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1. RIASSUNTO
La società odierna tende all’inquadramento assoluto. Chi detiene il potere, chi
alloggia nella “stanza dei bottoni” ha interesse che tutto ciò che abbia portata
nazionale o internazionale, sia controllato e regolato, attraverso l’influenza
sulle persone. Lo sport è un fenomeno di portata immensa, persino
sottovalutata. Sposta ingenti capitali, offre posti di lavoro, alimenta sogni e
speranze, crea immedesimazione ed evasione.
Quello che i mezzi di comunicazione ci offrono altro non è che la parte più
superficiale e inflazionata di un qualcosa che presenta valori più nobili e degni
di nota.
Affinchè lo sport torni a essere una quotidianità e non una religione laica
occorre riscoprire partendo dalle radici quello che veramente può offrire alla
crescita ed alla personalità di ognuno. Partire da un’educazione sportiva con i
più piccoli, e non ad un inquadramento competitivo; scoprire le mille
sfaccettature della corporeità, dell’insegnamento e dell’apprendimento, per
vivere la pratica sportiva nel giusto modo; sottrarsi con consapevolezza a tutto
ciò che viene inglobato a questo mondo, recuperare il piacere di sport per la
vita.
Ultimato il percorso di avvicinamento con enfasi sulla complessità
dell’educazione corporea e non solo, affrontare la tematica dello sport-
spettacolo in maniera critica e con discernimento; è più sportivo chi non si
perde un evento e si trasforma in un barbaro davanti alla televisione o chi
cammina per un’ora al giorno tre volte a settimana? Gli esempi che ci
arrivano dagli sportivi sono tutti così disgustosi o esiste un filtro che sembra
dare enfasi a ciò che desta più scalpore?
Esistono realtà molto gradevoli e formative, andando oltre quello che ci
appare; scuola, famiglia e società potrebbero fare molto di più per rendere il
gioco sport un’isola felice di formazione con un potere educativo quasi
illimitato. Chi sottovaluta l’impatto sulle persone della disciplina sportiva non
conosce delle storie di vita vissuta ai limiti del romanzesco.
Non è, e non sarà mai puro e semplice sport.
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2. INTRODUZIONE
Nell’opera “1984” di George Orwell emerge, tra gli altri il concetto di
“Bipensiero” Questo termine indica la logica della non logica, l’accettare
due espressioni contrapposte come entrambe verità. Attuato in un regime
totalitario distopico, per eliminare il passato come memoria delle persone,
può essere associato a numerosi altri aspetti facenti parte della società e
della cultura odierna. Lo sport viene dipinto oggi come massima
espressione e del divertimento delle persone, ma nella personificazione,
non nell’attuazione. Come i romani fornivano al popolo spettacoli e giochi
per celare la sperequazione sociale, il tifo appare oggi come il modo per
eliminare lo stress della settimana, inveendo contro avversari e direttori di
gara. Il tifoso ( che non è sinonimo di sportivo ) è inserito in un
meccanismo di presunto amore e dedizione totale ai propri colori; chiede
soltanto di non sapere, e di non essere disturbato nell’esercizio del suo
sentimento. Pur sapendo, in fondo, che doping, scommesse e soldi siano
la faccia sporca di una medaglia che si vuole consapevolmente ignorare.
Ripartire, soprattutto nei giovani per riscoprire il vero e immutato senso di
qualsiasi pratica sportiva; eliminare l’acriticità, ed essere direttori e attori di
uno sport come parte di un’educazione globale che abbracci la persona.
Eliminare le influenze veicolatrici dei mass media, e relazionarsi con il
proprio corpo in maniera diretta e sperimentale.
Alimentare infine, la propria voglia di sport puro e come mezzo di
condivisione, superando le barriere delle differenze e delle regole,
modificando i paletti a seconda delle possibilità degli sportivi. Sport come
salute, inclusione e condivisione. E’ tutto il resto ad essere, se non
marginale, almeno secondario.
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3. EDUCAZIONE
La sola parola “Educazione” abbraccia un’infinità di concetti che sarebbe
pretenzioso anche solo tentare di inglobare in questa tesi di laurea, e che
comunque esulano dagli obiettivi che questa trattazione si prefissa; scopo
del seguente lavoro è quello di renderle merito in una delle sue branche
più sottovalutate, il ramo “motorio” appunto.
Riferendoci a questa parola chiave viene spontaneo il collegamento con
qualcosa di poco tangibile; si tende ad identificare l’educazione con un
processo poco concreto, o comunque, un albero dai frutti incerti. Ciò che
è motorio presuppone invece l’utilizzo del corpo, del movimento, molto più
direttamente controllabile e riscontrabile, almeno dall’esterno.
