INTRODUZIONE
La preponderante “irruzione” della logica negoziale nel processo penale è un
fenomeno ormai ben noto ai moderni apparati giudiziari – tanto di common law quanto
di civil law – oberati da elevatissime quantità di incombenze processuali, cui dover far
fronte con risorse spesso insufficienti e inadeguate.
La “schizofrenica” produzione penale e, di conseguenza, la crescita vertiginosa
del volume di fattispecie criminali disseminate nell'ordinamento giuridico – una vera e
propria “penalizzazione” dell'ordinamento – hanno prodotto effetti nefasti non soltanto
con riguardo all'efficienza della giustizia penale, vanificandone le irrinunciabili esigenze
di celerità ed efficacia, ma – come naturale conseguenza – hanno altresì inciso (non certo
in senso positivo) sulla stessa credibilità del “pianeta giustizia”.
Garantire il rispetto del principio di obbligatorietà dell'azione penale – un
valore che oggi sembra essere tornato al centro del dibattito politico – è allora divenuta
un'ardua sfida per un sistema penale gravato dall'oggettiva impossibilità di assorbire
tutti i procedimenti.
Per queste ragioni si è reso indispensabile potenziare quelle procedure di
rapido smaltimento degli affari penali che si pongono in un'ottica alternativa rispetto al
rito ordinario. Ciò significa l'inevitabile tramonto – sancito dal codice di procedura
penale del 1988 – dell'ideale di processo “monolitico”, per far invece posto ad una
pluralità di schemi processuali che, opportunamente dotati di ricche strutture premiali,
possano contribuire a quella essenziale deflazione del carico giudiziario senza la quale il
dibattimento diventa sostanzialmente impraticabile.
In questa crisi del modello tradizionale di fare giustizia ha trovato un fertile
terreno di sviluppo quella propensione ad attribuire agli attori del processo nuovi e più
ampi poteri, segnalando una progressiva “privatizzazione” dei conflitti anche nella sfera
penale a seguito dell'inserimento di elementi di “contrattazione” in talune procedure
differenziate.
Tralasciando le diverse formule mediative e conciliative che si sostituiscono al
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processo, l'attenzione è qui rivolta a quelle forme di negoziazione che trovano luogo
direttamente nel processo – non sostituendolo bensì aggirandolo – quale rimedio alle
croniche inefficienze degli ordinari dispositivi processuali.
In questi moduli, l'oggetto dell'accordo concerne le modalità di svolgimento
del procedimento e, talvolta, verte direttamente sul merito del processo, spiegando così
effetti sostanziali oltre che processuali, mediante la determinazione “contrattata” del
trattamento punitivo dell'autore del reato.
In questo senso, l'istituto processuale che meglio incarna l'anima negoziale è
senza dubbio il plea bargaining statunitense, noto non solo e non tanto per le eccezionali
performance deflattive che lo rendono uno strumento ormai imprescindibile per un'agile
amministrazione processuale ordinaria, bensì anche per le vivacissime critiche mosse
dalla dottrina più qualificata intorno alla mortificazione di molteplici principi essenziali
che informano la giustizia penale.
A dimostrazione del successo ottenuto dalle procedure consensuali, possono
citarsi altri esempi: le informelle absprachen nell'ordinamento tedesco; la comparution sur
reconnaissance préalable de culpabilité recentemente introdotta nel processo penale
francese; la conformidad – rectius, le conformidades – nel sistema processuale spagnolo.
Quest'ultima – un istituto per la verità assai risalente (datato addirittura 1882) che è
entrato a far parte dell'orizzonte negoziale soltanto a partire dal 1988 con la Ley Orgánica
7/1988, de 28 de diciembre – è stata recentemente potenziata con un'importante riforma
del 2002 che ha disegnato un'innovativa forma di procedere – il c.d. juicio rápido – in cui
la conformidad acquista una rilevante connotazione premiale, fino ad allora sconosciuta.
Nell'ordinamento italiano, infine, l'esponente più evidente della giustizia
penale negoziata è il c.d. patteggiamento, una peculiare procedura speciale disciplinata
dagli artt. 444 ss. c.p.p. ormai prossima al compimento del ventesimo anno di
applicazione nell'ambito del procedimento penale.
