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Introduzione: presentazione dell’opera e approccio di analisi
Julius Caesar fu pubblicato per la prima volta nella raccolta completa delle opere
di William Shakespeare (1564 - 1616), l’in-folio del 1623, detto anche first folio, in
quanto si tratta della prima pubblicazione delle opere del drammaturgo. La composizione
del dramma, tuttavia, risale a molti anni prima: la data approssimativa di composizione è
collocata da quasi tutti gli esperti all’inizio del XVII secolo; infatti, andò in scena quasi
certamente nel 1599, a inaugurare il nuovo teatro della compagnia costruito in quell’anno,
The Globe. L’opera viene generalmente compresa per convenienza sotto l’etichetta
“dramma romano”, insieme ad Antonio e Cleopatra e Coriolano (è necessario però far
notare che non tutti gli esperti concordano con questo raggruppamento, comprendendo
anche Tito Andronico nel gruppo). Le tre tragedie hanno in comune l’ambientazione
nell’antica Roma, anche parziale, e il fatto che la fonte su cui si basa l’autore è
rappresentata dagli scritti di Plutarco (vissuto sotto l’Impero Romano tra il I e il II secolo
dopo Cristo), tradotti in inglese da Sir Thomas North.
Alla base dei drammi romani c’è spesso l’ideale di Roma, che per gli spettatori
elisabettiani non rappresentava materiale inedito. Infatti, Shakespeare rielaborava
personaggi ed eventi familiari alla maggior parte del pubblico: “plays that dealt with the
History of Rome were frequent on the Elizabethan stage”.
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Per molti nell’Inghilterra
rinascimentale, l’antica repubblica di Roma non sembrava remota o esotica. Al contrario,
rappresentava un importante precedente nella politica e nella storia. Gli inglesi erano
coscienti del ruolo di Roma nella loro storia antica: Giulio Cesare aveva infatti invaso la
Gran Bretagna conquistandola e l’Impero, venuto dopo la repubblica, aveva dominato per
molto tempo la nazione. “After leaving national history he seems to have turned to the
history of Rome for his first tragedy; from historical material he chooses an episode which
was probably of widespread interest to the Europe of his days”.
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Inoltre, in tutti e tre i drammi romani è presente un interesse costante per il Potere,
per lo scontro di modelli politici. Infatti in Antonio e Cleopatra l’opposizione è tra il
modello dello stato romano, rappresentato da Ottaviano, che diventerà il primo
imperatore di Roma, e il modello orientale, egiziano, rappresentato da Cleopatra che attira
dalla sua parte Antonio; in Coriolano l’opposizione è interna alla prima vicenda della
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MacCallum M. W., Shakespeare’s Roman Plays and Their Background, London, Macmillan and Co.,
1925, p.1.
2
Ivi, p.180.
2
Roma repubblicana con lo scontro di classe tra i plebei che cercano di affermare il potere
del popolo, e i patrizi che reagiscono con il loro conservatorismo; infine, Giulio Cesare è
tutto incentrato sul contrasto tra l’ordinamento repubblicano e la tendenza autoritaria e
monarchica.
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Dunque, nella drammatizzazione di certi conflitti di grande rilevanza storica
(e leggendaria), i romani di Shakespeare certamente sollevano interrogativi sulle
conseguenze dei rovesciamenti politici, i motivi dei cospiratori, gli effetti di una
leadership individuale e carismatica e i ruoli delle masse e dell’aristocrazia nel governo.
La fonte principale di Giulio Cesare (così come per i due successivi drammi
romani) è costituita dalle Vite parallele di Plutarco, un corpus formato da 22 coppie di
biografie in ognuna delle quali sono accostati due personaggi storici, uno greco e uno
romano (Teseo e Romolo ad esempio), al fine di metterne in luce le affinità e le differenze.
Il tratto caratteristico dell’opera è l’indagine dell’intera storia di Roma e della Grecia
attraverso il carattere degli individui descritti. In particolare, le Vite utilizzate in questo
caso sono: la Vita di Cesare, di cui Shakespeare drammatizza solo l’ultima parte relativa
alla caduta dell’eroe; la Vita di Bruto in tutta la sua estensione; e la Vita di Antonio per lo
scontro finale con i repubblicani.
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La dipendenza di Shakespeare da Plutarco è
indubbiamente fortissima: nei suoi scritti ha trovato tutto il materiale e la sostanza per la
sua opera, eccetto “what was contributed by his own genius: […] Cassius’ description of
the swimming match and of Caesar’s fever, Brutus’ soliloquy, his speech on the oath, his
oration and that of Mark Antony and even his dispute with Cassius are all virtually the
inventions of Shakespeare.”
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Tutti i personaggi (a parte Lucio) provengono da Plutarco e
Shakespeare ne riprende diverse caratteristiche, fino ai tratti più minuziosi. Con una
metafora molto evocativa è possibile definire il lavoro di Shakespeare, che modifica con
abilità episodi solo narrati trasportandoli in dialoghi e scene: “He finds the clay ready to
his hand, but he shapes it and breathes into it the breath of life, and it becomes a living
soul.”
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L’approccio di analisi all’opera che ho sentito più naturale adottare è quello
visivo: leggendo il testo ho notato che molti frammenti possono essere ricondotti alla
performatività, all’uso del corpo, al movimento. È un testo che a mio parere si focalizza
sulla sfera sensoriale, in particolare visiva, ma anche tattile (mani che si stringono,
3
Cfr. Prefazione in Shakespeare William, Giulio Cesare, D’Agostino Nemi, Serpieri Alessandro, (a cura
di), Milano, Garzanti, 2009, p.XXXVIII.
