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tecniche e organizzative che vengono alimentate da un coerente e pervasivo
processo di produzione e di diffusione della conoscenza. Il risultato
dell’apprendimento è conoscenza organizzativa, che dà luogo a
cambiamenti nel pensiero e nell’azione e che è capace di modificare le
stesse pratiche organizzative. In ciò, esso è uno stato naturale nel senso che
comunque accade che l’organizzazione ridefinisca processualmente
obiettivi e regole d’azione e che le preferenze organizzative mutino
adattandosi all’esperienza. Ma l’apprendimento come stato naturale rimane
o può rimanere immerso in un registro opaco e adattivo, caratterizzandosi
come apprendimento single-loop consistente nella correzione reattiva dei
repertori di competenze e soluzioni e che lascia, perciò, invariati gli assunti
cognitivi e culturali radicati nell’organizzazione. Altra cosa è, invece,
l’apprendimento double-loop che comporta la sperimentazione di
alternative inedite e si configura come processo generativo, verificandosi
quando l’opacità cede ed i modelli cultuali e le routine cognitive radicate
diventano materia esplicita di discussione e cambiamento. Questo tipo di
apprendimento è il più difficile da realizzarsi poiché fa perno sulla capacità
di vedere e trattare attivamente le anomalie in cui è intessuta la vita
dell’organizzazione, come la distanza che intercorre tra le premesse
dell’azione ed i suoi risultati e/o un’esperienza contraria. Si tratta di una
capacità riflessiva dell’organizzazione e dei membri compenetrata
all’azione e al fare esperienza concreta di ciò che realmente non funziona in
essa. In tal senso questo tipo di apprendimento è correlato al rafforzarsi di
routine difensive ovvero azioni e politiche messe in atto all’interno del
contesto organizzativo al fine di proteggere gli individui dal fare esperienze
imbarazzanti ed impedire loro, o all’organizzazione nel suo complesso, la
scoperta delle cause di tale imbarazzo. Tali routine, taciute nei
comportamenti e nei discorsi degli attori, tendono a riprodursi
continuamente creando forme di apprendimento non produttivo perché
legate all’incompetenza. Nel secondo capitolo, Apprendimento e
12
Conoscenza, sarà discussa la complementarietà tra le attività
dell’apprendere e del conoscere a partire da una riflessione secondo la quale
l’apprendimento può intendersi come attività conoscitiva che connette entro
l’azione e per suo mezzo i saperi e le abilità dell’organizzare. Di fronte ad
una complessità e turbolenza tanto ambientale quanto relazionale, il
processo dell’organizzare le risorse materiali ed umane in modo efficace ed
efficiente deve tener conto anche di condizioni e di possibilità atte a
favorire quei processi di apprendimento organizzativo utili e necessari allo
sviluppo di quelle conoscenze, abilità e competenze richieste dall’ambiente.
Apprendimento e conoscenza sono dunque profondamente correlati ed i
modi in cui l’uno e l’altro, interagendo, si sviluppano ed evolvono
contribuiscono ad orientare le azioni, siano esse individuali o collettive. Nel
contesto attuale si è affermata sempre più l’importanza delle competenze e
delle conoscenze delle persone nonché la capacità appprenditiva delle
organizzazioni, visti come il vero vantaggio competitivo delle
organizzazioni. Tuttavia occorre precisare che la conoscenza di per sè non
costituisce il vero e proprio interesse per l’organizzazione: l’interesse si
concreta se la conoscenza è affiancata dalle capacità di saperla integrare e
utilizzare in modo finalizzato. In tal contesto diventano fondamentali due
fattori: le conoscenze possedute dalle singole persone e la capacità
dell’organizzazione di mettere in moto i meccanismi più adeguati per
sviluppare, utilizzare e misurare tali conoscenze, sia a livello individuale sia
a livello organizzativo. In questo modo si delineano le caratteristiche della
learning organization da cui deriva l’esigenza di focalizzare l’attenzione
sull’apprendimento individuale e organizzativo. La creazione di conoscenza
dipende da tutti i membri dell’organizzazione e non coincide con
l’apprendimento da altri o con l’acquisizione di conoscenze dall’esterno;
essa richiede che si attui un processo di internalizzazione delle varie abilità
ovvero che vengano riformate, arricchite e tradotte in modo da essere
integrate con l’immagine che l’organizzazione ha di sé.
