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In tale carenza letteraria risiede il pericolo, ma forse anche l’opportunità del seguente lavoro, il
cui scopo è la risposta o, più umilmente, l’esplorazione, delle tre fondamentali domande che,
secondo Samuelson, sono d’interesse nell’ambito dell’indagine economica: il che cosa, il come e
il per chi. Pertanto, le tre domande di ricerca alla base di questo elaborato sono declinabili come
segue:
D1:Cosa è il PWYW?
D2:Come funziona il PWYW?
D3:Perché le imprese adottano il PWYW?
In primo luogo si definisce il fenomeno dal punto di vista teorico, inserendosi sulla scia tracciata
dal contributo precedente, ma cercando di entrare maggiormente in profondità sulle ragioni
demand-side che rendono possibile l’affermazione del prezzo partecipativo in generale e del
PWYW in particolare. Quindi, come Kim, Martin e Spann (2008), si ricerca una giustificazione
della sostenibilità di detta pricing strategy: tale giustificazione teorica muove in parte dai
medesimi binari (ultimatum e dictatorship game), in parte tiene conto di un filone di letteratura
differente, di taglio socio-antropologico (teoria del dono, teoria della reciprocità).
Nella parte empirica si esaminano i due ambiti settoriali in cui il PWYW ha finora trovato
maggiore applicazione. Per ciascun settore, a seguito di una panoramica volta ad evidenziare le
specificità del contesto applicativo, si passa in rassegna la casistica documentata, per poi
analizzare attraverso la combinazione di metodologie e riscontri quantitativi e qualitativi un caso
particolare. Per la ristorazione il caso è l’iniziativa “Fatti i Conti Tuoi” di “Dorilio and
Capitones” di Bergamo. I dati contabili del locale orobico sono confrontati, nei limiti
dell’opportunità e della rilevanza, con i risultati dell’esperimento C di Kim Natter e Spann
(2008) riguardante un buffet . Nell’ambito della discografia, l’analisi verte su “It’s Up To You”,
iniziativa attuata in occasione del lancio promozionale e la commercializzazione online
dell’album “In Rainbows” dei Radiohead.
7
1.Contestualizzazione teorica
1.1Definizione di Pay What You Want
In questo elaborato si definisce Pay-What-You-Want (PWYW) il meccanismo di prezzo
partecipativo in cui la determinazione del prezzo è interamente a discrezione del compratore:
costui può fissare qualunque prezzo maggiore o uguale a zero e il venditore non può rifiutarsi di
completare la transazione. Si definisce un meccanismo di prezzo partecipativo quando il
compratore è direttamente coinvolto nel processo di fissazione del prezzo. Il contrario di un
meccanismo di prezzo partecipativo è un meccanismo di prezzo fisso, dove il compratore non è
direttamente coinvolto nel processo di fissazione del prezzo.
1.2 Origine del PWYW: i problemi del prezzo fisso
“La fiducia non è un bene che possa essere acquistato facilmente. Se la comperi, hai subito
qualche dubbio su ciò che hai acquistato. La fiducia, e valori simili, come la lealtà o la sincerità
aumentano l'efficienza del sistema ma non sono merci per le quali lo scambio nel mercato è
tecnicamente possibile o abbia un significato “(Kenneth Arrow)
Nella storia del pensiero economico, il primo studioso a porre l’accento sul contenuto e la
funzione informativa del prezzo è l’economista austriaco Friederich von Hayek (1945). Questi
definisce il prezzo come meccanismo di trasmissione di informazioni volto a coordinare le
attività economiche. Già von Hayek, che pure sottolinea nei suoi scritti come il “meraviglioso
sistema dei prezzi” sia “ un meccanismo perfetto per comunicare informazioni con la velocità
del vento anche nelle regioni più remote”, non manca di ravvisare l’imperfezione che tale
contenuto informativo, frutto di una somma di eurismi individuali, parziali e incompleti, reca
inevitabilmente con sé. Per quanto riduca l’asimmetria informativa, in qualche modo riunendo
tutti i contributi individuali in un’unica sintesi, il prezzo è ben lontano dal garantire una perfetta
informazione.
