Introduzione
‐ XLIII ‐
«Floors are commonly concrete slab on ground. Cracking and
deformation in floors often leads to disturbance in vehicular
traffic, inclined racks, soiled cracks, reduced resistance and
visible irritations. […] In many aspects damages on floors have
serious economical consequences that must be fight again
early.»
J. HEDEBRATT, J. SILFWERBRAND
In questi ultimi decenni la realizzazione di pavimentazioni industriali
ha subito un notevole sviluppo sul territorio nazionale, sebbene insorgano
spesso questioni legate all’errata (o completamente mancante) progettazione. Il
nostro lavoro si inserisce nell’analisi delle problematiche legate alle
pavimentazioni industriali gettate su impalcato flessibile. Queste spesso sono
sottoposte ad alte sollecitazioni:
• carichi concentrati fissi (gambe di scaffalature, nell’ordine di 50 kN per
gamba);
• carichi concentrati mobili (ruote di carrelli elevatori, nell’ordine di 20
kN per ruota);
• carichi distribuiti (peso proprio e materiali accatastati, che in situazioni
limite possono raggiungere i 50 kN/m
2
).
Il comportamento della struttura inoltre è influenzato da fenomeni non
dipendenti dal tempo, quali le deformazioni elastiche (e plastiche) prodotte dai
Introduzione
‐ XLIV ‐
carichi, e da fenomeni dipendenti dal tempo, quali il ritiro e la viscosità del
calcestruzzo. Il ritiro delle pavimentazioni industriali negli ultimi decenni sta
assumendo maggiore importanza a causa del cambiamento dei materiali (sono
aumentate le resistenze del calcestruzzo e quindi il ritiro), delle tecniche
costruttive (nell’impasto viene utilizzato più cemento) e delle condizioni di
esercizio (in molti edifici sono previsti sistemi di condizionamento dell’aria e un
maggiore riscaldamento, che portano ad una diminuzione di umidità e quindi
un aumento del ritiro).
Il pavimento, la cui importanza strutturale spesso viene sottovalutata, è
invece un’opera principale della costruzione, che ne condiziona la funzionalità
e la manutenzione. L’unica norma attualmente in vigore in Italia sull’argomento
è la legge 1086 del 5/11/1971 , che recita: «Sono considerate opere in c.a. quelle
composte da un complesso di strutture in conglomerato cementizio e armature
che assolvono a una funzione statica». Per colmare questo vuoto normativo è
allo studio una norma UNI, riguardante la progettazione, l’esecuzione e il
collaudo dei pavimenti ad uso industriale; la tematica è quindi di grande
interesse anche a livello normativo.
Negli ultimi anni vi è poi la diffusa tendenza a gettare la
pavimentazione su struttura flessibile (ad esempio elementi in c.a.p.). Per i solai
su suolo la normativa internazionale è ricca di fonti, mentre per questa nuova
tipologia non vi sono indicazioni precise; è chiaro però che i metodi di calcolo
di pavimenti su suolo non sono più adatti questa nuova tecnologia.
Il problema presenta forte incidenza non solo a livello funzionale ma
anche a livello economico, costituendo una voce significativa nell’investimento
economico globale.
Nella ricerca saranno affrontati in una prima parte gli aspetti di
inquadramento dei principali fattori in gioco e di comportamento del materiale.
Introduzione
‐ XLV ‐
La presenza di fenomeni non lineari, quali l’attrito all’interfaccia e il possibile
distacco tra la pavimentazione e il supporto (effetto curling), rende il problema
di difficile trattazione teorica. La complessità è dovuta anche al gran numero di
parametri coinvolti; si è cercato pertanto di individuare le variabili più
significative e di valutare lo stato di sforzo generato nella pavimentazione.
Completata questa fase preliminare, si passerà alla discretizzazione del
problema tramite modello agli elementi finiti, prima nel piano e poi nello spazio
e passando poi alla definizione di un modello numerico conforme ai risultati
ottenuti. L’approccio al problema è stato di tipo induttivo, partendo da
condizioni semplici per poi arrivare a quelle più complesse e realistiche.
Il modello, per discretizzare un solaio gettato su struttura, è composto
da una serie di travi portanti in c.a.p. (del tipo a pi greco o del tipo alveolare) e
da una pavimentazione (collaborante o non) in calcestruzzo gettato in opera.
