4
Ho ritenuto importante dedicare un cenno nel terzo capitolo ai poteri del Primo 
Ministro inglese poiché mi ha aiutato a comprendere quali sono gli effettivi compiti e 
doveri di un premier britannico. 
Il capitolo quarto descrive le elezioni generali del 1997 e il rinnovamento del 
partito. Il Labour Party è diventato New Labour ed è riuscito a convincere un elettorato 
molto disomogeneo, soprattutto le classi medie, che avrebbe guidato adeguatamente il 
nuovo corso britannico. Grazie a un’efficace campagna mediatica, che ha rappresentato 
un’indubbia novità per la Gran Bretagna, Tony Blair ha affrontato il peso del passato e 
dopo diciotto anni ha riportato al governo il Partito Laburista rendendo moderna e 
all’avanguardia la sua immagine di politico. In seguito ho analizzato il “Manifesto”del 
New Labour Party scritto da Anthony Giddens, direttore della London School of 
Economics e stretto consigliere di Blair. Questo non ha solo l’intento di far conoscere 
gli ideali e le proposte concrete del New Labour, ma di offrire una “terza via” fra le 
ingiustizie del liberismo e le rigidità della socialdemocrazia. Tra i suoi cardini vi sono 
l’uguaglianza e il sostegno degli svantaggiati, ma anche la “società civile attiva”, il 
“welfare positivo” e lo slogan “nessun diritto senza responsabilità”. 
Infine nel capitolo quinto ho elaborato un’analisi delle elezioni generali del 
2001, che hanno confermato l’egemonia laburista, malgrado un electoral apathy, cioè 
un forte astensionismo da parte dell’elettorato. Alla fine del capitolo ho esposto, 
brevemente, uno studio condotto dall’Università di Bournemouth sulla la strategia di 
comunicazione del primo ministro inglese Tony Blair e sulla copertura dei media nel 
dibattito pubblico nell’evolversi della Seconda Guerra del Golfo. 
  
5
CAPITOLO PRIMO 
 
I PARTITI POLITICI 
 
 
Si dicono partiti le fazioni che dividevano le 
antiche repubbliche come i clan che si 
raggruppavano attorno ad un condottiero 
nell’Italia rinascimentale, i clubs dove si 
riunivano i deputati delle assemblee 
rivoluzionarie, i comitati che preparavano 
le elezioni censitarie nelle monarchie 
costituzionali, come pure le vaste 
organizzazioni popolari che inquadrano 
l’opinione pubblica nelle democrazie 
moderne. 
[M. Duverger, I partiti politici]. 
 
 
I partiti politici, considerati come attori fondamentali delle democrazie 
rappresentative, sono organizzazioni stabili e strutturate miranti alla conquista e 
all'esercizio del potere politico. 
In quanto strutture stabili che svolgono principalmente la funzione politica di 
aggregazione degli interessi, i partiti politici rappresentano un fenomeno storico 
relativamente recente, distinguendosi da preesistenti strutture politiche similari 
(clientele, sette, fazioni) per lo più occasionate da periodi di crisi o da eventi eccezionali 
e tendenti a obiettivi particolari. Possiamo dire dunque che sono un’associazione, nel 
senso che sono un gruppo formalmente organizzato e basato su forme volontarie di 
partecipazione.  
Secondo Max Weber: «i partiti sono associazioni fondate su una adesione (formalmente 
libera), costituite al fine di attribuire ai propri capi una posizione di potenza all’interno 
di un gruppo sociale e ai propri militanti attivi possibilità (ideali o materiali), per il 
perseguimento di fini oggettivi o per il perseguimento di vantaggi personali o per tutte e 
due gli scopi. […] per questo i partiti sono possibili soltanto nell’ambito di comunità 
che siano a loro volta in qualche modo associate, e cioè che possiedano qualche 
ordinamento razionale e un apparato di persone che si tengano pronte per la sua 
  
