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Premessa
Il presente elaborato è volto alla trattazione della tematica della perdita
dell’oggetto d’amore, conseguente ad una rottura del legame, da un punto di vista
psicodinamico e fenomenologico-esistenziale.
Si tratta di un evento squisitamente umano, inerente il naturale ciclo
esperienziale di ciascun individuo ed ostacolante l'evoluzione della personalità
globale, che tuttavia sotto la pellicola del microtrauma cela feconde potenzialità
d’estensione della propria identità, divenendo opportunità di crescita maturazionale e
rinascita emozionale.
Si proporrà dunque in chiave storica, nel corso del primo capitolo, un’analisi
del processo della perdita così come è stata operata da parte di due pilastri della
disciplina psicologica: Sigmund Freud, padre della Psicoanalisi, che per primo
durante il 1915 si è occupato della tematica in questione all’interno del saggio “Lutto
e melanconia”, chiarendo le modalità di elaborazione della perdita d’oggetto tramite
considerazioni mutuate dalla patologia melanconica; e John Bowlby, fondatore della
Teoria dell’Attaccamento, che indica nelle fasi protesta-disperazione-distacco il
segno di un culto della sofferenza che sembra non aver fine.
E’ proprio sulla centralità della sofferenza svilente insita nell’esperienza della
perdita che ci si soffermerà durante il secondo capitolo, presentando la Teoria del
dolore formulata quantitativamente da Sigmund Freud, per poi esporre le tesi
sull’argomento avanzate dal filosofo ermeneuta Hans George Gadamer in occasione
di una conferenza tenutasi all’università di Heidelberg-Schlierbach l’11 novembre
del 2000. Si darà però ampio rilievo alle risorse che il sentimento di dolore può
sollecitare, favorendo l’espiazione dell’ostilità e del risentimento ad opera di due
forze temperamentali rilevanti: la gratitudine e il perdono.
Una rimodulazione dei propri tormenti, che si traduce in un riavvicinamento
al mondo reale, si rende attuabile in quanto l’individuo non è soltanto determinato
dal passato e dal presente, ma da quel tempo in divenire in cui le potenzialità e le
virtù possono fattualmente promuovere trasformazioni e cambiamenti.
Fulcro centrale nell’ambito della trattazione del fenomeno della perdita sarà
pertanto costituito dalla tematica del tempo vissuto - esplorata nel corso del terzo
4
capitolo, mediante l’illustrazione delle modificazioni profonde cui è soggetta la
temporalità - che in circostanze di rottura del legame tende a far assumere ad ogni
speranza una voce al passato, riversandosi all’indietro, e sfociando non di rado nello
smarrimento della propria identità.
Si affronterà quindi non soltanto un’indagine sul modo di percepire ed abitare
il proprio tempo, ma anche una riflessione inerente lo spazio vissuto, e di come una
temporalità non più fluida e vibrante, bensì rigida ed immutabile, si accompagni ad
un arresto dello slancio vitale provocando l’innalzamento di barriere all’interno
dell’essere, le quali, a causa di una rappresentazione negativa dell’ambiente e di se
stessi, impediscono la locomozione lewinianamente intesa entro le proprie regioni
psicologiche.
E’ infine presente un breve capitolo, il quarto, in cui vengono esposte
concisamente riflessioni personali sull’esperienza della perdita.
La chiave di lettura implicita dell’elaborato è di stampo puramente positivo,
in cui l’approfondimento di un argomento tanto umano ed emotivamente
comprensibile quanto complesso, è volto a suggerire un cammino verso la speranza
che possa sollecitare una presa di consapevolezza sull’eventualità di poter convertire
situazioni all’apparenza tragiche ed insuperabili in un’occasione di riconoscenza per
quanto avvenuto, costruito e condiviso. Riscoprire se stessi attraverso l’altro è il
frutto di una profonda rielaborazione del passato che si attualizza, divenendo esso
stesso un fenomeno del futuro, in grado di indicare mete e prospettive realistiche.
Il vero traguardo è costituito da un’integrazione di quell’ambivalenza con cui
era stato investito l’oggetto d’amore, unita ad un riconoscimento dell’amato come
persona dotata di una propria alterità e indipendenza.
Si rende in tal modo realizzabile il verificarsi di un’interiorizzazione positiva
dell’oggetto con il conseguente sprigionamento dello stesso affetto esperito durante
la relazione ormai conclusa, ponendo il soggetto nell’autentica condizione di essere
con l’altro, seppur senza l’altro.
5
CAPITOLO 1
Il processo della perdita
…Sapevo solo che avevo visto il volto della perfezione
e che il mondo mi appariva meraviglioso, troppo meraviglioso forse…
Perché in un’adorazione così folle è racchiuso sempre
il pericolo di perderla o conservarla,
che non è un pericolo minore.
