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origini, radicate nella storia del paese, delle sue lotte civili e delle sue trasformazioni
sociali, fino ad arrivare ai tempi recenti del fenomeno dell’obiezione di coscienza. Il
capitolo descrive il quadro attuale del Servizio Civile Nazionale Volontario e la sua
evoluzione nel corso degli anni attraverso le statistiche fornite dall’Ufficio Nazionale del
Servizio Civile. Infine si propone un focus dettagliato relativo alle città di Torino e Asti.
Il capitolo 2 approfondisce il tema della cittadinanza, elemento fondante l’esperienza di
Servizio Civile Nazionale, soprattutto nel momento in cui la si intende come un mezzo di
costruzione del significato dell’appartenenza ad una comunità. Partendo dalla teoria si
arrivano ad analizzare le organizzazioni di cittadinanza attiva come espressione della
volontà dei cittadini di agire concretamente all’interno del loro territorio, spesso per
combattere quelle ingiustizie sociali che lo Stato o le amministrazioni locali non riescono a
gestire.
All’interno del capitolo 3 si parla di rappresentazioni sociali, partendo dalle prime
teorizzazioni di Moscovici fino ai recenti sviluppi delle scuole di Aix-en-Provence e di
Ginevra. Le rappresentazioni sociali, in quanto “processo dialogico di ricostruzione e
creazione di realtà e significati sociali a proposito di fenomeni che si impongono
all’attenzione di gruppi o di collettività” (Palmonari, 2004, p. 61) costituiscono un mezzo
efficace per valutare la percezione del ruolo del volontario di Servizio Civile all’interno
della società. Il volontario, infatti, si costituisce come nuovo protagonista nell’ambito di
molte istituzioni pubbliche e private, compiendo un percorso articolato tra concetti quali
responsabilità, crescita, impegno partecipazione e cittadinanza attiva, diventando un mezzo
di creazione di capitale sociale per l’intera comunità in cui opera.
Il quarto capitolo è dedicato all’esposizione della ricerca e dei dati ottenuti, mentre
nell’ultimo vengono presentate le conclusioni cui il lavoro svolto ci ha consentito di
approdare.
La scarsa letteratura sul Servizio Civile Nazionale Volontario ha costituito un ostacolo
importante nella trattazione dell’argomento, tanto che spesso ci si è trovati costretti a
parlare di Servizio Civile attraverso le sue analogie e differenze con fenomeni
maggiormente studiati da parte della ricerca psico-sociale come il Volontariato o le
organizzazioni civiche ci cittadinanza attiva. Sebbene in certi momenti l’impossibilità di
potersi appoggiare ad un solido schema teorico sia stato un limite e un motivo di
disorientamento, spesso però ha costituito uno stimolo dato dall’emozione di esplorare un
territorio ancora poco conosciuto.
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CAPITOLO 1: IL SERVIZIO CIVILE NAZIONALE VOLONTARIO
“...il mio augurio è che possiate essere
costruttori di comunità...”
