6Credito di Diritto Pubblico: con il R.D.L. n. 375 del 1936, il regime fascista, con
l’intento di salvaguardare il risparmio e la funzione creditizia, ha affidato il controllo
all’Ispettorato per la difesa del risparmio e dell’esercizio del credito. Tra questi il Banco
di Napoli, il Banco di Sicilia, il Banco di Sardegna (inserito con la legge n. 298 del
1953), la Banca Nazionale del Lavoro, l’Istituto San Paolo di Torino e il Monte dei
Paschi di Siena
2
. Tutti gli istituti, ad eccezione della Banca Nazionale del Lavoro, sono
sempre stati caratterizzati dalla loro radice locale, a cui hanno fatto sempre riferimento
come gestione dell’attività creditizia, e tra tutti il Monte dei Paschi di Siena è sempre
stato quello maggiormente attaccato alle proprie origini cittadine. La riforma creditizia ha
strappato alla città di Siena una parte delle prerogative spettanti al comune, ripartendone
la responsabilità di gestione tra il Comune e l’Ispettorato. Con l’avvento della
Repubblica, le funzioni dell’Ispettorato per la difesa del risparmio e dell’esercizio del
credito sono passate ad un Comitato Interministeriale a cui partecipano il Ministro del
Tesoro e il Governatore della Banca d’Italia.
Tornando ai partiti, la loro funzione di trasmissione della domanda politica e di
rappresentazione di essa nelle sedi appropriate (sia a livello locale che nazionale),
degenera in quella che Pasquino definisce “presenza e insediamento sociale e politico dei
1
Per una classificazione del modello organizzativo della Pubblica
Amministrazione, CasseseS., “Il sistema amministrativo it l ano”, Il Mulino, 1983.
2
Art. 25 del R.D.L. n. 375 del 12 marzo 1936
7partiti di massa”
3
. Il sistema italiano è stato definito come caratterizzato da partiti capaci
di controllare i gruppi di pressione (che contavano solo attraverso i loro rapporti di tipo
clientelare o parentale con i partiti), i tecnici ("lottizzati") e la società civile (con
allineamento dei movimenti sociali attorno agli attori partitici). Il potere dei partiti
avrebbe caratterizzato quindi sia la società sia le istituzioni. Una spiegazione della
partitocrazia italiana, nella quale il potere si è reso un elemento importante mediante lo
sviluppo dovuto ad ampie capacità di distribuire posti di lavoro e facilitare carriere nel
pubblico e nel privato, la offre sempre Pasquino a proposito delle occasioni per i partiti:
"La presenza partitica nella società italiana, in sedi dove si producono decisioni, è
consentita dell'espansione del settore pubblico, dall'esistenza di aziende municipalizzate,
dal vasto numero di posizioni di nomina politica […] Per quel che riguarda le istituzioni,
a costo di fornire una spiegazione troppo elementare, sarà utile ricordare: in primo luogo
che il reclutamento nelle cariche amministrative e politiche è sostanzialmente
monopolizzato dai partiti; in secondo luogo, che nelle sedi decisionali formali la presenza
di personale di estrazione partitica è non solo dominante, ma spesso assoluta"
4
. Pr prio
nella chiave suggerita da Pasquino va letta la ricerca effettuata in questa tesi.
5
3
Partitocrazia, in N. Bobbio, N, Matteucci G. Pasquino (a cura di),Diziona io di
politica, Torino, UTET
4
Estratto da G. Pasquino, "Regolatori sregolati: partiti e governo dei partiti", n P.
