3
programmato il rilancio aziendale. Per fare ciò, nella personale convinzione che la
centralità di un’impresa è rappresentata proprio dalle risorse umane e dalle strategie
che il management attua, nella seguente esposizione si è dato ampio spazio alle
tematiche centrali, che occupano la maggior parte del testo, ma anche ai soggetti che
hanno guidato il gruppo nel corso della sua storia e alle strategie che sono state
attuate per far competere il gruppo torinese. Per cui grande attenzione è stata riposta
sul ruolo che i vari G.Agnelli I, V.Valletta, G.Agnelli II, V.Ghidella, C.Romiti,
P.Cantarella, ed in particolare P.Fresco, U.Agnelli e G.Morchio in riferimento al
periodo attuale, hanno avuto nella definizione delle politiche di sviluppo di Fiat, sui
rapporti che questi sono riusciti ad instaurare e mantenere con il potere politico
finanziario italiano, nonché sulle lotte interne relative alla distribuzione del potere
che hanno animato il passato del gruppo torinese.
L’analisi relativa al tema centrale, è stata condotta secondo due direttrici: con la
prima si è cercato di rintracciare, ove possibile, eventuali collegamenti ed analogie
tra gli aspetti caratteristici della crisi e della ristrutturazione attuale con quelli relativi
al passato di Fiat; con la seconda si è, invece, analizzato il contributo che tutti gli
stakeholders (governo, sindacato, dipendenti, banche, partner) hanno avuto nella
definizione dell’ultimo piano di rilancio. Pertanto la seguente trattazione cerca di
essere, nel limite del possibile, esauriente sia nell’affrontare le tematiche rilevanti del
caso Fiat, sia nel definire i contorni e le caratteristiche che hanno influenzato la
definizione dell’attuale piano di ristrutturazione redatto dal nuovo management. Tale
“taglio interpretativo” si è reso necessario per poter definire chiaramente un’analisi
puntuale delle fasi che hanno determinato la crisi aziendale del gruppo e
verosimilmente l’attuazione dell’ultimo turn-around.
4
Ampia analisi è stata incentrata sulle cause che hanno determinato la crisi attuale
entrando nello specifico e fornendo una chiara motivazione e spiegazione circa il
loro contributo, parimenti una critica e precisa indagine è stata operata sulle strategie
impostate e sui fattori sui quali il management punta per rilanciare Fiat Auto.
Chiunque si accinga ad affrontare in un’ottica sistemica le vicende di mercato e le
strategie di un’azienda come Fiat, già prima di iniziare il lavoro, può rimanere
sconcertato di fronte all’enorme quantità e complessità di dati da dover analizzare e
commentare, poiché non si tratta di una semplice azienda, bensì, del più grande e
storico gruppo industriale italiano simbolo stesso del capitalismo nostrano; inoltre il
dover analizzare il tema della ristrutturazione aziendale e definirne gli aspetti e le
caratteristiche pone di fronte ad un’analisi che deve essere condotta necessariamente
su tutti gli aspetti di un’impresa, dalla strategia all’organizzazione, dalla produzione
alla distribuzione, dalle risorse umane alla finanza. In tal senso l’analisi aziendale è
stata condotta a 360 gradi, sotto i profili manageriale, commerciale, strategico e
produttivo, e rintracciandone le diverse connessioni che hanno contribuito alla
determinazione dello stato attuale dell’azienda.
In questo lavoro, la documentazione economica e statistica, relativa ai dati
economico-finanziari dell’azienda torinese e del settore automobilistico, rappresenta
una parte importante del lavoro, così ogni assunto è stato costruito su dati certi e
puntuali e argomentato in base agli strumenti concettuali dell’economista d’impresa.