Paolo Ferrero
Ministro della Solidarietà Sociale
Roma, 15 dicembre 2006
1.1 Introduzione
Il 6 marzo 2001 con la legge 64 e la sua successiva pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale
del 22 marzo dello stesso anno viene decretata, da parte del Parlamento Italiano,
l’istituzione del Servizio Civile Nazionale su base volontaria. Da questo momento in poi il
Ministero delle Politiche Sociali offre ai ragazzi ed alle ragazze del nostro paese la
possibilità di dedicare 12 mesi della loro vita al servizio della comunità. Essi possono
quindi impegnarsi in progetti finalizzati alla “tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona
ed all’educazione alla pace tra i popoli” (art. 1 legge n. 64), compiendo una scelta di
partecipazione che avviene esclusivamente su base volontaria. Quello che, però, è
importante sottolineare è che la valenza sociale del servizio che il giovane rende allo stato
non è che una parte, se pur importante, delle finalità per cui il Servizio Civile è stato
istituito. Comprendere i propri limiti e le proprie capacità, scoprire di avere o sviluppare
abilità nel confrontarsi con la diversità, costruire un lavoro d’équipe per il raggiungimento
di un obiettivo comune, inserirsi nelle realtà organizzative e lavorative in cui ci si trova ad
operare, sono solo alcuni degli elementi che accompagnano la crescita personale del
giovane che ha la possibilità di partecipare ad uno dei bandi offerti dagli enti pubblici e
privati e dalle Organizzazioni del terzo settore sotto la supervisione dell’Ufficio Nazionale
per il Servizio Civile (UNSC). Esiste, infatti, anche un altro percorso che ogni volontario,
forse in forma meno consapevole, si trova ad intraprendere durante il suo anno di servizio:
esso consiste, così come sottolinea il primo articolo della legge 64, in un percorso
finalizzato alla “formazione civica, sociale, culturale e professionale”. Così come sottolinea
il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo intervento in occasione della
giornata nazionale del Servizio Civile, questa esperienza va intesa come “esercizio attivo
della cittadinanza [...] con azioni volte a favorire un senso di responsabile proprietà
7
collettiva, di rispetto, di conservazione verso i beni della comunità”. Una delle priorità
risulta quindi essere la crescita dei giovani, con particolare attenzione alla dimensione
formativa ed educativa. Il Servizio Civile è “scuola di autonomia, di responsabilità, di
obbedienza alle regole [...] esperienza di apertura e di partecipazione, legame con il
territorio” (intervento di Roberto Marino, Vice-Direttore UNSC al convegno su Servizio
Civile e politiche giovanili, Torino, 24/02/2006).
Come già detto più sopra la legge n. 64 del 6 marzo 2001 dichiara che sono ammessi a
prestare Servizio Civile su base volontaria le cittadine italiane di età compresa tra i 18 e i
26 anni e i cittadini riformati per inabilità al servizio militare che non abbiano superato il
ventiseiesimo anno di età. Sarà poi il decreto legislativo del 5 aprile 2002 ad innalzare il
limite massimo di età dai 26 ai 28 anni. Le finalità del servizio, indicate nell’articolo 1,
sono:
- concorrere alla difesa della patria con mezzi ed attività non violenti;
- favorire la realizzazione dei principi costituzionali di solidarietà tra i popoli;
- promuovere la solidarietà e la cooperazione;
- partecipare alla salvaguardia del patrimonio artistico, culturale ed ambientale della
nazione;
- contribuire alla formazione civica, culturale e professionale dei giovani.
Per aderire i giovani interessati devono presentare la domanda di partecipazione ad uno
dei bandi, corredata da titoli di studio, titoli professionali e documenti che attestino tutte le
esperienze pregresse utili al superamento della selezione; i criteri di selezione sono
attualmente stabiliti dalla circolare dell’8 aprile 2004 “Progetti di Servizio Civile
Nazionale, procedure di impiego dei volontari”. Se il giovane risulta essere idoneo allo
svolgimento del servizio (la selezione avviene per titoli e per colloquio da parte dell’Ente
sede di servizio) se ne stabilisce l’avvio con una lettera contenente data di inizio e
condizioni generali di partecipazione.
Un ente che faccia richiesta di volontari per un progetto deve possedere alcuni requisiti
stabiliti per legge:
- assenza di scopi di lucro;
- capacità organizzativa e di impiego del volontario;
- corrispondenza dei propri fini con le finalità del Servizio Civile Nazionale;
- aver svolto un’attività continuativa da almeno tre anni.
(circolare dell’UNSC del 29 novembre 2002).
8
Ogni progetto prima di rientrare in un bando deve essere accettato e approvato
dall’Ufficio Nazionale del Servizio Civile. I progetti devono prevedere l’impiego dei
volontari negli ambiti di: Assistenza, Ambiente e Protezione Civile, Cultura ed Educazione
e Servizio Civile all’Estero. Inoltre, l’impiego del volontario deve essere non inferiore alle
30 ore di attività settimanali per un monte annuo totale di 1400 ore
1
; un minimo di 80 ore
deve essere dedicato all’attività formativa, generale e specifica. (DM 3 agosto 2006).
