3
Introduzione
Veduta prospettica di Pera, Liber insularum Maris Aegeii, Cristoforo Buondelmonti
Codice cartaceo sec. XV , Biblioteca della Marciana di Venezia
Il ventennio che dal 1453, anno fatidico della caduta di Costantinopoli e della dedizione
di Pera ai T urchi, giunge al 1475, quando hanno fine le ultime colonie genovesi di
Crimea, è un periodo cruciale per il mondo latino e per Genova in particolare, che vede il
progressivo rapido sfaldamento del proprio impero coloniale.
Iniziato quasi quattrocento anni prima, il sistema coloniale genovese del Levante, pur nelle
sue alterne e complesse vicende, ha rappresentato l’ossatura sulla quale si sono fondate
la prosperità economica e la potenza politico-militare di Genova sul mare, condizioni che
hanno consentito alla città di assurgere al rango di prima potenza mediterranea.
Il crollo del sistema coloniale è traumatico per la città che, già provata da una situazione
di endemica instabilità interna, vede rimessa in discussione la propria egemonia nel
Mediterraneo quando non addirittura la sua stessa esistenza come soggetto politicamente
significativo: è un moment o sicuramente tormentato questo, di enorme travaglio politico
e sociale, preludio però di quel volgersi ad Occidente che sarà la pietra miliare della
ricostituita potenza di Genova nei secoli a venire.
4
Periodo cruciale, dunque, per la storia genovese, ampi amente trattato dalla storiografia: in
questo studio - dopo alcuni brevi accenni alla storia di Pera genovese e alle vicende che
vanno dalla presa di Costantinopoli e della dedizione di Pera agli Ottomani nel 1453 sino
alla caduta di Caffa nel 1475, collocate nel quadro internazionale dell’epoca - si cercherà
di esplorarlo da un punto di vista singolare, le traslazioni cioè di paramenti liturgici,
oggetti sacri, icone e reliquie avvenute sull’onda di reazioni emotive da Pera a Genova
nel ventennio.
L’argomento sarà svolto partendo dalle testimonianze che di questi avvenimenti si trovano
nelle fonti, soprattutto genovesi, che ne hanno tramandato la memoria giungendo a noi in
un’ininterrotta tradizione.
Esiste infatti un’ampia tipologia di manoscritti, di documenti e di atti notarili conservati
presso l’Archivio Storico del Comune di Genova, l’Archivio di Stato di Genova, la
Biblioteca Civica Berio di Genova, la Biblioteca Universitaria di Genova ed altre
istituzioni ecc lesiastiche, rimasti ignoti al grande pubblico sino a fine ‘800 quando se ne
è iniziata la valorizzazione da parte di eruditi e studiosi genovesi.
Si verificherà infine la possibilità di ricostruire la storia di alcuni oggetti significativamente
importanti che fanno tuttora parte del patrimonio cittadino - e non solo, come vedremo.
5
1. Capitolo primo. La caduta di Costantinopoli e le sue conseguenze
1.1. Brevi cenni su Pera e l’impero coloniale genovese del Levante
Pera, dal greco πέρα = al di là, è il nome dato dai Latini al sobbor go periferico - chiamato
Galata (“tà Galatou”) dai Bizantini - che dalla collina posta al di là del Corno d’Oro
fronteggia la città di Costantinopoli: è lì che nell’anno 1267, a restaurazione imperiale
avvenuta, si insediano i Genovesi in adempimento di quanto stipulato sei anni prima nel
trattato di Ninfeo con l’imperatore Michele VIII Paleologo.
Come Costantinopoli, Pera è un crocevia nel quale, grazie all’instancabile attività dei
mercanti genovesi, confluiscono le merci provenient i da e per l’Asia attraverso la via
settentrionale del Mar Nero e quella centrale della Persia, oggetto di incessante traffico
con l’Occidente. Ottimo porto pullulante di navi, Pera surclassa in breve la pur ricca
dirimpettaia in termini di traffici commerciali: già prima della metà del T recento la dogana
perota produce un gettito sette volte superiore a quello di Costantinopoli.
