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INTRODUZIONE
“Internet”, “Social Network”, “Sfera virtuale”, “E-government”, “E-
democracy” e “Società dell’informazione” sono solo alcuni termini entrati ormai a
far parte del nostro vocabolario quotidiano. Ma quale è il loro significato? PerchØ
le nuove tecnologie sono così importanti? E perchØ lo sono soprattutto per i
giovani?
Gli usi che si possono fare di internet sono molteplici: dallo scambiarsi e-
mail (sia per lavoro che per svago) ad organizzare le vacanze, dal ritrovare vecchi
amici e fare acquisti on line. Ma sono i giovani ad aver familiarizzato con questo
mondo piø degli altri e sono loro ad aver sfruttato la rete e le sue potenzialità nella
maniera piø proficua. Essi, infatti, utilizzano la rete come spazio virtuale
all’interno del quale sperimentano nuovi metodi di comunicazione interpersonale.
Un esempio è offerto dal social network piø famoso al mondo, Facebook. In
Facebook l’utente registrato può ampliare il proprio bacino di “amici” attraverso
una “richiesta di amicizia” rivolta ad un altro membro della community; la
procedura richiede una manciata di secondi e il risultato è assicurato. In poco
tempo si possono stringere decine di amicizie on line.
La mia tesi si pone l’obiettivo di analizzare l’uso sociale che i giovani fanno
della nuova tecnologia-Internet mediante la descrizione e analisi di un progetto
concreto, elaborato a livello locale, il Progetto JSTEP, “Sistema Tecnologico
Partecipato per i Giovani”, che ha come scopo quello di fare interagire i giovani
residenti nelle aree della Riviera del Brenta e del Miranese attraverso l’uso delle
nuove tecnologie. Gli ideatori del progetto, nato nel 2008, sono il responsabile del
settore socio-culturale del Comune di Camponogara, il dottore M. Faedda e il
professore dell’Università di Padova A. Candiello. L’obiettivo dei promotori del
progetto consiste nel creare una rete di relazioni on line tra: le istituzioni locali, le
associazioni giovanili, presenti nel territorio dei diciassette comuni aderenti
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all’iniziativa, e i giovani (target del progetto) offrendo un esempio di e-
democracy (democrazia elettornica) e di e-government.
Per arrivare ad analizzare come e perchØ i giovani usino internet come
strumento di socializzazione, occorre fare un passo indietro e spiegare in che
modo esso si sia evoluto, cioè come si sia passati da una fase in cui esisteva solo
“l’azione” (gli anni ’90) alla fase odierna della “interazione”. Per quanto il mondo
di internet sia relativamente giovane, infatti, nel corso degli anni esso ha subito
diversi cambiamenti che possono essere articolati secondo delle vere e proprie
diverse fasi evolutive.
IL WEB 2.00: INTERCREATIVITÀ E PARTECIPAZIONE POLITICA
Gli stati evolutivi di Internet sono indicati con il termine Web e il numero
che indica la fase evolutiva. Web 1.0 rappresenta la prima fase, nella quale i siti
tipicamente statici degli anni ’90 non prevedevano alcun tipo di interazione da
parte degli utenti. La seconda fase, chiamata Web 2.0, ha invece la peculiarità di
far interagire gli utenti con vari tipi di siti (blog, forum, chat, sistemi come
Facebook o Myspace) i quali di conseguenza, sono piø dinamici rispetto ai
precedenti. Tali siti introducono poi nuove dimensioni comunicative, oltre a
quella meramente informativa, che era già presente nel Web 1.0, come la
dimensione sociale della condivisione o l’opportunità di espressione e
condivisione anche ad utenti poco esperti. Infatti i siti internet oltre ad avere una
pagina di presentazione, la homepage, offrono la possibilità agli utenti di discutere
determinati argomenti attraverso la (video) chatroom. In questo modo tutti i
soggetti dialogano on line, all’interno di quella che si può definire un’ agorà
virtuale. Ad esempio, i residenti di una città possono discutere di una
problematica legata al luogo in cui vivono, senza spostamenti fisici ma restando
comodamente a casa. In questo modo a chiunque viene offerta l’opportunità di far
parte di una comunità, una comunità di tipo ‘virtuale’.
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Merita poi di essere trattata a parte un’altra dimensione contenuta nella fase
detta Web 2.0, ovvero la dimensione politica: in particolare il come la politica si
sia inserita e abbia sfruttato il mondo di internet e delle sue nuove tecnologie.
