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Giovanni Querini Stampalia nacque il 5 maggio del 1799 e morì il 25
maggio del 1869, percorrendo così buona parte della Venezia ottocentesca,
dagli Austriaci all’Unità.
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Capitolo I: 1849: la frattura
Io non sono più Conte perché in una Repubblica non vi sono più titoli,
quindi non più Stampalia ch’è un predicato aggiunto al titolo di Conte, il
mio indirizzo è ora semplicemente, al Cittadino Giovanni Querini del fu
Alvise, al più se volete la qualifica personale Dottore in Legge, che non può
essermi tolta…
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Dopo 15 mesi di “Repubblica veneziana”, il 3 agosto 1849 avvenne il
saccheggio di palazzo Querini Stampalia da parte dei patrioti del Circolo
Italiano, con mobili, libri, monete e medaglie buttati in canale e furto dei
migliori pezzi di valore numismatico del medagliere oltre a sacchi pieni di
monete d’oro, per un danno di 100.000 lire austriache di allora.
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L’assalto avvenne perché si era diffusa la voce, priva di fondamento, che il
patriarca Jacopo Monico, residente al secondo piano del palazzo, avesse
sottoscritto una petizione per la resa agli austriaci.
Il Patriarca aveva in realtà soltanto chiesto su quale speranza si basasse la
resistenza di Venezia, data la scarsezza di viveri e l’imperversare del colera.
Ecco un rapporto conservato presso l’Archivio di Stato di Venezia:
3 agosto 1849. Nel giorno fatale in cui il Palazzo Querini abitato nel
secondo piano da S. E. il Patriarca fu assalito da un'orda di malvagi, erano
il Patriarca, il Conte Sceriman, il Co. Antonio Zen, il Co. Andrea
Valmarana, S. E. Daniele Renier e altri radunati in una stanza per trattare
Per semplificare userò delle sigle per indicare i fondi bibliografici e
archivistici più utilizzati:
BQS = Fondazione Querini Stampalia, Biblioteca, Manoscritti;
APQS = Fondazione Querini Stampalia, Archivio privato della famiglia
Querini Stampalia;
APQS, Lettere= Fondazione Querini Stampalia, Archivio privato della
famiglia Querini Stampalia, Lettere.
Tre puntini tra parentesi tonde indicano interruzione del periodo,mentre il punto
interrogativo tra parentesi tonde indica che non è stato compresa la parola manoscritta.
2
APQS, Lettere, V,31, Lettera di Giovanni Querini al fattore Giovanni Battista Lucetti, 13
aprile 1848.
3
Come nel resto dell’Europa, anche a Venezia il sentimento antiaustriaco portò alla
sollevazione popolare ed alla creazione della Repubblica veneziana presieduta da Daniele
Manin il 23 marzo del 1848.
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gli oggetti di pubblica beneficenza. Un romore si udì nella strada, ossia nel
Campiello Querini, e un botto di sasso in uno dei balconi. Ciò appena udito,
il patriarca, senza dir nulla, si leva dal soffà, e si ritira. Intanto il popolo
montò sul ponte, sforza un balcone del primo piano di casa Querini, mette a
soqquadro quell'appartamento, e le stanze terrene dell'Agenzia patriarcale,
indi aperse le porte prossime che mettono sulla scala ed ascende nel
secondo appartamento abitato dal patriarca, entra nelle stanze, vede un
ritratto del Papa, e lo fa in pezzi, parea cercasse del patriarca, ma non
v'era. In mezzo a questo furore giunse Tommaseo ov'erano quei Signori
della Beneficenza (alcuni dei quali però s'erano partiti), cioè il Conte
Renier e il Co. Sceriman; e il Conte Renier dice: Oh bravo Tommaseo, [?]