Le difficoltà incontrate nell’elaborazione del testo sono riconducibili, oltre che, come
affermato precedentemente, alla complessità dei fenomeni da dover analizzare e
commentare, anche alle scelte compiute relativamente alle questioni che bisognava
approfondire o solo accennare per poter delineare un quadro completo e preciso degli
5
argomenti. Così quando la ricostruzione e l’interpretazione riguardano eventi che
vanno dai primi anni di sviluppo di Fiat e fino agli Anni Ottanta, non si sono
incontrati particolari problemi, poiché i fattori che in questa parte agevolano la
sintesi sono numerosi. Un primo aspetto è rappresentato dalla grande quantità delle
fonti disponibili a cui attingere, relative ad avvenimenti abbastanza lontani, per cui
la selezione delle fonti si impone in maniera indipendente dalle scelte compiute. Un
secondo aspetto è rappresentato dalla dimensione del fenomeno da analizzare che
appare facilmente inquadrabile nella parte relativa ai primi ottanta anni di Fiat e va
crescendo con il passare del tempo in corrispondenza della crescita societaria attuata,
considerando che la Fiat dei primi anni del Novecento con i suoi 1500 dipendenti o il
neo-Gruppo Fiat degli Anni Settanta è qualcosa di notevolmente diverso rispetto a
quello che il Gruppo è oggi, con i suoi 180.000 dipendenti e oltre 1.000 società. Così
quando l’analisi si sposta su avvenimenti assai recenti come l’ultima strategia di
ristrutturazione, le poche difficoltà trovate si tramutano in veri e propri problemi,
poiché vengono a mancare i fattori che aiutano nella selezione delle fonti per cui si
rende necessario compiere delle doverose scelte non solo nel selezionare le fonti di
informazione, ma anche nel discriminare i fattori e gli aspetti che appaiono più
rilevanti. Tali problemi sono riconducibili al maggior numero di fonti a cui fare
riferimento nel cercare le connessioni causali dei fatti, nell’interpretare i modi ed i
termini con cui il management è intervenuto o nell’analizzare i diversi fattori che
hanno condizionato la strategia di Fiat Auto. Nonostante questo, l’auspicio è quello
di riuscire a fornire sia una visione globale e chiara del modo in cui Fiat è intervenuta
per dirimere la sua gravosa crisi sia una personale chiave di lettura relativa alla
capacità di rilancio del piano di ristrutturazione.
6
La struttura del lavoro è articolata in due parti. Nella prima, di tipo prettamente
descrittivo e coincidente con i primi due capitoli, si fornisce un’immagine di quello
che sono, oggi, il Gruppo Fiat e Fiat Auto, entrando nello specifico della loro storia,
delle loro scelte, delle loro strategie. La seconda parte verte sul tema specifico della
tesi e fornisce una completa analisi delle cause e delle strategie relative all’attuale
processo di ristrutturazione di Fiat Auto.
Nel primo capitolo, si presenta un tracciato del Gruppo Fiat, sottolineando sotto il
profilo storico sia l’evoluzione dimensionale che la piccola azienda torinese, fondata
nel 1898, ha avuto nel corso dei suoi 103 anni fino a diventare il più grande gruppo
industriale italiano con oltre 1000 società, sia il forte connubio che i soggetti che
hanno guidato il gruppo durante la sua storia sono riusciti a stringere e mantenere
con il mondo politico e finanziario italiano.
Nel secondo capitolo si fornisce un quadro relativo a Fiat Auto sotto il profilo
organizzativo, manageriale e competitivo, presentando oltre al suo portafoglio
prodotti anche il contributo che i vari manager che si sono succeduti al comando
hanno avuto nel contribuire ai successi ed agli insuccessi dell’azienda torinese,
sottolineando l’inevitabile e accesa lotta per il potere che è stata una prerogativa della
storia del Gruppo Fiat.
Il terzo capitolo verte sulla crisi di Fiat Auto, inquadrata in un preciso contesto
storico e cronologico. In tal senso dopo aver analizzato i protagonisti della vertenza
quali: azienda, governo, sindacati, banche e partner aziendali, si passa ad una
ricostruzione cronologica degli avvenimenti che hanno caratterizzato gli ultimi due
anni dell’azienda. Parte integrante del medesimo capitolo è la trattazione
7
dell’accordo siglato nel marzo 2000 tra Fiat e General Motors, nonché le modalità
con cui il Governo è intervenuto nel dirimere la vertenza occupazionale.
