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Il Consorzio di gestione del Parco è una struttura giovane che
deve costantemente mediare tra le esigenze di conservazione della
natura e lo sviluppo turistico.
Il turismo naturalistico al quale si rivolge il parco è controllato per
non compromettere il delicatissimo equilibrio biologico presente.
Alcune strutture educative sono poste nei punti d’ingresso degli
itinerari del Parco.
L’eco-turismo è un modo di fruire la vacanza in modo
estremamente maturo, perché attraverso la conoscenza, si può
compiere una visita del Parco più consapevole.
Il recupero di antiche costruzioni tipiche, ma anche la riscoperta di
lavorazioni artigianali ora in disuso e l’organizzazione di sagre oltre
alla creazione di agriturismi sono la risposta che l’area del Parco del
Delta del Po possiede per quello sviluppo socio-economico che in
troppi hanno promesso ma che non si è ancora attuato.
Il mio lavoro mira a far conoscere la zona del Delta del Po insieme
ai vari problemi che hanno portato alla creazione del Parco, ma
vuole anche evidenziare i vari progetti che il Consorzio, seppure
costituito da poco tempo, ha in cantiere per un’area di estremo
interesse naturalistico.
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CENNI STORICI
L'estremo lembo orientale della Pianura Padana si è formato, nel
corso dei secoli, grazie agli apporti di detriti del fiume Po.
Da secoli l'uomo convive in questo territorio sospeso tra terra ed
acqua.
Qui si sono stabilite varie popolazioni come gli Etruschi a Spina, i
Romani poi, i Bizantini nella vicina Ravenna. Nel periodo
longobardo si sviluppa la città di Comacchio che, nel corso del
tempo, rivaleggia con Venezia per il controllo dell'alto Adriatico. I
monaci Benedettini dal VII al IX secolo intraprendono rilevanti opere
di bonifica e proprio l'Abbazia di Pomposa ci ricorda del loro
trascorso e delle loro opere nell'area.
Il "grande fiume", però, non ascolta i desideri dell'uomo e varie
rotte più a monte fanno deviare il percorso del Po. Questo porta
all'impaludamento dei suoli, tanto che nel XVI secolo il duca Alfonso
II° d'Este tenta di bonificare le terre: sono di questo periodo le prime
chiaviche idrauliche ed il maestoso Castello della Mesola che era
utilizzato come base per battute di caccia nel vicino omonimo Bosco.
Nei secoli successivi, all'epoca del dominio pontificio, l'acqua
ebbe il sopravvento sulla terra, ma l'autorità politico-religiosa
concentrò la sua attenzione nel valorizzare il centro storico di
Comacchio, ricco di monumenti settecenteschi.
Dopo l'Unità d'Italia, ed in misura maggiore al termine della II°
Guerra Mondiale, l'area del Delta emiliano subisce un rapido,
profondo ed irreversibile sconvolgimento. Tra gli anni '50 e '60 si
pongono le premesse per la politica della grande bonifica idraulica
dalle lontane radici politico - sociali. Questa ha il massimo impulso
con il programma governativo del 1948 che prevedeva l'integrale
prosciugamento delle Valli, per dare alla popolazione la possibilità di
uscire da condizioni di povertà, grazie al lavoro nelle terre
prosciugate.
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I dati sono a tal riguardo eloquenti: nella metà degli anni '20, le
aree vallive e palustri della costa emiliana erano di 45000 ha, nel
1970 la superficie valliva era ridotta a 13000 ha circa. Il grande
progetto di bonifica, che prometteva ampie prospettive occupazionali
alle popolazioni locali, non frena l'emigrazione di circa 100000
persone verso le grandi città industriali.
La creazione della strada Romea, nel 1951, permette di togliere
dall'isolamento un territorio finora del tutto emarginato; ciò porta ad
uno sviluppo abnorme ed al di fuori di qualsiasi piano regolatore di
insediamenti turistici per circa 200000 presenze a ridosso della costa:
soprattutto seconde case.
La popolazione costiera assiste, così, ad una trasformazione
talmente rapida e profonda del suo territorio, della sua vita e della sua
cultura che non vi è stato il tempo per valutare l'impatto dei
cambiamenti in atto o per proporne di alternativi.