13
La diffusione a livello organizzativo della conoscenza creata dagli
individui e la sua sistematizzazione nella rete di conoscenza
dell’organizzazione ha luogo entro una comunità d’interazione che si
espande e attraversa i livelli intra e inter organizzativi ed i confini che li
separano. Queste attività prevedono la costituzione di un contesto facilitante
per la realizzazione di tale processo, un contesto che dovrebbe comportare
che memoria, conoscenza e controllo siano diffusi e distribuiti per tutta
l’organizzazione e, quindi, fra tutti i suoi componenti indifferentemente in
modo da favorire un andamento ciclico e trasversale fra i diversi livelli che
rispetti la natura iterativa, non lineare ma interminabile, del processo di
creazione di conoscenza organizzativa. Le dimensioni della conoscenza -
tacita ed esplicita - sono raggruppate nella categoria del sapere pratico,
ovvero quel sapere elaborato da una comunità di attori sociali sulla base di
risorse cognitive ed orientamenti comportamentali situati e costruito
attraverso esperienze condivise nella vita della comunità. Da tale
impostazione discende il conoscere come pratica situata in un campo di
interazione, dunque, una pratica sociale. Ed in quanto tale prodotta
mediante pratiche sociali, in cui i soggetti si impegnano nel loro lavorare
quotidiano, e mediata dalle relazioni sociali entro le pratiche della
produzione, circolazione e riproduzione del sapere necessario a svolgere
quel lavoro. Il terzo capitolo, Apprendimento e Cultura organizzativa, offre
degli spunti sulla cultura organizzativa, da intendersi come quale substrato
profondo di meccanismi tipicamente inconsci che tuttavia determinano il
modo di percepire, pensare, sentire. La cultura si fonda su soluzioni a
problemi che si sono presentati durante la vita dell’organizzazione e che
sono ripetute nelle situazioni successive nella misura in cui costituiscono
risposte adeguate. Dunque, la formazione della cultura organizzativa può
essere intesa come un processo dinamico e congiunto di apprendimento in
quanto valori, convinzioni e assunti - costituenti l’essenza della cultura -
vengono assimilati e dati per scontato dai membri del gruppo o
14
dell’organizzazione, ovvero dimostrandosi funzionali al successo
dell’organizzazione dalla mente del leader si trasferiscono nella mente e nei
comportamenti dei membri, diventando comuni. Qualora non dovessero più
funzionare queste soluzioni dovrebbero essere abbandonate, ma la tendenza
alla loro reiterazione spesso ha il sopravvento perché lo sperimentare nuove
soluzioni è emotivamente oltre che economicamente molto costoso, in
termini di assorbimento dell’ansia correlata al rischio del cambiamento
verso l’ignoto. In tal senso la cultura non consente l’apprendimento del
nuovo e si pone come elemento inibitore al cambiamento e per questo
occorre comprendere le dinamiche psicologiche e sociologiche coinvolte
affinché possa generarsi una “ridefinizione cognitiva”, implicante nei
soggetti che vi partecipano uno spostamento cognitivo da vecchi valori e
assunti un nuovo ordine di idee, concetti, significati e valutazioni su sè
stessi, sul proprio lavoro e ruolo, sulle proprie capacità e sui modi in cui la
realtà viene interpretata a livello organizzativo. Dunque, la cultura ha a che
fare con i processi dell’apprendere e del disapprendere ed in ciò essa è una
potente forma di resistenza al cambiamento. Il vero problema nelle
organizzazioni è il cambiamento culturale che può effettuarsi solo
attraverso un tipo di apprendimento a ciclo doppio ovvero soddisfacendo
