sovera S.r.l., Roma 2013
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assistite, in quanto rivolte agli utenti, è indispensabile l'agire professionale dell'operatore
sociale affinché le suddette possano essere avviate, realizzate e valutate. Nello specifico
andrò ad esporre: i bambini, gli adolescenti, le scuole e gli istituti per minori; gli anziani e
le RSA; i diversamente abili; gli ospedali, i centri di riabilitazione ed i Ser.T, gli istituti di
detenzione e l'UEPE.
Dopo aver descritto i programmi di pet-therapy e gli ambiti di intervento ho ritenuto utile
soffermarmi, nel terzo capitolo, sul vero protagonista: il pet. Ho deciso di esporre le
caratteristiche dell'animale, le leggi a tutela dei pets e la legislazione italiana riguardante la
zoo-terapia. Infine, ho ritenuto opportuno, specificare gli animali usati nei progetti di pet-
therapy: dal cane al gatto, passando per gli asini, i cavalli, gli “altri animali” (decisamente
più insoliti) ed infine gli animali da fattoria e le fattorie didattiche/sociali.
Nel mio elaborato cerco di parlare di quante più specie animali possibili, ma è innegabile
che il cane, fedele amico dell'uomo, è il pet che meglio si adatta alla pet-therapy in tutte le
sue sfumature e sfaccettature. Particolare attenzione ho poi rivolto ai cavalli e agli asini,
animali presenti nella nostra terra e che fanno parte non solo del lavoro di allevatori ma
anche della nostra cultura e della nostra fauna da secoli.
Grazie alle leggi in materia, nelle terapie e nelle attività assistite, l'animale non è più
considerato come oggetto, ma come essere senziente che merita rispetto. L'attività del pet
non si configura come prestazione, bensì come contributo al benessere del paziente/utente.
L'animale è quindi un soggetto attivo, un partner della relazione empatica intrapresa con
l'utente.
Infine, nel quarto ed ultimo capitolo, ho dato rilievo al servizio sociale e alla figura
dell'assistente sociale con particolare riferimento al suo ruolo nell'ambito di progetti di pet-
therapy.
Per meglio comprendere le funzioni del servizio sociale nei suddetti mi sono dedicata alla
visita e descrizione della Cooperativa sociale “Geo Agriturismo” situata a San Cataldo
(CL). Ho poi intervistato:
il medico veterinario Domenico Alaimo e l'assistente sociale Loredana Smeraldi
che hanno collaborato al progetto di onoterapia “Lucignolo” (Agrigento);
la pedagogista Rossella Bivona, curatrice del progetto sperimentale di pet-therapy
“Qua la Zampa” con sede a Castelvetrano (TP).
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Ho deciso di occuparmi di questo argomento perché credo fermamente, anche sulla base di
esperienze personali, che la presenza/vicinanza di un animale da affezione possa
concretamente migliorare la qualità della vita degli esseri umani sotto molti punti di vista.
Inoltre mi è stato impossibile ignorare l'enorme impatto mediatico che la pet-therapy ha
avuto in questi ultimi anni: dai quotidiani, ai siti web passando per i telegiornali locali e
nazionali. L'impiego di animali con disabili, anziani, bambini, degenti e i benefici derivanti
dal contatto con essi sono sempre più esaminati e valutati come dimostrato dalle
innumerevoli iniziative che riguardano tutto il territorio nazionale, iniziative che
prevedono il coinvolgimento di varie figure professionali fra cui gli assistenti sociali.
Ho ritenuto quindi, anche in vista nella mia futura professione, che ampliare la mia
conoscenza in materia sia un mio preciso dovere. L'assistente sociale, come scritto
poc'anzi, è una professione che ben si adatta alla pet-therapy sia essa intesa come attività
che come terapia assistita dagli animali. Oserei addirittura dire che è una figura
fondamentale ma, come spesso purtroppo accade, anche in tale ambito il servizio sociale è
sminuito e poco considerato.
Il mio scritto ha infine lo scopo di dimostrare che, a mio parere, l'uomo ha bisogno di
riacquistare la capacità innata di esprimersi non verbalmente, ha esigenza, checché se ne
dica, di contatto fisico e affetto e soprattutto necessita di non essere giudicato, in particolar
modo nelle situazioni di sofferenza fisica e psichica. E chi meglio di un animale può
soddisfare tali bisogni?
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CAPITOLO 1. LA PET-THERAPY
1.1 Le origini della pet-therapy
Il termine pet-therapy deriva dal verbo inglese “to pet” il quale può avere diversi
significati: coccolare, accarezzare, vezzeggiare. La parola “pet” intesa come sostantivo
indica proprio l'animale domestico. “Therapy” significa appunto terapia (da “terapeyo”
ossia assisto, curo, guarisco ma anche da “terapeytos” cioè curabile).
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Fu lo psichiatra infantile Boris Levinson Mayer
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a coniare la parola pet-therapy nel 1953.
Egli portò per caso, in studio, il suo cane Jingle, il quale cominciò a giocare con un suo
paziente, un bimbo autistico, che gradì molto la presenza dell'animale. Incuriosito
dall'accaduto, cominciò a studiare le interazioni animali-bambini e i risultati da esse
ottenibili.