Lo sviluppo turistico sui lidi, avulso da qualsiasi piano regolatore,
che avrebbe dovuto portare benessere economico, proprio per la
tipologia d'insediamento, per la maggior parte seconde case, aggrava
i problemi di una popolazione priva di qualsiasi potere decisionale
sullo sviluppo del territorio: in quanto due o tre proprietari dominano
sugli altri per effetto del voto per censo.
Negli anni '60 e '70 si ha una maggiore presa di coscienza dei
cambiamenti avvenuti nel territorio e nel modo di vita della
popolazione a seguito delle politiche precedenti. Si constata, nel
quadro dello sviluppo economico nazionale, il superamento della
politica di bonifica e, si evidenzia la mancanza totale di un controllo
pubblico programmatico nello sviluppo e gestione del territorio.
Alcuni studiosi e isolate voci locali pongono l'attenzione sulla
particolarità delle Valli di Comacchio e sulla zona del Delta,
ricordando come per le sue peculiarità comprende una delle più
importanti aree umide d'Italia e d'Europa.
Proprio in quegli anni tali zone vengono incluse nella lista di
protezione delle lagune e degli stagni costieri del C.N.R.; nel
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progetto MAR dell'Unione Internazionale per la Conservazione della
Natura; nel "Progetto 80" sul rapporto preliminare del Ministero del
Bilancio e Programmazione Economica al programma economico
nazionale 1971-'75.
Sul finire degli anni '60 emerge il ruolo, finalmente operativo, di
associazioni protezionistiche. Italia Nostra è tra queste la più
preparata e combattiva nel chiedere l'abbandono di politiche settoriali
ormai superate che hanno portato il dissesto ambientale; si
appellano, quindi, alle istituzioni perché agiscano per obiettivi e
programmi lungimiranti che non perseguano il bene del singolo, ma
che nel perseguire il bene pubblico portino beneficio ad ogni persona.
L'associazione non vuole che i progetti futuri nell'area siano decisi
altrove da estranei, come è sempre stato in passato, ma auspica che
questi avvengano nella piena consapevolezza e coinvolgimento
dell'opinione pubblica e delle comunità locali: si adopera, quindi,
affinché questi propositi si realizzino.
Italia Nostra pone come tema prioritario della sua azione la sorte
dei territori del Delta, che attraverso decenni di dibattiti, simposi,
conferenze e mostre hanno portato all'istituzione del Parco Regionale
del Delta del Po nel 1988.
Nel 1968 si svolge a Comacchio il "Convegno di studi per la difesa
e valorizzazione del patrimonio urbanistico, vallivo e litoraneo di
Comacchio"; nel quale viene affermato che lo sviluppo economico e
sociale del territorio costiero è legato alla salvaguardia dei beni
ambientali di Comacchio, del Delta e delle Valli, dopo che gli
interventi di bonifica e l'urbanizzazione selvaggia dei Lidi non hanno
portato allo sviluppo tanto sperato.
Già allora si prefigurava l'esigenza di costituire un organismo
rappresentativo di tutte le forze interessate per la creazione di una
riserva naturale, al fine di creare una pianificazione compatibile con
la tutela e la salvaguardia del territorio.
Il convegno ebbe una notevole risonanza, ma fu solo la premessa
per un coinvolgimento nel dibattito delle istituzioni pubbliche e dei
cittadini.
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Nel 1970 nasce l'Ente Regione, che ha competenze dirette sul
territorio; è anche l'anno europeo per la conservazione della natura, e
questo porta vari organismi politici, culturali e d'opinione verso una
nuova considerazione dei valori ambientali.
A livello locale due episodi segnano il 1970: la bonifica della
Valle della Falce (126 ha), e la preannunciata realizzazione di una
strada tra Goro e Volano; Entrambi i progetti coinvolgono
direttamente il Bosco della Mesola: uno degli ultimi esempi di bosco
della pianura Padana.
Italia Nostra vede in questi due avvenimenti un pericolo per il
futuro sviluppo della zona; sebbene non riesca ad impedire la
bonifica, fa annullare l'appalto per la strada.
L'amministrazione pubblica, ossia la Provincia di Ferrara, attua
con coraggio un'inversione di tendenza; dopo un deciso confronto
con le forze locali fa desistere dal proposito della realizzazione della
strada Goro - Volano.