Possiamo considerare due situazioni estreme, che esprimono due
approcci progettuali assai differenti:
• pavimento collaborante con la soletta, ossia perfetta solidarizzazione tra
i due strati;
• pavimento non collaborante con la soletta, ossia perfetta
desolidarizzazione tra i due strati.
La prima idealizzazione permette di avere spessori di solaio contenuti,
perché viene sfruttata la collaborazione tra i due strati; per contro vi è una
significativa interazione tra la parte portante e la cappa collaborante a causa
degli stati coattivi (temperatura e ritiro).
Nella seconda idealizzazione sono state separate le funzioni al fine di
limitare alla sola pavimentazione gli effetti degli stati coattivi e alla struttura gli
effetti delle sollecitazioni esterne. Il vantaggio di questa situazione si presenta,
Introduzione
‐ XLVI ‐
ad esempio, per interventi di recupero grazie alla possibilità di rimuovere la
pavimentazione danneggiata, senza intaccare la parte portante.
Nella realtà costruttiva si riescono a realizzare solo situazioni
intermedie, con vari gradi di solidarizzazione tra pavimento e soletta a seconda
delle modalità e delle tecnologie costruttive adottate. Si propone di creare un
modello aderente alla realtà, considerando un‘imperfetta solidarizzazione,
tenendo conto dell’attrito e della interazione fra le superfici affacciate.
Successivamente, effettuate le analisi numeriche, si passerà a un
confronto tra le due tipologie di pavimentazioni, su struttura e su suolo. Inoltre
sarà accennato il quadro normativo e lo stato attuale dell’arte. Infine si proporrà
un approccio progettuale al problema.
I risultati ottenuti sono interessanti in quanto, in alcuni casi,
formalizzano atteggiamenti progettuali assodati mentre in altri chiariscono
metodi ormai dettati solo dall’uso. Gli esiti di questo lavoro possono essere di
immediata applicazione per i pavimenti gettati su impalcato flessibile ed è
possibile utilizzare un metodo analogo anche per le pavimentazioni su suolo
elastico; di queste comunque vengono forniti i risultati in molte analisi
numeriche.
1 CARATTERISTICHE
PRINCIPALI
DEL PROBLEMA
Parcheggio interrato a sistema misto
1 Indice generale
‐ 5 ‐
1.1 Pavimentazioni industriali: generalità
Per pavimentazioni in calcestruzzo ad uso industriale
1
, comunemente
denominate pavimentazioni industriali, possiamo intendere diverse tipologie
costruttive, quali pavimentazioni di autorimesse, piazzali, magazzini,
stabilimenti industriali e banchine portuali. Queste possono poggiare
direttamente sul terreno di sottofondo, su vecchie pavimentazioni in
conglomerato cementizio oppure essere eseguite su solai realizzati in opera o
costituiti da elementi prefabbricati.
Possiamo dare una prima definizione di pavimentazione di
calcestruzzo ad uso industriale, come una piastra di calcestruzzo, interna o
esterna, normalmente rifinita in superficie da uno strato antiusura. Da notare
che le pavimentazioni in calcestruzzo prese in esame non rientrano nell’ambito
1
Parte del capitolo è stata tratta dal Progetto di norma UNI 11154 – «Pavimenti di calcestruzzo ad
uso industriale. Criteri per la progettazione, esecuzione e collaudo», pubblicazione giugno 2005. Si
veda anche: CONPAVIPER, Codice di buona pratica: per i pavimenti di calcestruzzo ad uso
industriale, CONPAVIPER 3A edizione, Cerro al Lambro, MILANO, maggio 2003.
Indice fig
‐ 6 ‐
della legge 1086, che si occupa di pavimentazioni aeroportuali e stradali in
calcestruzzo armato.
Caratteristiche principali del problema
‐ 7 ‐
1.2 Tipologie costruttive
Nel classificare le pavimentazioni industriali, possiamo fare una prima
distinzione tra quelle poggianti su suolo e quelle poggianti su struttura, queste
differiscono tra loro per lo strato di supporto. In generale possiamo individuare
i seguenti strati:
Figura 1.1: Schema tipo pavimento.