1.2 Storia del Servizio Civile Nazionale
L’istituzione del Servizio Civile Nazionale appartiene agli avvenimenti recenti del nostro
paese (legge n. 64 del 6 marzo 2001); tuttavia la sua breve storia affonda le radici in quella
molto più lunga e travagliata dell’obiezione di coscienza, di cui il Servizio Nazionale
Volontario è naturale erede in un rapporto di continuità. Con l’entrata in vigore della
Costituzione Italiana nel 1947 attraverso l’art. 52 si stabilisce che “la difesa della patria è
sacro dovere del cittadino” e che “il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi
imposti dalla legge”. Chi non assolve questo dovere quindi commette un illecito ed è
perseguibile dalla legge attraverso il diritto penale militare in quanto disertore. Tuttavia,
già con la coscrizione obbligatoria introdotta con l’Unità d’Italia nel 1861 si incontrò una
grandissima resistenza da parte dei cittadini, in particolar modo da parte della popolazione
rurale del meridione che non ne capiva i metodi ed era costretta a subirla forzatamente; la
risposta dello Stato fu una massiccia repressione attuata dall’esercito piemontese. Ma il
malcontento generale non si attenuò, anzi toccò il suo culmine durante la Prima Guerra
Mondiale (1915-1918), durante la quale furono circa 470.000 i processi per renitenza alla
leva e oltre un milione per altri reati militari come diserzione, procurata infermità,
disobbedienza aggravata ed ammutinamento. La “protesta” trovò nella disfatta di Caporetto
uno dei momenti più tragici e significativi, con il manifestarsi di un vero e proprio
“sciopero militare” dei soldati e la conseguente repressione con la fucilazione di interi
reparti; anche episodi di rivolta civile, come lo sciopero del 17 agosto 1917 degli operai di
Torino, ottennero come drammatica risposta soltanto una repressione durissima con decine
di morti. La protesta popolare era spontanea, derivata da un’istintiva avversione alle
istituzioni militari e agli orrori e all’assurdità della guerra, ma non era incanalata in nessuna
forma organizzata. Sarà necessario attendere il periodo successivo alla seconda guerra
1
Prima dell’approvazione del DM del 3 agosto 2006 l’attività del volontario prevedeva un impegno non
inferiore alle 25 ore settimanali per un monte ore annuo di 1200 ore.
9
mondiale per assistere ad episodi che incidono profondamente nella cultura e nella politica
dell’Italia e determinano l’inizio del percorso che determinerà il riconoscimento
dell’Obiezione di Coscienza.
La parola "obiezione" deriva dal latino "obicere", che significa contrapposizione, rifiuto;
l'obiezione di coscienza è infatti il rifiuto di obbedienza ad una legge o ad un comando
dell'autorità perché considerato in contrasto con i principi e le convinzioni personali
radicati nella propria coscienza. L'obiettore di coscienza è dunque un cittadino che,
dovendo prestare servizio militare armato, contrappone il proprio rifiuto all'uso delle armi
ed attività ad esse collegate.
I primi due casi di Obiezione di Coscienza nel secondo dopoguerra si verificano alla
fine degli anni '40, e fanno riferimento a Rodrigo Castiello (pentecostale) ed Enrico
Ceroni (testimone di Geova) che furono inquisiti. Il primo obiettore condannato alla
reclusione fu Pietro Pinna (1948), nonviolento, finito in carcere per 10 mesi; liberato, fu
condannato di nuovo e ritornò in carcere finché fu prosciolto dal dovere del servizio
militare. Dopo le inquisizioni e le condanne di giovani che chiedevano di poter servire la
Patria senza dovere impugnare le armi si incomincia ad assistere ad alcune iniziative in
ambito parlamentare: nel 1949 il socialista Calossi presenta il primo disegno di legge per il
riconoscimento dell'obiezione. Nel '57 e nel '62 il socialista Basso ripropone l'iniziativa,
accolta però dall'oblio e dall'indifferenza parlamentare e dall’ostilità del governo e delle
gerarchie militari. All’inizio degli anni sessanta si assiste anche alla presa di posizione di
alcuni obiettori cattolici che dichiarano di voler vivere integralmente la non violenza
evangelica, espressa dai comandamenti "non uccidere" e "ama il prossimo tuo come te
stesso"; il primo di loro fu Gozzini nel 1962, seguito da padre Balducci, immediatamente
attaccato dalla Chiesa ufficiale e difeso esclusivamente da Don Milani che, in questa
occasione, scrisse l'opuscolo "L'obbedienza non è più una virtù" (entrambi i sacerdoti
verranno poi processati per apologia di reato). Le scelte coraggiose di questi uomini e le
conseguenze che essi subirono contribuirono a scuotere sempre più l’opinione pubblica e a
portare alla ribalta il tema dell’Obiezione di Coscienza. Ciononostante, fino alla fine degli
anni ’60, il numero di coloro che esprimevano il volontario dissenso all’obbligo di leva
rimane comunque molto basso e la maggior parte di essi sono testimoni di Geova con
poche eccezioni costituite da anarchici, nonviolenti, socialisti ed un esiguo numero di
cattolici.