Alcuni autori (Bentivegna, 2002; De Rosa, 2000) dedicano una particolare
attenzione all’uso che la politica (e i partiti politici, nello specifico) fa di internet,
considerato come un mezzo di comunicazione molto piø potente rispetto alla radio
o alla televisione. Sara Bentivegna (2002, p. 79 e p. 93) nell’analizzare il rapporto
tra partiti politici e internet sottolinea come il supporto multimediale venga
utilizzato dai parlamentari solo come una ulteriore vetrina pubblicitaria,
alternativa a quella di un programma tv o di una trasmissione radiofonica,
configurando una sorta di “agorà virtuale”.
Attraverso la creazione di quattro indici, contenuti nel sillabario On line
Campaigning
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, Bentivegna (2002, p. 115) definisce una tipologia di siti ad uso
politico e sociale. Questi quattro indici fanno riferimento alla funzione
informativa (le informazioni prodotte e selezionate che gli autori stessi vogliono
far circolare), a quella della mobilitazione (comunicazione degli appuntamenti e
delle iniziative previste), alla dimensione della community (la parte attiva, ossia
piø partecipativa del sito, quali forum e sondaggi di opinione) e infine alla
funzione dei servizi (collegamenti e sistemi di downloading).
Diverse sono, inoltre, le tipologie di attori che utilizzano internet: il singolo
cittadino che naviga nel cyberspazio (sia per svago che per motivi di lavoro); il
movimento sociale che, attraverso la navigazione in rete, collega persone
geograficamente lontane ma accomunate dagli stessi interessi
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; la pubblica
amministrazione che, attraverso l’ informatizzazione della sua attività, dovrebbe
rendere i servizi piø agevoli per i cittadini e diminuire i tempi della burocrazia; e i
1
Il sillabario è il risultato della ricerca condotta dalla George Washington University Graduate
School of Political Management in collaborazione con il centro di ricerca The Pew Charitable
Trust (reperibile al sito: www.people-press.org )
2
A questo proposito si vuole fare un riferimento all’uso delle nuove tecnologie sperimentato dal
Movimento zapatista citate in Castells (1997, pag.79), e in Bentivegna (2002) .
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rappresentanti politici che fanno ricorso alle nuove tecnologie nel tentativo di
rafforzare i rapporti con gli elettori attraverso un contatto diretto reso possibile
solo grazie alla rete. Tra tali soggetti una categoria importantissima di fruitori di
nuove tecnologie sono i giovani.
GIOVANI, NUOVE TECNOLOGIE, SOCIALIZZAZIONE E, PARTECIPAZIONE
La dimensione digitale è una delle componenti che costituiscono il XXI
secolo, definito “l’èra della comunicazione permanente”. ¨ in questo habitat che
risiedono i nativi digitali, ossia, i giovani che utilizzano i supporti multimediali
con naturale disinvoltura. Come ricorda Furio Honsell
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:
“¨ stato fatto un salto quantico lungo l’albero dell’evoluzione. La nuova
speciazione del sapiens sapiens è avvenuta!
I digitali nativi non presentano ancora differenze fenotipiche percepibili ma
cognitivamente e comportamentalmente sono diversi. Agiscono e pensano
con un grado di parallelismo per noi irraggiungibile” (Pira e Marali, 2007,
p.7)
L’Ottavo rapporto Censis sulla comunicazione rileva come:
“coloro che utilizzano il personal computer e Internet rappresentano ormai
rispettivamente il 47,5% della popolazione di 3 anni e oltre e il 44,4% di
quella di 6 anni e piø. L’uso del pc, in crescita in tutte le fasce d’età,
coinvolge evidentemente soprattutto i giovani e tocca il livello massimo tra i
15 e i 19 anni (86% rispetto all’80% del 2008)” (CENSIS, 2009, I media tra
crisi e metamorfosi, p. 5)
I ragazzi sono in grado di utilizzare piø mezzi di comunicazione e di
informazione contemporaneamente: ascoltano musica sull’iPod, mandano sms,
intrattengono conversazioni on line, fanno chiamate con Skype, chattano in
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Cfr. Prefazione al libro di F. Pira e V. Marali, Infanzia, media e nuove tecnologie, Franco Angeli
editore 2007.
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facebook, etc. Il fascino del web mantiene incollati ai monitor gli utenti sin dalla
tenerà età. Ciò che maggiormente risulta coinvolgente per i giovani cybernauti è
l’opportunità di socializzazione offerta dalla rete, in particolare i social networks.
Secondo il rapporto sui consumi mediatici del Censis (2009) gli italiani
“contagiati” dal fenomeno dei social networks sono circa 19 milioni. La classifica
è così composta: Facebook è noto al 61,1% degli italiani, seguono: Youtube
(60,9%), Messenger (50,5%), Skype (37,6%) e Myspace (31,8%). Le ragioni che
spingono ad iscriversi al piø popolare social network sono: il desiderio di
mantenere i contatti con gli amici (70,5%), ritrovare quelli vecchi (57,8%), svago
(34,8%) e cercare nuove amicizie (19,4%).