alcune condizioni: il non antagonismo dei valori e delle credenze ai quali le
competenze auspicate s’ispirano con gli assunti e i valori tradizionali;
l’esistenza di un’esperienza collettiva di successo nell’esercizio delle nuove
competenze; l’esistenza di una leadership che favorisca l’interpretazione
retrospettiva e mitica del successo. Il quarto capitolo, Apprendimento e
Comunità di pratica, si focalizza su una prospettiva sociale
dell’apprendimento che vede quest’ultimo come un processo di
partecipazione nel quale i partecipanti esistono - ed apprendono - nelle
pratiche di comunità sociali e costruiscono identità in relazione a queste
comunità. L’arte di saper scegliere cosa conoscere e cosa ignorare in
relazione al processo esistenziale emerge dall’apprendimento nella practice
15
che viene costruito attraverso l’interazione e l’accordo con gli altri, ed è il
risultato di un apprendimento collettivo che riflette sia il produrre azioni
che consentono di svolgere le più svariate attività sia l’immergersi nelle
relazioni sociali. Il contesto dell’apprendimento organizzativo è quello della
scoperta e dell’evoluzione di forme sempre nuove di ristrutturazione
collettiva, attivato dalle persone quali soggetti attivi di processi cognitivi
che costruiscono, in una continua ridefinizione, la struttura della propria
identità. Qualsiasi practice si costruisce entro una comunità di persone che
nel tempo sostengono l’impegno di condividere fra loro l’esperienza.
Questo tipo di comunità è definita comunità di pratica in quanto l’impegno
in attività o pratiche sociali è visto come fondamentale processo attraverso
cui gli esseri umani imparano e divengono ciò che sono. La nozione di
practice dunque va riferita al livello di una struttura sociale che riflette un
apprendimento condiviso. È al contempo un livello di analisi ed un livello
di esperienza. Lo sviluppo di una practice concerne la questione di
mantenere un sufficiente impegno reciproco nel perseguire insieme
l’attività di condividere qualche significativo apprendimento.
L’apprendimento così dipende dal tipo di relazioni - località, prossimità,
distanza - e si indebolisce quando esperienza e competenza sono troppo
addossate e quando sono troppo distanti. L’organizzazione in sè stessa può
essere definita come “un’istituzione” mentre una costellazione di attività è
ciò che rende viva l’organizzazione e che spesso emerge come risposta al
disegno organizzativo. Il progetto istituzionale e la practice mantengono la
loro propria identità come fonti di una struttura: l’informale non è senza
forma ma la sua forma è emergente, riflettendo la logica della
improvvisazione che si riferisce alla negoziazione del significato. Così
un’organizzazione è l’incontro di due fonti strutturali: il progetto della
struttura istituzionale e la struttura emergente della practice. Il principio
fondamentale di un progetto organizzativo consiste nel creare canali
comunicativi fra le pratiche così come astrazioni istituzionali affinché
16
queste pratiche possano esprimere la loro esistenza vitale: coordinare
molteplici intelligenze entro un processo di apprendimento organizzativo.
Condividere una visione, pertanto, significa essere in grado di vedersi l’un
l’altro mentre si hanno in vista obiettivi comuni. Le comunità di pratica
sono assetti organizzativi che dimostrano gli investimenti in un reciproco
impegno e l’apprendimento che esse incarnano costituisce la competenza
delle organizzazioni ed il loro sviluppo è essenziale a quello di tali
competenze. A conclusione di ogni capitolo un paragrafo ne sintetizza i
contenuti.