Il bilancio complessivo del suo considerevole periodo di vigenza, se non può
dirsi pienamente soddisfacente dal punto di vista del suo utilizzo (nonostante il recente
ampliamento sino a cinque anni del tetto di pena detentiva negoziabile), di certo risulta
profondamente negativo per ciò che concerne un'impossibile armonia con i principi
costituzionali.
Invero, la dottrina maggioritaria non ha potuto esimersi dal rilevare le forti
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tensioni che il patteggiamento genera con il modello ideale di processo penale ricavabile
dalla carta fondamentale, anche a seguito della riforma dell'art. 111 Cost. che ha
introdotto nel nostro ordinamento i principi del c.d. giusto processo. Ancor più critica si
è poi mostrata con riguardo alla prevalente interpretazione giurisprudenziale che nega
la presenza di un completo accertamento giurisdizionale in sede di patteggiamento,
denunciando la pericolosa deriva “mercantile” di un rito anticognitivo in grado di
risolvere procedimenti aventi ad oggetto reati anche particolarmente gravi.
Si tratta di un punto in comune con la conformidad. Benché si registrino
importanti differenze procedurali con il patteggiamento italiano a causa della peculiare
conformazione del processo penale spagnolo, le riflessioni della dottrina iberica più
attenta hanno evidenziato la difficile compatibilità di un istituto che trascura la
questione della responsabilità penale di colui che “si conforma” all'imputazione
formulata dall'accusa.
L'opportunità di guardare quanto avviene oltre i confini nazionali conferma,
pertanto, che i rischi connessi alla giustizia penale negoziata sembrano essere maggiori
dei vantaggi dispensati all'ordinamento che la ospita, compresi quei benefici in chiave
deflattiva che pure sono ormai da stimarsi irrinunciabili per la sopravvivenza di un
sistema processuale in profonda crisi.
Si tratta, allora, di soppesare prudentemente i valori che sottendono al
processo penale al fine di realizzare un equilibrio ideale fra esigenze contrapposte –
efficientismo e giurisdizione –, mettendo in chiaro, però, che alcuni di questi valori non
possono essere obliterati da parte di un ordinamento che intenda rimanere fedele ai
principi cardinali consacrati dalle moderne carte costituzionali.
Torino, ottobre 2009
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CAPITOLO I
ORIGINI ED ESPERIENZE DI GIUSTIZIA PENALE NEGOZIATA
SOMMARIO: 1. L'espansione della negozialità nell'ambito della giustizia penale. – 2. La
giustizia negoziata nell'esperienza statunitense: il plea bargaining. – 3. I punti di contatto fra common law
e civil law: la raccomandazione R (87) 18, del 17 settembre 1987. – 4. Il percorso alternativo francese: la
c.d. “terza via”. – 4.1. La comparution sur reconaissance préalable de culpabilité. – 5. L'approccio
dell'ordinamento tedesco agli schemi processuali alternativi. – 5.1 Le problematiche sollevate dalle
informelle absprachen.
1. L'espansione della negozialità nell'ambito della giustizia penale.
La necessità di garantire una maggior efficienza al sistema processuale
contemporaneo costituisce l'oggetto di un ampio dibattito, strettamente connesso al
futuro stesso della giustizia penale. Imponenti carichi di lavoro gravanti su procure e
tribunali, ingolfamento della macchina giudiziaria, lentezza dei processi: si tratta di
problematiche comuni che caratterizzano gli apparati processuali moderni, afflitti da
un'incessante crescita della domanda a fronte di un'offerta che progressivamente si
riduce
1
.