di tranquillizzare il popolo, tocca a voi di aringarlo e distoglierlo da tale
azione Tommaseo risponde: Il Patriarca ebbe torto a sottoscrivere quella
Carta (intendeva quella [?] diretta all'assemblea in cui si poneva sottocchio
lo stato infelice di Venezia e si chiedeva provvedimento e null'altro, nè si
parlava punto di capitolazione; carta sottoscritta prima dal Patriarca, poi
da' canonici e…
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In quell’occasione Giovanni Querini subì gravi danni, come si evince anche
dal curioso racconto che l’agente Lucietti fa all’arciprete di Oderzo :
L’accaduto al Patriarca di Venezia il Palazzo invaso non dal popolo in
massa ma dai fanatici del circolo italiano, gl’insulti e (?) sofferti le
distrutte mobilie gettate dalle finestre l’incorso personale pericolo (e
tuttociò dicesi perché abbia esternato parere ad una capitolazione) mi mette
in grave timore per Nob.mo Padrone, l’avere egli occupato nell’intero
Palazzo in un piano che prima di giungere a quello del Patriarca ci passa
vicino al suo, l’esser d’indole riflessiva alle conseguenze del pericolo e
forse di non tanto buona opinione per i riscaldati perché uomo tranquillo,
mi da oggetto di confermarmi che egli abbia incorso qualche pericolo od
almeno una grande paura; non guardo ai danni che avrà sofferti nel
Palazzo e nei mobili del Patriarca li quali credo essere proprietà del mio
Padrone.
Si discorre di quantità di palle di cannone e granate mandate in Venezia e
nel centro, di qualche incendio, mentre anche da Mestre si videro alzarsi
globi di fumo dicesi di gente morta per questo fine, e con tuttociò Venezia
persiste nella più disperata difesa, voglia il Signore dar senno a chi ne ha
d’uopo e per terminare tante sciagure.
S’immagini Ella adunque come posso trovarmi timore suddetto e nel grave
precedente imbarazzo di aver dovuo da due giorni ed immediatamente
all’ordine ricevuto dal Comando Generale del 2° Corpo d’Armata al blocco
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Archivio di Stato, Venezia. Presidenza di luogotenenza, b. 29, fasc. 21. Rapporti relativi
al saccheggio della casa del nobile Querini e del Patriarcato di Venezia avvenuto il 3
agosto 1849.
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di Venezia di allontanare tutto il bestiame dalle stalle in Parrocchia di
Favaro e la maggior parte di quelle in Parrocchia Dese, (non fo cenno di
tanti altri luoghi che non interessano alla mia amministrazione) tosto
comunicato dalla confisca degli animali a favore delle truppe e
dell’immediato arresto del proprietario che sarà sottoposto a rigorosissime
punizioni, coll’espresso divieto non solo di portarvi qualche volta del giorno
con li bovi a lavorare le terre e raccoglier li foraggi maturati raccolti ma
neppure di poter trasportare il bisognevole per la sussistenza degli animali
allontanati: ecco ora autorizzati di ommettere li pagamenti de generi in
natura li malintenzionati affittuali ed impossibilitati li buoni. Invano sono
ricorso dal Comando di Piazza e dal Comandante delle truppe stazionate
nelle Parrocchie suddette, invano li abbiamo uniti di veri in commissione
presentando supplica al Comando Generale pregandolo di concedere
almeno di giorno per titolo di grazia e nei più indispensabili bisogni un paio
di buoi per terreno. Niente! ...
5
.
Il Patriarca si rifugiò sull’isola degli Armeni e poco tempo dopo morì di
crepacuore, mentre Giovanni trovò ospitalità presso una vicina, Teresa
Fortunato
6
, per poi trascorrere quasi due mesi nella sua tenuta di Giavone a
causa del colera ancora virulento a Venezia.