Nella seconda parte verranno discussi i risultati di una ricerca sociale
condotta in due servizi alla persona, operanti nel campo della
tossicodipendenza, al fine di comprendere se ed in che misura tali servizi
siano orientati all’apprendimento ovvero adottino la modalità operativa
della learning organization e verranno avanzate delle ipotesi interpretative
al fine di confermare o smentire l’ipotesi che ha sostenuto e guidato la
ricerca sociale. Il motivo che ha condotto alla definizione e alla verifica di
una tale ipotesi di ricerca è ravvisabile nel fatto che la learning
organization rappresenta una risposta ai cambiamenti, alla complessità e
all’incertezza, elementi che impongono che le organizzazioni sappiano
apprendere ovvero che divengano sistemi in grado di imparare
costantemente dall’ambiente esterno. Oggi, l’importanza del tema del
cambiamento e dell’apprendimento è data da alcuni processi generali che
non sono tipici dei servizi alla persona ma investono tutte le società
occidentali in generale; sono tre i fenomeni che vengono richiamati per
caratterizzare la nostra epoca: la rapidità del cambiamento tecnologico,
l’internazionalizzazione dell’economia e l’aumento della competitività tra
le organizzazioni e gli Stati. Questi tre fattori rappresentano le spinte
ambientali determinanti il modello della learning organization che, dunque,
risulta tanto più rilevante quanto più l’ambiente in cui l’organizzazione
opera è complesso ed incerto.
17
La learning organization, quale comunità di persone che si
scambiano costantemente le loro capacità e competenze al fine di creare e
concepire nuove idee, è una organizzazione in cui non è possibile non
imparare poichè in un contesto sempre più mutato e costantemente
mutevole imparare ovvero la capacità ed il ritmo dell’organizzazione ad
apprendere diventa sia l’unica possibilità di sopravvivenza della stessa sia
un processo intrinseco della vita professionale.
Nella terza parte verranno tratte delle conclusioni e presentati in
sintesi, alla luce delle teorie discusse e dei risultati ottenuti dall’indagine
svolta, quelli che si ritiene essere i requisiti e/o le condizioni organizzative
facilitanti l’apprendimento continuo ed il cambiamento, processi che
mettono in luce le difficoltà e le possibilità dell’innovazione nel campo dei
servizi alla persona.
18
CAPITOLO PRIMO
Che cos’è l’apprendimento organizzativo
1.1 Introduzione
Il tema costituito dal ruolo del sapere, della conoscenza e
dell’apprendimento nelle organizzazioni e negli studi organizzativi
certamente non è nuovo - e forse nemmeno innovativo - ma esso sta al
centro del dibattito da numerosi anni, e durante questo periodo di tempo ha
continuato a essere rinnovato e innovato grazie a una pluralità di contributi
disciplinari diversi.
Un tema, dunque, che fa la sua apparizione sotto l’etichetta di
“apprendimento organizzativo” intorno agli anni sessanta dentro un modo
particolare di declinare la teoria delle decisioni e gli studi organizzativi. In
questo primo periodo storico si fa riferimento, soprattutto, ai lavori di
March e Simon che per primi si sono interessati al modo in cui i decisori
delle organizzazioni si rappresentano mentalmente la realtà nella quale
intervengono e rispetto alla quale accumulano nuove conoscenze e rivedono
quelle acquisite in precedenza. Per qualche tempo l’apprendimento
organizzativo rimane un argomento marginale, seppure sempre presente,
entro il dibattito internazionale ed il suo punto di riferimento, negli anni
settanta, si colloca intorno al lavoro di Argyris e Schon e, quindi,
focalizzato alla psicologia cognitiva. Ma è solo negli anni novanta che
l’apprendimento organizzativo, quale metafora della relazione fra
organizzazione e conoscenza, riappare per collocarsi al centro del dibattito
internazionale, sia per l’espandersi vertiginoso della letteratura sia per la
diversità delle discipline - da quelle economiche a quelle psicologiche - che
se ne occupano.
Che cos’è l’apprendimento organizzativo
19
La crescita dell’interesse sull’argomento conoscenza può essere
ricondotto ad almeno tre fattori importanti ed impattanti sulle
organizzazioni:
¾ la velocità del cambiamento tecnologico,
¾ la globalizzazione dell’economia,
¾ l’incremento della competizione fra le organizzazioni.