Educare alla motricità è sicuramente possibile, ma è importante? E’ giusto
dedicare del tempo a costruire delle solide basi fisiche e coordinative per
l’adulto di domani?? E’ opportuno fornirgli un bagaglio di esperienze più o
meno fini a sé stesse, che non avranno magari riscontro nel mercato del
lavoro o nell’economia della sua futura vita familiare, e perdere del tempo
perché ciò avvenga? Ma soprattutto… Non è velleitaria l’unione di queste
due parole “Educazione Motoria”? Non è inopportuno scomodare un
termine che presupponga crescita, autoanalisi, controllo e verifica dei
propri risultati e formare delle persone per tutto questo?
L’uomo è concepito per muoversi, c’è davvero bisogno di qualcuno che
non solo gli insegni a farlo, ma che lo educhi a questo?
Letteratura, filosofia,storia,psicologia, pedagogia e scienza dello sport
offrono numerosissimi spunti di riflessione in questo ambito, e cercherò di
analizzare le sfaccettature sull’argomento che le varie discipline offrono.
Addentrandoci nelle materia ci accorgeremo di quanto poco controversi
siano i pareri in merito e di quanto, soprattutto recentemente, le istituzioni
si siano accorte che la formazione multilaterale non può prescindere da
una ottima conoscenza di sé.
Questa,a sua volta, non può estrinsecarsi senza che via sia un rapporto
chiaro con, come vedremo in seguito, la prima e più immediata forma di
analisi dell’ambiente circostante, IL PROPRIO CORPO.
I greci, grandissimi maestri nel rendere le cose indelebili attraverso
l’interesse suscitato dalle storie che si celano dietro frasi o parole
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l’avevano già capito: CONOSCI TE STESSO è impresso sul tempio
dell’oracolo di Delfi. L’uomo è un corpo e un anima, mai nessuno si
sognerebbe di non addestrare il proprio pensiero ed il proprio
atteggiamento… Perché allora escludere l’altra faccia
della medaglia dal processo di crescita, o screditarla sbandierandone
un’importanza minore?
3.1 IL CONCETTO DI EDUCAZIONE
Educare significa letteralmente “tirar fuori” ciò che è dentro alla persona;
significa cioè valorizzare quanto di meglio ci sia potenzialmente in un
individuo, far emergere quegli aspetti latenti della personalità che hanno
bisogno di una guida,di un fine, di scaturire dalle emozioni.
La forza dell’educazione è che non può prescindere dal rapporto
personale che si va a creare tra l’educatore e l’educando. Un individuo
attraverso un libro può si formarsi, ma è difficile che faccia proprie tutte
quelle qualità e quegli aspetti che rendono completa la preparazione,
senza il feedback di un’altra persona che lo guidi,lo sorregga e lo
corregga.
L’educatore deve adeguarsi, e di conseguenza adeguare l’intervento
educativo al livello dell’educando, comprendendo i suoi bisogni e
incentivando le sue competenze, con non minore attenzione alle
sensazioni e alle risposte che suscita in lui; si crea una sorta di rapporto di
dare-avere dal quale ognuno può arricchire il proprio bagaglio personale.
Si pensi alla crescita dell’educatore come persona se attua ogni volta in
maniera piena,vera e per questo differente, uno sforzo empatico
(decentrarsi da sé stessi per entrare nell’universo dell’altro e comprenderlo
umanamente), che consiste nell’adottare un atteggiamento di accoglienza
dell’altro e la sospensione del giudizio.
… l’Educazione è il pane dell’anima…
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G. Mazzini G. I doveri dell’anima, editori riuniti,1860
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Obiettivo quindi delle scienze dell’educazione è quello di trovare nuove
strategie per permettere un’acquisizione del compito più immediata e
duratura. Far leva sulla motivazione intrinseca ed estrinseca
dell’educando, sollecitando la sua curiosità e permettendogli di accrescere
la propria consapevolezza della sua dinamicità fisico-mentale.
Obiettivo dell’educazione motoria è quello di aiutare l’uomo, nelle sue
diverse stagioni dell’età, a conoscersi e conoscere attraverso le sensazioni
derivanti dal corpo, a misurarsi con sé stesso ed auto analizzarsi prima di
analizzare gli altri. Renderlo consapevole dell’importanza di un corretto
stile di vita, abituarlo ad una percezione dello stato di benessere dato
dall’equilibrio psicofisico. Alleviare infine le fatiche della vita quotidiana
attraverso un recupero della funzionalità del gesto e del movimento.
La mente è sana in un corpo sano, il corpo è lo specchio dell’anima…
Degniamo allora questo strumento di vita della giusta considerazione e del
tempo necessario perché questo si formi in maniera armonica ed
essenziale.
3.2 L’EDUCATORE
Figura di fondamentale importanza è colui che trasmette le conoscenze,
ancor prima della metodologia con la quale vengono trasmesse; è
certamente vero che l’attenzione deve essere massima sul modo e sugli
atteggiamenti adottati per veicolare il sapere, ma non sarebbe sufficiente
ad attribuire ad un individuo l’appellativo di buon educatore.