Gli studi sulle nefaste conseguenze dell'overcriminalization hanno evidenziato,
in particolare, le difficoltà strutturali ed i limiti di capacità ed efficienza del sistema della
giustizia penale, paventando il rischio di una giustizia selettiva e, dunque, parziale ed
arbitraria
2
. In questo contesto, la ricerca di soluzioni idonee ad assicurare celerità ed
1. Così TULKENS, Una giustizia negoziata?, in AA.VV ., Procedure penali d'Europa: Belgio,
Francia, Germania, Inghilterra, Italia; sintesi nazionali e analisi comparatistiche coordinate sotto la direzione di
Mireille Delmas-Marty, Ed. italiana a cura di Chiavario, Padova, Cedam, 1998, 584. La cronica situazione
di sovraccarico che caratterizza gli organi giudiziali (specialmente con riguardo ai reati di minor
gravità, i c.d. reati “bagatellari”) ha originato una crisi drammatica tanto in Italia quanto negli altri
paesi europei. Si tratta, infatti, del comune fenomeno per cui non si riesce a far fronte, in via
giurisdizionale, a tutte le manifestazioni illecite esistenti. Per un'ampia introduzione – anche in chiave
storica – alle problematiche che vi sono connesse, v. PALIERO, «Minima non curat praetor». Ipertrofia del
diritto penale e decriminalizzazione dei reati bagatellari, Padova, Cedam, 1985.
2. TULKENS, ibid. Il fenomeno è conosciuto in dottrina con differenti terminologie:
ipercriminalizzazione, ipertrofia del diritto penale, pan-penalismo, inflazione penale. Ciò che è
accaduto è che l'impiego indiscriminato della sanzione penale, sull'onda di reazioni emotive o
valutazioni operate caso per caso ma senza un disegno organico di politica criminale, ha determinato la
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economia al processo penale si è imposta come una priorità nell'agenda di riforma dei
legislatori nazionali, allo scopo di diversificare la risposta punitiva dello Stato e favorire,
di conseguenza, una significativa deflazione processuale. È in questa direzione che
convergono i molteplici interventi di decriminalizzazione, depenalizzazione, nonché i
fenomeni di diversion e deprocessualizzazione
3
, nella prospettiva di introdurre strumenti
e tecniche processuali più flessibili o informali, tramite procedure di mediazione,
conciliazione, transazione, o, più in generale, forme alternative di composizione del
conflitto penale, accanto all'introduzione di procedure differenziate (accelerate o
semplificate) che appaiono come condizioni ormai indispensabili per garantire la
sopravvivenza dell'intero dispositivo processuale
4
.
In questo quadro, la c.d. giustizia penale negoziata (o consensuale) ha
conosciuto un'eccezionale espansione, permeando di caratteri “negoziali” talune
procedure alternative al processo ordinario. Si tratta, a ben vedere, di una tendenza
comune in pressoché tutti i sistemi di giustizia penale occidentale, tanto di common law
quanto di stampo continentale, in cui esistono diversi istituti processuali che, seppur
configurazione di una moltitudine di figure criminose, causando una vera e propria “penalizzazione”
dell'ordinamento. Oltretutto, l'eccesso di criminalizzazione ha avuto riflessi negativi non solo
sull'efficienza della giustizia penale, ma anche sulla sua credibilità: sovraccaricando gli uffici giudiziari
di procedimenti aventi ad oggetto reati di scarsa gravità, si sono distolte le energie dal perseguimento
di fatti veramente gravi, spesso favorendo il raggiungimento dei non troppo ardui traguardi
prescrizionali. «Si è così diffusa una coscienza sociale dell'impunità che ha alimentato la trasgressione
penale». Cfr. VINCIGUERRA, Diritto penale italiano. Concetto, fonti, validità, interpretazione, Padova,
Cedam, 2009, 57 ss.
3. Con il termine diversion s'intende, generalmente, «ogni deviazione del processo penale
ordinario, anteriore alla sentenza di condanna pronunciata da un tribunale, che sfocia nella
partecipazione dell'indiziato a qualunque programma non penale», il cui fine «non è di punire il
colpevole, bensì di aiutarlo a risocializzarsi, o a risolvere il conflitto che lo ha condotto al reato».
GREVI, Rapporto introduttivo su “diversion” e “mediation” nel sistema penale italiano, in Rass. penit. e
crimin., 1983, 47 ss. Sul tema v. anche RUGGIERI, Diversion: dall'utopia sociologica al pragmatismo
processuale, in Cass. pen., 1985, 538 ss.; CAMPANINI, Alternative al giudizio penale nell'ordinamento
nordamericano: le tecniche di diversion, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1983, 131 ss.; FANCHIOTTI, Speranze e
delusioni in U.S.A. nella ricerca di alternative al processo penale (con particolare riguardo al diversion), in
Giust. pen., 1983, III, 227 ss.