Lange e M. Regini (a cura di), Stato e regolazione s ciale. Nuove prospettive sul
caso italiano, Il Mulino, Bologna, 1987
5
Uno studio sulla partitocrazia è stato effettuato anche da Leonardo Morlino in
“Costrire la democrazia: gruppi e partiti in Itali”, Il Mulino, Bologna, 1986
8L’obiettivo che mi pongo è di indagare come i partiti siano entrati e abbiano
condizionato una impresa pubblica, in questo caso un istituto di diritto pubblico. Il caso
specifico preso in oggetto, quello del Monte dei Paschi di Siena, è uno di quelli
classificati nell’opinione pubblica come “occupato” da un partito: il Monte dei Paschi
viene appunto definito “banca rossa”, a causa delle sue amministrazioni molto vicine al
P.C.I. e al P.S.I. Il lavoro viene presentato lungo un percorso che ritengo il più lineare
possibile. Il Primo Capitolo è dedicato alle più note teorie di ricerca e sistematizzazione
che riguardano il partito di massa: da Duverger, passando per Michels, Kirchheimer, e
Panebianco fino ai concetti di p rty government di cartel party, che ritengo utili per
poter capire cosa sia, come si evolve, in relazione all'ambiente esterno rappresentato
dalla società e in rapporto con lo stato, e come si muove nell'arena politica. Nell’ultimo
paragrafo affronteremo la problematica delle decisioni: queste ci danno l’indicatore di
come è distribuito il potere e come è usato. Dal Capitolo Secondo ci immergeremo nello
studio della realtà locale senese: un paragrafo è dedicato alle origini del Monte dei Paschi
di Siena, per poter comprendere quale sia il rapporto con la città e come si sia sviluppato
nel tempo. Ci aiuterà ad introdurre il problema del rapporto tra il Monte dei Paschi e i
partiti. Di seguito analizzeremo quali e quanti siano i partiti di governo della città e
come si dividano lo spazio nell'arena politica. Nel Capitolo Terzo analizzeremo gli
organi di governo senesi e nazionali in rapporto al loro potere di gestione del Monte dei
Paschi, che si esplica nella nomina degli amministratori. Il Capitolo Quarto è dedicato
alle relazioni del Monte dei Paschi con il mondo politico, relazionando gli amministratori
della banca con i partiti o con le loro aree di riferimento politico. Nel Capitolo Quinto si
9affronterà la problematica del rapporto del Monte dei Paschi di Siena con la società civile
senese, ponendo come intermediario i partiti locali. Alla tesi sono allegati tabelle e
grafici utili per comprendere quanto esplicato nei capitoli, la cui elaborazione è del tutto
originale. In particolare nella sezione degli allegati, vi sono alcune interviste da me
realizzate lungo il corso del lavoro con alcuni protagonisti della storia senese in relazione
al Monte dei Paschi (al Prof. Buccianti, al Dott. Meoni e ad Alessandro Vigni), grazie
alle quali è stato possibile ottenere alcune informazioni e dati utili allo svolgimento del
lavoro. Prezioso per lo svolgimento del lavoro è stato l’apporto fornitomi dal Dott.
Massimo Bianchi dell’Università di Siena, che mi ha dato anche la possibilità di
incontrare il Prof. Buccianti, il Dott. Meoni e Alessandro Vigni.
10
CAPITOLO I
LA TEORIA
La struttura dei partiti di massa
Per capire come i partiti entrino nella vita pubblica e ne condizionino le scelte,
si può procedere per gradi nell'analisi, partendo dall'indagine sulla struttura e analizzando
il processo decisionale.
Il fenomeno partitico, almeno come lo conosciamo oggi, è di recente
affermazione. Molta strada è stata fatta da quando il partito era una semplice fazione nata
dalle prime esperienze parlamentari, senza alcun apporto extraparlamentare: quello che
viene definito partito interno, cioè nato dalla necessità di raggruppare parlamentari con lo
stesso scopo. Il partito di massa, quello di derivazione esterna, è un fenomeno abbastanza
recente, nato a cavallo del ventesimo secolo e che ha raggiunto la sua identità di massa
nell'esperienza italiana solo alla fine della seconda guerra mondiale, quando con
l'introduzione del suffragio universale, è divenuto portatore delle diverse spinte sociali.
