3
Diversi critici moderni si sono rivolti, sempre più
frequentemente, a La Diana per capire l’uso della convenzione
pastorale nei lavori di alcuni autori inglesi come Shakespeare,
Sidney e Spenser.
L’argomento qui dissertato ha, infatti, un fine ben preciso,
quello di dimostrare il rapporto esistente tra la letteratura
pastorale spagnola e quella inglese.
A causa della vastità della materia del mio discorso, ho
dovuto fare una cernita molto accurata del materiale ricercato ed
è per questo che ho scelto di dividerlo in tre grandi capitoli.
Nel primo, intitolato “La Pastorale”, ho ritenuto opportuno
fare una piccola storia di questo grande mito letterario. Un mito,
appunto, come lo aveva definito T. Anthony Perry
2
in un suo
articolo su La Diana, quando scrisse: «The poetic quality
wherein daily suffering subsists as painless contemplation
suggests a substratum of consciousness that may appropriately be
termed mythical. Flowing beneath and unifying the various
2
T. A. Perry, «Ideal Love and human reality in Montemayor’s La Diana», in PMLA,
Baltimora, 1969, pag. 227.
4
concrete episodes and particulars, the pastoral setting sponsors
the myth of timeless, universal, idyllic nature».
La storia di un mito, quindi, che percorre il periodo che va
dai suoi albori, al suo massimo splendore fino al suo inevitabile
declino. La storia di un mito non esclusivamente nazionale, ma
europeo, che ha coinvolto e influenzato il romanzo, il dramma e
la lirica italiana, spagnola, francese e inglese, soprattutto durante
il XVI e XVII secolo.
Mi sono particolarmente soffermata sulla tradizione ispanica
e sulla sua particolare tendenza a “verter a lo divino” le opere di
contenuto pastorale. Citando, inoltre, alcuni dei più grandi e
illustri autori spagnoli come Garcilaso, Fray Luis, San Juan e
tanti altri di incomparabile valore.
Nella tradizione britannica, invece, ho avuto modo di
osservare la tendenza ad attribuire una funzione allegorica ed
elegiaca all’egloga pastorale, menzionando, tra i più famosi poeti
del periodo rinascimentale, Sidney, Spenser, Greene, fino a
5
Milton e Marvell, che hanno segnato il declino e la fine di questo
genere.
Tra le varie ed innumerevoli opere di contenuto pastorale,
ho, particolarmente, indugiato sul romanzo di Jorge de
Montemayor Los siete libros de la Diana, trattato nel secondo
capitolo di questo elaborato, intitolato “La Diana, il romanzo
dell’amore”, anteceduto, però, da una breve biografia dell’autore,
da me considerata fondamentale, per capire e penetrare
nell’animo e nei profondi sentimenti del poeta portoghese.
Un uomo ammirato dai suoi contemporanei per il suo
talento musicale, il suo intelletto vivace e il suo genio innato.
Un uomo che, definendolo con una frase di Fray Bartolomé
Ponce
3
, «siempre con amores vivió», infatti, il poeta stesso
preferì denominarsi un «servidor de amor»
4
. L’amore divenne
per lui il perno principale intorno al quale girava tutta la sua vita,
3
Fray B. Ponce de León, Primera parte de la Clara Diana a lo divino, repartida en siete
libros, Zaragoza, 1599.
4
F. López Estrada, La epístola de Jorge de Montemayor a Diego Ramírez Pagán, pág. 402,
cit. da B. M. Damiani, Jorge de Montemayor, Bulzoni editore, Roma, 1984, pag. 136.
6
quell’amore di cui preferì narrare e cantare ne La Diana, la sua
opera principale.
La Diana ebbe un immediato successo, come attestano le
sue numerose continuazioni, edizioni e traduzioni. La sua novità
principale sta nel fatto di essere un racconto che continua, con
una storia d’amore centrale e un numero di storie d’amore
secondarie.
Nel romanzo pastorale sono stati osservati tre temi
principali di origine classica, che si sviluppano lungo tutto lo
schema narrativo: la Fortuna, la Natura e l’Amore, i quali, come
ha osservato J. B. de Avalle-Arce
5
, si intrecciano in modo
immaginativo all’interno delle fibre del romanzo.
La Fortuna, di solito avversa, capricciosa e arbitraria, spesso
viene anche vista come una forza positiva, facendoci ricordare la
tradizionale metafora delle due facce della fortuna. L’uomo può,
però, attenuare la sua avversità usando la virtù o i poteri
soprannaturali, come quelli della maga Felicia.
5
J. B. de Avalle-Arce, La novela pastoril española, Madrid, 1959, pág. 74.
7
La Natura ne La Diana, diversamente dalle precedenti opere
bucoliche, non ha un principale fine estetico ed è intimamente
legata all’amore.
È proprio il tema dell’Amore che ho scelto di trattare nella
mia tesi, poiché costituisce l’argomento fondamentale del
romanzo, che riecheggia sia i sentimenti della tradizione
dell’amore cortese medievale, sia gli insegnamenti neoplatonici
di Leone Ebreo, i cui Dialoghi d’amore sono stati parafrasati nel
romanzo stesso.