Cominciamo dall’operato, è fondamentale che debba:
- Sapere: robuste fondamenta rendono le case solide, la preparazione non
è un insieme di nozioni fatte proprie come tali senza averle elaborate
analizzate e criticate. La conoscenza della materia si basa su un percorso
di avvicinamento e crescita nella consapevolezza della stessa, con
sperimentazioni precedenti alla proposta formativa. Non posso pretendere
di correggere il gesto del tiro in porta nel calcio, se non conosco tutti i modi
possibili di esecuzione. Soprattutto allievi molto piccoli e curiosi fanno le
domande più disparate e impensabili, e una preparazione lacunosa non è
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ammissibile. Applicare cliché comuni è sinonimo di una sapienza solo
millantata, riportare esercizi “pari pari a come venivano insegnati anni
prima “rende il formatore un tramite passivo dell’apprendimento.
- Saper fare: Un discreto strumento di apprendimento è l’imitazione.
l’insegnante - educatore deve essere in grado di dimostrare l’esercizio con
precisione nei singoli dettagli; Il movimento si compone sempre di
micromovimenti armonici da scomporre e rendere più vicini agli allievi.
Non mi soffermo ulteriormente su questo punto ritenendo folle non tanto
chi ha la presunzione di insegnare qualcosa che non sa fare, ma chi lo
colloca in quella posizione senza accertarsene.
- Saper far fare: Supponiamo questa volta di dover insegnare il servizio nel
tennis ad un gruppo di ragazzi di dieci – dodici anni, quindi con una buona
padronanza cinestesica generale del proprio corpo: l’educatore non solo
deve saper servire tecnicamente alla perfezione, ma essere forte sulla
divisione in fasi del gesto. Per questo è un serio formatore colui che sa
discriminare le diverse percezioni delle fasi componenti il risultato ed
aiutare il soggetto che sta sperimentando il gesto a correggersi e captare
dalle risposte del suo corpo se la nuova esecuzione è stata migliore.
Esempio: un ragazzo trova difficoltà nell’apprendimento del movimento e
l’errore più grossolano è il busto bloccato nella rotazione; l’istruttore
attento se ne accorge subito,sa che la rotazione del busto è frutto tra le
altre cose del muscolo addominale obliquo esterno e dell’obliquo interno
controlaterale.Quindi esegue di nuovo il gesto lui stesso enfatizzando la
rotazione, e lo invita a riprovare indicandogli di concentrarsi sul “sentire” la
contrazione ai lati dell’addome sopra l’anca. Inutile e
controproducente,oltre che non degna di ragazzi intelligenti una correzione
standard e non personalizzata; l’istruttore che non sa far fare viene presto
smascherato dagli allievi, che ne faranno oggetto di scherno rifiutandone o
calpestandone l’autorità.
- Essere: questo è l’unico punto che non è preceduto dalla parola “saper”.
“Saper essere” risulterebbe in questo caso inopportuno per il concetto che
vado ad analizzare. Una persona che si assume l’incarico di guidare in
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qualsiasi avventura che la vita mette davanti degli altri uomini non può non
essere! Soprattutto venendo a contatto con bambini e adolescenti, il
formatore non può non possedere caratteristiche come pazienza,
tolleranza, autorevolezza, adattabilità, passione. In Italia è opinione
comune che alcuni lavori come lo psicologo o l’allenatore della nazionale
di calcio possano farli tutti, con un po’ di buon senso e niente più!
Figuriamoci se un uomo che da cinquant’anni si nutre di sport alla
televisione e divora giornali sportivi non possa insegnare sport ad un
gruppo di bambini! Questo è l’errore più grande, sottovalutare quanto di
formativo ci sia nel gioco e nello sport; sono accomodanti e non
lungimiranti quelle società che non si preoccupano di come è l’educatore
al quale viene affidato il compito, ma bastano le garanzie di disponibilità,
impegno e un rimborso spese limitato. A livello di settore giovanile poi si
sbandiera sempre che il bravo allenatore, prima anche solo di considerarsi
tale, dovrebbe occuparsi della crescita umana, oltre a quella sportiva, dei
propri atleti. In realtà viene addirittura considerato produttivo non solo
quello che vince, ma quello che riesce a far desistere coloro i quali non
hanno ancora molto da offrire allo sport.
Le qualità di:
- Facilitatore dell’apprendimento.
- Capacità di coinvolgimento a trecentosessanta gradi (bravi e meno bravi,
timidi e spavaldi, sicuri e insicuri ecc…).
- Modello di riferimento ed emulazione per un adulto di domani.
- Attento ed esperto osservatore, sempre pronto a modificare la proposta
sulla base delle percezioni degli allievi.
- efficace ascoltatore valorizzatore degli interventi produttivi dei ragazzi.
Sono tutte subordinate.
Mi piace riassumere il concetto sopraesposto definendo colui che
possiede queste caratteristiche come l’Alleducatore”. Un allenatore che
sappia educare alla corretta realizzazione di sé stessi attraverso
l’allenamento e la fatica senza prescindere dalla globalità della
formazione.