Il primo che ha tentato di sistematizzare il funzionamento del partito di massa,
universalmente riconosciuto, è Maurice Duverger. Nel suo "I partiti politici" indaga
sistematicamente sulle strutture dei partiti, individuandone quattro tipologie, ognuna
caratterizzata da una diversa ideologia a cui fa riferimento una diversa struttura. Egli
riassume le strutture in:
11
• Comitato, alle quali si rifanno i partiti di espressione liberale, caratterizzato da
un piccolo nucleo di notabili, che aderiscono per cooptazione, le cui risorse
dei membri sono il prestigio sociale, il tutto in una struttura informale;
• Sezione, tipica dei partiti socialisti, caratterizzato da un organismo di massa,
con iscrizione formale e strutturalmente burocratica, le cui risorse dei membri
sono dettate dall'attivismo;
• Cellula, struttura totalizzante il cui luogo di adesione è la fabbrica, ed è
composto da un organismo ristretto con partecipazione comunitaria, ed è
tipica dei partiti comunisti;
• Milizia, utilizzata dai partiti fascisti, strutturata in piccoli gruppi con
reclutamento di tipo militare e una gerarchia, i cui membri sono richiamati al
valore della fedeltà
6
.
Il primo invece ad accorgersi della trasformazione in atto dei partiti di massa, è
stato Robert Michels che anticipò di parecchi anni la sistematizzazione di Duverger. Già
nei primi anni del secolo XX, Robert Michels individua nel modello socialista una
deformazione strutturale conseguenza della trasformazione dei partiti di massa da
organizzazioni aperte alla base, a organizzazioni oligarchiche. La "legge ferra
dell'oligarchia"
7
è un critica severa alla degenerazione dei partiti socialisti, in cui
l'oligarchia diventa una necessità, in quanto solo pochi hanno le competenze adeguate per
guidare un'organizzazione così complessa. La vasta struttura burocratica crea dei capi ai
6
Duverger M., I partiti politici, Il Mulino, Bologna, 1961
12
quali vengono affidati poteri decisivi e svincolati dal controllo della base. Da ultimo si
viene a creare una disuguaglianza all'interno del partito, conseguenza dell'aumento di
potere di chi gestisce le risorse necessarie alla vita dell'organizzazione.
La necessità di avere un'organizzazione efficiente diventa il motivo
dell'affermazione dell'oligarchia partitica: è questa stessa necessità che trasforma il modo
di pensare dei dirigenti. L'organizzazione offre impiego retribuito e possibilità di carriera,
altrimenti preclusi ai proletari, e l'assunzione di cariche di rilievo allontanano dalla base
del partito. L'ascesa sociale fa perdere il senso di comunità con la classe operaia che li ha
demandati alla rappresentazione. Ma l'ascesa maggiore si ha con lo status di
parlamentare: magari iniziato controvoglia, solo per obbedienza di partito, ci si rende
conto poi della propria centralità e dell'importanza del compito svolto, sentendosi
indispensabili per la politica di partito. Soprattutto, cambia la visione del proprio ruolo:
difendere i vantaggi acquisiti che la posizione offre e la difesa dell'organizzazione che
tanto è costata in termini d'impegno e tempo.
Si giunge quindi a quella che Michels definisce "moderazione dei fini". La difesa
dell'organizzazione diventa il nodo principale: da mezzo per la domanda, diviene scopo
stesso.