A queste considerazioni è utile riagganciare il noto esempio descritto da George Akerlof
riguardo il “mercato dei bidoni”(1966): nel caso proposto del mercato delle auto usate, il prezzo
fisso non riesce a svolgere la sua funzione informativa adeguatamente, a causa della asimmetria
informativa sussistente fra venditori e compratori, utilizzata dai primi in maniera opportunistica,
8
stante l’ipotesi di razionalità assoluta. Comportamenti di natura opportunistica nell’ipotesi di
asimmetria informativa sono del resto comprovati da diverse ricerche sperimentali effettuate
nell’ambito della teoria dei giochi e del decision making (es: Rapoport et al., 1996; Beersma e
De Dreu, 2002).
Pertanto, maggiore è la conoscenza informativa posseduta da un attore dello scambio, maggiore
è la probabilità di detto attore di valutare con maggiore accuratezza i termini e le condizioni della
transazione, effettuando di conseguenza una scelta con un pay-off maggiore (Lawrence, 1999).
Beninteso, un comportamento volto a massimizzare la propria utilità sfruttando al meglio le
informazioni a disposizione non danneggia necessariamente la controparte: ad esempio,
rimanendo entro i confini di analisi in cui questo elaborato muove i passi, una politica di prezzo
come il versioning, pur massimizzando l’utilità dell’offerta estraendo maggior surplus dal
consumatore, presenta trade-off positivi anche per la domanda, in termini di maggiore
opportunità di accesso al bene per una fetta più larga del mercato potenziale. Ma riprendendo e
generalizzando i concetti sviluppati nell’ambito degli studi inerenti la negoziazione (Zartman,
1978; Thompson, 1998), può essere affermato che molto raramente una interazione economica
presenti aspetti unicamente integrativi, dove la soluzione ottimale consista in un accordo di pure
coordination: tale soluzione integralmente win/win è praticabile esclusivamente nell’ipotesi in
cui gli interessi delle due parti siano perfettamente compatibili. Il prezzo è però un elemento
dell’interazione con ineliminabili implicazioni win/lose
4
: secondo i dettami dell’approccio
microeconomico neoclassico a un guadagno di benessere di una parte corrisponde la perdita
dell’altra. Su tali aspetti distributivi dell’allocazione, la controparte con informazioni migliori ha
maggiori possibilità di effettuare una transazione più soddisfacente rispetto alla controparte
meno informata.
Tale asimmetria non è necessariamente a vantaggio dell’offerta rispetto alla domanda: si ritiene
però ipotizzabile che, in larga parte delle transazioni Business to Consumer, il venditore abbia
generalmente più informazioni sul bene del singolo acquirente (Prahalad e Ramaswamy, 2004).
La motivazione può essere ricondotta al differenziale di investimento in termini di ricerca delle
informazioni, solitamente a vantaggio dell’impresa produttrice o erogatrice del bene. Tale
condizione è in particolar modo riscontrabile per quei beni contraddistinti da alti costi di ricerca
4
Si rimanda a tal proposito al concetto di costo opportunità.
9
di informazioni e/o basso coinvolgimento nel processo di acquisto per il consumatore (Busacca,
1994). Un’altra motivazione può essere individuabile, richiamando nuovamente la teoria dei
prezzi hayekiana, nella considerazione di come il prezzo non sia esclusivamente sintesi passiva e
trasmissione di conoscenza esistente, ma possa creare l’opportunità di acquisizione di nuova
conoscenza (Boccaccio, 1996), modificando pertanto quella attuale. Ne consegue che, qualora
l’impresa abbia la facoltà di fissare il prezzo, è in grado intervenire direttamente sul contenuto
informativo, facoltà che al singolo consumatore è consentita solo indirettamente, per di più in
aggregato ad altri comportamenti individuali. Pertanto, le ineliminabili inadeguatezze
informative del prezzo in generale risultano acuite da un prezzo fisso stabilito unilateralmente.