4. L'ampia e variegata gamma di tecniche processuali aventi fini deflattivi di cui dispone il
legislatore hanno in comune un elemento: il fatto di consistere in modalità – legalmente
predeterminate – di deviazione dal normale corso dell'azione penale, la quale, ove fondata nei suoi
presupposti di fatto e diritto, sfocerebbe nella fase dibattimentale. PALIERO, «Minima non curat
praetor», cit., 458.
Per una riflessione sulle alternative al processo (e nel processo) penale italiano allo stato
attuale, v. CHIAVARIO, Processo penale e alternative: spunti di riflessione su un «nuovo» dalle molte facce
(non sempre inedite), in Riv. dir. proc., 2006, n. 2, 407 ss. Per uno studio analogo sull'ordinamento
spagnolo v. GÓMEZ COLOMER, Alternativas a la persecucion penal y principio de legalidad, in Centro de
Estudios Jurídicos de la Administración de Justicia (http://www.cej.justicia.es), 2004, 3416 ss.
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con discipline e modalità differenti, convergono nel conferire spazi rilevanti alla
negozialità e, dunque, al consenso delle parti. Basti pensare al trionfo del plea bargaining
negli Stati Uniti, alle informelle absprachen in Germania, alla c.d. “terza via” in Francia e
la nuova procedura della comparution sur reconnaissance préalable de culpabilité, o ancora al
complesso regime della conformidad nel sistema processuale spagnolo. La crescente
rilevanza assunta da questi istituti nei rispettivi ordinamenti processuali consente di
parlare di vera e propria “irruzione” della giustizia penale negoziata, che può essere
spiegata, più in generale, tenendo conto anche del particolare momento di crisi in cui
versano le regole giuridiche tradizionali
5
.
Da un lato, l'affollamento giuridico prodotto dal fenomeno della
globalizzazione non significa solo la coesistenza di vecchi e nuovi soggetti economici e
politici, ma implica soprattutto l'erosione della centralità delle tradizionali fonti del
diritto, indebolendo, in particolare, il classico primato della legge ed il circuito
decisionale preposto alla sua produzione, cioè quello parlamentare
6
. Il carattere
tradizionalmente rigido dello strumento legislativo risulta non essere più adeguato per
governare una società, come quella attuale, in continua trasformazione e protagonista di
un'evoluzione quanto mai rapida e disordinata. Lo dimostra la frenetica produzione
normativa che si registra in ogni ramo del diritto e che indica non già un segnale di
forza quanto piuttosto un sintomo di debolezza, nell'intento illusorio di riuscire a gestire
una realtà sociale cambiante e sfuggente
7
. In ambito penalistico, più specificamente,
l'inflazione esponenziale di norme incriminatrici ha condotto al fenomeno del c.d. pan-
penalismo o ipertrofia del diritto penale
8
.
5. Sul punto cfr. MANTOVANI-CAIANIELLO, L'irruzione della negozialità nel sistema penale,
in Ind. pen., 2002, 1195 ss.
6. FERRARESE, Il diritto al presente, Bologna, Il Mulino, 2002, 66.
7. MARCOLINI, Il patteggiamento nel sistema della giustizia penale negoziata. L'accertamento
della responsabilità nell'applicazione della pena su richiesta delle parti tra ricerca di efficienza ed esigenze di
garanzia, Milano, Giuffrè, 2005, 9 ss. A questo proposito, l'espressione di “schizofrenia legislativa”
coniata in dottrina è quanto mai calzante. Inoltre, a dispetto dei suoi «fasti quantitativi», la fonte
legislativa starebbe andando incontro ad un sicuro declino qualitativo. Così FERRARESE, Il diritto al
presente, cit., 72.