Tant’è che, da più parti, si afferma che i recenti cambiamenti economici,
sociali e culturali hanno condotto a nuove forme di organizzazione - quali le
strutture globali e i network - fino a creare una nuova economia: l’economia
della conoscenza. Conoscenza che diviene nell’impresa allo stesso tempo
risorsa produttiva e competenza distintiva. In questo senso, molti
osservatori hanno una visione comune del nostro futuro organizzativo e
individuano alcune caratteristiche: organizzazioni più flessibili, adatte al
cambiamento e che danno la possibilità alle persone di prendere iniziative e
di essere imprenditori di sè stessi, aiutando questi ultimi a migliorare le
proprie capacità lavorative. Ma la contraddizione risiede nel fatto che
l’organizzazione interna, tuttora molto burocratizzata, è piuttosto lenta e
diffidente verso i cambiamenti; mentre l’organizzazione che interagisce con
l’ambiente circostante, cioè quella che si rapporta con l’esterno, al contrario
vuole apparire come una realtà dinamica, in continua evoluzione e sempre
aperta ai cambiamenti sollecitati dall’ambiente e, quindi, sempre orientata
all’innovazione e all’apprendimento.
Dai primi lavori di Argyris e Schon sull’apprendimento
organizzativo, la letteratura sull’organizzazione, nel corso degli ultimi anni,
è venuta a precisare e a utilizzare con sempre maggiore frequenza la
metafora della learning organization. Sotto la spinta di molteplici fattori
quali: il diffondersi nelle organizzazioni delle attività ad elevata intensità di
conoscenza, la necessità di riprogettare le strutture organizzative, i processi
gestionali, la cultura d’impresa per una sempre maggiore competitività dei
sistemi aziendali, questa ulteriore prospettiva di studio sta facendosi strada.
Che cos’è l’apprendimento organizzativo
20
La learning organization è definibile come un’organizzazione che
continuamente impara e facilita l’apprendimento dei suoi componenti
attraverso l’elaborazione delle informazioni, sperimentando e
implementando nuovi approcci e modelli di management, apprendendo
dall’esperienza, dal passato e dagli altri. Nella prospettiva della learning
organization, l’organizzazione non è più vista come la sede di processi
trasformativi che conducono esclusivamente alla fabbricazione e
all’erogazione di prodotti o servizi. Ma sono i processi trasformativi
attinenti a conoscenze e competenze presenti nell’organizzazione ad essere
considerati fondamentali e prioritari per la soddisfazione della mission
organizzativa e per l’efficace realizzazione del compito primario. In
estrema sintesi, si tratta di adottare una nuova e profondamente diversa
visione dell’organizzazione, superando il paradigma industriale a favore di
quello dell’apprendimento. Gli assunti del paradigma industriale, infatti,
stanno diventando sempre meno applicabili in un’era di personalizzazione
di massa basata sulle informazioni. La creazione della conoscenza sta
diventando essenziale per conseguire la creazione di ricchezza e un numero
crescente di organizzazioni si sta rendendo conto che la creazione di
ricchezza è determinata dal grado di efficienza con cui vengono generate,
trattate e trasferite le informazioni e le conoscenze all’interno del sistema
organizzativo. L’interesse attuale per l’organizzazione che apprende è
anche giustificato dal fatto che essa integra più filoni di ricerca e di azione
manageriale; per citare i più significativi: la qualità totale, lo sviluppo delle
competenze distintive, i sistemi di learning, il knowledge management:
TABELLA 1.1 Parallelo tra paradigma industriale e paradigma di apprendimento. Fonte:
Formare, 2002, newsletter per la formazione in rete, www.formare.erickson.it
Paradigma industriale
Paradigma di apprendimento
L’organizzazione è un sistema per
controllare
L’organizzazione è un sistema per creare
conoscenza
L’organizzazione è un portfolio di
prodotti e servizi
L’organizzazione è una costellazione di
competenze e capacità
Che cos’è l’apprendimento organizzativo
21
A partire da queste riflessioni la learning organization deve essere
considerata un sistema multidisciplinare e multidimensionale:
l’apprendimento organizzativo viene, quindi, visto come l’insieme di
processi che portano l’organizzazione ad analizzare e ripensare criticamente
i propri successi e insuccessi, rivedere in modo continuativo i propri
indirizzi strategici e le routine consolidate, porre attenzione a tutti i segnali
provenienti dall’ambiente accettando e valorizzando visioni alternative
rispetto a quelle dominanti, e soprattutto a sperimentare innovazioni
tecniche e organizzative che vengono alimentate da un coerente e pervasivo
processo di produzione e di diffusione della conoscenza.