Un raffinato amore platonico, quindi, teso a desiderare di
possedere ciò che è bello, un amore al quale, come affermò
Longo Sofista, nel Proemio a Le avventure pastorali di Dafni e
Cloe, «nessuno sfuggì o sfuggirà mai, almeno finché esisterà la
bellezza e gli occhi per guardarla», un amore non controllato
dalla ragione e che produce sofferenza, espressa in lamenti
pastorali.
La Diana sviluppa una dimensione didattico-morale
attraverso sermoni e riflessioni sulla nobiltà dell’amore, sulla
8
sofferenza e sulla pratica delle virtù cristiane. Le dimensioni
didattiche, artistiche e sociologiche del romanzo, le sue
espressioni eleganti e l’originalità romanzesca hanno reso La
Diana molto famosa, la quale ha avuto, infatti, una grande
influenza sullo sviluppo del romanzo pastorale non solo in
Spagna ma, anche, nel resto d’Europa.
Quest’ultimo importante aspetto legato al successo del La
Diana l’ho esaminato nel terzo capitolo del mio elaborato,
intitolato “La Diana in Inghilterra”.
Dopo aver esposto una succinta biografia di Bartholomew
Yong, il traduttore inglese de La Diana di Montemayor, ho
esaminato la presenza del romanzo in Inghilterra, la sua
reputazione e le sue cospicue imitazioni.
T. P. Harrison
6
, critico letterario, ha, infatti, osservato che
«In view of the enormous popularity of the romance on the
continent, it seems reasonable that it was brought soon to
England after its publication (1559-1560), and there was widely
6
T. P. Harrison Jr., «Shakespeare and Montemayor’s Diana», in Texas University Studies
in English, VI, 1926, pag. 72.
9
enjoyed». Tanto è vero che La Diana fu tradotta diverse volte in
inglese e divenne il più famoso libro spagnolo in Inghilterra
verso la fine del XVI secolo
7
. Esercitò una notevole influenza su
Sir Philip Sidney, autore dell’Arcadia, e ispirò Greene, Lodge,
Lyly, Spenser, Shakespeare, Donne e molti altri poeti minori.
Sono stati, inoltre, riscontrati echi del romanzo spagnolo
anche in diverse opere anonime, come England’s Helicon,
un’antologia di ventisei poemi, e nel romanzo The Troublesome
and Hard Adventures in Love.
Il romanzo pastorale di Montemayor, quindi, è considerato
uno dei capolavori del Secolo d’Oro della letteratura spagnola
che ha conservato una grande reputazione in tutta Europa, e «in
Elizabethan England Diana was highly popular and influential,
but its fame suffered an eclipse as the appeal of the pastoral
tradition in which it stands waned»
8
.
7
B. M. Damiani, op. cit., pag. 254.
8
J. M. Kennedy, A critical edition of Yong’s translation of George of Montemayor’s Diana
and Gil Polo’s Enamoured Diana, Oxford University Press, 1968, pag. XXXII.
10
Tra tutti gli autori inglesi che hanno imitato La Diana, ho
scelto di parlare di Sidney e Shakespeare, confrontando le loro
opere con quella di Montemayor.
La Diana è stata, infatti, più volte nominata nelle fonti di
entrambi gli autori, e un’accurata analisi di questa popolare
pastorale spagnola ha dimostrato che Sidney la usò per redigere
la sua Arcadia, mentre Shakespeare per elaborare alcune delle
sue commedie, come The Two Gentlemen of Verona ed A
Midsummer Night’s Dream.
C. S.
12
1.1 Storia di un mito.
«Siempre se ha soñado con un mundo
de belleza ideal, sencillez y pureza, y
[...] ese mundo se expresó en las
novelas pastoriles»
9
.
a vita nel campo, in un luogo quasi idilliaco, puro e
incontaminato, ha sempre incantato l’uomo occidentale.
Un mondo paradisiaco di ninfe e pastori, dove il tempo
sembra aver rallentato i suoi ritmi, e la vita si svolge serena tra
l’ozio, la poesia, il canto, l’incanto e il dolce amore platonico; un
angolo in cui sognare.
La parola pastorale è stata sempre impiegata con significati
differenti, di solito è stata usata per designare un distinto e
preciso genere di letteratura, mentre critici più scrupolosi si
riferiscono ad essa come ad una particolare moda
dell’espressione letteraria.
9
J. B. de Avalle-Arce, «Los pastores y su mundo», in J. de Montemayor, La Diana,
Edición Crítica, Barcelona, 1996, Estudio preliminar, pág. XXIII.
L
13
Siccome i giudizi dei critici risultano alquanto contrastanti,
è difficile affermare con precisione la natura essenziale della
pastorale, i suoi personaggi e i motivi che hanno indotto gli
uomini a produrla. Alcuni critici considerano la letteratura
pastorale come una sincera espressione del piacere dell’uomo
nella semplicità dell’ambiente rurale; altri, invece, come una
descrizione artificiosa e non spontanea dell’immaginaria vita
campestre. Forse è impossibile arrivare ad una definizione
soddisfacente della pastorale; certamente un punto di vista basato
sul pregiudizio moderno si presenta limitato e del tutto
inadeguato
10
.