Nel quarto capitolo, dopo avere introdotto il concetto di crisi, vengono passate in
rassegna le motivazioni, che, secondo una personale chiave di lettura, hanno
determinato lo stato di crisi attuale di Fiat. Pertanto le eventuali cause della crisi
vengono rintracciate scomponendo l’azienda torinese in riferimento al periodo
attuale in tutte le sue parti determinanti: vengono esaminati il management e le
strategie attuate, la produzione e la domanda di mercato, la strategia di
comunicazione e la gamma prodotti, il grado concorrenziale del mercato e gli
investimenti attuati e infine la parte finanziaria. L’analisi di ognuna delle motivazioni
che hanno determinato la crisi viene giustificata, supportandola non solo ai dati
economico-finanziari relativi all’azienda ed al mercato automobilistico, ma
soprattutto agli strumenti concettuali dell’economista d’impresa. Per esaminare gli
eventuali errori compiuti dal management si è fatto riferimento ai lavori degli
studiosi aziendali H.Mintzberg, J. Waters e M.Porter in riferimento alla strategia
aziendale; per analizzare come la caduta della domanda di mercato si sia ripercorsa
sull’azienda sono stati utilizzati gli strumenti della microeconomia relativi
all’elasticità della domanda; nell’analizzare gli errori nella strategia di
comunicazione e la bassa profondità della gamma sono stati ripresi le tematiche di
marketing; nel considerare il diverso contributo che la dinamica concorrenziale
settoriale ha avuto nell’azienda si è fatto uso dei lavori presentati dagli studiosi
E.Rullani e G.Volpato. In questo capitolo si fa uso di molti concetti dell’economia
d’impresa, ed è doveroso, poiché, come si è affermato precedentemente, si è di fronte
8
al più grande e storico gruppo industriale italiano e di fronte al tema della
ristrutturazione aziendale.
Nel quinto capitolo, in riferimento alle modalità di rilancio programmate in Fiat
Auto,si fornisce un’attenta critica ed una esaustiva analisi del piano di
ristrutturazione, partendo dall’analisi del tema generale del corporate restructuring e
giungendo all’esame dei piani industriali, finanziari e relativi alle problematiche
occupazionali, redatti dai vari management che si sono succeduti negli ultimi due
anni in Fiat. Grande attenzione è stata posta nell’esame del “piano industriale
Morchio”, che è stato presentato nel giugno scorso e viene scomposto nelle sue parti
relative alla manovra prodotto-mercato, riduzione dei costi e ricapitalizzazione. In
ognuna di queste parti, mediante l’uso di particolari grafici, è fornita, per quanto
possibile, una chiara visione dei modi, dei termini e dei tempi con cui Fiat ha deciso
di operarsi per il rilancio. Nella parte conclusiva della tesi, sono presentate le
personali conclusioni ed opinioni, basate su un corposo e meticoloso lavoro di analisi
svolto, circa la strategia impostata dal nuovo management che recupererà la
centralità del core-business, nonché circa la capacità che il piano industriale Morchio
ha nel rilanciare Fiat Auto.
9
CAPITOLO PRIMO
Il Gruppo Fiat
10
1.1) La storia del gruppo.
Alla fine del XIX secolo, mentre in Francia e Germania l'industria automobilistica
tendeva ad assumere una dimensione industriale, in Italia l'automobile continuava a
rimanere quasi sconosciuta. La tedesca Benz, prima casa automobilistica al mondo,
era attiva dal 1889 e dieci anni dopo produceva la duemillesima vettura; le francesi
Peugeot e Panhard erano presenti sul mercato dal 1891 e offrivano una svariata
gamma di tipi
1
.
Nel 1898 esistevano in Italia tre costruttori che si occupavano del nuovo mezzo di
trasporto: Lanza e Ceirano a Torino, Ricordi a Milano (la produzione di automobili
italiane si attestò nel 1898 a “sole” trecento vetture contro le seimila francesi e le
ottomila tedesche). I primi due produttori riuscivano ad assemblare circa una decina
di esemplari ciascuno, il milanese Giuseppe Ricordi preferiva importare dalla tedesca
Benz i telai delle vetture, provvedendo a carrozzarli ed a commercializzarli.
Nei primi mesi del 1899, nel capoluogo piemontese, maturò l'idea di fondare una
nuova società per la produzione su scala industriale di automobili. Nacque così la
Fiat.
La Fiat (Fabbrica Italiana Automobile Torino) fu fondata l’11 luglio 1899 per
iniziativa di esponenti dell’aristocrazia e borghesia torinese. Il gruppo risultava
accomunato dalla passione per l’automobile che a fine Ottocento si era affacciata
sulle strade della capitale piemontese con il modello “Welleyes” realizzata nelle
officine Ceirano
2
. I padri fondatori della “Società italiana per la costruzione e il
1
Fonte:Catronuovo V.,(1980), L'industria italiana dall’Ottocento a oggi, Milano:Mondadori.
2
Fonte: Ori A.S.,(1996), Storia di una dinastia. Gli Agnelli e la Fiat, Roma:Ed.Riuniti, pagg:5-12.