6
attuazione. Il fine dei partiti è appunto quello di influenzare questo apparato, e di 
formarlo possibilmente con aderenti al partito» [Weber M. 1974 citazione in della Porta 
2001].    
La definizione più contemporanea e sintetica è stata data da Giovanni Sartori che 
definisce il partito un qualsiasi gruppo politico identificato da un’etichetta ufficiale che 
si presenta alle elezioni, ed è capace di collocare attraverso le elezioni (libere o no) 
candidati alle cariche pubbliche [Sartori G. 1965].   
Il concetto di partito si è sviluppato in relazione alla sfera della politica, per 
questo è opportuno ricordare l’esperienza della polis greca. Per i greci, l’esperienza 
della polis era legata al potenziamento di capacità uniche della specie umana, come il 
ragionamento e l’uso del linguaggio. Nella polis greca, per l’uomo politico la politica 
non si differenzia dalla società: la polis è l’unità costitutiva e la dimensione compiuta 
dell’esistenza. 
È solo nella città romana che emerge un elemento considerato come importante per 
garantire il vivere civile: la civitas è infatti organizzata giuridicamente. Bisognerà 
comunque attendere Machiavelli perché la politica assuma quella dimensione verticale, 
“di potere, di comando e, in ultima analisi di uno stato sovraordinato alla società”, che 
le è riconosciuta ai giorni nostri. 
Per comprendere le caratteristiche dei comportamenti politici occorre guardare ai 
luoghi dove si attuano i comportamenti politici e alle risorse che entrano in gioco nella 
politica.  
Il concetto di stato si riferisce a uno specifico ordinamento politico, che emerge in 
Europa a partire dal XIII secolo, lo stesso concetto di stato si sviluppa nel XIV secolo. 
Nella classica definizione di Max Weber l’elemento fondamentale che caratterizza lo 
stato è il monopolio della forza legittima: si ha uno stato quando un soggetto politico di 
carattere istituzionale è capace di rivendicare con successo, per la sua direzione 
amministrativa, il monopolio della forza legittima. L’obbedienza allo stato è legata al 
controllo della forza necessaria a sanzionare le violazioni. Nello stato moderno, 
l’obbedienza al dominio politico non è dettata tanto dalla paura della punizione, quanto 
da un senso di doverosità morale.     
  
7
La genesi dei partiti in senso proprio s'intreccia con quella dello stato moderno e in 
particolare con le guerre di religione europee dei secoli XVI e XVII, che conferirono 
per la prima volta alle "parti" in lotta connotati ideologici: le diverse aggregazioni si 
fecero allora portatrici di una concezione del mondo e dei rapporti fra gli uomini che 
condizionò anche la formazione degli schieramenti politici, come avvenne per esempio 
durante la guerra civile inglese. Solo dopo il compimento della Glorious Revolution in 
Inghilterra e la vittoria delle due grandi rivoluzioni settecentesche, in America e in 
Francia, che abbatterono il monopolio monarchico della sovranità e crearono nuove 
forme costituzionali, i neonati partiti politici si videro assegnata una funzione centrale 
nella formazione della volontà nazionale. In Gran Bretagna i whigs
1
 e i tories
2
 si 
caratterizzarono sin dall'inizio come schieramenti interni al parlamento, in competizione 
per determinare gli indirizzi governativi. A essi mancò tuttavia il requisito fondamentale 
dell'organizzazione, che si ritrova invece in alcune espressioni della sociabilità politica 
della Francia rivoluzionaria, soprattutto nel movimento giacobino. Dalla fine del 
Settecento in poi i partiti hanno assunto un'importanza sempre maggiore, diventando 
elemento essenziale della storia politica dei diversi paesi e interagendo con le 
trasformazioni delle società contemporanee. Mentre lo sviluppo dei partiti politici 
attraversa tutto l'Ottocento, la riflessione teorica e metodologica sulle loro 
caratteristiche e sui loro meccanismi di funzionamento risale al Novecento [della Porta 
2001].            
 