1
La città è importante anche dal punto di vista istituzionale: il “Podestà dei Genovesi di
Romania” residente in Pera ha giurisdizione su tutti i consoli delle colonie genovesi del
Mar Nero e dell’Asia Minore, con la sola eccezione di Caffa. Il governo dell’insediamento
genovese si attiene alle medesime leggi della metropoli: così come gli Statuti di Pera,
promulgati nel 1304, sono un semplice estratto di quelli genovesi, anche il clero e le
chiese perote dipendono dall’Arcivescovo di Genova.
2
Inattaccabile dal mare grazie alla potente flotta però priva di mura, la città si trova esposta
a colpi di mano ostili: onde far fronte ai continui attacchi - dei Veneziani prima (1296), dei
mercenari Catalani poi (1303) - e a dispetto delle convenzioni con l’impero bizantino che
ne vietano la costruzione, Pera si munisce progressivamente di una poderosa cinta muraria.
Quando le vecchie case in legno sono quasi totalmente distrutte da un incendio nel 1315 la
città viene riedificata in pietra, quasi “un’atra Zenoa”: e questa, la familiare impressione
di stare nei caruggi di Genova, è la suggestione offerta ancora oggi a chi, genovese, si
inerpica per le stradine che dal ponte di Galata salgono alla torre.
Edificata nel 1348 - allorch è i Peroti riescono con un abile colpo di mano ad espandersi
sulla collina sovrastante, a lungo oggetto di cupidigia, e a fortificarla - la poderosa torre,
seppur modificata, è tuttora notevole punto cospicuo del panorama di Istanbul: baluardo
posto a protezione dell’abitato, mai espugnata da armi nemiche, le sue chiavi verranno
consegnate un secolo dopo senza colpo ferire a Maometto II.
1) R. Lopez, Storia delle colonie genovesi nel Mediterraneo, Bologna 1938, Genova-Milano 1996, p. 224.
2) Id., p. 225.
6
Pera è, quindi, il centro nevralgico del complesso sistema coloniale genovese del Levante
le cui colonie e fondachi sono andate a punteggiare, nel tempo, le isole dell’Egeo e le coste
dell’Anatolia e del Mar Nero, dove Caf fa dagli anni ‘80 del Duecento ne è l’avamposto.
Posti direttamente sotto la sovranità comunale, come le colonie del Mar Nero amministrate
dall’Officium Gazarie (dal 1313), oppure governati da interessi privati anche tramite
l’istituto della Maona, come nel caso dell’isola di Chio, gli insediamenti genovesi
intrecciano le loro vicende a quelle internazionali e della madrepatria.
Le alterne vicende che costellano di alti e bassi la storia dei secoli coloniali genovesi -
vicende che vedono il punto più drammatico nella “morte nera” che dal 1347 si propaga
con velocità fulminea dall’assediata Caffa prima all’Italia e da lì all’Europa intera - non
alterano la fondamentale ricchezza derivante alle colonie e a Genova dall’incessante
attività - mercantile prima, finanziaria e industriale poi - di cui Pera è il perno.
Se nel 1334 l’imponibile sul quale viene calcolata l’imposta del commercio portuario
perota è quasi pari a quello di Genova, non deve trarre in inganno il drastico calo registrato
novant’anni dopo, nel 1423, quando esso si trova ridotto ad un settimo: è vero che i traffici
portuali di Pera si sono notevolmente contratti ma è anche vero che la città ha saputo
riconvertire la propria economia ad attività industriali e, soprattutto, finanziarie, meno colpite
dall’avanzata ottomana in Asia e dall’insediamento della dinastia Ming in Cina, attività che
permetteranno alla sua ricchezza complessiva di rimanere inalterata fino al fatidico 1453.
3
Ed è vitalità mantenuta fino all’ultimo: certamente i pochi atti rogati a Pera nei primi tre
mesi del 1453, quando la minaccia turca è alle porte, confermano il progressivo venir
meno delle transazioni commerciali ma allo stesso tempo la lunga rateazione, fino a nove
anni, contemplata in uno di essi dimostra la fiducia che, nonostante tutto, continua ad
essere riposta nella possibilità di superare positivamente l’emergenza rappresentata dalla
rinnovata aggressività ottomana.