4
Ivi, p.XXXVII.
5
MacCallum M. W., Shakespeare’s Roman Plays and Their Background, p.197.
6
Ivi, p.186.
3
pugnali che trapassano il corpo…) e saltuariamente uditiva (data dal clamore del popolo,
i bisbigli dei cospiratori, tuoni, confusione e suoni di battaglia che preannunciano la morte
dell’eroe…). La sfera visiva è accentuata dai numerosissimi riferimenti al sangue e alle
viscere interne che costituiscono l’essenza del corpo e il corpo è proprio il mezzo tramite
il quale tutti i personaggi maggiori recitano, producono una performance quando si
trovano in pubblico. Come un critico ha notato, “men’s activities and ambitions are
repeatedly expressed in terms of standing, rising, climbing; and their defects expressed in
the contrary terms of bending, bowing, lying, crouching, fawning, falling, sinking,
kneeling, shaking, trembling and melting”
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: gestualità e movimenti tutti appartenenti al
corpo umano. Nel primo capitolo verranno esaminati passaggi che mettono in evidenza
questi aspetti, prendendo come riferimento il testo originale. Inoltre, dalla mia esperienza
in una compagnia teatrale, i personaggi stessi possono venire esaminati nel loro contegno
da un punto di vista performativo e visuale che possa illustrare come il movimento del
corpo nello spazio sia fondamentale in questo dramma. Questi contenuti verranno
illustrati in dettaglio nel secondo capitolo. In particolare, saranno date inizialmente delle
considerazioni generali sul valore dello spazio nel teatro, rapportate alle scene del II atto,
cioè il colloquio tra Bruto e Cassio in cui viene offerta la corona a Cesare. A questo segue
un’analisi degli spazi pubblici del III atto, in particolare le orazioni nel Foro e
successivamente vengono analizzati gli ambienti privati del IV atto. Nel terzo capitolo,
per concludere, sono commentate messe in scena teatrali che esemplificano ed
evidenziano la grande componente di performatività che caratterizza la tragedia.
7
Blits Jan H., “Manliness and Friendship in Julius Caesar”, in Bloom Harold (ed.), Bloom’s Modern
Critical Interpretations: Julius Caesar, New York, Infobase Publishing, 2010, p.32.
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1. Le performance corporee nella struttura narrativa di Giulio
Cesare
Giulio Cesare di William Shakespeare è un testo denso di riferimenti corporei, di
materialità corporea. Lo si può dedurre dall’abbondante uso nei dialoghi e nei monologhi
di termini che rimandano a parti del corpo e organi fisici (cuore e sangue su tutti). I
personaggi dell’opera sono costantemente messi sotto osservazione dagli altri: i loro
corpi, l’aspetto fisico e le espressioni sono “visual and rhetorical signs whose meanings
are read and judged.”
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Vorrei rivolgere inizialmente lo sguardo su Bruto e Cassio, gli artefici della
congiura contro Cesare, ritenuti dalla critica gli altri due personaggi principali di questa
tragedia. Lo sguardo e la percezione dell’altro sono i temi principali del dialogo privato
che i due uomini intrattengono in I, ii, fondamentale per gli sviluppi del dramma. Dopo
essere rimasti soli, Bruto viene approcciato da Cassio che mette in moto la sua opera di
seduzione nei confronti dell’amico. La strategia di Cassio è quella di offrirsi come
specchio per Bruto, per rivelargli tramite i suoi occhi quel valore nascosto (“hidden
worthiness” I.ii.57
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) che ancora non sa di possedere. È lo stesso Bruto, ancora
momentaneamente ignaro dei propositi dell’amico, ad esporre la verità universale
secondo cui “ […] the eye sees not itself / But by reflection, by some other things” (I.ii.52-
53). Da questa constatazione parte l’atto di convincimento di Cassio per mezzo di
immagini ottiche e metafore percettive; i termini usati in questa seduzione politica sono
infatti “eye”, “reflection, “shadow”, “mirrors, “glass”. Ogni uomo viene percepito dagli
altri uomini e a sua volta osserva gli altri: “Brutus, I do observe you now of late” (I.ii.32).
Tramite il parallelismo tra gli occhi di Cassio e uno specchio che rimanda l’immagine
dell’altro, si può cogliere un aspetto della società rappresentata nel dramma, cioè che il
valore di un uomo romano è riscontrabile negli occhi di un altro romano.
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È interessante analizzare cosa succede dopo il rientro di Cesare e del suo seguito.
Nella stessa scena del passo precedente si viene a formare un’altra coppia di personaggi
che dialogano privatamente tra loro, Cesare e Antonio. Le due coppie si giudicano a
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Davis Lloyd, “Embodied Masculinity in Shakespeare’s Julius Caesar”, in Bloom Harold (ed.), Bloom’s
Modern Critical Interpretations: Julius Caesar, p.119.
9
Shakespeare William, Giulio Cesare, D’Agostino Nemi, Serpieri Alessandro (a cura di). Tutti i riferimenti
diretti al testo verranno presi da questa edizione.
10
Cfr. Kahn Coppélia, Roman Shakespeare: Warriors, Wounds, and Women, London, Routledge, 1997,
p.80.