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INTRODUZIONE
Questo lavoro nasce anzitutto da una riflessione personale che presto però si è
rivelata di valore generale. La riflessione consiste nel rendersi abbastanza presto conto
di come a qualsiasi parlante non madrelingua impegnato nell‘apprendimento o ancor di
più nell‘uso sociale di una qualsiasi altra lingua a lui straniera il semplice studio
grammaticale e scolastico, pur costituendo una base assolutamente indispensabile e
imprescindibile, non gli assicura tuttavia né il pieno possesso della lingua che studia o
pratica, né le doti di scioltezza e discorsività che ogni parlante nativo invece possiede,
sembra di poter dire, quasi ‗naturalmente‘, né, ancor di più, le doti di finezza e magari
anche di piacevolezza, se non proprio di eleganza, che invece i parlanti nativi
posseggono, usano e mettono a frutto nelle loro realizzazioni professionali e nelle loro
relazioni sociali.
Come mai accade ciò? Dove l‘apprendimento scolastico mostra i suoi limiti? Come
mai la grammatica, pur preziosa, di fatto risulta insufficiente? La risposta sta precisa e
chiara negli studi linguistici, applicati, descrittivi e teorici. E precisamente sta in tutta
quella incalcolabile mole di lavori dedicati in tutto il mondo al settore della fraseologia,
degli idiom, delle frasi fatte, dei lessemi complessi e soprattutto delle collocazioni, che
nel mare magnum della fraseologia rappresentano di gran lunga il fenomeno più
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consistente statisticamente e più raffinato e profondo dal punto di vista della loro natura
linguistica.
E‘ infatti parere concorde tra tutti gli studiosi di vario orientamento teorico e di varia
provenienza geografica che le doti di cui si diceva pocanzi sono possedute dai parlanti
in maniera direttamente proporzionale alla loro conoscenza e padronanza d‘uso appunto
delle collocazioni della lingua straniera che praticano, e, con queste, di tutti gli altri tipi
di combinazioni lessicali come idiom, frasi fatte, espressioni fisse e così via.
Nel corso dello svolgersi di questa riflessione è capitata la pubblicazione del primo
lessico dei modi di dire e delle collocazioni dell‘italiano
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, ispirato alla lessicografia
collocazionale internazionale e intenzionato a colmare una lacuna nel panorama dei
lavori italiani. Inevitabilmente la nostra riflessione ha volto lo sguardo alla lingua che a
noi interessa in modo privilegiatissimo, vale a dire al rumeno, per stabilire che cosa la
tradizione di studi linguistici rumeni, ben nota e molto frequentata in Italia e dagli
italianisti stranieri, abbia saputo di recente produrre su questo specifico tema, strategico
per l‘acquisizione di competenze linguistiche di alto livello. La panoramica che ne è
emersa, e che qui si pone a conclusione del lavoro perché rappresenta il punto di
partenza di un futuro programma di studio e ricerca, non risultando quasi per nulla
soddisfacente, pur nell‘ottimo livello delle realizzazioni, datate tuttavia sul piano teorico
e metodologico come su quello lessicografico, ha spinto a scegliere come soggetto di
studio appunto le collocazioni, nell‘intento di esplicitare nozioni, metodi di indagine,
raccolta e presentazione delle collocazioni in vista di un lessico collocazionale italiano -
rumeno - italiano, che oltre a coadiuvare gli apprendenti rumeni dell‘italiano possa
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Cfr. Russo 2010 e infra.
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magari anche offrire punti di riflessione agli studi più astratti e teorici su questo aspetto
dei sistemi linguistici.
Si giustifica alla luce di quanto ora detto il fatto che abbiamo deciso di dividere lo
studio in tre parti principali.