1.2 Una distinzione preliminare
Esistono diversi approcci e orientamenti teorici che studiano
l’apprendimento organizzativo. Ad un tal proposito, è opportuno fare
riferimento all’eccellente contributo di Gherardi e Nicolini che nel loro
lavoro Apprendimento e conoscenza nelle organizzazioni offrono una guida
significativa non solo per orientarsi nell’ampia letteratura sul tema ma
anche per comprendere come apprendimento e organizzazione siano il
risultato di processi attraverso i quali la conoscenza viene creata, condivisa,
perpetuata e messa in circolazione
1
. Prima di approfondirli, dunque, e di dar
conto del dibattito che sul tema si è sviluppato, occorre sottolineare come
sia stata data una diversa accentuazione a questioni connesse al fenomeno
empirico, con la conseguente difficoltà di individuarlo in modo univoco. In
particolare, ci si chiede se siano le organizzazioni ad apprendere o se ad
apprendere siano gli individui entro le organizzazioni. Nel primo caso
1
Silvia Gherardi è professore ordinario di sociologia dell’organizzazione presso l’Università di
Trento; Davide Nicolini si occupa di apprendimento, sviluppo organizzativo e innovazione e
insegna presso le Università di Bergamo e Trento. Il contributo cui si fa riferimento è
Apprendimento e Conoscenza nelle organizzazioni, Roma, Carocci, 2004
Che cos’è l’apprendimento organizzativo
22
l’organizzazione è intesa come un sistema, nel secondo caso come un
contenitore dentro il quale le persone trattano la conoscenza.
Se l’apprendimento organizzativo è inteso come apprendimento
dell’organizzazione, questa è pensata in analogia ad un sistema cibernetico
2
ed il suo apprendimento, pertanto, si fonda sul meccanismo del feedback,
cioè sulla retroazione che un’azione richiama e che a sua volta innesca
un’azione di correzione. Nella concezione cibernetica dell’apprendimento è
centrale il concetto o processo di informazione: il feedback, infatti, è una
informazione che informa un’azione che produce una conseguenza; la
conseguenza passa informazioni alla azione che si ripete o si modifica.
Input Output
feedback
FIGURA 1.1 Sistema basato sul meccanismo del feedback.
2
Il termine cibernetica fu coniato dal matematico Norbert Wiener che lo derivò da una parola
greca che significa pilota. La cibernetica è una scienza multidisciplinare che ha forti interazioni
con molte altre discipline ed aree tecnologiche: filosofia, psicologia, matematica, biologia, fisica,
teoria dei controlli, teoria delle comunicazioni, robotica. Studia i meccanismi con cui uomini,
animali e macchine comunicano con l’ambiente esterno e lo controllano. Le origini della moderne
cibernetica vanno rintracciate nei lavori e nelle ricerche di Wiener e colleghi svoltesi durante il
secondo conflitto mondiale, al fine di sviluppare e perfezionare strumenti per controllare il tiro
delle armi da fuoco. L’obiettivo era quello di creare macchine dotate delle stesse capacità
computazionali e adattative di un cervello vivente. Ciò che emerse fu la comprensione del fatto
che la capacità di un sistema di autoregolarsi dipende da processi di scambio di informazioni che
rispondano al modello del feedback negativo. I sistemi di feedback negativo gestiscono i processi
di rilevazione dell’errore e della sua correzione. La cibernetica sviluppa in questo modo una teoria
della comunicazione e dell’apprendimento fondata su quattro principi essenziali: 1) i sistemi
devono essere capaci di ricercare e monitorare aspetti significativi del loro ambiente; 2) devono
essere in grado di collegare l’informazione raccolta alle norme operative che guidano il
comportamento; 3) devono essere in grado di individuare possibili scostamenti da tali norme; 4)
devono essere in grado di porre in essere azioni correttive qualora vengono rilevate delle