Nel 1966 con la legge Pedini si assiste ad un primo tentativo di affrontare il problema
dell’obiezione, tentativo che però si rivela poco efficace: la legge infatti istituiva una sorta
10
di servizio civile nel terzo mondo, ma poteva essere applicata solo a coloro che avevano la
possibilità di mettersi al servizio di ditte private, enti statali e religiosi interessati a
impiegare nei paesi sottosviluppati personale poco pagato. In sostanza si trattò di una legge
insufficiente ed ambigua nella sua applicazione.
Sono i tumulti del ’68 che trasformano la scelta dell’obiezione di coscienza in un
problema non solo più etico o religioso ma anche politico; l’idea dell’esercito come mezzo
per mantenere il dominio dello stato sulla società civile si collega alle lotte più ampie per i
diritti civili condotte nelle fabbriche, nelle scuole, nei quartieri. Intanto il numero dei
giovani che scelgono il carcere piuttosto che il servizio militare è altissimo, e costringe le
istituzioni ad affrontare il problema in maniera diretta ed incisiva. La più immediata
conseguenza fu l’approvazione della legge Marcora n. 772 del 15 dicembre 1972: essa,
seppur costruita sotto l’influenza delle gerarchie militari e delle forze politiche contrarie,
stabiliva la possibilità di rifiutare il servizio militare tradizionale in nome del diritto
all’obiezione per motivi morali, religiosi e filosofici. La legge, anche se lacunosa e a
carattere restrittivo e punitivo, consentì la scarcerazione di numerosi giovani obiettori e
segnò un cambiamento storico nella legislazione italiana; benché l’obiezione di coscienza
non venisse ancora considerata un diritto del cittadino ma un beneficio concesso dallo stato
a precise condizioni e conseguenze (la gestione del servizio civile restava nelle mani del
Ministero della Difesa), il servizio militare poteva essere sostituito con la scelta del servizio
civile. Tuttavia la legge non riesce ancora completamente a dare voce alle motivazioni ed
alla volontà degli obiettori che, per manifestare il loro dissenso, si riuniscono nella Lega
Obiettori di Coscienza; questa, insieme a tanti enti e associazioni che si formarono in
seguito, continua a lottare per la modifica della legge e per il riconoscimento del diritto
all’obiezione di coscienza.
Nel 1992 il parlamento propone un nuovo progetto di legge che, però, l’allora presidente
Francesco Cossiga rifiuta di firmare per presunta incostituzionalità; intanto il numero dei
giovani che sceglie la strada dell’obiezione di coscienza continua a salire vertiginosamente
arrivando, nel 1998, a raggiungere le 70.000 unità. Ed è proprio in quest’anno che si giunge
finalmente all’approvazione della legge 230 dell’8 luglio 1998 che sancisce il pieno
riconoscimento giuridico dell’obiezione di coscienza, che, da beneficio concesso dallo
stato, passa ad essere un diritto della persona:
Art. 1.
1. I cittadini che, per obbedienza alla coscienza, nell'esercizio del diritto alle liberta' di
pensiero, coscienza e religione riconosciute dalla Dichiarazione universale dei diritti
11
dell'uomo e dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, opponendosi
all'uso delle armi, non accettano l'arruolamento nelle Forze armate e nei Corpi armati
dello Stato, possono adempiere gli obblighi di leva prestando, in sostituzione del servizio
militare, un servizio civile, diverso per natura e autonomo dal servizio militare, ma come
questo rispondente al dovere costituzionale di difesa della Patria e ordinato ai fini
enunciati nei "Principi fondamentali" della Costituzione. Tale servizio si svolge secondo le
modalità e le norme stabilite nella presente legge.
