Introduzione
Il giornalismo radiofonico è sempre stato trascurato a favore
dell’informazione televisiva e della carta stampata. Ma, nonostante questa generale
mancanza d’attenzione, l’etere continua ad essere un universo in grande fermento,
capace di adeguarsi ai periodi storici e alle nuove tendenze meglio di qualunque altro
media. Infatti, tra tutti i mezzi di informazione, la radio resta sempre la più vicina ad
una dimensione personale e interattiva della comunicazione che le consente di
coinvolgere le generazioni di oggi come quelle del passato, anche grazie all’incontro
con Internet.
In Italia, a partire dalla seconda metà degli anni ’70, le radio pirata,
cominciano la propria avventura perlopiù come strumento di controinformazione,
cioè di informazione non istituzionale, con l’obbiettivo di far conoscere agli
ascoltatori quello che le reti pubbliche non trasmettono; così la politica può
finalmente diventare un affare di tutti, non una prerogativa di pochi. I luoghi da cui si
trasmette sono garage, soffitte o cantine; si adopera un linguaggio informale, spesso
colloquiale, i discorsi s’improvvisano e la musica è diversa anch’essa: arriva
dall’America e si chiama rock. Le nuove generazioni a c c o l g o n o s u b i t o c o n
entusiasmo questi cambiamenti e, quando nel 1976 la Corte Costituzionale rende ogni
cosa legale, in un biennio si sviluppano circa 200 radio in tutta la penisola.
Negli anni’80 i proprietari intuiscono che bisogna d a r e m a g g i o r e
professionalità alle emittenti che allora iniziano ad essere gestite come vere e proprie
imprese. Conseguentemente nascono le prime redazioni giornalistiche e una schiera
di giovani speaker vengono avviati al nuovo mestiere, grazie anche all’aiuto di grandi
firme della carta stampata che capiscono l’importanza dell’etere. Ma è solo dopo il
varo della legge Mammì, nel 1990, che l’informazione diviene davvero importante.
Gli obblighi imposti dalla normativa fanno sì che tutte le radio locali
investano in questo campo come mai prima. Nello stesso anno inoltre la Guerra del
Golfo mostra l’efficacia della cronaca radiofonica: le immagini raccontate hanno lo
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stesso impatto di quelle televisive, se non più forte. Le innovazioni poi aiutano il
medium studiato che prende svariate sembianze, introducendosi all’interno di
computer e cellulari, per non dimenticare l’ancora più attuale Ipod.
Concentrando la ricerca sulla Liguria, abbiamo rilevato che la nostra è stata
una delle regioni pilota nell’ambito dell’emittenza radiofonica privata: già prima del
1976 cominciano a proliferare piccole realtà locali, che dopo la sentenza della Corte
Costituzionale aumentano in modo esponenziale. Come vedremo, le periferie, poco
seguite dalla carta stampata e dalle televisioni, danno l’esempio al centro: le radio
genovesi infatti si sviluppano più lentamente delle altre.
La carenza di notizie riguardanti la miriade di radio lanciate in quegli anni e chiuse
poco tempo dopo, delle quali in molti casi è rimasto solamente un ricordo molto
sbiadito, ha rappresentato un ostacolo imponente. La radiofonia locale continua ad
essere un mondo parzialmente sommerso, poco studiato e conosciuto, che tende
conseguentemente a chiudersi in se stesso, in particolar modo nello Spezzino, zona
nella quale è stato estremamente complicato pervenire informazioni riguardo la storia
dell’emittenza locale. Per il precedente motivo all’interno del testo non si troveranno
tutte le emittenti locali delle quattro province, ma perlomeno quelle che sono riuscite
a lasciare il segno in modo indelebile almeno nella propria zona di diffusione, seppur
ristretta.
Partendo da Imperia, per passare poi alla zona del Sa vone se e de l suo
entroterra, e proseguire con le radio del Tigullio, si arriverà infine a trattare delle
emittenti genovesi, dedicando un’attenzione particolare all’impresa dei fratelli
Miscioscia, fondatori di Radio Babboleo e alla giovane concorrente Radio 19,
sostenuta dal maggior gruppo editoriale della Liguria. Le due concorrenti sono qui
messe a confronto, soprattutto sotto il profilo dei contenuti e dei formati giornalistici,
grazie alle interviste concesse da Alessandro Palmesino, giornalista responsabile della
redazione di Babboleo News, e da Beppe Risso, giornalista e speaker di Radio 19.
Ve d r e m o l a s t o r i a d i q u e s t e d u e e m i t t e n t i e i c a m b iamenti avvenuti.
Cominceremo dal 1976, anno di nascita di Radio Babboleo, lanciata
all’insegna dell’improvvisazione da quattro giovani con tanta passione e voglia di
divertirsi, i quali nel corso degli anni’80 capiscono come continuare l’avventura,
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dando un assetto professionale a quella che ormai sta diventando una piccola impresa.
Negli anni ’90 poi si punta tutto sulla cronaca locale per poi ampliare e
addirittura triplicare il marchio della radio nel nuovo millennio. Proseguendo si
racconterà dell’emittente dei Perrone, creata nel 2006 con l’intento di sbaragliare il
dominio incontrastato della rivale più anziana, che fa della vicinanza con la redazione
del “Secolo XIX” la propria forza.
L’ultimo paragrafo del capitolo loro dedicato consisterà in un analisi dei due
modi di fare giornalismo, che pur differenti sotto diversi aspetti, si assomigliano in
altri: entrambe le emittenti, infatti, all’interno dei palinsesti danno voce ai cittadini,
ponendosi spesso come tramiti con le istituzioni.