Il primo capitolo della prima parte, Le nozioni ‘storiche’, è dedicato alla definizione
della collocazione. Partendo da de Saussure, che fu il primo, in epoca moderna
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, a
formalizzare la necessità di riconsiderare la posizione dei gruppi di parole che sembrano
funzionare come un unico insieme, partendo cioè dal sintagma, affronteremo gli
sviluppi di questa teoria che, come vedremo, troverà in Firth il primo importantissimo
teorico (di cui forniamo in appendice A la grande e interessante messe di
esemplificazione del fenomeno). Passeremo poi a Halliday e la sua teoria
lessicogrammaticale, primo vero esteso e applicabile impianto teorico-descrittivo del
fenomeno collocazionale, per concludere con Sinclair generoso, brillante e instancabile
analista delle collocazioni inglesi, intelligente iniziatore e sviluppatore degli studi e
delle realizzazioni lessicografiche sulle collocazioni basati sull‘analisi di estesi corpora
(per cui registriamo in appendice B un esempio di pattern collocazionale).
Stabilite le basi che ci permettono di inquadrare la nozione di collocazione
all‘interno dell‘analisi linguistica, con il secondo capitolo, Le nozioni contemporanee,
entreremo nel vivo del fenomeno scelto a oggetto di studio. Nel primo paragrafo,
L’universo dei tipi sintagmatici, passeremo infatti in rassegna i contributi più noti e
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Come è noto le collocazioni non sono affatto una ‗scoperta‘ moderna, già Orazio (e con lui Cicerone, e,
prima di loro, Aristotele e i greci in genere) come ricorda De Mauro, conosceva bene non solo l‘esistenza
ma soprattutto il valore di quelle che lui definiva le callidae iuncturae. Cfr. infra.
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apprezzati sulle formazioni multiword che delineano il campo della fraseologia nelle
lingue in generale e in italiano in particolare. Il quadro che presenteremo non è, né
pretende di essere, esaustivo da un punto di vista classificatorio o peggio ‗quantitativo‘.
La panoramica che cercheremo di delineare ha infatti soprattutto una funzione
illustrativa del ‗contorno lessicale‘ nel quale vengono inquadrate le collocazioni.
Riteniamo invece che dal punto di vista per così dire ‗qualitativo‘ il nostro impegno è
stato dedicato ai lavori di maggiore validità scientifica, almeno a lavori che per il loro
contenuto funzionano in modo molto efficace da inventario delle nozioni e dei metodi
indispensabili per qualsiasi studio collocazionale aggiornato. Le varie formazioni
multiword saranno definite prevalentemente in relazione agli idiom e ai costrutti, ovvero
in relazione alle formazioni di maggiore pertinenza nel presente studio.
Nel secondo paragrafo del capitolo, Il ruolo del GRADIT, praticheremo uno ‗zoom‘
sul campo fraseologico ‗stringendo‘ sul campo della fraseologia italiana, nella
fattispecie dell‘individuazione e classificazione delle formazioni comprendenti due o
più parole che vengono percepite come un‘unica unità lessicale, ossia delle
polirematiche (per una illustrazione del campo delle polirematiche si veda l‘appendice
C) e di come queste vengono trattate nel GRADIT.
La seconda parte, assunto il contributo del GRADIT, passa in esame alcune rilevanti
applicazioni in campo lessicografico delle collocazioni, ossia del modo in cui queste
vengono registrate nei dizionari collocazionali. Nel terzo capitolo, Lessici collocazionali
internazionali ci occuperemo in particolare di alcuni importanti esempi prodotti per
l‘inglese e per il tedesco.
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Per l‘inglese: il LTP, The LTP Dictionary of Selected Collocations, dedicato a coloro
i quali possiedono un livello di lingua inglese intermedio e/o avanzato contenente una
selezione delle più più produttive e rilevanti collocazioni inglesi; il BBI, The BBI
Combinatory Dictionary of English. A guide to word combinations il quale offre una
vasta selezione di collocazioni inglesi (18.000 voci e 90.000 collocazioni); il Collins
Cobuild Collocations on CD-ROM pubblicato da Harper Collins solo in modalità
informatizzata e che offre un ulteriore approccio alle collocazioni inglesi; il A
Dictionary of English Collocations: Based on the Brown corpus che presenta una lista
completa delle collocazioni del Brown Corpus; il English Collocations in Use, ottimo
strumento lavorativo per coloro che hanno un livello intermedio e/o avanzato di
conoscenza della lingua inglese; l‘Oxford Collocations Dictionary for Students of
English contenente circa 150.000 collocazioni accompagnate da esempi pratici e chiari
e informazioni grammaticali.