Dopo questo tragico fatto il secondo piano del palazzo restò chiuso. A
questo proposito, così scrisse G. Fontana:
Da quell’epoca il piano secondo, ad onta delle inchieste, non più a
chicchessia accomodatasi. Esso rimane chiuso, quasi memoria di un giorno
per Venezia nefasto…
7
Giovanni Querini Stampalia, ultimo discendente di una famiglia veneziana
fra le più antiche, compiuti cinquant’anni, vide così crollare quelle che per i
suoi avi, e per secoli, erano state certezze: i due anni di rivoluzione
avrebbero segnato Giovanni probabilmente più di quanto sia mai emerso
dagli studi.
5
APQS, Lettere, V,37: Lettera di GioBatta Lucietti al parroco di Campodipietra presso
Oderzo Carlo Maccarini. 20 Agosto 1849.
6
Teresa Fortunato, non sarebbe stata dimenticata. Trent’anni dopo, con il testamento, il
Conte le lasciò un braccialetto d’oro del valore di 2.500 lire, 1000 lire alla figlia e 1.000
all’amica di lei, Santina Brinis.
7
Gianiacopo Fontana, Cento palazzi fra i più celebri di Venezia. Venezia, Naratovich,
1865.
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Fu desiderato quant’altri mai come erede maschio e continuatore della
dinastia, anche a causa della morte in tenera età di un fratello ed una sorella
maggiori.
Quando nel 1824 Alvise Querini, ormai sessantaseienne, spinto dal
desiderio d'un padre, se prima di morire possa egli veder assicurata la sua
famiglia, chiese prudentemente al suo unico figlio Giovanni quali intenzioni
avesse riguardo al matrimonio, questi prima non rispose:
Aveva messo quelle lettere in un cantoncino del mio scrittojo; perché così
faccio, quando mi pare ben fatto di non rispondere; tenendo per giustissimo
quella sentenza, che dice essere il silenzio la più cauta cosa di questo
mondo…
8
Dopo reagì in tono indignato e con parole piuttosto esplicite che non era
disposto a tollerare da parte del padre una tale ingerenza nei suoi affari
privati.
Giovanni preferì l'estinzione della sua famiglia piuttosto che piegarsi alla
volontà paterna che lo voleva maritato, ma perpetuò in altra maniera
l’eredità secolare dei Querini. Per testamento, infatti, destinò ad un uso
pubblico, ma regolato da sue ben precise indicazioni circa l’indirizzo e le
finalità, tutte le sue raccolte artistiche e bibliografiche insieme con tutti i
suoi averi.
Istituì così una Fondazione omonima che sarebbe stata una delle prime
fondazioni italiane di questo tipo:
…dopo la mia morte, la mia Biblioteca, Galleria, Medagliere, Oggetti
d’arte posti nel mio palazzo a S. Zaccaria diverranno d’uso pubblico…
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8
APQS, Lettere, I,6, Lettera di Giovanni Querini ad Alvise Querini, 18 agosto 1824.
9
Giovanni Querini Stampalia. Testamento del Conte Giovanni Querini Stampalia del fu
Alvise fatto in Venezia nel giorno 11 dicembre 1868 e pubblicato il giorno della morte del
testatore il 25 maggio 1869. In Fondazione Querini Stampalia, Archivio, Busta W. A
stampa anche in: Fondazione Querini Stampalia Onlus. Statuto. Venezia, Grafiche
Veneziane, 1999.
9
Dall’adolescenza sino a trent’anni si dedicò alla propria formazione,
interessandosi a numerose discipline, anche in ambiti molto diversi,
chiedendo al padre a tale scopo sempre più denari. Nei venti anni successivi
si occupò prevalentemente dell’amministrazione oculata dei propri
possedimenti che si espandevano per successive eredità. Trascorse gli ultimi
vent’anni ancora dedicandosi allo studio, ma anche viaggiando, allestendo
un laboratorio di chimica e fisica che si arricchiva sempre più, per
sperimentare in esso le novità scientifiche, ma ricercando continuamente,
nel contempo, la migliore soluzione per incrementare il patrimonio e
perpetuarlo.