La strada avrebbe deturpato il gran Bosco della Mesola recando
grave danno per uno sviluppo legato alla valorizzazione delle risorse
ambientali del Delta. Le polemiche sulla strada attirano l'attenzione
dell'opinione nazionale e dei vari organi d'informazione sulle
potenzialità e le risorse naturali della zona.
A Pomposa, nel Settembre del 1970, il Consiglio Regionale Emilia
Romagna di Italia Nostra promuove il convegno: "I beni naturali del
litorale emiliano - romagnolo: problemi e prospettive". Le idee
emerse nel convegno di Comacchio ed il dibattito sulle prospettive
legate alla conservazione dell'ambiente vengono approfondite. Si
inizia a proporre la creazione di un "Parco naturale del Delta Padano"
e come da regionale od interregionale si possa prefigurare un parco
nazionale con la zona veneta.
Dal convegno emerge l'esigenza di adottare moderni principi di
sviluppo attraverso la valorizzazione delle risorse ambientali, ed il
tema del Parco diventa l'idea per ogni iniziativa riguardante lo
sviluppo dell'area.
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L'idea del Parco del Delta viene fatta propria e sviluppata dalle
istituzioni politiche nei loro programmi. Nell'Ottobre del '71 viene
recepita dalla Giunta Regionale, la proposta della Provincia di
Ferrara di poter realizzare "un Progetto Pilota per un parco a fini
multipli nel delta ferrarese".
L'ITALTECO elabora il Progetto Pilota e consegna la stesura di
"prima fase" nel 1973 e la definitiva "seconda fase" nel 1975.
La Regione promuove un incontro itinerante per diffondere il
pensiero riguardo alla tutela ambientale.
La costruzione della Centrale Termoelettrica di Porto Tolle,
proprio all'interno del delta del Po, diviene l'argomento principale del
convegno a Rovigo nel '72 "Per il grande parco naturale del Delta",
in cui il parco è visto come la sola concreta prospettiva per la
sicurezza idrogeologica e per la tutela dell'ambiente dell'intera zona.
Dopo che l'ITALTECO ha consegnato lo studio sul Progetto -
Pilota, l'iter che lo dovrebbe portare all'operatività si blocca. Le forze
politiche, sociali e sindacali assumono posizioni di adesione sempre
più esplicite al programma: vengono ampliate le limitazioni
all'esercizio della caccia e viene istituita l'oasi delle Valli di Argenta
e Marmorta di 1624 ettari, nel 1977.
La concretizzazione dell'idea del Parco stenta a partire anche
perché non arrivano i finanziamenti auspicati per i progetti speciali
regionali dallo Stato.
Nel 1981 le zone costiere del Delta ferrarese e ravennate vengono
inserite tra quelle della convenzione di Ramsar, cioè la dichiarazione
dell'importanza internazionale del complesso delle zone umide
costiere.
Con Legge Regionale del 2/7/88 n. 27 viene istituito il Parco del
Delta del Po, ma bisogna attendere quasi un altro decennio perché
divenga realmente operativo.
Nel frattempo il Veneto torna a tenere i contatti con i poteri locali
per un Parco interregionale, anche se da parte veneta la volontà è
sempre stata debole.
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Si giunge, solo nel corso del 1993, alla definizione di una proposta
progettuale delle due Regioni, ma da parte veneta non si è dato il via
ad alcun progetto definitivo.
Nel Dicembre del 1995 si costituisce il consorzio di Gestione del
Parco Regionale del Delta del Po, la cui attuazione era stata frenata
per alcuni anni dai controversi rapporti fra il Ministero dell'Ambiente
e la regione Veneto sull'istituzione del Parco Interregionale.
Il consorzio è nato per passare dall'idea del Parco alla gestione del
territorio "a Parco" ed è formato dalla Provincia di Ferrara coi
comuni di: Argenta, Codigoro, Comacchio, Goro, Mesola, Ostellato e
dalla Provincia e comune di Ravenna, Alfonsine e Cervia.
Un Consorzio del Parco deve elaborare un piano che tenda a
renderlo economicamente redditizio con il turismo come nel resto del
mondo, dove l'afflusso dei visitatori non sia lasciato al caso ma
regolamentato attraverso dei centri di grande accoglienza, poiché
nell'area protetta sono disponibili una notevole quantità di risorse
ambientali da godere insieme ai beni culturali, per creare un sistema
di fruizione degli stessi ed anche per riqualificare le attività
produttive locali.