L’universo internet si presenta, agli occhi dei giovani utenti, come un
territorio tutto da esplorare e da colonizzare. Questo, ricorda Honsell, a patto che i
giovani non siano:
“[…] meri consumatori passivi di informazioni. Ma attivi, consapevoli,
partecipativi, responsabili protagonisti e creatori del proprio futuro.” (Pira e
Marali, 2007, p. 8)
La volontà partecipativa dei giovani si esprime attraverso la rete come
dimostrano i recenti avvenimenti accaduti in Tunisia e in Egitto dove, come
ricorda Paola Zanuttini, la rivoluzione è “divampata in tempo reale sui social
network”.
La diffusione delle nuove tecnologie tra i giovani solleva, tuttavia, anche
alcuni aspetti problematici. Come ricorda il 44° Rapporto CENSIS del 2010:
“la famiglia è sempre meno in condizione di assolvere alla sua funzione
educativa, come pure la scuola. L’accelerazione tecnologica e l’evoluzione
dei media rendono la triangolazione “famiglie, minori, media” ancora piø
complessa. Il 18,2% dei minori utilizza il Pc da solo in casa. Va evidenziato
che le differenze tra i bambini e i ragazzi di 3-17 anni dovute al titolo di
studio dei genitori sono molto forti”. (CENSIS, Comunicazione e media pp.
519-571)
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La tabella 1 illustra come i figli di genitori con un basso titolo di studio siano
svantaggiati sia nell’uso a casa sia nell’uso combinato casa-scuola del computer.
LUOGO DI UTILIZZO
Totale Solo
a casa
Solo
a scuola
Sia a casa
sia a scuola
Altre
combinazioni
Laurea 64,9 % 23% 1,1% 17,2% 23,6%
Diploma 63,5% 19,6% 2% 16,9% 24,6%
Licenza media 52,4% 15,2% 3,2% 12,7% 21,3%
Licenza
elementare
34,6% 9,5% 1,7% 6,1% 17,3%
Totale 58,4% 16,2% 2,3% 15% 23%
Tab 1. Figli di 3null17 anni che hanno usato il Pc negli ult imi tre mesi, per luogo di utilizzo e titolo di studio più
elevato dei genitori, 2009 (valori %).
Fonte: elaborazione CENSIS su dati Istat.
Come sottolinea il rapporto sui media :
“ la scuola non riesce a colmare il profondo divario dovuto ad uno
svantaggio sociale.
[…]
¨ necessario ripensare complessivamente la possibilità per genitori e
insegnanti di interagire con i contenuti in cui [i giovani] si imbattono
attraverso i media, i quali sono un formidabile strumento di evoluzione se
ben gestiti.” (CENSIS 2010, p.523)
Solo dando ai giovani d’oggi gli strumenti tecnici necessari per decodificare
i messaggi diffusi dai media, gli “adulti di domani” sapranno gestire le Icts in
modo autonomo e consapevole. Ecco perchØ nelle scuole, all’insegnamento delle
materie canoniche, si è affiancata una nuova disciplina: l’educazione ai media o
media education.
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LA “MEDIA EDUCATION”: LA QUARTA DIMENSIONE DELL’APPRENDIMENTO
Nell’economia attuale, globalizzata e sempre piø competitiva, le tecnologie
dell’informazione e della comunicazione assumono un ruolo determinante per
aiutare le persone ad affrontare quella che è stata definita “la sfida
dell’apprendimento permanente”. Per rispondere alle esigenze di un mercato del
lavoro sempre piø incline ad utilizzare tutte le potenzialità offerte dalle nuove
tecnologie nel corso degli anni si è affermata la necessità di affiancare alle
normali materie scolastiche anche una nuova attività di natura didattico-educativa,
relativa all’alfabetizzazione informatica. Tale attività si è dimostrata utile per far
comprendere alle giovani generazioni i molteplici utilizzi e il corretto
funzionamento dei media e di internet
4
.
¨ a partire da ciò che si sviluppa la cosiddetta “Media Education” (ME)
ossia quella attività il cui scopo è quello di sviluppare nei giovani una
informazione e comprensione critica delle categorie dei media e delle tecniche
impiegate per costruire messaggi e i linguaggi specifici. La ME rappresenta la
“quarta dimensione “ dell’apprendimento perchØ essa segue i classici
insegnamenti “leggere, scrivere e far di conto”.
Determinare con precisione “quando” e “dove” è nata la ME non è così
semplice. Questo perchØ, come ricorda Sonia Marcantuono (2006, p.322):
“la media education si è diffusa in molteplici parti del mondo in maniera
diversa. Ogni Stato presenta una storia a sØ, relativamente all’introduzione di
questa disciplina, alle ricerche realizzate, alle manifestazioni e alle attività
che ne hanno sottolineato l’importanza.