Per il tedesco: il Lexicon der sprichwörtlichen Redensarten, lessico dei modi di dire,
diviso in cinque volumi contenenti 15.000 Redensarten; il Redewendungen. Wörterbuch
der deutschen Idiomatik che cataloga le Redewendungen, ossia le locuzioni più usate nel
tedesco contemporaneo, pur non trascurando le altre tipologie più comuni es esemplari
di co-occorrenze; il Wörter und Wendungen. Wörterbuch zum deutschen
Sprachgebrauch il quale mostra come le parole tedesche possano co-occorrere e
formare particolari espressioni linguistiche dette appunto Wendungen, ovvero
combinazioni lessicali, e come queste ricorrono nell‘uso della lingua; lo Stilwörterbuch
der deutschen Sprache. Die Verwendung der Wörter im Satz che osserva e
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approfondisce le possibilità di espressione della lingua tedesca, fornendo il significato
delle parole insieme con esempi che ne attestano l‘uso nella frase.
Nel quarto capitolo, Lessici collocazionali italiani, ci occuperemo invece
dell‘italiano e dell‘unico dizionario propriamente collocazionale, ossia il Modi di dire.
Lessico italiano delle collocazioni il quale registra al suo interno le collocazioni più
rilevanti nella lingua italiana.
Apriremo invece la nostra ipotesi di lavoro avvenire chiudendo questo studio con la
parte terza con la presentazione della produzione collocazionale rumena. Nel capitolo
quinto, Lessici del rumeno, daremo conto dei dizionari fraseologici del rumeno, ovvero:
il Dicţionar de expresii în limba română che regista le espressioni più usuali nella
lingua rumena; il Dicţionar de locuţiuni ale limbii române che cataloga nelle sue 271
pagine le locuzioni più usuali nella lingua rumena; il Dicţionar Frazeologic al Limbii
Române contenente più di 65.000 unità fraseologiche e loro varianti fonetiche,
morfologiche e lessicali; il Dicţionar de expresii, locuţiuni şi sintagme ale limbii
române che classifica le espressioni, le locuzioni e i sintagmi maggiormente usati in
rumeno.
Nel sesto capitolo, Lessici italiano - rumeno - italiano, presenteremo i collocazionali
bilingui italiano - rumeno – italiano, ovvero: il Dicţionar frazeologic român-italian
all‘interno del quale vengono registrati tutti i tipi di formazioni multiword ad eccezione
dei proverbi; il Dicţionar frazeologic italian-român che cataloga gruppi sintattici stabili
non locuzionali, espressioni e locuzioni.
Se una risposta abbiamo trovato con questo lavoro all‘interrogativo che ha
funzionato da punto di partenza probabilmente è questa: produrre frasi è senz‘altro un
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combinare unità linguistiche una dopo l‘altra in base alle regole del sistema
grammaticale, ma poi si scopre che gran parte delle combinazioni ‗buone‘, ricche di
storia, di cultura e di vita di un paese e del suo popolo, la lingua (ogni lingua) le ha già
‗combinate‘ per conto suo, dando loro un valore e un sapore tutto particolare e
‗collocandole‘ in una zona defilata, quasi nascosta della competenza riflessa dei
parlanti. L‘unica soluzione appare allora un atteggiamento di attento e rispettoso
‗ascolto‘ della lingua, per registrarne le tantissime ‗combinazioni‘ particolari nascoste
alla visione tradizionale e saggiarle poi nell‘attività linguistica parlata e scritta di tutti i
giorni e per tutti gli usi.