Il Servizio Civile rappresenta un modo alternativo di servire la patria con un impegno di
durata pari a quello militare ma a contatto con la realtà sociale, con i suoi impegni e con le
sue sfide. Per la sua organizzazione viene istituito l’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile
(UNSC) con sede a Roma che, dopo un graduale passaggio di competenze dal Ministero
della Difesa tramite appositi protocolli d’intesa, diventa la struttura della Presidenza del
Consiglio dei Ministri responsabile dell’intero sistema del Servizio Civile in Italia.
Da questo momento in poi, ed in particolar modo dopo la legge n. 64 del 6 marzo 2001, si
può iniziare a parlare della storia del Servizio Civile Nazionale Volontario, senza mai
dimenticare però il debito di riconoscenza che questa istituzione ha nei confronti di decenni
di lotta e sacrifici delle persone che hanno creduto fosse possibile riuscire a servire il
proprio paese con mezzi non violenti, offrendosi come aiuto spontaneo nel fronteggiare la
carenza di strumenti e risorse nel campo dell’assistenza di anziani, disabili e minori.
Proprio dall’esperienza costruita dagli obiettori di coscienza nell’ambito delle “politiche
sociali”, un’esperienza di nuovo patto di cittadinanza fra giovani e istituzioni, si
svilupperanno le linee guida di definizione del Servizio Civile Nazionale, sia per quanto
riguarda le sue finalità sociali, sia per il valore di formazione civica, umana e professionale
che esso assume per i giovani.
Il 20 dicembre 2001, con l’impiego di 180 donne ed 1 uomo, vengono avviati i primi
progetti di Servizio Civile Nazionale da parte di 4 enti del Terzo Settore ed un Comune. È
sufficiente che passi un solo anno perché il numero dei progetti salga a 811 con 7.865
avviati al servizio.
Il riconoscimento a livello legislativo, più che un traguardo finale, rappresenta l’inizio di
una nuova fase caratterizzata dal susseguirsi di decreti legge e circolari, volte a migliorare
l’organizzazione di questa nuova realtà:
- la legge 352 del 28 luglio 1999 che contiene le norme relative alla sua organizzazione
ed al suo funzionamento
2
;
2
In un primo momento l’UNSC viene strutturato in tre grandi uffici a loro volta suddivisi in 12 servizi
subordinati. Successivamente, con il Protocollo d'intesa del 26 gennaio 2006 "Intesa tra l'Ufficio nazionale
12
- la legge 331 del 14 novembre 2000 intitolata “Norme per l’istituzione del servizio
militare professionale” che fissa al 1° gennaio 2007 la data di sospensione della leva
obbligatoria;
- la circolare n° 44807/II/I dell’8 settembre 2003, in cui si affronta il tema della
formazione dei giovani volontari
3
;
- la circolare n°535529/I intitolata “Norme sull’accreditamento degli enti del Servizio
Civile” del 10 novembre 2003, che indica con precisione i requisiti strutturali ed
organizzativi che le diverse tipologie di organizzazioni devono possedere per poter
proporre un bando;
- la pubblicazione, nel 12 dicembre 2003, della Carta di Impegno Etico, che fissa gli
impegni che regolano i rapporti tra l’UNSC e gli enti che presentano i loro progetti
d’impiego;
- l’istituzione del Comitato di consulenza per la difesa civile non armata e non violenta,
febbraio 2004, con il fine di individuare indirizzi e strategie di cui l'UNSC possa tenere
conto nella predisposizione di forme di ricerca e di sperimentazione di difesa civile non
armata e non violenta;
- la legge n. 226 del 23 agosto 2004, che anticipa al 1° gennaio 2005 la sospensione della
leva obbligatoria, segnando la nuova era del Servizio Civile Nazionale che da adesso in
poi vedrà impegnati giovani di entrambi i sessi
4
esclusivamente per scelta volontaria.