                                                 
 
1
 I Whigs rappresentavano, nel XVII – XIV secolo il principio della resistenza al sovrano e della 
tolleranza religiosa, la città di Londra, gli interessi dei ceti commercianti arricchiti da traffico marittimo e 
coloniale.   
2
 I Tories rappresentavano la corrente dei partigiani del re, della chiesa anglicana, della tradizione della 
proprietà fondiaria e del ceto rurale. Il termine tory vien utilizzato oggi per indicare il Conservative party.    
  
8
1.1  Funzioni e struttura dei partiti 
Il partito è un sistema interamente differenziato e dal suo concetto si può ricavare la 
sua struttura organizzativa: 
a) Il partito è un insieme di individui, un’associazione che dura nel tempo sulla 
base di principi condivisi; 
b) È in grado di far eleggere i candidati, i quali andranno a far parte dell’assemblea 
rappresentativa e, sotto determinate condizioni, anche del governo; 
c) Ha bisogno, dunque, di un elettorato che lo voti; 
d) Almeno per questi compiti elettorali protratti nel tempo deve possedere un 
minimo di risorse umane, organizzative, finanziarie, di expertise. 
Da questa analisi emergono tre dimensioni del partito: una dimensione interna 
(l’associazione degli aderenti); una dimensione esterna (l’elettorato, più in generale la 
società); una dimensione istituzionale (gli eletti). 
Il partito, insomma, come si è detto, è un’organizzazione complessa, attraversata da 
divisioni politiche orizzontali, correnti, fazioni, aree di tendenza ecc., e da divisioni 
funzionali, come gli iscritti gli attivisti, i dirigenti, gli eletti, i governanti, ecc. Ognuno 
di questi elementi costitutivi ha una sua relativa autonomia di comportamento, data dal 
compito funzionale che persegue e dalla posizione sia all’interno della struttura partitica 
sia all’interno della struttura istituzionale entro cui deve agire. La posizione di ciascun 
elemento del partito è perciò inserita in un sistema di vincoli, di risorse e di incentivi e 
di opportunità, che va analizzata nella sua specificità strutturale e rapportata a quella 
degli altri elementi per capire il funzionamento del partito anche come un attore 
unitario. 
I partiti svolgono nelle democrazie tutte una serie di attività o compiti, nel 
perseguimento dei loro obiettivi, che la letteratura ha definito funzioni. 
Quando si parla delle funzioni dei partiti bisogna considerare non solo le singole unità 
d’analisi, ma anche il sistema partitico nel suo complesso. Alcune funzioni, peraltro, 
non sono proprie dei singoli partiti, ma del sistema partitico. La funzione di 
legittimazione del sistema democratico, per esempio, è adempiuta dall’esistenza di più 
partiti e dal fatto che gli elettori, nelle elezioni hanno una possibilità di scelta tra più 
alternative. 
  