Un marchio del Parco dovrebbe rendere immediatamente
riconoscibili i prodotti agricoli ed ittici prodotti all'interno di esso
oltre ad una certa attitudine a vivere ed operare in un area con
peculiarità forti, grazie al coordinamento degli elementi caratteristici.
Questo porta il Parco ad interessare alla gente del luogo, ma anche
gli altri cittadini non solo dello Stato, ma di tutto il mondo, perché
tutti sono interessati alla conservazione di beni che riguardano
l'umanità e non i singoli cittadini o gli abitanti di una nazione.
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CONVENZIONI INTERNAZIONALI DI PROTEZIONE
DELLE ZONE UMIDE.
CONVEGNO "DELTA CHIAMA DELTA".
Il Parco del Delta del Po è la zona umida più estesa d'Italia ed è
una tra le più importanti a livello europeo. Le zone umide, però,
tendono sempre più a diminuire: il Parco è una risposta alla
conservazione ed alla divulgazione di queste aree.
La creazione del Consorzio del Parco del delta del Po, nel
1995, è stata l'ultima tappa di un processo che ha come obiettivo la
salvaguardia e lo sviluppo eco - compatibile della fascia costiera del
delta padano.
I territori che ricadono nell'area del Parco, proprio per le loro
peculiarità, rientrano in programmi di conservazione a livello
europeo. L'Italia ha recepito due Convenzioni internazionali per la
protezione ambientale: la convenzione di Ramsar per la tutela delle
zone umide come habitat di uccelli acquatici, la convenzione di
Berna per la conservazione della vita selvatica e dell'ambiente
naturale in Europa.
Il Parco del Delta del Po oltre ad avere 10 aree di interesse
internazionale inserite nella convenzione Ramsar, possiede 18 aree
che sono censite come "Siti di Importanza Comunitaria"( S.I.C.),
oltre a "Zone di Protezione Speciali"(Z.P.S.). I S.I.C. fanno parte di
un censimento che comprende zone particolarmente qualificate con
diversità biologica secondo gli elenchi contenuti nella "Direttiva
Habitat". I S.I.C. e gli Z.P.S. che appartengono alla parte ferrarese
del Parco del Delta del Po sono 8 :
• Valle Santa e Valle Campotto (Argenta);
• Valli di Comacchio (Comacchio);
• Vene di Bellocchio, Sacca di Bellocchio, Pineta di Bellocchio;
• Valle Bertuzzi, Valle Porticino-Canneviè (Volano - Ferrara);
• Sacca di Goro, Po di Goro, Valle Dindona,
• Bosco della Mesola, Bosco Panfilia, Bosco di Santa Giustina;
• Bosco di Volano;
• Dune di San Giuseppe.
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Il Parco partecipa, inoltre, ad un progetto europeo: WETLANDS -
INTERREG II ed ad un progetto regionale: LIFE.
Il Progetto WETLANDS - INTERREG II è nato per creare uno
scambio di esperienze esistenti tra le zone umide d'Europa,
coinvolgendo le istituzioni che si confrontano con i problemi relativi
alla gestione di siti di estremo interesse ambientale. Con il progetto
"Wetlands" i partner aderenti: la Regione Emilia Romagna, il Parco
del Delta del Po, le regioni Puglia, Friuli Venezia Giulia e Veneto, i
partner del Landkreis Schonebeck Sachsen - Anhalt (Germania) e
Vovoidato di Opole (Polonia), si propongono di coordinare la
programmazione territoriale, la regolamentazione dell'uso e la
conservazione delle zone umide sui loro territori. I risultati di questa
intesa confluiranno in una banca dati e daranno corpo ad un
documento sulle metodologie di gestione accessibile anche tramite
Internet. Saranno anche effettuati interventi di protezione e
conservazione dell'ambiente nonché azioni pilota nel turismo e
nell'economia eco - sostenibile.
