6
Data la scarsa propensione per i cambiamenti che, in alcuni casi,
vanno a “scardinare” situazioni di stabilità consolidata e data anche la
poca chiarezza di intenti che ha accompagnato l’emanazione della
Legge di Riforma, tutte le innovazioni introdotte sono state vissute in
maniera negativa, anche perché, soprattutto nella scuola primaria, si era
giunti ad un felice equilibrio tra insegnamento, apprendimento e
valutazione e ad una applicazione serena e proficua di quanto prescritto
nei programmi del 1985.
Tuttavia, come ha affermato il prof. Brocca in un suo intervento
“ogni iniziativa politica è uno scontro, ogni cambiamento è
un’innovazione, non ogni scelta del passato è un errore, non ogni
sogno sul futuro è una strategia” e che “le leggi non sono perfette, ma
perfettibili e la capacità di discernimento deve aiutarci ad individuare
le opportunità presenti nella legge n. 53”
1
è necessario pervenire ad un
“incontro” se vogliamo realmente affrontare con serenità e
professionalità i problemi che affliggono la scuola in una società
complessa come la nostra, in cui si richiede a gran voce la formazione
di persone in grado di affrontare con competenza e flessibilità le sfide
del mondo del lavoro e in cui, al tempo stesso, si rischia di cadere nella
massificazione più esasperata a danno dell’originalità e della creatività
1
G. BROCCA, Intervento sul tema:La Scuola Primaria un anno dopo, Auditorium 23° Circolo Didattico
“Montello”, Bari 29 aprile 2005.
7
individuali. Dunque è compito di noi insegnanti ed educatori non cadere
in polemiche sterili, ma attivarci per affrontare in maniera professionale
e costruttivamente critica le riforme in atto, soprattutto nel campo della
valutazione che, tutti ben sappiamo, non si esaurisce nell’atto
burocratico della compilazione di documenti, ma in un ruolo educativo
imprescindibile finalizzato all’orientamento, alla valorizzazione dei
talenti, al raggiungimento di nuovi obiettivi, nell’ottica di
un’educazione permanente.
Il Portfolio delle competenze individuali introdotto dalla Riforma
Moratti può rappresentare l’occasione per un cambiamento, da tutti
auspicato, nella gestione della valutazione, la quale deve coinvolgere e
responsabilizzare maggiormente genitori ed alunni nella scelta dei
criteri e nella personalizzazione degli apprendimenti, deve consentire
all’alunno di attuare momenti di autovalutazione, per aiutarlo a
comprendere quali sono le sue potenzialità, ma anche le sue debolezze,
attraverso l’individuazione delle sue personali strategie di
apprendimento, deve incoraggiarlo a “tirar fuori” il positivo che è in lui
motivandolo a proseguire nel suo percorso formativo.
Scrive Andrew Epstein:
“ Se sei convinto che gli studenti a tutti i livelli dovrebbero fare di più che studiare
per una prova oggettiva (test); se pensi che gli insegnanti dovrebbero fare di più
8
che insegnare per una prova oggettiva (test);se sei dell’opinione che gli studenti
dovrebbero svolgere un ruolo più attivo nel processo di apprendimento; e se ritieni
di essere di aiuto a una più ampia varietà di studenti mantenendo allo stesso tempo
standard elevati, allora la valutazione tramite portfolio è un’idea che vale la pena
esplorare”
2
.
Sia come genitore che come insegnante credo che il Portfolio
rappresenti una valida opportunità per una valutazione più autentica,
orientativa e prospettica
3
e che ormai sia tempo per la scuola di fare un
salto di qualità verso un tipo di insegnamento “centrato
sull’apprendimento”
4
, purchè il suo utilizzo non si riduca ad una
semplice raccolta di materiali, ad un adempimento cartaceo che
avvilisca la sua portata formativa. La finalità di questo lavoro è proprio
quella di dare risposta ad alcuni di quei quesiti menzionati all’inizio
attraverso un’analisi non solo delle finalità del portfolio come
strumento a carattere qualitativo nell’ottica di una valutazione autentica
e delle teorie psicopedagogiche alle quali la legge si è ispirata, ma
anche della sua struttura interna, del come debba essere costruito perché
possa svolgere proficuamente la sua funzione formativa, anche
attraverso una comparazione con quanto viene fatto in altri paesi
europei ed extraeuropei.