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Capitolo II: Ribellione giovanile e “fatti che non sono vostri”
La famiglia Querini, ramo di S Maria Formosa o dei Gigli, dall’Ottocento
detta anche Stampalia per aver posseduto, fino al 1537, l’isola greca
Astypalaia o Stampalia, fu una delle principali del patriziato veneziano, le
cui origini risalgono quasi all’inizio della storia di Venezia.
Si dedicarono, com’era consuetudine, al commercio e nel secolo XVI
investirono le somme accumulate acquisendo diverse proprietà in
terraferma, secondo l’uso del patriziato veneziano.
Soprattutto nel secolo XVIII individuiamo rilevanti figure appartenenti alla
famiglia: Gerolamo Guerrino, in religione Angelo Maria Querini, prefetto
della Biblioteca Vaticana e arcivescovo di Brescia, il senatore Andrea
Domenico, mentre Alvise Maria, padre del Conte Giovanni, fu l’ultimo
ambasciatore della Repubblica di Venezia a Parigi dal 1795 al 1797.
10
I due figli di quest’ultimo, Caterina Cecilia e Giovanni, non si somigliavano
affatto. Caterina era espansiva, estroversa, piena di gioia di vivere, curiosa e
amante delle novità nel campo della moda, della letteratura e del teatro tanto
che il suo salotto fu celebre e sostituì quello della Teotochi Albrizzi dopo la
morte di costei. Il tempo non le bastava, come emerge dai suoi resoconti
epistolari indirizzati alla famiglia. In un’occasione scrisse al padre:
L’assicuro che qui mi capitano a tutti i momenti Signore Forastiere colle
quali mi tocca a far l’amabile, e che pochissimo tempo mi resta libero, tra
queste, le convenienze del luogo, le gite ai Bagni, e le mie faccende…
11
Nel 1838 indirizzò queste parole al fratello:
10
Esaurienti saggi sulla famiglia, soprattutto relativamente al secolo XVIII, sono contenuti
nel catalogo della mostra organizzata nel 1987: I Querini Stampalia. Un ritratto di famiglia
nel settecento veneziano, a cura di G. Busetto e M. Gambier, Venezia 1987.
11
BQS, Manoscritti, VII,34(=605), Lettera di Caterina Querini ad Alvise Querini, 3
luglio1833.
11
Non so perché Dio mi abbia fatto nascere con tanta attività nell'anima, e
tanto desir di viaggiare, per costituirmi poi in uno stato da marmotta.
Contradizione infinita…
12
Giovanni era molto diverso, ma entrambi ebbero rapporti molto conflittuali
con i genitori. Una lettera di Maria Lippomano alla figlia Caterina, novella
sposa,
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risulta piuttosto cruda:
Ho avuta la vostra lettera de’ 22 jeri soltanto. Come conosco lo stile vostro,
vedo che avete avuto bisogno per iscriverla dell’altrui aiuto. Ho conosciuto
in questa circostanza il vostro cuore, la vostra leggerezza, il vostro orgoglio
malissimo impiegato. Riserbatelo questo per farvi un buon letto nel mondo,
e sappiate calcolare un po' meglio le vostre amiche, e le confidenze che
volete far loro, e facendole fatele sulla base della verità. Vi assicuro che per
me qualunque sia la vostra vendetta, e dimostrazioni di poco affetto, e verso
di me, e verso vostro Marito non mi prenderò più certo la libertà di farvene
il più picciolo cenno. Ho fatto quanto basta: Bisogna essere cordiali, ne dar
aditto alle altrui dicerie se non vogliamo siano fatte, perchè tutti hanno gli
occhi rivolti ad una Giovine che per la prima volta comparisce nel Mondo.