11
commercio delle automobili Torino” subito dopo ribattezzata Fiat furono: Giovanni
Agnelli “ricco proprietario terriero che nel 1886 aveva affidato le sue terre ad un
fattore e si era trasferito a Torino”
3
, il marchese Alfonso Ferrero di Ventimiglia, il
banchiere e setaiolo Michele Ceriano-Mayneri, il conte Biscaretti, il possidente
Ludovico Scarfiotti, l’agente di cambio Luigi Domevino, l’avvocato Carlo Rocca e il
nobile Brichesario”
4
.
L’intesa tra i componenti del gruppo fu sancita con un contratto firmato l’1 luglio
1899 presso palazzo Brichesario, quindi sempre a Torino l’11 luglio 1899, presso la
sede del Banco Sconto e Sete, venne sottoscritto l’atto costitutivo della nuova
impresa automobilistica. La società sorse con un capitale sociale di 800mila lire,
disponeva di stabilimenti che occupavano un’area di 10.000 mq e impiegava una
cinquantina di operai
5
. Furono emesse 4.000 azioni del valore di 200 lire ciascuna,
1.200 detenute dal gruppo fondatore, 705 erano in possesso del Banco Sconto e Sete
, 150 furono sottoscritte dalla banca dei Fratelli Ceriana. Anche molti uomini d’affari
ed esponenti dell’alta aristocrazia cittadina come Ernesto Pansa o il conte Enrico
Falicon entrarono nel capitale sottoscrivendo per complessive 245 azioni, alla lista
degli azionisti si aggiunsero: la Società Elettrotecnica Italiana, l’imprenditore tessile
Giovanni Rey, il titolare del brevetto della prima Welleyes (la prima moderna
automobile costruita nel marzo del 1899 a Torino, considerata la progenitrice del
primo modello Fiat la 3½ HP) Giovanni Ceirano e gli ingegneri Enrico Marchesi e
Giovanni Enrico. La divisione delle cariche prevedeva “Scarfiotti presidente,
Brichesario vice-presidente, Faccioli direttore dell’ufficio studio e collaudi ed
3
Fonte: Castronuovo V., (1973), Giovanni Agnelli. La Fiat dal 1989 al 1945, Torino:UTET, pag:8.
4
Ibidem pag:10.
5
Fonte: Treccani G.,(1987), Enciclopedia universale Treccani, vol:VI pag:206.
12
Enrico Marchesi direttore commerciale ed amministrativo”
6
.Giovanni Agnelli
venne nominato Segretario del Consiglio di Amministrazione, una carica per la verità
di secondo piano a cui nessuno dava molto importanza
7
.
Il primo stabilimento (diventato successivamente anche la sede societaria) fu
acquistato per 66.000 lire in corso Dante a Torino; a questo il 25 Luglio 1899 venne
aggiunto per la modesta somma di 30.000 l’officina Ceirano in corso Vittorio
Emanuele ed è proprio da quest’ultimo stabilimento che nello stesso anno uscirono
per essere commercializzate al prezzo di 4.200 lire il primo modello Fiat realizzato in
serie nel numero di 8 vetture chiamato 3 ½HP
8
, poi seguito agli inizi del Novecento
dal 6HP, dall’8HP e dal 12Hp.
Nell’Ottobre del 1902 Agnelli da semplice segretario divenne amministratore
delegato lasciando il precedente incarico ad Alfonso Ferrero di Ventimiglia. Grazie
alla propria abilità negli affari, Agnelli era riuscito a concludere diversi contratti di
fornitura all’estero (in Inghilterra, negli Stati Uniti e in Portogallo) ed aveva ottenuto
un ottimo risultato nell’organizzazione del lavoro in fabbrica; infatti la produzione
dell’officina dalle 312.000 lire dell’esercizio 1900 con 153 operai era passata nel
1902 a 1.128.000 lire con una manodopera aumentata di soli 27 unità (il bilancio si
era chiuso per la prima volta con un utile di circa 64.000 lire)
9
.
I maggiori guadagni realizzati permisero all’azienda torinese di aumentare la
superficie degli impianti che nel 1905 passò da 10.000 a 45.000 mq e di aumentare il
capitale sociale che toccò nel 1906 i 9 milioni di lire. La società, forte dei primi
successi, decise di diversificarsi,così intraprese la costruzione di motori avio (SA
6
Fonte: Castronuovo V.,(1973), op.cit, pag:11.