Il motivo principale che ha spinto molti scrittori e poeti ad
impiegare questo tipo di letteratura si può trovare in quel
particolare desiderio di evasione dalla complessa vita urbana con
i suoi vizi e le sue follie, rifugiandosi nella semplicità e nella
libertà tipica dell’Età dell’Oro
11
.
10
H. Smith, «Pastoral influence in the English Drama», in PMLA, 1897, pag. 355.
11
Ibid., pag. 356.
14
A questo riguardo è doveroso ricordare il pensiero espresso
da Renato Poggioli
12
sugli aspetti della pastorale, quando ha
scritto: «The function of pastoral poetry is to translate to the
plane of imagination man’s sentimental reaction against
compulsory labour, social obligations, and ethical bonds; yet,
while doing so, it acts as the catharsis of its own inner pathos,
and sublimates the instinctual impulses to which it gives outlet. It
therefore performs with especial intensity the role that Freud
assigns to art in general: that of acting as vicarious compensation
for the renunciations imposed by the social order on its
individual members, and of reconciling men to the sacrifices they
have made in civilisation’s behalf».
F. López Estrada aveva osservato che «[…] el género
literario pastoril agruparía un vasto cúmulo de obras desde
Grecia y Roma a través de las literaturas europeas, en las quales
se establecería la consideración del “pastor” como ente que
condiciona de un modo u otro por su naturaleza la obra de
12
R. Poggioli, «The Oaten Flute. Essays on Pastoral Poetry and Pastoral Ideal», in HLB,
XI, 1975, pag. 174.
15
creación literaria que a él se refiera y que en él tome fundamento
y razón de ser [...]»
13
.
La descrizione idealizzata della vita campestre, infatti,
anche se era già presente nel periodo classico, fiorì, soprattutto
durante il sedicesimo e il diciassettesimo secolo, in Italia,
Spagna, Francia e Inghilterra. Questo genere descriveva,
principalmente, i pastori e la loro vita pastorale, appunto, poiché
essi erano considerati come quei tipi di contadini più raffinati
14
.
Nel XVI-XVII secolo sono state trovate numerose leggende
sulla primitiva vita pastorale, le quali, in realtà, derivano dalle
leggende dell’Età dell’Oro scritte dal poeta Teocrito (sec. III a.
C.), l’iniziatore del bucolismo europeo, infatti, i suoi idilios
furono imitati da Bion e Mosco, nell’ambiente ellenico, e
dall’incomparabile Virgilio, in quello romano.
13
F. López Estrada, Los libros de pastores en la literatura española. La órbita previa,
Biblioteca Románica Hispánica, Editorial Gredos, Madrid, 1974, pp. 18-19.
14
H. Smith, art. cit., pag. 356.
16
Le egloghe di quest’ultimo fecero scuola e contribuirono
alla nascita e alla diffusione del genere pastorale con la sua tipica
ambientazione geografica: la campagna dell’Arcadia
15
.
Mentre Teocrito, infatti, ambientava i suoi pastori in Sicilia,
altri poeti scelsero l’Arcadia per le loro scene, rendendo la vita
pastorale dell’Arcadia stessa una delle tradizioni più
generalmente accettate
16
.
I trovadori provenzali ci hanno, invece, lasciato le loro
pastorelle che si sono, poi, sviluppate nelle pastorales gallego-
portoghesi, e più tardi, nelle delicate serranillas del Marchese di
Santillana
17
.
«La gran fuerza del humanismo italiano hizo que la
conexión entre la obra pastoril neolatina y la vulgar ocurriese en
Italia en forma directa, sin relación con el proceso de la literatura
medieval, que había recreado a los pastores en un aspecto
diferente al de la literatura antigua en pastorales y serranillas y
15
J. B. de Avalle-Arce, «Los pastores y su mundo», op. cit., pág. IX.
16
H. Smith, art. cit., pag. 357.
17
J. B. de Avalle-Arce, «Los pastores y su mundo», op. cit., pág. X.
17
como personajes del teatro religioso primero, y secular después.
El carácter de la vida cultural italiana ayuda a establecer esta
continuidad entre los antiguos latinos, los neolatinos y la nueva
literatura italiana, y Boccaccio es el más definido representante
de esta conjución»
18
. Tra le opere di Giovanni Boccaccio (1313 -
1373) di genere pastorale si citano il Filocolo, il Ninfale d’Ameto
e il Ninfale fiesolano.
La figura del pastore è risultata, inoltre, evidente anche nella
liturgia cristiana, infatti, i primi drammi medievali inscenavano
proprio l’episodio dell’Adorazione dei pastori, drammatizzazione
questa che rafforza l’identificazione tra il pastore e il
Cristianesimo.
Il primo romanzo pastorale che ha avuto una popolarità
internazionale è stato l’Arcadia (1504) del napoletano Jacopo
Sannazzaro, nel quale i lamenti amorosi di Sincero,
presumibilmente autobiografici, e le idealizzazioni dei
18
F. López Estrada, Los Libros de Pastores, op. cit., pp. 129-130.