2
Cfr. M. COMOGLIO, Insegnare e apprendere con il Portfolio, Fabbri Editori, Milano 2003, pag. 18.
3
S. LITURRI,Il portfolio delle competenze individuali. Proposta per un uso creativo nel contesto dei Piani
personalizzati, Milella, Bari 2004, pag. 22.
4
M. COMOGLIO, Insegnare e apprendere con il Portfolio, op. cit. pag. 55.
9
Nel primo capitolo vengono inizialmente illustrati alcuni
strumenti assimilabili al Portfolio, già da tempo utilizzati in alcuni paesi
europei per la certificazione delle competenze, come il National Record
of Achievements , l’Accreditation of Prior Learning, la Validation des
Acquis, l’Europass Formazione, utilizzati con la finalità di rendere
visibile il percorso formativo e le competenze acquisite dal soggetto e
garantire un’attestazione del proprio “sapere professionale” spendibile a
livello nazionale ed internazionale. Si procede, poi, ad un’ analisi delle
motivazioni che hanno condotto all’individuazione del Portfolio come
strumento di valutazione qualitativa attraverso un breve profilo storico
in cui si fa riferimento alle ricerche condotte da Howard Gardner e dai
suoi collaboratori nell’ambito di “Project Zero” e del programma Art
Propel, in cui si evidenzia come l’abitudine di artisti, scrittori, pittori, di
raccogliere in un dossier non solo i lavori migliori, ma anche appunti,
schizzi e quant’altro possa servire per descrivere le modalità con le
quali erano pervenuti alla creazione di una determinata opera, fosse una
modalità che ben si poteva adeguare anche alle attività di
insegnamento- apprendimento e che poteva contribuire allo sviluppo
della motivazione in quanto gli studenti riuscivano a sentirsi
protagonisti del loro percorso formativo, ricostruendo e autovalutando i
lavori e le attività svolte ed evidenziando le loro strategie cognitive e le
10
loro capacità creative. Proprio in virtù di queste conclusioni i ricercatori
di Project Zero incoraggiarono l’introduzione del portfolio nelle scuole,
dove tra l’altro era già in corso un acceso dibattito sulla valenza e la
validità delle prove oggettive come strumento di valutazione, le quali
non solo erano ritenute inadatte a valutare competenze e apprendimenti
complessi, ma erano ritenute responsabili di determinare un tipo di
apprendimento statico e demotivante.
In ultima analisi si procede ad un’analisi comparativa dell’uso del
Portfolio negli altri paesi europei con riferimento ad una esperienza
particolarmente significativa, condotta in Canada nella scuola Romèo-
Forbes della Commission Scolaire Saint – Hyacinthe del Quèbec
francese. Il Portfolio elaborato dal gruppo di lavoro della scuola
Romèo- Forbes è stato utilizzato principalmente nel primo ciclo della
primaria in diverse scuole della Commissione Saint-Hyacinthe e si
configura come un dossier degli apprendimenti, uno strumento di
valutazione e un dossier di presentazione per i genitori: tale documento
riflette le diverse fasi del percorso svolto dagli alunni e permettere loro
di acquisire consapevolezza dei progressi, ma anche dei punti di
debolezza; consente di verificare i risultati dell’alunno in termini di
conoscenze, abilità e di competenze; dà ai genitori la possibilità di
11
partecipare direttamente al processo di formazione collaborando
attivamente con gli insegnanti.