9
In generale la quantità e la qualità delle funzioni espletate dai partiti,  sono legate ai tipi 
di partito e alla specifica articolazione della loro struttura organizzativa, seguendone 
tutte le trasformazioni. Possiamo dire che le funzioni sono collegate alle strutture 
organizzative interne e sulla base di questo criterio, messo in evidenza da Massari 
[Massari O. 2004],  possiamo elencare  le principali: 
1. partito nell’elettorato: gli elettori costituiscono il prolungamento necessario 
dell’associazione. Il partito in quanto associazione non ha in se stesso la sua ragione 
d’essere: la sua finalità vi è esterna, perché ogni partito ha per vocazione quella di 
ottenere consensi al di fuori di se, al fine di accedere al potere. 
Il legame  continuativo e saldo tra elettori e partiti costituisce una dimensione 
essenziale del buon funzionamento della democrazia. In questa visione che si può 
definire partecipativa, i partiti politici sono gli strumenti permanenti delle identità 
politiche della società cui devono dare voce, rappresentanza, organizzazione. I 
partiti, strutturando su basi stabili e durature il voto attraverso processi di 
identificazione socio-psicologici, hanno in realtà strutturato le condizioni stesse di 
funzionamento della democrazia. 
La stabilità del mercato elettorale è condizione, attraverso la solidità dei partiti, della 
stabilità del sistema democratico. Il declino dell’identificazione partitica, ossia dei 
legami non fluidi tra elettorato e partiti, può significare allora il declino non solo dei 
partiti ma della stessa democrazia come l’abbiamo finora conosciuta.  
C’è poi un’altra accezione che va considerata nell’espressione del partito 
nell’elettorato, ed è quella del partito dentro l’elettorato, ossia l’insieme delle attività 
che il partito deve svolgere nell’elettorato in vista delle e durante le elezioni. La 
strutturazione del voto è la funzione minima di un partito politico in una democrazia 
moderna. I partiti, con le loro etichette e posizioni consolidate su tutta una serie di 
temi, permettono agli elettori di semplificare la loro scelta di voto. 
Soprattutto durante le campagne elettorali, ma anche prima e dopo, i partiti 
svolgono un’azione costante di informazione politica, di illustrazione dei temi 
ritenuti prioritari, di persuasione attraverso una propaganda capillare, contribuendo 
in questo modo alla formazione politica delle opinioni dei cittadini. I partiti si 
sforzano di mobilitare i cittadini coinvolgendoli in varie forme di partecipazione nel 
  
10
processo elettorale e democratico i  generale. Sotto questo aspetto, i partiti sono 
importantissimi canali e agenti di partecipazione e di mobilitazione politiche.                    
2. il partito come organizzazione:  il partito in quanto associazione di individui è 
un’organizzazione, ossia un’associazione che dura nel tempo, quindi permanente, 
contraddistinta da una sigla e da un simbolo, i quali riassumono un’identità storica 
e/o una posizione ideologica, e che ha oggettivato e istituzionalizzato le ragioni 
dell’adesione e le norme e le regole di comportamento della vita interna. Il partito 
come organizzazione è composto da: 
− un’organizzazione centrale: gli iscritti vanno organizzati sul piano 
orizzontale di base o sul territorio. La partecipazione degli iscritti va poi 
canalizzata e regolamentata da statuti, norme, regolamenti, convenzioni. Una 
vasta membership ha bisogno inoltre di istituzioni rappresentative per 
nominare i propri delegati ai congressi e agli organi direttivi ed esecutivi ai 
vari livelli secondo varie modalità di democrazia interna. 
− La membership: essa può includere anche attivisti regolari, sostenitori 
finanziari e persino elettori fedeli riconosciuti. È un concetto ampio, solo 
apparentemente univoco, giacché essa è una realtà in cui sono presenti molti 
attori o figure diverse. Da questo punto di vista, può essere raffigurata come 
una sorta di stratarchia, composta cioè da diversi strati. Occorre tenere 
presente che la membership è un vastissimo serbatoio dal quale provengono i 
dirigenti, i leader e i candidati alle varie cariche pubbliche. E tutti questi 
sono anche iscritti. Il primo strato, quello più largo è costituito da semplici 
iscritti che possono avere un rapporto assai sporadico con la vita 
dell’organizzazione. Un secondo strato è composto dai cosiddetti militanti e 
attivisti, i quali sono impegnati assiduamente nei vari compiti 
dell’organizzazione. Essi si mobilitano durante le campagne elettorali, 
diffondono la propaganda del partito, raccolgono finanziamenti, partecipano 
alle attività interne. 
− I leader nazionali: al vertice dell’organizzazione si trova la cerchia ristretta 
dei dirigenti o dei leader nazionali, tra i quali un ruolo distinto occupa il 
leader. Costui è costretto a massimizzare o almeno a mantenere il potere 
politico. Sono dunque motivati dagli incentivi materiali legati alla 
  