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In realtà Levinson non fu il primo, difatti i primi tentativi di curare i disabili con gli
animali sono rintracciabili nel IX secolo a Gheel, in Belgio. Nel 1792, in Inghilterra, lo
psichiatra William Tuke prescrisse ai suoi pazienti con disturbi mentali di occuparsi di
alcuni animali. Nel 1859 l'infermiera britannica Florence Nightingale
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utilizzò animali di
piccola taglia per far svagare dei malati cronici monitorandone i risultati, rilevatisi
particolarmente positivi. In Germania nel 1867, presso un istituto per epilettici, furono
create due fattorie per consentire ai pazienti di cavalcare e allevare animali da fattoria e in
seguito vennero aggiunti ai programmi terapeutici anche gatti e cani. Durante la seconda
guerra mondiale, a New York, vennero impiegati animali da compagnia per migliorare la
situazione psicologica e favorire la guarigione e la riabilitazione dei soldati feriti.
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4 Cfr. Marnati L., Manuale di pet-therapy, Xenia Edizioni e Servizi S.r.l., Milano 2011
5 Boris Levinson Mayer (1907 Kalvarijah, Lituania-1984 Brooklyn, New York) scrisse nel 1961 il suo primo libro
riguardante la pet therapy, il cui titolo è “Il cane come co-terapeuta” e, nel 1969, elaborò la “Pet-Oriented Child
Psychotherapy” cioè la Psicoterapia Infantile Orientata con l’Uso degli Animali. (Marnati L., Ibidem, pp.12-18)
6 Cfr. Marnati L., Ibidem
7 Di origini italiane, è nota anche come "la signora con la lanterna". È considerata la fondatrice dell'assistenza
infermieristica moderna. (www.wikipedia.org)
8 Cfr. Marnati L., Manuale di pet-therapy, Xenia Edizioni e Servizi S.r.l., Milano 2011
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Dal 1961 a oggi le pratiche e le iniziative riguardanti l'uso degli animali come co-terapeuti
sono state moltissime. Nel 1973 il veterinario francese Ange Condoret
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usò gli animali con
bambini aventi problemi di linguaggio. A partire dal 1974 negli Stati Uniti iniziarono i
primi programmi di pet-therapy e cominciarono ad essere introdotti nelle carceri e nei
manicomi criminali i primi animali domestici. Nel 1977, oltre al campo psichiatrico,
l'utilizzo della pet-therapy si estese anche alla cura di malattie fisiche quali infarto del
miocardio e ipertensione arteriosa.
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Negli U.S.A., nel 1981, nacque la Delta Society, un'associazione che ha studiato e tuttora
studia le interazioni uomo-animale e gli effetti terapeutici derivanti da queste. Nello stesso
anno l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) o, in inglese, WHO (World Health
Organization) dichiarò: “Gli animali da compagnia, se correttamente accuditi, portano
immensi benefici ai loro proprietari e alla società e non costituiscono un pericolo per
nessuno”.
Nella seconda metà degli anni '80 del '900 prese piede una nuova disciplina, la zoo-
antropologia
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, la quale, ancora oggi, si occupa dello studio del rapporto uomo-animale da
un punto di vista biologico, psicologico e sociale. Nel 1992 venne dimostrato da alcuni
ricercatori australiani che chi possiede e vive con un animale d'affezione conduce una vita
qualitativamente migliore, con pressione arteriosa, livelli di trigliceridi e colesterolo
inferiori rispetto a chi non ha animali.
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In Italia la pet-therapy ha preso avvio nel 1996 con un progetto indirizzato a bambini con
deficit visivo e pluri-handicap avviato presso la Fondazione Robert Hollman (Verbania,
Piemonte). All'interno di essa è presente un'equipe multi-disciplinare comprendente anche
assistenti sociali. Sin dal principio quindi, tale figura professionale, ha avuto un ruolo di
rilievo nell'ambito di programmi di pet-therapy.
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9 Fu un allievo di Levinson e fondò negli anni '80 del '900 la "Società per lo studio psicologico del rapporto tra animale
domestico e bambino".
(http://veterinaria.websanity.it/veterinaria/PET_THERAPY/Progetti%20per%20le%20scuole%202008.09/2%20I%20PR
OGETTI/1%20PRESENTAZIONE%202008_08.pdf)
10 Cfr. Marnati L., Manuale di pet-therapy, Xenia Edizioni e Servizi S.r.l., Milano 2011
11La zoo-antropologia è composta da tre branche: teorica, sincronica e applicata. La prima studia il rapporto uomo-
animale da un punto di vista evolutivo; la seconda analizza il rapporto suddetto nei vari contesti situazionali; la terza
concretizza gli studi delle prime due branche per arrivare a creare opportunità relazionali. Il maggior referente della zoo-
antropologia italiana è l'etologo Roberto Marchesini. (Marnati L., Ibidem, p.16)
12 Cfr. Marnati L., Ibidem
13 Cfr. Marnati L., Ibidem