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INTRODUZIONE
Il Leviathan è un'opera di grande respiro e vigore, di vasta
concezione e ricca di riferimenti ed esperienze storiche.
Gli elementi che hanno condizionato e stimolato il pensiero
filosofico di Hobbes sono sia di carattere culturale, come la sua
formazione umanistica e la rivoluzione scientifica del Seicento, sia
di carattere politico, come alcune vicende inglesi molto rilevanti
(dalla monarchia degli Stuart alla guerra civile culminata con
l'esecuzione di Carlo I nel 1649, dalla parabola politica di Oliver
Cromwell alla restaurazione di Carlo II nel 1660).
Il filosofo inglese, sostenitore del materialismo meccanicistico e
schierato in ambito scientifico dalla parte di Galileo, si interessa
anche di temi di filosofia morale e politica a tal punto da costruire
un sistema, che concepisce in base alle grandi tematiche del corpo,
dell'uomo e del cittadino, pubblicando in tre momenti diversi le tre
sezioni degli Elementi di filosofia: il De Corpore (1655), il De
Homine (1658) e il De Cive (1642).
Il Leviathan pubblicato nel 1651 (versione inglese) è fuori da
questo disegno sistematico, ma sarà comunque l'opera più
conosciuta del filosofo inglese, che già da molti anni prima aveva
delineato alcune delle sue idee in uno scritto intitolato The
Elements of Law Natural and Politic (1640), successivamente
sviluppate nel Leviathan1.
Inoltre François Tricaud, autore di una traduzione francese
dell'opera, ha avanzato l'ipotesi che lo scritto hobbesiano fosse
1 Th. Hobbes, Leviathan, cit., p. XIII- IX.
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redatto dapprima, anche se in forma di abbozzo, in latino, per cui
la successiva traduzione latina nel 1668 non rappresenterebbe che
la risistemazione di quella primitiva redazione. Da un confronto tra
l'edizione inglese e latina, risulta infatti una maggiore sinteticità
ed essenzialità del testo latino2.
Anche se di primo acchito l'opera sembra costituire un
ampliamento degli Elements e del De cive, in realtà il Leviatano è
uno scritto in sé originale e tratta in modo nuovo e preciso alcune
tematiche, in particolare quella religiosa.
L'opera presenta anche un recupero delle tecniche linguistiche
impiegate dalla retorica classica e rinascimentale, che in passato il
filosofo inglese aveva criticato e che invece nel Leviathan utilizza
per intensificare l'efficacia delle proprie teorie.
Hobbes nel Leviathan vuole dimostrare come l'assolutismo politico
sia iscritto nella natura stessa dello stato, conoscibile mediante un
ragionamento deduttivo condotto secondo il metodo scientifico.
Fa da sfondo a tale progetto una considerazione pessimistica della
natura umana, in particolare per quanto riguarda le passioni (come
l'autoconservazione). Nel primo capitolo ho affrontato questa
tematica.
Per fare della politica una scienza, Hobbes comincia dall'esame
della causa del Leviatano, ossia l'uomo. Infatti nell'Introduzione
dell'opera, il filosofo inglese sostiene che come Dio ha creato
l'animale naturale uomo, così l'uomo imitandolo, è riuscito con la
propria arte a produrre un animale artificiale, ossia lo Stato
3
.
Quindi lo Stato è costituito da uomini e fatto dagli uomini e perciò
2 Th. Hobbes, Leviatano, a cura di Eros Lunani, Roma, Armando Editore, 2008, p. 18.
3 Th. Hobbes, Leviathan, a cura di Raffaella Santi, Bompiani, 2001, p. 15.
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conoscibile. Poiché il filosofo sostiene che la scienza consiste in
una deduzione che parte dalle cause per giungere a degli effetti, si
ha vera conoscenza solo di ciò di cui si conosce la causa. Per
questo motivo Hobbes sottolinea che la politica è una scienza
perché lo stato è creato dall'uomo e quindi perfettamente
conoscibile. Ogni ragionamento scientifico non fa che dimostrare
la connessione per la quale da una causa determinata si genera un
effetto determinato. Perciò l'autentica conoscenza scientifica, ossia
quella dimostrativa, che va dalla causa all'effetto, può ottenersi
solo per quegli oggetti che sono prodotti dall'uomo.