7
Fonte: Moscato A.,(2000), Cento…e uno anni di Fiat. Dagli Agnelli alla General Motors, Bolsena:
Massari editore, pag: 11-12
8
Fonte: Fiat(1999), 1899-1999 cento anni di Fiat,Torino:Allemandi, pag:22.
9
Fonte: Valerio Castronuovo V.,(1973), op.cit..
13
8/75 a 8 cilindri a V) e di autobus per la Società Italiana Trasporti Automobilistici
(SITA), nonché dei primi motori a diesel.
Nel 1907 la Fiat con i suoi 2.500 addetti e 1.150 auto costruite diventò uno dei
principali gruppi dell’industria italiana, avendo provveduto a incorporare diverse
imprese (tra cui le Officine meccaniche Ansaldi) e a sviluppare le attività collaterali
nel campo della carrozzeria, dei radiatori, della metallurgia e dei cuscinetti a sfere
(con la nascita nel 1906 della RIV di Villar Perosa). Le vittorie riportate nel 1907
nella Targa Florio, nella Coppa dell’imperatore sul circuito di Taunus e nel Gran
Premio dell’Automobile Club di Francia segnarono la definitiva consacrazione della
casa torinese, perno del decollo economico italiano agli inizi del Novecento.
Due fattori permisero alla Fiat di raggiungere in quegli anni un cosi rapido
predominio sulle aziende concorrenti: la spregiudicatezza di Giovanni Agnelli e la
decisione di “fare come il Ford”. Sul primo fattore, l’episodio più noto è l’iperbolica
crescita dei titoli automobilistici nel biennio 1905-06 e il successivo crollo
improvviso nel 1907: numerose case italiane dovettero chiudere o ridimensionarsi,
mentre “stranamente”
10
la sola Fiat trasse da questa crisi settoriale un vantaggio
incolmabile. Al vantaggio che la Fiat acquisì dalla crisi del 1907, si aggiunse negli
anni seguenti un effettivo e notevole aumento della produzione, grazie alla
razionalizzazione del lavoro e all'applicazione parziale dei metodi tayloristici.
Nel 1912 , di ritorno da una visita a Detroit presso le officine Ford dalle quali era
uscita nel 1907 la famosissima <Ford T>, Agnelli fortemente convinto della validità
del taylorismo, decise di introdurre il sistema produttivo in serie anche nella propria
impresa. La produzione nelle officine della casa di Detroit cresceva a ritmo
10
In virtù di un’operazione finanziaria illecita, compiuta da Agnelli, Damerino e Scarfiotti, per la
quale i tre vennero denunciati nel giugno del 1908 per falsificazione dei bilanci, illecita coalizione e
aggiotaggio, salvo poi essere prosciolti nel 1912.
14
vertiginoso (da 34.550 Ford “Model T” fabbricate nel 1911 si passò a 248.307 del
1913), il motivo della <terribile crescita>
11
era l’effetto dell’applicazione pratica di
un nuovo sistema industriale concepito da Henry Ford (fondatore della casa
automobilistica omonima) comunemente indicato come “fordismo” o “catena di
montaggio”. La sua introduzione ad Highland Park (sede dell’officina Ford) implicò
quindi la nascita della moderna industria dell’auto, basata sulla produzione in grande
serie. Convinti del vantaggio conseguente all’applicazione di tale sistema produttivo,
dal 1912 in Fiat la parola chiave divenne “fare come il Ford”.
Il primo modello che venne realizzato, con il nuovo sistema di produzione basato
sulla catena di montaggio, fu la vettura Zero
12
.
Nel 1915, con l’entrata dell’Italia in guerra, la Fiat, che già occupava 7600 operai,
ampliò i suoi stabilimenti, creando, fra l’altro, una sezione per la costruzione di
apparecchi aviatori (nacque così Fiat Avio). Nel 1917 aumentava il suo capitale a 50
milioni, iniziava i lavori per la costruzione del grandioso stabilimento del Lingotto
13
,
destinato alla fabbricazione delle automobili ed entrava nel campo della produzione
siderurgica, incorporando le Ferriere Piemontesi di Torino e Avigliana e rior-
ganizzando ulteriormente le Acciaierie di Torino (attuale Teksid) in suo possesso
(nelle quali un anno dopo entrava in funzione il più grande forno elettrico tra quelli
sino ad allori creati). Inoltre la società si occupava di motori Diesel, marini e
industriali, organizzandone la produzione nell’apposito stabilimento Fiat Grandi
Motori, all’epoca uno dei maggiori al mondo per dimensione. Superato il delicato
processo di riconversione post-bellica, nel 1920 Agnelli divenne presidente della
11
Così definita da Agnelli in una seduta del consiglio di amministrazione Fiat nel 1912.