L'opera di Michels coglie degli aspetti interessanti nell'analisi del profilo
organizzativo, ma non è esente da critica. Panebianco si fa interprete di una critica
puntuale all'indagine di Michels. Panebianco sostiene che i dirigenti necessitano di
7
Michels R., La sociologia de p rtito politico, Il Mulino, 1967
13
militanti: senza di essi, la struttura sarebbe vuota e l'ascesa inutile. Le risorse di partito
sono a disposizione della dirigenza, ma lo sono anche, in misura minore, della base,
quindi non si può affermare che ci sia un controllo esclusivo dei mezzi da parte
dell'oligarchia di partito. Inoltre il controllo dei militanti non è affatto scontato come
Michels descrive, ma ha bisogno di un potere relazionale, legato ad uno scambio di
risorse. Le ideologie mantengono una rilevanza sia per i militanti che per i leader,
ponendosi come punto di riferimento per la continuità dell'organizzazione: l'ideologia
legittima la leadership e si pone come collante dell'identità collettiva. I fini possono
essere articolati ma non sostituiti: se fossero sostituiti, ciò necessiterebbe di non essere
abbandonati, ma posti come punto di partenza i nuovi obiettivi.
Secondo Panebianco dunque, la struttura tende a variare nel tempo, ma in
seguito ad una serie di vincoli ambientali e scelte strategiche da adottare per raggiungere
obiettivi diversi da quelli originari.
Nella ricerca sulle trasformazioni dei sistemi partitici, Kirchheimer propone un
nuovo modello di partito di massa rifacendosi all'esperienza dell'Europa occidentale.
Questo modello si pone sulla linea di sviluppo dei partiti di massa nel secondo
dopoguerra. Il catch all party, come lo ha definito Kirchheimer, si caratterizza per cinque
tratti fondamentali
8
:
Una drastica riduzione del bagaglio ideologico del partito.
8
"La trasformazione dei sistemi partitici dell'Europa occidentale", in Sociologia
dei partiti politici, a cura di Giordano Sivini, p. 257, 1979, II Mulino
14
Un ulteriore rafforzamento dei gruppi dirigenti di vertice, le cui azioni e
omissioni sono ora considerate dal punto di vista del loro contributo
all'efficienza dell'intero sistema sociale, piuttosto che dall'identificazione degli
obiettivi della loro organizzazione particolare.
Una diminuzione del ruolo del singolo membro del partito, ruolo considerato
come una reliquia storica, che può oscurare la nuova immagine del partito
pigliatutto.
Una minore accentuazione della classe gardeé, di una specifica classe sociale
o di una clientela confessionale, per reclutare invece elettori tra la
popolazione in genere.
Assicurare l'accesso a diversi gruppi di interesse.
L'obiettivo principale del partito pigliatutto è il successo elettorale: l'affermazione
di questo modello si può riferire ad una serie di trasformazioni sociali e culturali che
hanno indebolito i sentimenti di appartenenza di classe e delle credenze religiose.
Trasformazioni riconducibili alla riduzione del conflitto sociale e ai nuovi mezzi di
comunicazione che hanno permesso di raggiungere grandi masse di elettori.
La competizione elettorale diviene il momento di massimo sforzo dell'attività
partitica, indebolendo il rapporto privilegiato con una specifica classe sociale, allo scopo
di conquistare il sostegno anche di altre. La scelta di temi che siano consensuali, vale a
dire che non incontrino resistenze da parte della comunità, può ampliare il bacino di
potenziali elettori. Ci si pone, quindi, alla ricerca di un successo elettorale che non sia
15
l'insieme delle preferenze di tutte le categorie, poiché non è possibile, ma tra tutti gli
elettori di quelle categorie che non abbiano evidenti conflitti d'interessi.
Alla trasformazione cui fa riferimento Kirchheimer fa eco il modello del partito
professionale proposto da Panebianco: alle caratteristiche elencate nella descrizione del
catch all party, si aggiunge la professionalizzazione delle organizzazioni di partito. Il
politico classico così come descritto da Weber non esiste più: la burocrazia di partito è
sostituita da tecnici esperti. Panebianco specifica che la burocrazia a cui egli fa
riferimento è un insieme di funzionari stipendiati, e il rapporto tra il numero dei
funzionari e gli iscritti (che definisce tasso di burocratizzazione) serve a identificare i
partiti a forte istituzionalizzazione. Una struttura forte e una potente burocrazia stanno a
significare che "il centro possiede uno strumento efficacissimo attraverso cui
sottomettere la periferia organizzativa"
9
.