Oscar Wilde
1
Tappa fondamentale ed ancorata al corso della vita dell’uomo, soltanto in
parte compresa e da sempre diffusamente sofferta - autoindotta o subita che sia - è la
perdita di una persona cara. Perdita che può essere reale o simbolica, graduale o
traumatica, prefigurata oppure improvvisa; trattasi in ciascun caso di un evento
comune ad ogni soggetto e da ogni soggetto temuto, descrivibile come uno tra i più
umani vissuti mai indagati nell’ambito dell’analisi psicologica.
Il legame con l’altro si pone infatti come esperienza esistenziale saliente per
l’evoluzione della specie e lo sviluppo affettivo: dapprima simbolo di sopravvivenza,
per divenire poi fautore dell’instaurarsi di un punto di riferimento durante e dopo la
crescita. Tale fenomeno si intreccia con i fattori del tempo e della memoria e con
l’inscindibile conseguenza dolorosa della separazione, ed è stato indagato da diversi
autori tra cui Sigmund Freud, padre fondatore della Psicoanalisi, e John Bowlby,
pioniere della Teoria dell’Attaccamento.
Si ripercorreranno quindi le radici della trattazione del concetto di perdita a
partire dal lontano 1915, anno segnato dalle vicissitudini della prima guerra
mondiale, caratterizzata da distruzioni e sconvolgimenti, che fece immergere Freud
in una lunga riflessione a proposito della regressione dei progressi fino ad allora
raggiunti.
Freud dedicò tuttavia particolare attenzione alla tematica del lutto: l’epoca
bellica pose infatti la globalità della popolazione, tra cui lo stesso autore, nella
temibile condizione di rapportarsi con la realtà della morte e la disillusione delle
conquiste della civiltà. Le tematiche del lutto e della perdita sono state descritte da
1
Wilde, O. (2012). Il ritratto di Dorian Gray: 1890: Versione integrale. Trad. it. di Irene Pirè; Firenze;
Milano: Giunti Editore.
6
Freud all’interno del saggio “Lutto e Melanconia
2
”, sebbene, sollecitato dalla
disperazione e dallo sgomento avvertibile in prima persona e sempre più papabile tra
le masse, venisse poi a tematizzare quanto esperito all’interno di altri due testi
intitolati “Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte” e “Caducità”.
La presentazione delle considerazioni operate dal Padre della Psicoanalisi
saranno poi seguite dall’illustrazione delle tesi avanzate dallo psicologo-etologo John
Bowlby nel terzo volume della sua trilogia dedicata all’analisi delle vicissitudini
della relazione madre-bambino, intitolata Attaccamento e perdita.
Nello specifico, dunque, sarà possibile esaminare e comprendere i processi
interiori e le fasi inerenti il vissuto del bambino posto in una condizione di
prolungata assenza della principale figura di accudimento: primo oggetto d’amore e
modello per tutti i successivi rapporti affettivi; illustrando inoltre come tali processi
risultino del tutto compatibili con quelli caratterizzanti il lutto in individui adulti al
verificarsi della perdita del coniuge.
1.1 L’elaborazione del lutto
Lutto e Melanconia è stato composto da Sigmund Freud durante il breve
periodo che va dal 23 aprile al 4 maggio 1915 contemporaneamente alla stesura di un
ulteriore scritto cui diede il titolo di “Supplemento metapsicologico alla teoria del
sogno”, il quale lo precede nella raccolta che avrebbe dovuto intitolarsi “Saggi
preliminari alla metapsicologia”
3
. L’intento dell’autore era quello di comporre e poi
pubblicare una collana di dodici testi che avrebbero costituito la struttura portante -
nonché i tasselli - della sua Metapsicologia.
Il 1915 infatti, oltre a costituire un passaggio cupo e svilente nella storia
dell’umanità, può essere considerato decisivo per la Psicoanalisi per ciò che concerne
il punto di vista tecnico, teorico e clinico, come testimoniato dalle pubblicazioni
2
Freud, S., & Luchetti, A. (2013). «Lutto e Melanconia: 1915», in L’elaborazione del lutto: scritti
sulla perdita. Trad. it. di Irene Giannì; Milano: BUR Rizzoli.
3
Cfr. Freud, S., & Luchetti, A. (2013). «La costruzione del grande enigma del lutto», in
L’elaborazione del lutto: scritti sulla perdita. Trad. it. di Irene Giannì; Milano: BUR Rizzoli, p.7
7
dell’epoca. A partire dal 1914, con l’introduzione del concetto di “Narcisismo”,
complemento libidico dell’egoismo, si era dato inizio ad una “sovversione” delle
idee sostenute fino ad allora da Freud e a sostanziali cambiamenti anche conosciuti
come l’ormai nota «Svolta degli anni Venti», che sfoceranno in una serie di studi
post-bellici: “Al di là del principio di piacere”
4
, “Psicologia delle masse e analisi
dell’Io
5
” e “
6
L’Io e l’Es”
7
. Così, il testo “Introduzione al Narcisismo”
8
rivela il
“carattere bifronte” degli scritti precedenti la prima guerra mondiale: Freud ritenne
possibile una revisione e al tempo stesso puntualizzazione delle scoperte sino a quel
punto maturate, tramite l’esposizione dei capisaldi della disciplina da lui fondata che
avrebbero condotto alla «configurazione» della sua Metapsicologia.