12
Fonte: Fiat (1999), op.cit., pag:28.
13
La fabbrica del Lingotto, era all’epoca la più grande d’Europa. Diventerà rapidamente il simbolo
dell'industria automobilistica italiana ed una delle immagini più note della città di Torino.
15
Fiat, legando il nome della sua famiglia a quello del marchio automobilistico e due
anni dopo entrò in funzione il grandioso stabilimento del Lingotto. Le commesse
pubbliche e il mantenimento di un mercato nazionale protetto crearono le condizioni
per l’irrobustimento della casa torinese, che da un lato si assicurò nel tempo il
controllo di imprese automobilistiche minori e dall’altro allargò i suoi interessi alle
attività in “terra, mare e cielo”
14
(auto, navi e aerei).
Lo sviluppo dell'azienda veniva visto, dalla direzione aziendale, come
profondamente legato allo sviluppo della produzione industriale di massa in Italia:
maggiore produzione avrebbe significato aumento del tenore di vita e sviluppo
sociale e crescita dei consumi, con questi obiettivi Fiat dette vita alla SAVA, società
di credito al consumo, con lo scopo di favorire la vendita rateale delle automobili.
Nel 1923 venne costituita l’I.F.I.(Istituto Finanziario Industriale) con lo scopo di
coordinare e gestire la fitta rete di imprese controllate. Accanto alle auto di classe (tra
cui la 510 e la 519 a 6 cilindri) per una clientela d’élite, la FIAT imboccò con
decisione la strategia della vettura utilitaria, con l’introduzione della Balilla 508, il
modello venne presentato nel 1932 (nello stesso anno uscì l'automotrice ferroviaria
Littorina e fu inaugurata l’autostrada Torino-Milano, promossa e voluta dalla FIAT).
Con il lancio della 500 Topolino nel 1936 la FIAT completò una prima fase della
motorizzazione dell’Italia, arrivando nel 1937 a produrre 55.000 vetture e quasi
10.000 veicoli industriali.
Nel 1939 venne inaugurato lo stabilimento di Mirafiori, che introdurrà in Italia le più
avanzate esperienze di organizzazione industriale. Inaugurato il 15 maggio 1939,
potendo contare su un'area di 1 milione di mq, di cui 300.000 coperti e progettato
14
Fonte: Fiat(1999), op.cit., pag:28.
16
per ospitare 22.000 operai su due turni (una cifra considerevole se si pensa che i
dipendenti Fiat in quegli anni sono circa 55.000) diventerà la punta di diamante della
Fiat nel secondo dopo-guerra.
I rapporti tra la Fiat, sempre più sinonimo della famiglia Agnelli, e il fascismo furono
di semplice cortesia e rispetto. Agnelli dichiarò in proposito: "Noi industriali siamo
ministeriali per definizione"
15
. Questa massima del grande torinese sancisce come il
potere politico e il potere economico possono e debbano convivere in simbiosi
mutualistica per un’utilità reciproca. Con questo si spiega il perché Mussolini
nominò Gianni Agnelli I senatore a vita, e perché quest’ultimo fece pressione su il
quotidiano La Stampa per far cessare le polemiche nei confronti del Governo, specie
dopo il delitto Matteotti, estromettendo Frassati (una delle ultime voci libere rimaste
in quegli anni) dalla direzione del giornale.
Durante la seconda guerra mondiale la Fiat continuò a fornire i motori
all’Aeronautica Italiana e la costruzione del blindati per l’Esercito Italiano che
rappresentarono una fetta consistente delle commesse totali ricevute
16
.
La sera del 16 dicembre 1945 a Torino, l’anziano senatore a vita Agnelli morì. Gli
ultimi mesi della sua vita furono molto travagliati poiché era decaduto dalla carica di
senatore (poi reintegrato pochi giorni prima di morire) per ordine del CLN e gli era
stata sequestrata la fabbrica per essere stato accusato dagli anti-fascisti per “aver
partecipato attivamente nella loro qualità di massimi esponenti del gruppo aziendale
Fiat, alla vita politica del fascismo con notorie pubbliche manifestazioni di apologia
15
Fonte: Castronuovo V.,(1973), op.cit,.
16
Ibidem pag:62.