ELEMENTO STRATO
PAVIMENTO
Strato di usura
Piastra di calcestruzzo
Armatura
Armatura suppletiva
Strato di separazione
STRATO DI SUPPORTO
(per pavimentazione su suolo)
Massicciata o fondazione
Rilevato (eventuale)
Strato di bonifica (eventuale)
Suolo (terreno naturale)
STRATO DI SUPPORTO
(per pavimentazione su struttura)
Soletta
(gettata in opera o prefabbricata)
Indice fig
‐ 8 ‐
Figura 1.2: tipologie costruttive: (1) pavimento su massicciata, (2) pavimento su soletta, (3)
pavimento collaborante con soletta, (4) pavimento su pavimento preesistente, (5) pavimento su
stato coibente.
Caratteristiche principali del problema
‐ 9 ‐
• Strato di usura: dotato di elevata resistenza all’ abrasione, è realizzato
applicando sulla superficie del calcestruzzo ancora fresco, una miscela
anidra (spolvero) oppure una malta premescolata (pastina) composta
d’acqua, cemento, aggregati (quarzo, corindone, elementi metallici)
resistenti all’abrasione.
• Piastra di calcestruzzo: strato gettato in opera con funzione di
ripartizione dei carichi o strutturale (piastra collaborante).
• Armatura: possiamo distinguere differenti armature nella
pavimentazione, a seconda della scelta progettuale possiamo avere:
Rete elettrosaldata: senza funzioni strutturali, cui è affidato il compito di
assorbire gli sforzi generati dai movimenti di natura termoigrometrica
che interessano il conglomerato cementizio. L’armatura, quindi, non
incrementa la capacità resistente del pavimento, né consente di
eliminare il ritiro del conglomerato cementizio. Essa, invece, può
contrastare gli effetti del ritiro, controllando l’ampiezza di apertura dei
giunti e l’entità dell’imbarcamento prodotto dalle contrazioni
differenziali della piastra in calcestruzzo, oltre a limitare eventuali
fessure prodotte da modesti cedimenti differenziali dello strato di
supporto.
Fibre metalliche o comunque strutturali: possono essere utilizzate in
sostituzione o congiuntamente alla rete elettrosaldata. L’aggiunta di
fibre al conglomerato consente di ottenere un materiale di elevata
duttilità e tenacità, capace di resistere a sollecitazioni particolari (quali
ad esempio quelli dovuti alla caduta di oggetti metallici, alla sterzata
delle ruote dei veicoli, al trascinamento di oggetti pesanti). Opportuni
dosaggi di fibre metalliche consentono anche di incrementare la
portanza flessionale della piastra nella fase post‐fessurativa.
Indice fig
‐ 10 ‐
• Armatura suppletiva:
Fibre sintetiche: possono essere aggiunte come rinforzo al fine di ridurre
e controllare le fessure indotte dal ritiro plastico del calcestruzzo,
generate da un eccesso di acqua che evapora nella fase plastica di
primo indurimento.
Ripartitori: comunemente definiti “barrotti”, sono costituiti da tondini di
armatura in acciaio in grado di contrastare i movimenti verticali
differenziali che si verificano tra due lastre contigue, in corrispondenza
dei giunti di costruzione.
Figura 1.3: Giunto a bielle tra due lastre contigue.
Barre di rinforzo: barre d’acciaio opportunamente posizionate in
prossimità degli spigoli di elementi direttamente a contatto con la
pavimentazione. La mancanza di giunti di isolamento crea problemi in
corrispondenza degli spigoli degli elementi a diretto contatto con la
pavimentazione, perché in tali punti si concentrano gli sforzi di
interazione tra pavimento ed elemento a contatto, con presenza di
tensioni di trazioni spesso tali da innescare la fessurazione.