11
conquistate al mantenimento di cariche o all’interno del partito o nelle 
istituzioni parlamentari e governative. L’ambizione diventa uno stimolo 
fortissimo ed è una componente, non necessariamente negativa, 
fondamentale del loro comportamento. In questo senso i fini dei leader 
differiscono da quelli dei militanti. Per i primi il partito è uno strumento per 
l’acquisizione di potere, per i secondi è un fine in sé. I primi devono 
necessariamente essere legati a una logica di competizione (come 
guadagnare voti per accrescere il proprio capitale personale). 
3. il partito degli eletti: la ragion d’essere primaria del partito è di far eleggere i propri 
candidati al parlamento per conquistare, se possibile, il governo; nei sistemi 
presidenziali o semipresidenziali, anche di far eleggere un proprio candidato alla 
carica monocratica.  
Lo sviluppo del partito di massa ha spostato il baricentro del partito delle istituzioni 
alla membership e all’organizzazione interna prima, all’elettorato poi. Il ruolo degli 
eletti è risultato così ridimensionato o è apparso appannato rispetto alle macchine 
partitiche extraparlamentari, cui essi erano subordinati. Sono gli eletti organizzati 
per linee partitiche in gruppi parlamentari, che costituiscono il legame tra suffragio 
elettorale, partiti e parlamenti e governi. Essi sono situati al cuore della democrazia 
rappresentativa. 
Gli elettori sono legati al successo elettorale: per essere tali devono essere appunto 
eletti. E si è eletti sotto un simbolo di un partito, essendo ormai i candidati 
indipendenti una rarità. 
La legittimità degli eletti è duplice: dipende dall’elettorato ma prima ancora dalla 
designazione da parte del partito. Il processo interno di selezione dei candidati alle 
cariche pubbliche è il vero momento decisionale e, in connessione sia con il sistema 
di finanziamenti sia con il sistema elettorale, determina il tipo di obbligazioni che si 
stabiliscono tra candidati-eletti e partito. A chi vanno i finanziamenti e come si 
viene eletti, determina la posizione del singolo parlamentare rispetto al partito e al 
gruppo parlamentare stesso, posizione che può variare da una grande a una 
limitatissima autonomia. Il grado di questa autonomia dipende dalla variazione che 
sussiste tra il cosiddetto voto personale e il voto di partito.  
  
12
Il voto dato essenzialmente al partito, come accade in Inghilterra, rende il singolo 
eletto dipendente dal partito. Il voto dato alla persona accresce indubbiamente il 
potere del singolo nei confronti del partito [Massari O. 2004]. 
 
Riassumendo si può dire che le funzioni dei partiti sono:         
Partito nell’elettorato: 
− Strutturazione del voto 
− Azione di educazione politica dei cittadini 
− Produzione di simboli di identificazione e lealtà 
− Mobilitazione e campagne elettorali 
Partito come organizzazione: 
− Reclutamento dei leader politici e dei candidati alle cariche pubbliche 
− Formazione delle élites politiche 
− Articolazione e aggregazione degli interessi 
 
Partito degli eletti: 
− Mantenimento di un rapporto di rappresentanza e di responsabilità con i 
rappresentanti 
− Formazione di maggioranze di governo 
− Organizzazione e coordinamento del governo 
− Elaborazione ed organizzazione delle politiche pubbliche 
− Organizzazione dell’opposizione 
− Controllo dell’attività e della condotta del governo. 
In termini più analitici i partiti assolvono quattro funzioni tipiche: 
1. la definizione degli obiettivi (ideologie e strategie);  
2. l'articolazione e l'aggregazione degli interessi in domande politiche; 
3. la mobilitazione e la socializzazione dei cittadini, specie con riferimento alle 
elezioni; 
4. il reclutamento delle elite e la formazione dei governi; 
  