Nel secondo capitolo si è dato spazio alle teorie
psicopedagogiche richiamate dalle Indicazioni Nazionali e che
sottendono alla costruzione del Portfolio: il costruttivismo, la teoria
delle intelligenze multiple di Gardner e la teoria triarchia del pensiero di
Sternberg. Per sua stessa natura il Portfolio fa necessariamente
riferimento ad un modello di apprendimento in cui sono evidenziate tre
dimensioni, tra loro strettamente connesse, che determinano le modalità
con le quali il soggetto apprende: costruendo collegamenti fra
esperienza, conoscenze e concetti (dimensione costruttivistica),
attraverso il confronto fra le diverse concezioni o idee che prendono
forma all’interno dei gruppi (dimensione interazionistica) e in un
contesto che sia significativo, positivo e motivante (dimensione
ecosistemica)
5
.
Nel terzo capitolo, invece, si è cercato di evidenziare, attraverso
l’analisi di alcuni modelli valutativi di tipo qualitativo, come una
corretta valutazione possa essere l’unica maniera per dare garanzia di
qualità al sistema scolastico e quanto sia indispensabile una “cultura
della valutazione” a supporto di qualsiasi attività di insegnamento.
5
Cfr. S. LITURRI, Il portfolio delle competenze individuali. Proposta per un uso creativo nel contesto dei
Piani personalizzati, op. cit., pag. 34.
12
Inoltre si è pervenuti all’individuazione di due strumenti ritenuti
rispondenti alle istanze del movimento di valutazione autentica: la
rubrica e il portfolio.
Nel quarto capitolo viene delineata la struttura del Portfolio,
partendo prima da un’analisi delle diverse tipologie, così come indicate
dal prof. Comoglio, che le distingue a seconda dello scopo che
perseguono, dei contenuti e dei destinatari, al fine di comprendere
l’estrema flessibilità di questo strumento e il suo stretto legame con il
modello di valutazione autentica. Successivamente si è cercato di
individuare le modalità per un corretta costruzione del Portfolio al quale
tocca il difficile compito di documentare e certificare anche le
competenze degli alunni: era quindi necessario innanzitutto chiarire il
significato del concetto di competenza ed individuare le modalità
attraverso le quali rilevarle, per poi passare ad analizzarne “l’ossatura”,
costituita dalle sezioni dedicate alla presentazione dell’alunno, alla
valutazione, all’orientamento e al dossier. Anche in questo caso, data
l’enorme versatilità del Portfolio, è opportuno stabilire qual è lo
“sfondo educativo” che gli si vuole dare senza dimenticare il suo ruolo
strategico in una personalizzazione dell’apprendimento che sia
autenticamente formativa, senza rischi di disuguaglianze nei traguardi
13
da raggiungere ed evitando, come afferma Bertagna, “l’impoverimento
di tutti e l’impoverimento di ciascuno”
6
.
Nell’ultimo capitolo, infine, si fa riferimento alla mia esperienza
personale di insegnante di scuola primaria, in servizio presso il XVI
Circolo Didattico di Bari Ceglie, per evidenziare l’enorme divario che
spesso si rinviene tra teoria e prassi, tra ciò che si ritiene giusto ed
opportuno a livello teorico e le difficoltà di applicazione sul campo,
soprattutto quando si lavora in contesti come il nostro caratterizzato da
un grave disagio economico e socio – culturale. Capita spesso, infatti,
che problematiche molto gravi di marginalità, devianza e dispersione
facciano apparire discorsi affascinanti quali quelli relativi alla figura di
un alunno costruttore di competenze lontani ed irrealizzabili. Tuttavia
l’amore per questo lavoro, che ci porta sempre a metterci in
discussione, a ricercare strategie che possano aiutare tutti e ciascuno a
trovare la propria strada, nella speranza di poter dar loro la possibilità di
costruirsi un progetto di vita realmente rispondente alle loro possibilità
e ai loro talenti, ci spinge ad affrontare con coscienza tutte le difficoltà
che inevitabilmente accompagnano innovazione e cambiamento, anche
se i momenti di sconforto certamente non mancano.