Caratteristiche principali del problema
‐ 11 ‐
A titolo esemplificativo riportiamo qui una tabella
2
con le tipologie dei
pavimenti industriali classificati in base all’utilizzo:
Tipo Campi d’impiego
prevalenti
Condizioni di carico più frequenti
1
Uffici, marciapiedi,
cantine, disimpegni
Statiche e dinamiche non comprese nei tipi
successivi
2 Autorimesse, piazzali Automezzi di massa totale ≤ 3,5 t su pneumatici
3
Magazzini e industria con
uso transpallets, presenza
di scaffalature leggere,
piazzali autorimesse
Carrelli elevatori di massa totale ≤ 2,5 t su
pneumatici
Scaffalature aventi carico massimo ≤ 10 KN/
appoggio
Automezzi di massa totale ≤30 t su pneumatici
4
Magazzini, grande
distribuzione e industria
con uso intensivo di
carrelli elevatori,
presenza di scaffalature
Carrelli elevatori con massa totale > 2,5 t su
pneumatici
Transpallets con massa totale ≤ 1 t
Carrelli elevatori di massa totale ≤ 4,5 t con ruote
piene
Scaffalature aventi carico massimo ≤ 30
KN/appoggio
Automezzi di massa totale ≤ 30 t su pneumatici
5
Industria, scaffalature,
moli banchine portuali, e
carichi speciali, piazzali
Transpallets con massa totale > 1 t
Carrelli elevatori di massa totale > 4,5 t con ruote
piene
Scaffalature aventi carico massimo > 30
KN/appoggio
Automezzi di massa totale > 30 t su pneumatici
2
Prospetto 1 – Tipologia dei pavimenti industriali in base all’utilizzo. Tratto da CONPAVIPER,
Codice di buona pratica: per i pavimenti di calcestruzzo ad uso industriale, CONPAVIPER 3A
edizione, Cerro al Lambro, MILANO, maggio 2003, pag. 14.
Indice fig
‐ 12 ‐
1.3 Giunti
Le variazioni di temperatura e il ritiro del calcestruzzo innescano
tensioni e deformazioni nel pavimento legate alle variazioni di dimensioni della
piastra. Per assorbire tali tensioni, riducendo possibili fessurazioni superficiali,
si devono realizzare nel pavimento alcune soluzioni di continuità, così da
ridurre le dimensioni delle lastre.
Figura 1.4: giunto di contrazione.
In generale, la disposizione dei giunti è determinata dal tipo di
sottofondo della pavimentazione e viene stabilita dal progettista:
• se il supporto è costituito da elementi prefabbricati, non
strutturalmente solidarizzati (tegoli, copponi, ecc.), i giunti devono
corrispondere alle linee di discontinuità;
• se il pavimento è strutturalmente solidarizzato con elementi
prefabbricati per incrementarne la portata, l’esecuzione dei giunti e il
loro dimensionamento devono essere prescritti ed indicati dal
progettista;
Caratteristiche principali del problema
‐ 13 ‐
• se il supporto è costituito da massicciata, vengono eseguiti tutti i tipi di
giunto tenendo conto della disposizione planimetrica dell’area in cui
viene realizzata la pavimentazione e del grado di planarità della
massicciata.
Il taglio meccanico del giunto, eseguito mediante dischi abrasivi o
diamantati, può causare piccoli sbrecciamenti che comunque non costituiscono
difetto.
Si definiscono le seguenti tipologie di giunto
3
:
• giunti di costruzione
• giunti di controllo o contrazione
• giunti di dilatazione
• giunti di isolamento
Figura 1.5: Elementi caratteristici pavimentazione.
3
Tratto da CONPAVIPER, Codice di buona pratica: per i pavimenti di calcestruzzo ad uso industriale,
CONPAVIPER 3A edizione, Cerro al Lambro, MILANO, maggio 2003, pag. 41 e successive.
Indice fig
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1.3.1 Giunti di costruzione
I giunti di costruzioni si costituiscono di fatto con l’accostamento di due
lastre gettate in tempi diversi; le lastre non devono essere tra loro separate, a
meno che non si debba realizzare un giunto di dilatazione. Se non previsto
progettualmente in modo diverso, l’accostamento dei getti deve essere rettilineo
e a tutta sezione verticale. Se previsto il taglio meccanico viene effettuato con il
solo scopo di realizzare una traccia per l’inserimento dei materiali di
riempimento.
Figura 1.6: Esecuzione di un giunto di costruzione.
1.3.2 Giunti di contrazione o controllo
I giunti di contrazione devono essere realizzati su tutte le lastre di
calcestruzzo, gettate su qualsiasi supporto, salvo che non vengano
dichiaratamente impiegate tecniche particolari che ne rendano superflua la
formazione (jointless floor). Il taglio si esegue per una profondità h che varia da
1/4 a 1/6 dello spessore, solitamente non supera però i 6 mm di profondità.