Nella quarta parte si studieranno l’audience e le modalità di misurazione,
tanto utili alle radio nazionali, quanto inutili per quelle locali, poiché chi ha il
compito di calcolare gli ascolti si dimentica delle tantissime realtà cittadine che, tra
l’altro, rappresentano la parte maggiore della radiofonia del nostro paese. In Liguria,
tutte le piccole emittenti cercano di misurare autonomamente la propria utenza: le più
ricche ricorrendo a indagini commissionate ad aziende private, le altre attraverso
programmi che coinvolgano il pubblico o grazie ai siti Internet. Per avere un’idea più
chiara è stata fatta una ricerca empirica sulle abitudini d’ascolto all’interno del mondo
universitario genovese, attraverso la diffusione di un questionario, che ha fornito
indicazioni, seppur generali, sul rapporto tra i giovani, il medium in esame e l’uso
delle nuove tecnologie, che conducono ad un ascolto sempre più mobile.
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1. La radio, tra privato e locale
1.1 Dalla radio pubblica alla radio libera
“Cos'è una radio?” A questa domanda, si potrebbe rispondere che è la
scatola sonora attraverso la quale si ascoltano musica e notizie. Ma la radio non è
solo questo, è molto di più. E' il risultato del lavoro di uomini e donne che con
dedizione e fatica hanno dato vita ad un mezzo d'informazione e di comunicazione,
che, nonostante gli anni, sembra non passare mai di moda. Si ci rende conto davvero
dell'impegno che c'è alle spalle di una trasmissione radiofonica, vivendolo in prima
persona, ognuno, infatti, ha compiti ben precisi e per cui è necessaria una grande
professionalità; consiste tutto in un vero e proprio lavoro di squadra.
Occorre ricordare, che oltre alle questioni strutturali, l'esperienza
dell'ascolto radiofonico è parte integrante della storia di questo mezzo. Il pubblico
infatti varia con il passare degli anni; con i suoi mutamenti, i suoi gradimenti e i suoi
malumori risulta sempre un punto di riferimento fondamentale per questo medium,
che ha dimostrato di riuscire a cambiare la sua pelle, cogliendo sempre al volo i
cambiamenti della società.
In Italia la radio nasce come mezzo utilizzato per le comunicazioni ufficiali
e pubbliche, al servizio dello stato, oppure per quelle mercantili a disposizione della
navigazione, del commercio e dell'industria. Con l'introduzione del sistema
broadcasting penetra nell'ambiente domestico ed ecco che la comunicazione di massa
invade la dimensione privata. Gli ascoltatori si chiamano ancora pubblico, ma al
contrario di coloro che vanno ad assistere ad uno spettacolo a teatro o al cinema, non
si concentrano più tutti in un unico luogo pubblico, ma si compongono tanti piccoli
nuclei familiari all'interno delle abitazioni. Nelle case, spesso, si adibisce uno spazio
comune per l'ascolto mediale, dal tinello riscaldato della famiglia contadina al
“salotto buono” della famiglia borghese. Il mezzo radiofonico diventa, così, uno
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strumento di svago: restare in casa dopo una lunga giornata di lavoro è, ora,
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un'alternativa piacevole rispetto a recarsi in città o in paese in cerca di divertimento.
In realtà, inizialmente, viene fatto un uso collettivo della radio, intendendo
con questo termine la fruizione collettiva del mezzo all'interno delle mura
domestiche dei più facoltosi o in un bar o, ancora, all'interno di un circolo culturale,
per due motivi: il primo è che il costo dell'oggetto non fu da subito accessibile a tutti
e, secondariamente, i programmi mandati in onda trasmettevano eventi pubblici,
come riunioni, cerimonie e concerti, che si sarebbero svolti, indipendentemente dalla
presenza o meno della radio. Ma questa forma di collettivismo per necessità viene
meno appena i prezzi e le dimensioni si riducono, infatti, una volta che tutti riescono
ad acquistarla, l'ascolto della radio diviene dapprima esclusivamente familiare, e,
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successivamente individuale, con l'arrivo del transistor.
Grazie alla scatola sonora, per la prima volta, chi non sa leggere e scrivere,
può conoscere il mondo e ciò che accade in esso; in molti paesi diviene quindi uno
strumento di alfabetizzazione, mentre, in Italia, la televisione svolgerà ancor meglio
questo compito. La radio riesce a farsi capire e a rendere partecipe della vita sociale e
politica anche la popolazione analfabeta, che, all'inizio degli anni Quaranta, coincide
circa con il 14 % degli abitanti totali della nazione, grazie all'utilizzo di un
linguaggio semplice e veloce, non letterario.
Negli anni Cinquanta e Sessanta la radio, caratterizzata ormai da dimensioni
sempre più ridotte sino a divenire portatile (nasce la cosiddetta radiolina), assume
una funzione identitaria, dovuta alla personalizzazione della modalità d'ascolto,
soprattutto per i giovani, che possono finalmente chiudersi in camera ed ascoltare le
canzoni della loro epoca, diverse da quelle dei loro genitori, come ben scrive
Marshall Mc Luhan:
Negli anni '50 da noi i teenager hanno cominciato a rivelare molte caratteristiche tribali.
[…] Adesso la radio offre ai teenager la privacy e nello stesso tempo lo stesso legame tribale del
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mondo del mercato, della canzone e della risonanza.
Queste parole rendono perfettamente la sensazione di intimità e comunanza
1
E. Menduni, Il mondo della radio, Bologna, Il Mulino, 2001, p. 35.
2
Ibidem, p.36.
3
Marshall Mc Luhan, Radio. Il tamburo tribale, in Gli strumenti del comunicare, Milano, Il Saggiatore, 1967, pp.
321-322.
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