Ciò che al contrario accomuna la maggior parte dei Paesi è l’atteggiamento
iniziale che ha accompagnato la diffusione della media education, che
portebbe definirsi difensivo o protezionistico”.
4
Ma non solo si pensi ai corsi di informatica gratuiti tenuti dai comuni e finanziati dalla Comunità
europea, attraverso il Fondo Sociale Europeo- FSE e destinati a ridurre il gap tra chi ha accesso
alle Ict e chi, invece, ne è escluso.
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Tuttavia è possibile distinguere tre fasi cui corrispondono tre atteggiamenti
riguardanti lo studio della ME.
Gli anni Cinquanta-Sessanta sono stati caratterizzati da una sorta di
“protezionismo culturale”. L’insegnamento dei media era volto ad individuarne la
mancanza di valore culturale, la disonestà.
“…era un’educazione contro i media, che un’educazione ai media” (Ibidem)
Negli anni Settanta si afferma un “protezionismo di tipo politico”. I media,
visti come agenti dell’ideologia dominante, sono percepiti come:
“…i portatori di una falsa coscienza: lo scopo dell’insegnamento dei media
era di smascherarli e di portare gli studenti ad adottare le giuste idee
politiche.” (Ivi, p. 323)
Nello stesso periodo si afferma l’idea che i prodotti massmediali siano
portatori di una propria “dignità culturale”. Da questa nuova consapevolezza si
inizia a parlare di “promozione dello spirito critico”, il quale non si insegna ma si
esercita
5
.
Gli anni Ottanta segnano una svolta nell’insegnamento della ME, la quale
oltre ad occuparsi della conoscenza dei media rivolge la propria attenzione anche
al destinatario del messaggio e questo:
“non solo in quanto utente, ma in quanto individuo collocato in una
situazione comunicativa costituita da una molteplicità di contesti”. (Ivi, p.
324)
La media education ha quindi cambiato il modo di fare scuola.
L’insegnamento-apprendimento di contenuti da memorizzare lascia il posto ad un
5
Così facendo “si riprende l’idea dell’educazione come abitudine alla scoperta personale, un’idea
che muove dalla teoria dell’apprendimento per scoperta di Piaget” (Marcantuono, 2006 p. 323).
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modo di fare scuola che vede gli studenti piø attivi. Di conseguenza anche il
rapporto insegnante –studente cambia:
“[il rapporto] diviene sempre meno verticale e gerarchico e sempre piø
paritario e dialogico: l’insegnante non è piø l’unico detentore del sapere che
illumina gli alunni ricettori passivi delle sue parole, ma diventa co-
partecipante, al pari degli allievi, dando vita ad una lezione interattiva e
partecipativa” (Ibidem)
La ME è considerata uno strumento di modernità e di innovazione poichØ
ritenuta il sistema educativo “piø vicino alle reali esigenze dei ragazzi di oggi”
(Marcantuono, 2006).
Sebbene questo concetto sia condiviso da molti Paesi, i diversi contesti
socio-culturali all’interno dei quali si è inserito lo studio della media education
hanno determinato diverse modalità di approccio alla materia. Ad esempio in
America Latina, la ME viene insegnata, attraverso laboratori e progetti come
Latanet
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, nelle scuole piø disagiate delle zone piø povere del Paese.
Negli Stati Uniti il contesto di crescente violenza minorile, derivato dai
“cattivi esempi” offerti dalla televisione, ha notevolmente influenzato la
diffusione della ME. Per risolvere i problemi causati dal’influenza negativa che la
tv aveva sui giovani, alcuni ricercatori hanno sperimentato dei programmi
televisivi
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volti a “fornire lo spirito critico ai giovani di fronte alla
televisione”.(Ivi, p.325)
Il Belgio è il primo Paese che ha cercato di risolvere il problema della
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“Latanet” è un progetto ideato nel 1997 da un’organizzazione brasiliana non governativa, Image
Workshop. Il progetto consisteva nel mettere in collegamento, via internet, i ragazzi provenienti
dai quartieri poveri e violenti delle città di Rio de Janeiro e di Belo Horizonte, e di farli riflettere
sulle loro condizioni di vita, sui media e sull’immagine che questi trasmettevano dei loro quartieri.
L’utilizzo della ME e dell’educational technology ha permesso, a persone escluse dalla
comprensione di immagini, di creare un network di informazioni nel quale ogni comunità (o
scuola) ha potuto descrivere la propria realtà dal proprio punto di vista.
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Si tratta dell’iniziativa “Examining Tv Families” realizzata da Joan Perry, insegnante di
Languages Arts e Social Studies presso la Marshall Middle School del Massachusetts, e volta a far
comprendere ai ragazzi come i media rappresentano le famiglie americane.