Nel contempo, poiché la scienza è la costruzione derivante dal
calcolo delle conseguenze dei nomi, ossia di definizioni
4
, il tema
del linguaggio assume in Hobbes la massima importanza.
Per il filosofo, l'attribuzione di un certo nome a certe idee singolari
e il raggruppamento di queste ultime che avviene di conseguenza,
non ha fondamento se non in una convenzione. Essa si basa cioè
sull'accordo implicito tra i parlanti che convengono di assegnare al
nome un certo significato
5
. Per questa sua funzione il linguaggio
rende possibile il ragionamento, che è un calcolo (addizione e
sottrazione) di concetti.
Quindi la ragione e la scienza possono rivolgersi solo ad oggetti di
cui si può conoscere la causa produttrice, quindi a soggetti
generabili, i corpi. Gli oggetti estesi e materiali sono i soli possibili
della ragione: in questo consiste il materialismo di Hobbes. La
parola “incorporeo” è per l'uomo privo di significato. Tutto è corpo
e movimento: infatti sono movimenti le qualità sensibili
dell'oggetto e le sensazioni che producono nel corpo. L'anima è
4 Th. Hobbes, Leviathan, cit., p. 77.
5 Th. Hobbes, Leviathan, cit., p. 55.
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materiale e non potrebbe non esserlo dato che i suoi atti sono
movimenti, prodotti dai movimenti dei corpi esterni. Il movimento
è l'unico principio di spiegazione di tutti i fenomeni naturali.
Nello stesso modo egli spiega i sentimenti, le emozioni, le
pulsioni, tutto ciò che più generalmente cade sotto il nome di
“passione”.
Le passioni sono immediata conseguenza delle sensazioni che
l'uomo riceve dal mondo esterno e sono anch'esse forme di
movimento del corpo determinate dall'impulso alla conservazione
di sé. Ne risulta che per il filosofo l'uomo non è un animale
socievole, altruista ma un animale che cerca di raggiungere in
qualsiasi modo i propri scopi
6
.
Il desiderio di potere è la passione fondamentale su cui si basano e
si riconducono tutte le altre passioni
7
, ed è proprio la passione che
spinge l'uomo a essere diffidente e in competizione con gli altri.
Sulla base di questi presupposti nel secondo capitolo ho affrontato
il caso del timore nei diversi momenti in cui interviene: sia nello
stato di natura, sia nella costituzione dello Stato.
In effetti, nella condizione di guerra di tutti contro tutti che è
proprio dello stato di natura a dominare è la paura della morte, cui
si affianca la speranza di sottrarsi ad essa. Il timore spinge l'uomo
all'autoconservazione e ad un costante desiderio di potere, per
continuare ad assicurarsi i mezzi per vivere adeguatamente. Anche
la religione non è che timore nei confronti del potere invisibile
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della divinità. Infatti Hobbes rimarca che l'unico vincolo che
permette l'uomo nello stato di natura a rispettare la parole data è
6 Th. Hobbes, Leviathan, cit., p. 203-205.
7 Th. Hobbes, Leviathan, cit., p. 123.
8 Th. Hobbes, Leviathan, cit., p. 179.
7
proprio la paura di Dio. La paura delle conseguenze che ne
possono derivare disobbedendo al volere di Dio porta gli uomini a
giurare su di Lui. Dio che viene visto come un vendicatore delle
malvagità degli uomini
9
.