deviazioni. Se queste quattro condizioni vengono soddisfatte si instaura un processo continuo di
scambio di informazioni tra il sistema ed il suo ambiente che consentirà al sistema stesso di
percepire eventuali cambiamenti e mettere in atto risposte adeguate
Che cos’è l’apprendimento organizzativo
23
In tale visione l’organizzazione può essere vista come un modello di
informazione in evoluzione, la cui caratteristica essenziale è rappresentata
dalla sua capacità di autoprogettarsi e l’apprendimento organizzativo
consisterebbe nella capacità di monitorare nell’ambiente le conseguenze
delle azioni iniziate per correggerle in base alle risposte provenienti
dall’ambiente. Sulla base del concetto di feedback, March e Olsen
3
nel loro
modello di apprendimento organizzativo fanno una distinzione tra azione
individuale e azione organizzativa postulando un ciclo ideale di
apprendimento a quattro stadi, secondo il quale:
9 le azioni individuali sono basate su credenze individuali
9 tali azioni conducono all’azione organizzativa che produrrà a sua
volta determinati risultati
9 i risultati sono intesi come risposte ambientali, vengono individuati
i successi e gli insuccessi e vengono stabilite le relazioni tra azioni
e risultati
9 la conoscenza così prodotta rafforzerà le credenze individuali. Il
ciclo, quindi, è completo quando la risposta organizzativa influenza
le credenze individuali e, in tal modo, si chiuderà il cerchio.
FIGURA 1.2 Ciclo ideale di apprendimento a quattro stadi.
3
Gherardi S., Nicolini D, Apprendimento e Conoscenza nelle organizzazioni, op. cit. pg. 9
Azioni
organizzative
Risultati
Risposte
ambientali
Credenze
individuali
Azioni
individuali
Che cos’è l’apprendimento organizzativo
24
Tracciando questo cerchio si nota che se la risposta organizzativa è
statica e immutabile le credenze e le azioni individuali e, quindi, anche le
azioni organizzative rimarranno immutate. Se ci sono modifiche
nell’ambiente, tuttavia, le credenze individuali sul contesto potrebbero
cambiare stimolando così un insieme differente di azioni individuali e
organizzative. Ciò genera un nuovo ciclo di apprendimento.
Il loro modello
4
si occupa anche del problema del ciclo incompleto di
apprendimento, poiché nel passare da uno stadio all’altro può verificarsi
un’interruzione, ossia, una incoerenza tra credenze e azioni. Nel ciclo di
apprendimento incompleto, l’apprendimento a fronte di contesti mutevoli è
danneggiato in quanto uno o più dei legami è debole o guasto. Gli autori
identificano casi in cui il ciclo di apprendimento è incompleto e conduce ad
un apprendimento disfunzionale:
apprendimento superstizioso, dove il legame tra azione
organizzativa e risposta dell’ambiente è insussistente. Qui, le
azioni sono intraprese e le risposte osservate ma non esiste una
base reale sulla quale connettere l’azione organizzativa con la
risposta ambientale; ad esempio, quando le promozioni
dovrebbero indicare alti livelli di rendimento ma in realtà
vengono date ad individui che meglio rispecchiano le
caratteristiche dei capi. Le attribuzioni scorrette generano negli
individui così promossi una forte fiducia in sè stessi e nel
proprio rendimento tale da portarli a sopravvalutare la propria
capacità di prendere decisioni importanti per l’organizzazione;
ambiguità del successo, quando non è facile stabilire se un
certo successo organizzativo si sia verificato, poiché gli
indicatori di successo cambiano continuamente, ed anche
perché il valore che si attribuisce loro cambia nel tempo.
4
March J.G., Olsen J., The Uncertainty of the Past: Organizational Learning Under Ambiguity,
1975, in European Journal of Political Research 3; trad. it. March J.G., Decisioni e organizzazioni,
Bologna, Il Mulino, 1993