Tuttavia, anche in settori palesemente sbilanciati dal punto di vista informativo la situazione sta
per certi versi cambiando. La ragione è da ricercarsi nel lascito ereditario della rivoluzione
digitale: il world wide web, abbattendo drasticamente i costi di ricerca, sta portando alla luce un
consumatore nuovo, “empowered” da una conoscenza inaccessibile prima se non a prezzi
talmente elevati da minarne l’effettiva utilità (Lawrence, 1999). Una esemplificazione ad hoc
può essere rintracciata perfino nel settore della birra industriale, tradizionalmente concentrato e
advertising driven
5
. Qui, il consumer behaviour improntato alla ricerca della varietà di prodotto è
incentivato e supportato dall’attività di siti quali Ratebeer
6
, portale che permette a ogni utente di
valutare e recensire birre provenienti da tutto il mondo. Tale attenuamento delle asimmetrie
informative è alla base della concezione del mercato digitale come di “mercato quasi perfetto”
(Negroponte, 1999). Si assiste alla definitiva comparsa, da tempo teorizzata (Fiocca, 1990;
Codeluppi, 2000), di un “nuovo consumatore”, contraddistinto da una superiore capacità di
valutare i prodotti e maggiormente propenso all’investimento informativo. Diversi studi (Wilcox,
2000; Adely Simonson e Simonson, 2003) concordano nel riscontrare una percezione di maggior
controllo sulla transazione nei consumatori protagonisti di tali cambiamenti. Quanto poi la
percezione di maggior potere che gli individui sentono di avere corrisponda a un reale
miglioramento della consistenza del proprio patrimonio informativo è oggetto del dibattito
attualmente in corso fra sostenitori e detrattori del Web 2.0 e della sua filosofia user-generated
5
Per una panoramica del settore della birra nel mercato statunitense:
http://www.progressivegrocer.com/progressivegrocer/profitguides/beer/images/pdf/IndustryOverview.pdf
6
www.ratebeer.com
10
content
7
. Ma anche qualora l’intrinseco valore o la concreta utilità di questa conoscenza sia
messo in discussione, il consumatore agisce come se l’“empowerement” delle sue capacità di
discernere sia comunque reale.
Due sono le maggiori conseguenze di tale mutamento a nostro parere: l’emergere del fenomeno
della long-tail economy (Andersen, 2006) e la crescente popolarità del prezzo partecipativo
(Chandran e Morwitz, 2005).
La long-tail economy è alla base di molti business model di successo nei mercati digitali.
Google, Amazon, Ebay e Netflix basano i loro ricavi non su pochi prodotti/servizi blockbuster,
ma su un elevatissimo numero di proposte, ciascuna destinata a una vasta pluralità di nicchie
ristrette, rappresentabili su un piano cartesiano come una distribuzione di frequenza dalla “lunga
coda”. La ragione demand-side dell’affermarsi della long-tail risiede nella maggiore eterogeneità
delle preferenze di questo consumatore “potenziato” e a sofisticazione maggiore. La ragione
supply side è invece rintracciabile nella maggior possibilità di variegare l’offerta, resa possibile
dalla digitalizzazione tecnologica. Come si vedrà successivamente, la long-tail non è del tutto
slegata dal PWYW, sopratutto nel world wide web.
1.3 Origine del PWYW: i vantaggi e le tipologie di prezzo partecipativo
“That Sign wasn’t placed there by the Big Printer in the Sky.” ( Herb Cohen)
In una situazione di prezzo partecipativo il contributo informativo del singolo non è accomunato
in quello generico della domanda aggregata e filtrato attraverso la lente dell’offerta, ma
direttamente posto in gioco dal singolo acquirente. Il prezzo partecipativo pertanto emerge
perché il servizio di coordinamento informativo fornito dal prezzo fisso, utile a limitare i rischi
della transazione per la controparte meno informata (si pensi ad esempio alla nota anomalia del
Winner’s Curse per i meccanismi d’asta
8
) è spesso ritenuto superfluo dal consumatore
“empowered”, in cerca di soluzioni personalizzate, one-to-one. Per Prahalad e Ramaswamy
(2004) il nuovo consumatore intende partecipare, negoziando implicitamente o esplicitamente i
termini della transazione. Chandran e Morwitz (2005) oltre a ricondurre alle considerazioni
7
Si confronti a tal proposito il contenuto dei seguenti due articoli apparsi in rapida successione su “Newsweek
Online”: http://www.newsweek.com/id/119091 e http://www.newsweek.com/id/120355.