8. Attraverso lo strumento della norma criminale e del relativo processo penale, troppo
spesso si sono voluti contrastare fenomeni sociali e collettivi, diffusi e radicati, nella chimera che tutti i
conflitti da questi derivanti dovessero e potessero essere risolti dalla giurisdizione penale, intesa come
controllo sociale. Il pan-penalismo, tuttavia, ha creato più problemi di quanti ne sia riuscito
effettivamente a risolvere. FALCONE, Il prevedibile insuccesso dei riti alternativi, in AA.VV ., La giustizia
alternativa, riti, modelli, prospettive di un universo in transizione, a cura di Bilotta e Scerbo, Torino,
Giappichelli, 1990, 86.
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Lo stesso sistema delle fonti del diritto, in effetti, ha subito un rapido
assembramento, determinando uno scenario piuttosto caotico in cui, accanto al
tradizionale strumento di normazione di competenza del Parlamento, quello legislativo,
si affiancano fonti altre di giuridicità quali gli usi commerciali internazionali (o lex
mercatoria), le norme derivanti dall'ordinamento comunitario, la tutela dei diritti umani,
nonché un ruolo sempre più dinamico della giurisprudenza
9
. Ciò conduce a presenze
miti del diritto (c.d. soft law), il quale finisce per diventare un'entità debole, fluida
10
.
Dall'altro lato, si è osservato che la crisi coinvolge anche la giurisdizione
medesima. L'intervento del giudice, invero, «viene ritenuto sempre meno indispensabile
e gli attori della scena processuale vengono responsabilizzati e direttamente investiti
dell'amministrazione della giustizia». Nel sistema processuale civile questa tendenza si
traduce nel ricorso in misura sempre maggiore a procedure arbitrali e conciliative, a cui
si accompagna un conferimento sempre più ampio di poteri dispositivi alle parti
private
11
.
In ambito penale, parallelamente, l'orientamento è quello di affidare
direttamente alle parti il compito di risolvere il conflitto in via autonoma con il
raggiungimento di un accordo che porti ad una soluzione condivisa, senza
l'intercessione dello Stato, il quale rinuncia ad intervenire in modo autoritario con
l'imposizione di una decisione giudiziaria unilaterale. Così, mediante la partecipazione
attiva dei privati al processo penale, la giustizia negoziata si colloca in un quadro di
9. FERRARESE, Il diritto al presente, cit., 69. Quello a cui si assiste è una crisi dei modelli
tradizionali di fare diritto, ed alla nascita di una “rete normativa” complessa, legislativa e giudiziaria,
nazionale, comunitaria e internazionale: un complicato intreccio di fonti di produzione delle norme e
di un pluralismo giuridico tanto orizzontale quanto verticale. Così DONINI, Un nuovo medioevo penale?
Vecchio e nuovo nell'espansione del diritto penale economico, in Cass. pen., 2003, 1814-1815.
10. V . ZAGREBELSKY, Il diritto mite. Legge, diritti, giustizia, Torino, Einaudi, 1992. Cfr. anche
NOBILI, Nuovi modelli e connessioni: processo – teoria dello Stato – epistemologia, in Ind. pen., 1999, 35. In
dottrina si è parlato di post-modernità o post-modernismo giuridico, in cui, da un lato, si osserva lo
sviluppo di fenomeni di globalizzazione e, dall'altro lato, un'opposta frammentazione del diritto e
della società. Così PIZZETTI, Il giudice nell'ordinamento complesso, Milano, Giuffrè, 2003, 59 ss. V'è stato
poi chi, osservando le incidenze dell'ordinamento comunitario su quello nazionale, ha suggerito
l'utilizzo della metafora del Medioevo del diritto: una pluralità di fonti che coesistono ed un intreccio
di particolarismo ed universalismo che ricorda alcuni aspetti dell'epoca giuridica medievale. DONINI,
Un nuovo medioevo penale?, cit., 1816.
11. MARCOLINI, Il patteggiamento nel sistema della giustizia penale negoziata, cit., 12. Cfr.
anche la recentissima riforma del diritto processuale civile adottata con legge 18 giugno 2009, n. 69 (in
Gazz. Uff. 19 giugno 2009, n. 140, Suppl. Ord. n. 95) che contiene, fra l'altro, una delega al Governo per
adottare uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e
commerciale (art. 60).
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