Di questi dodici saggi, Freud sceglierà di pubblicarne esclusivamente cinque
all’interno della “Internationale Zeitschrift für ärtzliche Psychoanalyse” (Rivista
Internazionale di Psicoanalisi): tre apparvero sulla scena durante il 1915 dai titoli
“Pulsioni e loro destini”, “La Rimozione” e “L’Inconscio”; mentre, i rimanenti due-
“Supplemento metapsicologico alla teoria del sogno” e “Lutto e Melanconia” -
faranno la loro comparsa nella medesima rivista soltanto nel 1917. Inoltre, entrambi
risultavano accomunati dalla trattazione affrontata: il distacco affettivo dal mondo
esterno.
Sorprendentemente, la copia degli abbozzi del dodicesimo saggio sarà
ritrovata nel 1983 e pubblicato nel 1985 col titolo di “Sintesi generale delle nevrosi
di traslazione”
9
.
Non venne mai del tutto individuata la motivazione che portò ad interrompere
la divulgazione delle suddette opere. Come osserva Peter Gay
10
: «La distruzione dei
rimanenti sette saggi è e rimarrà un gesto inspiegabile […] Le ragioni per le quali il
progetto va a monte rimangono nascoste nel progetto stesso».
4
Freud, S. (2007). Al di là del principio di piacere: 1920. Torino: Bollati Boringhieri.
5
Freud, S. (2003). Psicologia delle masse e analisi dell'Io: 1921. Torino: Bollati Boringhieri.
6
Freud, S. (1996). 9: L’Io e l’Es e altri scritti: 1917-1923. Torino: Boringhieri.
7
Cfr. Freud, S., & Luchetti, A. (2013). «La costruzione del grande enigma del lutto», in
L’elaborazione del lutto: scritti sulla perdita. Trad. it. di Irene Giannì; Milano: BUR Rizzoli, p.12
8
Freud S. (2001). Introduzione al Narcisismo: 1914. Biblioteca Bollati Boringhieri..
9
Freud, S. (1993). Opere: Complementi 1885-1938. Trad. it. di Cinato A.; Cirri E., Spinoglio C.;
Torino Boringhieri.
10
Gay, P. (1988). Freud: Una vita per i nostri tempi. Milano: Bompiani.
8
Alcuni indizi che possono far intuire la spiegazione di tale scelta sono
rinvenibili consultando lo scambio epistolare con Abraham datato 1° agosto 1915 in
cui Freud afferma che: «I tempi non sono adatti al libro», definendo anzi
sarcasticamente in quella stessa lettera i libri da lui scritti «orrori della guerra, come
tanti altri»
11
.
Ulteriori prove a disposizione ci pervengono dalla lettera di risposta al collega
Ferenczi del 20 novembre 1917: alla domanda “Che fine hanno fatto gli altri sette
saggi già conclusi?”, Freud cita: «Il resto potrà passare sotto silenzio»
12
. Oppure,
sono ravvisabili dalla lettera inviata a Lou Andreas-Salomé il 19 marzo 1919, in cui
si legge: «Dove è finita la mia Metapsicologia? Ebbene, le dirò subito che non l’ho
scritta»
13
.
Ciò detto, è possibile affermare che non sia un caso che a chiudere il
«momento di commiato» dal progetto sia proprio un saggio sulla perdita. Forse
l’anno in cui venne scritto, con l’animo immerso in una catastrofe generale, appariva
fecondo ad una profonda meditazione che ebbe modo di sfociare nella trattazione di
un simile argomento, quello del Lutto.
Esso venne all’interno del saggio considerato come prototipo normale di
un’affezione patologica riguardante una singolare forma di depressione, peculiare per
intensità e caratteristiche, denominata melanconia.
Terminato il saggio, per l’appunto, Freud non volle più tornare ad
approfondire la questione del lutto, sebbene più volte sollecitato da Abraham.
Eppure, un simile approfondimento sull’argomento non derivò dallo spiraglio
aperto dalla preoccupazione per il figlio arruolatosi volontariamente in guerra e per
gli altri due in procinto di esserlo, bensì lo si rinviene già nel 1895 nell’opera “Studi
sull’isteria”.
All’interno di tale manoscritto, a proposito del caso Elisabeth, si ritrova
quello che nel saggio del 1915 Freud chiamerà «lavoro del lutto». Di questa donna si
narra che, avendo assistito tre o quattro dei suoi cari fino alla morte, “ogni giorno
11
Freud S. e Abraham K. Briefweschel 1907-1925 Vollständige ausgabe, cit. p.504; trad. fr.
Correspondance complète 1907-1925, cit., p.393
12
Freud S. e Ferenczi S. (1998). Lettere: Volume secondo 1914-1919. Milano: Cortina, p.271
13
Freud S. (1978; 1990). Eros e conoscenza: Lettere tra Freud e Lou Andreas-Salomé 1912-1936.
Torino: Bollati Boringhieri, p.93