4
E la caduta di Costantinopoli, millenario baluardo d’Occidente, arriverà in qualche modo
inaspettata, e con essa quella di Pera genovese.
1.2. La caduta di Costantinopoli
Nei primi decenni del XV secolo, sotto i ripetuti colpi dei Turchi Ottomani che dall’inizio
del secolo precedente si sono abbattuti ad ondate contro i suoi territori, l’Impero Romano
3) Id., pp. 290-291.
4) A. Roccatagliata, Nuovi documenti su Pera genovese, in: La storia dei Genovesi, Atti del Convegno
di Studi sui Ceti Dirigenti nelle Istituzioni della Repubblica di Genova, Genova 29-30-31 maggio-1 giugno
1990, XI, Genova 1990, pp. 127-144.
7
d’Oriente è ridotto ormai a pura immagine di facciata, di fatto ristretto alla sola città-
stato di Costantinopoli, internamente esausto e soggetto a tributo da un effimero trattato
di pace col Turco.
Per oltre un millennio metropoli fra le più grandi al mondo, la stessa Costantinopoli alla vigilia
dell’assedio finale è l’ombra di sé stessa: scarsamente abitata, difesa solo dalle imponenti
mura più che dal numero delle truppe, la sua caduta appare un evento solo rimandato.
Gli ultimi imperatori, nulla più che patetiche figure costrette dalla necessità a cercare
aiuti militari presso le riluttanti potenze occidentali, giungono sino a porre sul piatto
della negoziazione con i Latini l’unione della Chiesa greca con quella romana: unione
che, assolutamente invisa alla popolazione bizantina, viene solennemente proclamata il 6
luglio 1439 nella cattedrale di Firenze alla presenza stessa dell’imperatore Giovanni VIII
Paleologo per poi rimanere di fatto inattuata.
La catastrofe dell’armata cristiana a V arna del 10 novembre 1444 vede fallito l’ultimo
tentativo di una comune azione militare da parte delle potenze cristiane contro l’offensiva
ottomana.
5
Ed è questa una pagina triste anche per i Genovesi, traghettatori dell’esercito
turco attraverso i Dardanelli in violazione del blocco imposto dai Latini: l’impressione
- rafforzata da altre passate connivenze - che, in una situazione giudicata ormai
compromessa, essi intendessero decisamente schierarsi con i Turchi per ottenere futuri
privilegi lascia profondi strascichi in tutta Europa.
6
In un estremo tentativo di ricomposizione del fronte comune contro l’avanzata ottomana
che appare ormai inarrestabile, l’unione religiosa viene rivitalizzata dal successore
Costantino XI Paleologo, l’ultimo imperatore. Ufficialmente annunciata in Santa Sofia
dal legato papale Isidoro di Kiev il 12 dicembre 1452, ottiene il solo risultato di esasperare
ancor più il popolo bizantino, così ostinatamente aggrappato alla propria fede da far
esclamare ad uno dei suoi massimi funzionari “Preferirei vedere in mezzo alla città il
turbante turco piuttosto che la mitra latina”
7
: cosa che puntualmente accadrà cinque mesi
dopo - e la caduta andrà ad assumere anche veste di lettura apocalittica, con l’attribuzione
del crollo dell’Impero bizantino al perpetrato tradimento della fede ortodossa.
8
L’eccellente posizione strategica di Costantinopoli è assolutamente determinante per il
controllo dello stretto del Bosforo: i suoi eccellenti porti, incluso quello genovese di Pera,
mantengono libero il transito per il Mar Nero garantendo un vitale appoggio alle navi
5) G. Ostrogorsky, Storia dell’impero bizantino, München 1963, T orino 2005, p. 505.
6) Lopez, Storia delle colonie genovesi, op. cit., p. 312.
7) Ostrogorsky, Storia dell’impero bizantino, op. cit., p. 506.
8) G. Potestà - G. Vian, Storia del cristianesimo , Bologna 2010, p. 343.