9
Panebianco A., "Modelli di partito", Il Mulino, 1982, pag.411
16
Partito burocratico di massa Partito professionale elettorale
a)Centralità della burocraziaa)Centralità dei professionisti
b)Partito di membership, legami
organizzativi verticali forti; appello
all'elettorato di appartenenza
b)Partito elettorale, legami organizzativi
verticali deboli; appello all'elettorato di
opi ione
c)Preminenza dei dirigenti interni, direzioni
collegiali
c)Preminenza dei rappresentanti pubblici,
direzioni personalizzate
d)Finanziamento tramite tesseramento e
attività collaterali
d)Finanziamento tramite gruppi d'interesse e
fondi pubblici
e)Accento sull'ideologia. Centralità dei
credenti entro l'organizzazione
e)Accento sulle issues e sulla leadership.
Centralità dei caratteristi e dei
rappresentanti dei gruppi di interesse entro
l'organizzazione
La tabella riportata è un'elaborazione di Panebianco: la definizione di partito
burocratico di massa viene utilizzata per distinguere il modello che emerge dalle ricerche
di Duverger e Michels, i quali hanno puntato molto sulla funzione della burocrazia
all'interno delle strutture partitiche, da quello di Kirchheimer, la cui definizione di
professionale elettorale serve ad esaltare l'aspetto della professionalizzazione. Entrambe
sono degli idealtipi che non si possono riscontrare nell'esperienza, ma a cui la
trasformazione in atto tende. Due sono le variabili che possono accelerare il percorso:
1) Quanto più è debole il grado d'istituzionalizzazione di ciascun partito,
tanto più rapida è la trasformazione.
2) Quanto più il sistema è dominato da poche grandi organizzazioni, tanto
prima e velocemente interviene il cambiamento.
17
Le spinte che portano alla trasformazione possono essere ricondotte da una parte
nella stratificazione sociale che investe sia le proporzioni tra i diversi gruppi
occupazionali sia gli atteggiamenti culturali di ciascun gruppo; dall'altra lo sviluppo
tecnologico che investe il campo della comunicazione politica sotto l'impatto della
televisione, divenendo una cinghia di trasmissione fra partiti ed elettori, più importante
delle organizzazioni collaterali tradizionali.
18
"Party government" e "cartel party"
L'affermarsi sulla scena politica dei partiti organizzati ha determinato alcuni
cambiamenti nel circuito rappresentativo e di conseguenza del governo. Come sempre, la
ricerca sul partitismo europeo è all’avanguardia, in particolare quella del secondo
dopoguerra. Sartori afferma che il partito diviene l'effettivo governo del sistema
democratico
10
. Il partito concorre alle elezioni, che perdono il carattere di elezione di
rappresentanti individuali per diventare scelta di gruppi partitici; di conseguenza il
parlamento da assemblea di individui si trasforma in assemblea di gruppi partitici. Il
governo cade sotto il controllo diretto del partito o dei partiti che sono arbitri della sua
vita. Là dove il party government si realizza appieno, il parlamento tende a perdere
d'importanza come interlocutore del governo nella formulazione delle politiche. Da un
ruolo primario passa ad uno secondario limitato al campo degli aggiustamenti minori.
Secondo Katz, l’elaborazione delle politiche avviene in buona misura nelle sedi partitiche
e poi da queste trasmesse al governo
11
. Manifesti elett rali dei partiti e accordi di
coalizione diventano, quindi, le fonti dalle quali i governi partitizzati sono ispirati e
guidati nella loro azione politica. Al governo dunque spetterebbe essenzialmente un
compito di esecuzione di direttive provenienti dall’esterno.
10
Sartori G.,Parties and p rty sistems, Cambridge University Press, Cambridge,
1976
11
Katz R., Party government: a rationalistic conception, in F.G. Castles e R.
Wildenmann, Viso eand realities of party government, de Gruyter, Brlin, 1986