8
Si rimanda a tal proposito a “The winner’s curse” di Richard Thaler (1988).
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sopra esposte la ragione del crescente utilizzo in ambienti web di formule di prezzo
partecipativo, rilevano come tali meccanismi di pricing risultino essere preferibili per i
consumatori che abbiano occasione di esperirli.
I meccanismi di prezzo che permettono la diretta partecipazione del cliente al prezzo, secondo la
classificazione proposta da Kim, Martin e Spann (2008) sono sei, suddivisibili a loro volta in due
sottocategorie: i meccanismi di prezzo partecipativo a interazione orizzontale e i meccanismi di
prezzo partecipativo One-To-One. Il meccanismo di prezzo partecipativo è detto “a interazione
orizzontale” quando i compratori e/o i venditori sono in numero maggiore a uno,“one to one”
quando si è in presenza di un unico compratore e di un unico venditore. Tra i meccanismi di
prezzo partecipativo a interazione orizzontale comprendiamo:
1)L’asta, dove il prezzo è fissato dall’interazione di un singolo venditore e plurimi compratori.
2)L’asta all’inverso (“Reverse auction”) dove il prezzo è determinato dall’interazione di plurimi
venditori e un singolo compratore.
3)Il meccanismo borsistico (“Stock Exchange”), in cui il prezzo è determinato dall’interazione di
plurimi venditori e compratori.
Rientrano invece nei meccanismi di prezzo partecipativo one-to-one i seguenti:
4)La negoziazione, interazione diretta con cui compratore e venditore stabiliscono termini e
condizioni dello scambio, tra cui ovviamente il prezzo.
5)Il Name Your Own Price (di seguito NYOP), dove la determinazione del prezzo è a
discrezione del compratore, ma il venditore si riserva di rifiutare di completare la transazione se
il prezzo finale è inferiore al prezzo di riserva da lui stabilito in precedenza.
6)Il Pay What You Want, oggetto di studio di questo lavoro.
È intuitivamente affermabile che Il PWYW sia la tipologia maggiormente radicale di prezzo
partecipativo, in quanto massimizza il potere che il compratore ha sul prezzo finale del bene. A
differenza del NYOP, il venditore nel PWYW può concludere la transazione realizzando un
ricavo al di sotto del proprio prezzo di riserva.
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1.4 Funzionamento del PWYW: i contributi dell’economia politica e la teoria dei
giochi
“Due cose riempiono l'animo con sempre nuovo e crescente stupore e venerazione, quanto più
spesso e accuratamente la riflessione se ne occupa: il cielo stellato sopra di me, e la legge
morale in me”. (Immanuel Kant)
Seguendo il tradizionale approccio dell’homo economicus neoclassico, diretta conseguenza
dell’ipotesi microeconomica di razionalità assoluta dell’agire umano, il PWYW non avrebbe
motivo di esistere nella realtà. Le imprese infatti non avrebbero convenienza a praticare un
prezzo potenzialmente al di sotto del costo marginale: in tal modo, non solo rinuncerebbero alla
possibilità di fissare un prezzo superiore al costo marginale, sfruttando così il potere di mercato,
ma addirittura offrirebbero al consumatore la possibilità di trattenere per se tutto il beneficio
della transazione, non effettuando alcuna forma di pagamento. Possibilità che il consumatore,
anch’egli individuo pienamente razionale, sfrutterebbe sicuramente in toto, pagando appunto un
prezzo pari a zero.