13
1.2  Tipologie ed evoluzione 
Avvalendosi delle tipologie elaborate dalla sociologia e dalla politologia gli 
storici hanno delineato l'evoluzione dei partiti politici secondo una sequenza alquanto 
articolata. Una prima categoria, secondo la definizione di Max Weber, è rappresentata 
dal partito di notabili. Tale struttura, a carattere informale e individuale, è per lo più 
espressione dell'egemonia dei proprietari terrieri e borghesi e dell'organicità pressoché 
completa tra società civile e società politica caratterizzante la prima metà dell'Ottocento 
nell'Europa continentale. 
Con il termine notabili vengono definiti individui che: 1) sono in grado, in virtù della 
loro condizione economica, di agire continuativamente all’interno di un gruppo, 
dirigendolo o amministrandolo, come professione secondaria, senza uno stipendio, 
oppure con uno stipendio onorario o nominale; 2) godono di una considerazione sociale, 
fondata non importa su quale base, che dà loro la possibilità di accettare uffici.  
La risorsa principale di questa classe politica era inizialmente la deferenza. Il 
rappresentante eletto in parlamento era il signore locale che godeva di fiducia politica 
grazie alla deferenza che a quella classe era naturalmente dovuta per il tradizionale e 
paternalistico ascendente proprio all’aristocrazia. L’elezione offriva ai signori locali una 
risorsa aggiuntiva di legittimazione nell’antagonismo con la monarchia, mentre 
aumentava anche il loro controllo sulle risorse provenienti dall’esecutivo, da distribuire 
clientelarmente alla loro base (ristretta) di elettori.        
I partiti di notabili si attiravano prevalentemente nella fase della campagna elettorale 
con il fine di eleggere il candidato che essi sostenevano. Una volta in parlamento, i vari 
candidati interagivano l’uno con l’altro, con un debole coordinamento verticale. Questo 
tipo di partito aveva come unità di base il comitato, composto da una dozzina di uomini. 
L’elemento importante di questo non è la quantità dei partecipanti, ma lo status sociale.             
Una forma ulteriore è costituita dai partiti macchina o d'opinione a base 
tendenzialmente di massa, diretti, secondo l'espressione di M. Weber, da “imprenditori 
politici” capaci di controllare apparati di consenso più complessi e tipici del secondo 
Ottocento negli Stati uniti e in Gran Bretagna. Un'altra categoria è quella dei partiti di 
classe e dei partiti confessionali di fine Ottocento, espressione di gruppi separati della 
società in lotta per il riconoscimento dei diritti politici e sociali, il cui prototipo è 
rappresentato dal Partito socialdemocratico tedesco. Il fine del partito di classe è 
  
14
perseguire il cambiamento sociale a favore delle classi lavoratrici, mobilitando la classe 
operaia formando identità politica con appelli di tipo universalistico e promesse di 
benefici collettivi. Questo tipo di partito è fondato sugli iscritti con legami con i 
sindacati e con organizzazioni sociali fiancheggiatrici. 
Il partito confessionale difende gli interessi fondamentali degli aderenti religiosi, 
mobilitando le organizzazioni religiose e pronunciando appelli interclassisti.    
In queste organizzazioni, definite di «integrazione sociale» o di «integrazione 
negativa», e culminate nel modello leninista-bolscevico, si incontrano i caratteri passati 
poi ai partiti di massa del Novecento: caratterizzati da forte connotazione ideologica, 
struttura burocratica e gerarchizzata, disciplina degli attivisti, controllo dei deputati. 
Con tale forma, che raggiunge la sua manifestazione estrema nei partiti-stato, i partiti 
politici assurgono definitivamente a protagonisti della mobilitazione politica e della 
nazionalizzazione delle masse, trasformandosi, sia nei regimi democratici sia in quelli 
totalitari, in organi costituzionali e in organizzazioni interclassiste, fondate su una 
tendenziale autonomizzazione della società civile. Come sostiene Weber «avvenne 
infatti che per conquistare le masse si rese necessario dar vita ad un enorme apparato 
di gruppi di aspetto democratico, costituendo in ogni quartiere cittadino un gruppo 
elettorale, tenendo ininterrottamente in movimento l’esercizio e intraprendendo una 
totale e rigorosa burocratizzazione: aumentavano sempre più i funzionari e gli 
impiegati a pagamento”. Era l’integrazione della classe operaia che richiedeva una 
nuovo tipo di partito. “Il potere dei notabili e la guida dei parlamentari viene meno. 
L’esercizio viene assunto dai politici a titolo di “professione principale” fuori dai 
parlamenti»  [Weber M. 1974 citato in della Porta 2001].   
Quando entrano in politica anche coloro che non hanno rendite proprie che gli possano 
permettere di vivere senza ottenere risorse dalla politica, coloro che si dedicano alla 
politica come vocazione hanno bisogno di trarre dalla politica anche le risorse di 
sopravvivenza. Si forma così una classe politica, cioè un gruppo di persone che fanno 
della politica la loro professione. Con il partito burocratico di massa si afferma infatti la 
nuova figura del politico di professione. Secondo Weber «esistono due modi di fare 
della politica la propria professione: si può vivere “per” la politica oppure 
“di”politica. […] Chi vive “per” la politica ne fa in senso intrinseco la sua ragione di 
vita: egli gode del nudo possesso del potere che esercita, oppure alimenta il suo 
  