Nella concezione hobbesiana la paura è la migliore consigliera
della ragione, poiché è questa stessa passione a spingere l'uomo ad
uscire dallo stato di natura. Ed è anche la paura stessa che nello
stato civile consente di mantenere la stabilità dello stato. Inoltre
Hobbes sostiene che nel momento in cui viene stipulato un patto
tra gli uomini, poiché le parole sono troppo deboli per poter inibire
l'ambizione, l'ira, l'avarizia e altre passioni dell'uomo, l'unico
rimedio è istituire un potere coercitivo che con paura e terrore
obblighi l'uomo a rispettare i patti
10
. Per Hobbes solo lo Stato
permette di garantire la pace tra gli uomini. Per questo motivo il
Leviatano viene considerato quel Dio mortale che con tanta forza e
potenza amministra con timore il volere degli uomini per la loro
pace e per la salvaguardia della loro vita
11
.
L'analisi da me condotta ha quindi sviluppato l'analisi della paura
secondo una duplice prospettiva: la paura reciproca tra gli uomini
secondo la formula “homo homini lupus” e la paura dei sudditi nei
confronti del sovrano, sotto la formula del mostruoso “Leviatano”.
9 Th. Hobbes, Leviathan, cit., p. 233.
10 Th. Hobbes, Leviathan, cit., p. 225.
11 Th. Hobbes, Leviathan, , cit., p. 283.
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Capitolo primo
1. IL PROGETTO HOBBESIANO DI
UNA SCIENZA DELLA
POLITICA
Thomas Hobbes si considera come il pensatore che ha elevato a
scienza la politica, paragonandosi a scienziati quali Copernico,
Galileo, Keplero e Harvey, pensatori che hanno introdotto
concezioni rivoluzionarie come il moto della terra o la circolazione
del sangue
12
.
Il filosofo inglese esamina e valuta criticamente la politica tra le
scienze, attribuendosi il merito di aver inaugurato la trattazione
scientifica della politica. Infatti egli si dichiara come il fondatore
della filosofia civile:
«La fisica, dunque, è una novità. Ma la filosofia civile lo è ancor di
più, non essendo più antica dal libro da me stesso scritto Sul
cittadino»
13
.
Per Hobbes l'uomo come cittadino, è l'oggetto della teoria dello
Stato e, come corpo naturale, della geometria e della fisica. Quindi
12 Aldo G. Gargani, Hobbes e la scienza, Torino, Einaudi,1971, pp. 3-12.
13 Thomas Hobbes, Il corpo, a cura di A.Negri, Torino, Utet, 1972, p. 63.
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l'uomo è un essere naturale che produce effetti antinaturali (De
cive). Infatti la sua rivoluzione scientifica si basa sulla concezione
che tutto è corpo, e che tutti i fenomeni si spiegano con i
movimenti dei corpi.
La sua teoria è una teoria razionale della politica, in cui il
problema politico deve essere risolto attraverso la ragione senza
ricorrere ad autorità trascendenti, perché lo Stato secondo il
filosofo inglese è un artefatto umano e creato dall'uomo.
Come è evidente nel seguente passo del Leviathan:
«L'arte va anche oltre, imitando quel razionale che è anche il più
eccellente prodotto della natura, l'uomo. Infatti, attraverso l'arte
venne creato quell'enorme Leviatano chiamato Commonwealth o
Stato che non è altro che un uomo artificiale, anche se dotato di
una statura e di una forza più grandi rispetto a quello naturale, per
proteggere e difendere il quale è stato ideato. Infatti la sovranità è
un'anima artificiale, in quanto fornisce vita e movimento all'intero
corpo. I magistrati e gli altri funzionari della magistratura e
dell'esecuzione sono le articolazioni artificiali»
14
.
Quindi la materia dello stato è l'uomo e l'artefice dello stato è
l'uomo, cioè lo stato per lui è un uomo artificiale fatto di uomini
ed è fatto dagli uomini e perciò conoscibile.
Siccome l'uomo è il creatore dello Stato, allora l'uomo può
conoscerlo e per farlo deve anche conoscere se stesso.
Come si evince nel seguente passo del Leviathan:
«Per quanto riguarda il primo punto, c'è un detto di cui si abusa
molto da qualche tempo: che la saggezza non si acquisisce
attraverso la lettura dei libri, ma attraverso quella dell'uomo. Di
14 Th. Hobbes, Leviathan, cit., p. 15.