6
G. BERTAGNA, Valutare tutti, valutare ciascuno, La Scuola, Brescia 2004, p. 11.
14
In merito all’introduzione del Portfolio vengono descritti due
diversi “approcci”, sperimentati nello scorso anno scolastico e in questo
appena cominciato: l’adozione di un modello già predisposto, frutto
dello smarrimento iniziale che ci aveva investiti tutti all’inizio dello
scorso anno e la decisione di creare un Portfolio personalizzato
quest’anno, seppur con qualche incertezza e alcune remore da parte di
colleghi non propensi all’utilizzo di questo strumento.
Inoltre ho ritenuto doveroso far riferimento alla Prescrizione del
Garante per la protezione dei dati personali del 26 luglio 2005
riguardante il trattamento dei dati personali da effettuare nell’ambito del
Portfolio, pervenuta alla nostra scuola in data 28 agosto 2005.
Nel documento il Garante lamenta possibili violazioni della
riservatezza derivanti dalle modalità con le quali gli istituti scolastici
trattano dati di carattere personale in relazione al Portfolio. Infatti
alcuni modelli sottoposti all’attenzione dell’Autorità contenevano
domande dalle quali era possibile evincere informazioni delicate, nei
confronti delle quali la normative impone precise cautele, soprattutto se
si tratta di minori.
15
Si tratta di un documento importante che rimette nuovamente in
discussione l’impianto strutturale del Portfolio e che sottolinea, ancora
una volta, la mancanza di un disegno unitario e coerente in merito al
problema della valutazione.
Come più volte ho affermato, ritengo che, di fronte alla necessità
di dover comunque applicare la Riforma, pur nei limiti già evidenziati e
in mancanza ancora di decreti attuativi chiarificatori, sia doveroso da
parte nostra attivarci per poter prendere ciò che di positivo può esserci,
soprattutto in merito all’utilizzo del Portfolio, che ritengo essere
finalmente un’opportunità per chi, come me, crede in una scuola che
deve garantire un apprendimento significativo e spendibile nel mondo
del lavoro. Come ha affermato Papa Giovanni Paolo II in un intervento
fatto anni fa all’Unesco “la cultura è il modo di essere e di esistere
dell’uomo” ed io, che nel mio piccolo contribuiscono alla formazione di
questa cultura con la mia attività di insegnamento, sento la grande
responsabilità di dover dare il massimo utilizzando tutto ciò che la
scuola, la società, lo stato mi mette a disposizione, pur tra mille
incertezze e difficoltà.
16
Capitolo primo
Il dibattito sul Portfolio avviato nella Scuola Italiana può
arricchirsi di ulteriori punti di vista se partiamo dall’analisi delle
motivazioni che hanno portato al suo utilizzo anche nell’ambito
formativo e alla sua diffusione a livello nazionale ed internazionale,
operando un confronto tra i diversi sistemi educativi ed individuando
alcuni strumenti ad esso assimilabili.
1. Profilo storico
In ambiente educativo il Portfolio ha fatto la sua comparsa in
alcune ricerche condotte da Howard Gardner e dai suoi colleghi
nell’ambito di Project Zero e, soprattutto, nel programma di ricerca Arts
Propel. Proprio analizzando l’abitudine degli artisti a raccogliere in un
dossier non solo i loro lavori migliori, ma anche schizzi, appunti,
critiche, opere di altri artisti che ammirano, ha portato i ricercatori alla
conclusione che proprio la valutazione di questo dossier, e quindi del
percorso che l’autore ha compiuto per giungere alla produzione
dell’opera, e non solo l’opera in sé consente una valutazione più
autentica del soggetto perché permette la comprensione dei processi di
17
apprendimento che sono stati attivati per il raggiungimento di quel
risultato. Infatti, come afferma Gardner, l’uso del Portfolio consente
agli studenti di mettere a frutto il proprio “potenziale cognitivo” perché
dà loro la possibilità di riflettere sul proprio percorso formativo e gli
permette di sviluppare la capacità di concettualizzazione, di sintesi e di
autovalutazione.