L'orgoglio giusto è quello che s'impiega nel non volere lasciare angolo
all'altrui critica, e condursi in maniera da farsi stimare. Bisogna
comandarla questa stima. La vostra superbia riserbatela per questo, e siate
meno finta co' vostri Genitori, e quando parlate colle vostre pretese amiche
di vostra Madre, siate giusta, nè ponetela in canzone perché essa in tutta la
sua vita si è condotta in maniera da non essere l'argomento de' discorsi
altrui. Vi priego d'ora innanzi di riguardarla come Forestiera, giacché
1'avete calcolata tale al vostro cuore ne' primi momenti che vi siete
distaccata dalle sue mani e me ne avete date conprove dubbie. Io però vi
perdono, il cielo vi dirigga, e benedica.
Vostra Madre
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Qualche anno dopo Caterina scrisse:
Mia Madre mi ha trattata anche in questa circostanza al solito, e sì vi sono
stata a trovarla per alcuni giorni, ogni mattina, ma mi pare che abbia fatte
più smorfie quando è morta la Nonna.
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12
BQS, Manoscritti, III,53(=324), Lettera di Caterina Querini a Giovanni, 17 giugno 1838.
13
Caterina,ventiduenne, sposò Girolamo Polcastro, cinquantacinquenne, il 4 maggio 1818.
14
BQS, VII34(= 605), Lettera di Maria Lippomano Querini a Caterina Querini Polcastro,
30 ottobre 1818.
15
BQS, Manoscritti, VII,34(=605), Lettera di Caterina Querini a Giovanni Querini, 4
febbraio 1826.
12
Tuttavia negli archivi queriniani ci sono poche tracce di screzi fra Caterina e
i genitori, anche perchè a 22 anni la giovane si era sposata con il conte
Girolamo Polcastro. All’inizio gli sposi abitarono nel palazzo di Santa Maria
Formosa, il cui primo piano per l’occasione fu decorato da Pietro Moro
16
.
Ma la convivenza si rivelò presto difficile ed i novelli sposi affittarono un
appartamento a Venezia in attesa che se ne liberasse uno alle Procuratie.
17
La decisione “fece alzare alte le grida della Querini [madre]…”, ma dal
1820 i coniugi Polcastro non abitarono più nel palazzo a S. Zaccaria. Il
contrasto tra madre e figlia emerge nelle Memorie del Polcastro, anche dopo
la morte di Alvise (1834):
[il contrasto] …tutt’ora sussiste, sebbene moderato un poco, dopo la morte
del conte Querini, uomo dabbene ed anche di ottimo cuore, benché rigido,
anziché no, nel conversare, ma debole e perciò sostenitore dei capricci della
madre e difensore, nonch’altro, delle propensioni della madre sulla cieca
sottomissione della figlia, d’una figlia già maritata, quindi soggetta ad altra
autorità, eguale di certo, se non superiore, a quella de’ genitori
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Più documentato risulta invece il conflitto familiare di Giovanni, che sentiva
molto il giogo.
Il suo carattere indipendente si manifestò nell’adolescenza, verso i diciasette
anni. Lo apprendiamo indirettamente dalle lettere al figlio scritte da Alvise
presso il quale la madre, che viveva con Giovanni, evidentemente spesso si
16
E. Merkel, Il mecenatismo ed il collezionismo artistico dei Querini Stampalia dalle
origini al settecento. In: I Querini Stampalia. Un ritratto di famiglia nel settecento
veneziano, a cura di G. Busetto e M. Gambier, Venezia 1987; Ruggero Marconato, La
famiglia Polcastro (sec. XV-XIX). Personaggi, vicende e luoghi di storia padovana,
Camposampiero 1999.
17
Ruggero Marconato, La famiglia Polcastro (sec. XV-XIX). Personaggi, vicende e luoghi
di storia padovana, Camposampiero 1999.
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Gerolamo Polcastro, Memorie per servire alla vita civile e letteraria d’un padovano
scritte in ottobre 1833-1837, BIBLIOTECA DEL MUSEO CIVICO DI PADOVA, ms. B.
P. 1016.XII, citato in: Virgilio Giormani, La casa di Gerolamo e Caterina Polcastro
frequentata dallo Stendhal, in “Atti dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti”,
153(1994-1995), p. 597-625.