L’unica motivazione che potrebbe indurre un’impresa ad adottare una politica di prezzo PWYW
potrebbe quindi essere un intento predatorio. Al fine di chiarire quest’ultima asserzione, si
postuli l’esistenza di due periodi, A e B. Nel periodo A, l’impresa predatrice potrebbe applicare
Il PWYW per permettere al consumatore di fissare un prezzo al di sotto del costo marginale. In
tal modo, le sarebbe possibile esercitare una pressione concorrenziale in grado di fare uscire dal
mercato l’impresa preda, qualora quest’ultima presenti minori risorse finanziarie della predatrice
e incontri maggiori difficoltà di accesso al credito. Una volta eliminato il concorrente, nel
periodo successivo (B) l’impresa predatrice potrebbe così rientrare delle perdite frutto di un
pricing PWYW applicando un prezzo fisso P’’: tale prezzo P’’ sarebbe più alto di P’(prezzo fisso
applicabile nel periodo 1 in alternativa al PWYW) come conseguenza del maggior potere di
mercato di cui l’impresa predatrice godrebbe in seguito al fallimento della preda. In tal modo,la
predatrice fissando P’’ avrebbe la possibilità di rientrare dalle perdite iniziali subite attuando il
PWYW. Poiché, come vedremo successivamente, Il prezzo finale nel PWYW è in una certa
misura “aleatorio”, o comunque non necessariamente al di sotto del costo marginale, l’eventuale
intento predatorio del PWYW non sarebbe con ogni probabilità molto semplice da dimostrare
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all’autorità competente in materia di antitrust. Si ritiene pertanto che ulteriori studi siano
necessari ad approfondire la tematica.
Due anomalie alla teoria dei giochi riscontrate dagli studiosi di economia comportamentale
possono permettere di superare l’impasse teorico derivante dall’approccio microeconomico al
problema. Tali anomalie sono conosciute in letteratura con i nomi di “ultimatum game” e
“dictatorship game”.
Un “ultimatum game” è un gioco uniperiodale che prevede due giocatori (A e B) e una somma
fissa (S) da allocare tra i due giocatori. Il giocatore A, il “proposer”, deve effettuare una
proposta allocativa, offrendo una porzione della somma (K) al giocatore B: il valore dell’offerta
K è compreso tra 0 e S. Il giocatore B, il “responder”, ha la facoltà di accettare o respingere
l’offerta. Se accetta, il responder riceve la somma offerta e il proposer la quota rimanente, data
dalla somma iniziale meno l’offerta (S-K). Se rifiuta, entrambi i giocatori ricevono 0.
Postulando la razionalità dei due giocatori e applicando la teoria dei giochi, la soluzione del
gioco vede A offrire la porzione K’ appena superiore a 0 e B accettare, in quanto K’ > 0. Ma
diversi esperimenti empirici (Guth, Schmittberger e Schwarze, 1982; Kahneman, Knetsch e
Thaler, 1986) hanno dimostrato la fallacia predittiva di questa soluzione. I valori medi e mediani
di K osservati risultano essere sensibilmente maggiori di K’, sebbene al di sotto di una
spartizione “fifty-fifty”.
L’intepretazione dei risultati degli ultimatum game è però controversa: il principale interrogativo
che tali osservazioni pongono è quanto nei comportamenti dei giocatori vi sia di strategico e
razionale e quanto vi sia invece di irrazionale o arazionale: in che misura ovvero, adottando la
terminologia introdotta in letteratura da Binmore, Shaked e Sutton (1985), i giocatori si
comportino da “gamesmen” e in che misura da “fairsmen”, fomulando, accettando o rifiutando le
proposte allocative.
Per gli studiosi maggiormente orientati a considerare i giocatori “gamesmen”, i proposers
utilizzerebbero comunque principalmente criteri riconducibili al self-interest. Tale razionalità
terrebbe conto del rischio che il responder basi il proprio agire su criteri e punti di riferimento
che includano valori morali, o criteri di giustizia o equità distributiva.