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equilibrio interno e la sua coscienza di se con la coscienza di attribuire un senso alla 
propria vita servendo una causa. […] “della” politica come professione vive colui il 
quale aspira a farne una fonte di introito durevole; “per” la politica vive colui il quale 
ciò non avviene» [Weber M. 1974 citato in della Porta 2001].   
La struttura di base tipica del nuovo partito è la sezione che si differenzia dal 
comitato sotto molti aspetti. Innanzitutto la sezione è un organismo aperto a tutti, che fa 
propaganda per aver il maggior numero possibile di iscritti. Nelle moderne democrazie 
di massa, il partito svolge una funzione di integrazione sociale: è cioè capace non solo 
di rappresentare ma anche di offrire basi di identificazione ai suoi aderenti. Un esempio 
è il partito socialista dove l’azione di socializzazione avveniva all’interno delle 
subculture e gran parte del tempo lavorativo veniva vissuto entro un’area di 
uguaglianza. Importante a questo proposito è l’ideologia, che assunse una funzione 
fondamentale per l’organizzazione, in quanto strumento per forgiare gli interessi di 
lungo periodo e la stessa identità degli attori. Come sottolinea Pizzorno «l’ideologia 
permette di rafforzare la solidarietà tra i membri del partito contribuendo a formare e 
saldare la convinzione di condividere fini comuni. Essa diventa, inoltre, una guida 
all’azione, indirizzando le scelte strategiche e tattiche del partito. Infine essa rafforza il 
potere dei leader, che diventano sempre più coloro che conoscono e sono in grado di 
applicare l’ideologia» [Pizzorno A 1996 citato in della Porta 2001].  
Grazie anche all’affermarsi della libertà di pensiero e di stampa, la capacità di 
comunicare, di interpretare ed argomentare diventerà sempre più importante, 
permettendo l’elaborazione del concetto di bene comune. 
Il secondo dopoguerra vide l’avvento pieno del mercato politico, ossia della 
competizione a tutto campo, con la trasformazione dei maggiori partiti europei in partiti 
pigliatutto e con il cambiamento della loro struttura organizzativa interna. Kirchheimer 
fu il “padre” del partito pigliatutto e la formula utilizzata era catch-all people’s party 
[Massari O. 2004]. La ragion d’essere di questi partiti era di costruire, nella società 
industriale, lo strumento dell’interazione non solo sociale, ma anche politica, all’interno 
del sistema politico degli individui e dei gruppi sociali. 
L’affermarsi del partito pigliatutto sarebbe il risultato di una serie di trasformazioni 
sociali e culturali che portano all’indebolimento dei sentimenti di appartenenza di classe 
così come delle credenze religiose.