I ricercatori di Project Zero misero, dunque, in evidenza come
l’uso del Portfolio potesse garantire una migliore valutazione degli
allievi ed essere lo strumento ideale per valutare non solo la produzione
dello studente, ma anche la sua capacità di elaborare progetti, di
individuare criteri di selezione del materiale, di saper essere creativo e
strategico. Essi incoraggiarono lo sviluppo del Portfolio nelle scuole
auspicando una conoscenza adeguata e mirata dello strumento
7
. Infatti il
problema della valutazione era stato ampiamente dibattuto negli Stati
Uniti nel corso degli anni ’80 soprattutto come critica alle famigerate
“prove oggettive”, il cui scopo doveva essere appunto quello di
garantire equità ed oggettività, ma che non erano state in grado di
valutare gli apprendimenti complessi e le competenze acquisite, “ciò
che l’alunno sa fare con ciò che sa”
8
.
7
Cfr. P. ELLERANI, Una proposta per un portfolio intelligente, Scintille.it, gennaio 2005.
8
M. COMOGLIO, Insegnare ed apprendere con il portfolio,Fabbri Editori, Milano 2003, pag. 5 .
18
Ciò che si metteva in evidenza era che un tipo di valutazione
basata esclusivamente sul superamento di prove, aveva determinato un
tipo di apprendimento statico, finalizzato solo al risultato ottenuto in
termini quantitativi rispetto all’obiettivo prefissato dall’insegnante.
Valutare solo ciò che un allievo sa e non quale uso sa fare delle
conoscenze acquisite tradisce lo spirito stesso della valutazione, che non
può essere solo selettiva in quanto non si chiede agli alunni di
riprodurre la conoscenza, ma di saperla costruire ed utilizzare nei modi
e nei contesti appropriati, in una società complessa in cui si richiede
flessibilità e capacità di adattamento, oltre che pensiero critico e abilità
nella risoluzione di problemi.
Comincia, dunque, a delinearsi la necessità di una valutazione
“alternativa”, fondata su un concetto di apprendimento dinamico, in cui
l’alunno non è chiamato a dimostrare la quantità di nozioni acquisite ma
la capacità di saperle utilizzare in contesti reali e di saper operare
generalizzazioni. Solo in questo modo è possibile preparare le nuove
generazioni ad affrontare con mezzi adeguati il mondo del lavoro,
sempre più in continuo cambiamento e alla ricerca di figure
specializzate.
Per divenire “autentica “ la valutazione deve “ preoccuparsi di
essere educativa, autovalutativa, predittiva, centrata sullo studente,
19
estesa alle disposizioni, continua e profondamente connessa al mondo
reale, ai processi richiesti dalle nuove condizioni storiche, non
ripetitiva, non terminale, non selettiva”
9
.
In questa prospettiva cambiano, dunque, anche i ruoli delle figure
coinvolte nel processo di insegnamento – apprendimento, vale a dire gli
insegnanti, i genitori e gli stessi alunni. Questi ultimi vengono chiamati
a progettare il loro percorso formativo, attraverso l’individuazione non
solo dei punti di forza, ma anche dei punti deboli, che vanno compresi
e affrontati nella maniera più idonea per poterli superare; inoltre le
conoscenze apprese devono essere finalizzate allo sviluppo del pensiero
critico e devono poter essere utilizzate in contesti significativi che
riproducano situazioni vicine a quelle del mondo reale.
I docenti, da parte loro, non possono più limitarsi a valutare in
termini quantitativi ciò che lo studente ha appreso, ma devono guidarlo
in questo processo di costruzione dell’apprendimento, tenendo conto
del suo background culturale e familiare e del suo personale stile
cognitivo, offrendogli un tipo di percorso in cui può misurarsi con
problemi che riflettono il contesto in cui è chiamato a vivere e con cui
dovrà confrontarsi in futuro, progettando obiettivi significativi e di
livello elevato.
9
Ibidem, pag. 11.