1.3 I numeri del Servizio Civile
Trattandosi di un fenomeno sociale decisamente giovane, soprattutto per quanto riguarda
la sua struttura definitiva, l’argomento Servizio Civile Nazionale non è ancora molto
presente nella letteratura ufficiale, sia in ambito psicologico che non. Tuttavia vi è un
interesse sempre maggiore da parte della comunità scientifica e delle istituzioni nei suoi
confronti, testimoniato dai rapporti dettagliati e dagli studi offerti sia dall’UNSC che dal
CNESC (Conferenza Nazionale Enti per il Servizio Civile), sia da varie altre associazioni
come la fondazione Zancan (Castegnaro, Nanni, 2004) o ARCI Servizio Civile (Canino,
per il servizio civile, le Regioni e le Province autonome per l'entrata in vigore del D.lgs. 77 del 2002", si è
avviato il passaggio di attribuzione delle competenze -inerenti al Servizio Civile Nazionale- alle Regioni e
alle Province Autonome.
3
Con il protocollo 18593/I del 4 aprile 2006 si definiscono in maniera definitiva le linee guida per la
formazione generale e specifica dei giovani in servizio civile nazionale.
4
Il 2005 è quindi l'anno nel quale anche ai ragazzi è concesso di partecipare volontariamente al SCN: si passa
dal 6% di adesioni maschili del 2004, al 25% del 2005
13
Cima, 2006). Non mancano inoltre ricerche condotte dagli stessi volontari e patrocinate da
enti accreditati (F. Bottaro, G. Maggi, 2005) e tesi di laurea, tra le quali quelle premiate
dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri in occasione del 5° anniversario del Servizio
Civile Nazionale nell’anno 2005.
L’importanza del Servizio Civile Nazionale e l’aumento dell’interesse dell’opinione
pubblica nei suoi confronti sono sottolineati da un dato importantissimo: la crescita
costante, anno dopo anno, dei giovani che decidono di parteciparvi. Diventa quindi
fondamentale, prima ancora di sviluppare qualunque ipotesi psicologica di analisi del
fenomeno, avere un quadro preciso circa le adesioni dei volontari e degli enti. I dati di
seguito presentati, ricavati dalle relazioni presenti sul sito dell’UNSC
(www.serviziocivile.it), sono aggiornati al 31 dicembre 2006
5
. In particolare si farà
riferimento alle relazioni che, come disposto dall’art. 20 della legge n. 230 dell’8 luglio del
1998, annualmente l’UNSC presenta in parlamento per rendere conto dell’organizzazione,
gestione e svolgimento del Servizio Civile Nazionale. Le relazioni sono quelle degli anni
2002, 2003, 2004, 2005, 2006, 2007, ognuna concernente i dati dell’anno precedente.
Verrà quindi inizialmente descritto il trend di crescita della popolazione dei giovani
volontari e dei bandi presentati. Trasversalmente si analizzeranno le caratteristiche socio-
demografiche del campione, la distribuzione del fenomeno sul territorio italiano e gli
ambiti principali in cui si sviluppano i progetti presentati. Si approfondiranno poi i dati
relativi a due capoluoghi piemontesi, geograficamente molto vicini tra loro, ma per molti
aspetti profondamente diversi: la realtà del Servizio Civile Nazionale della città di Torino e
della città di Asti.
181.048 sono i giovani che dal 2001 ad oggi sono stati richiesti come volontari per
prendere parte a tutti i numerosissimi progetti presentati. Già questo primo dato, se pur
molto generico, fornisce un’idea abbastanza chiara di come il Servizio Civile Nazionale sia
diventato una preziosa risorsa per lo Stato e per gli utenti che fanno parte delle strutture in
cui i progetti vengono attuati. Soprattutto, però, dimostra come i giovani del nostro paese
abbiano voluto credere in quest’istituzione, partecipando ogni anno numerosi ed entusiasti:
i dati sotto riportati ne sono un’ulteriore conferma.
5
I dati fanno riferimento ai volontari avviati in data 31 dicembre 2006, comprendendo quindi il quinto bando
straordinario pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 3 novembre 2006