Attraverso il progetto LIFE nel triennio 1998-2001 ci si promette
di gestire le zanzare nelle aree naturali protette mediante metodi non
dannosi per l'ambiente. Questo progetto prevede la mappatura
ecologica del territorio, il monitoraggio sulla popolazione delle
zanzare con la gestione di una banca dati. Esperienze pilota di
applicazione verranno effettuate su aree progressivamente crescenti,
per ridimensionare le zanzare in luoghi fortemente antropizzati con
metodi compatibili con l'ambiente.
Il Parco del Delta del Po non solo partecipa a progetti nazionali ed
internazionali per la salvaguardia e lo sviluppo del territorio in esso
compreso, ma si fa anche promotore di una convention sulle aree
umide: "Delta chiama Delta".
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"Delta chiama Delta" è un incontro di un gruppo di lavoro
internazionale, composto da 26 Parchi di protezione di zone umide
provenienti da tutto il mondo, incaricato dell'approfondimento
scientifico sulle aree protette.
Il workshop giunto ormai alla VI° edizione, ha affrontato il
binomio "Uomo - acqua", tema della scorsa edizione negli
approfondimenti: "L'uomo che produce", "Turismo eco - sostenibile"
e "Restauro delle zone umide".
Il convegno si propone come momento di incontro, di confronto,
di riflessione e di proposte relative alle zone umide: luoghi di grande
interesse scientifico e naturalistico dove la flora e la fauna trovano
nicchie ecologiche di privilegio. Si è dibattuto non solamente della
parte ambientale, ma anche dei sistemi di pianificazione e governo
urbanistico nelle aree a parco e delle future politiche di gestione delle
zone naturali attraverso sistemi di conservazione intelligente in
rapporto con la presenza umana.
Al termine dei quattro giorni del Congresso Internazionale di
Studi "Delta chiama Delta" é stato stilato un documento conclusivo
in 10 punti:
1. La natura dipende sempre più da una nuova cultura della natura.
I parchi devono contribuire all'avvento di questa cultura della natura,
indirettamente, facendo pressione sulle Istituzioni perché la
promuovano nelle scuole, a cominciare da quelle elementari, e
direttamente, nei centri di accoglienza preparando i turisti alla visita
mediante conversazioni e proiezioni.
Perché si vede solo quello che si sa.
2. E' possibile che talune zone del parco, per motivi di particolare
fragilità ecologica, o per asperità insuperabili per portatori di
handicap o anziani, non possano essere rese accessibili, ragion per
cui si dovrà sostituire , nel centro d'accoglienza, divenuto così un
vero punto strategico, la visita reale con una visita virtuale, con
l'ausilio di multivisioni o video.
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3. I due criteri chiave per la gestione dei parchi devono essere:
consentire le visite, quindi fare acquistare al parco con la visibilità
una redditività, e regolamentare le visite.
Il turismo può far vivere il parco o farlo morire. E' solo questione
di una regolazione del carico dei visitatori.
4. Il parco deve consentire all'uomo, che spesso lo abita dai tempi
più remoti, di svolgere il proprio lavoro, ma è necessario trovare un
punto d'equilibrio fra la produzione e la conservazione. L'acqua -
coltura e l'agricoltura dovranno uniformarsi a criteri di sostenibilità.
Come incentivo si dovranno studiare marchi di qualità che
valorizzino sui mercati i prodotti del parco, sani e ottenuti nel rispetto
della natura.
5. Le zone umide vanno conservate come sorgenti e sedi
insostituibili di biodiversità faunistica e floristica.
Per consentire un turismo crescente, benché sostenibile, resterà
sempre necessario ridurre, e non eradicare, ancorché fosse possibile,
la densità delle zanzare, operando attraverso la prevenzione e un
controllo perseguito con mezzi esclusivamente biologici.
6. La conservazione delle Zone Umide dipende in maniera
assolutamente prioritaria dal mantenimento di un'elevata qualità delle
acque. I progetti di salvaguardia delle acque devono obbedire a criteri
di globalità chiamando in causa tutte le componenti che sfruttano -
industriali, agricoltori, acquacoltori, comunità locali -. Anche le
popolazioni delle zone contigue, se le loro attività influiscono sul
parco, devono essere chiamate a partecipare del progetto.
7. I redditi del parco dovranno servire in maniera prioritaria al
metabolismo del parco medesimo.
Bisognerà far si che gli utili ottenuti attraverso il parco, come il
turismo naturalistico o l'agriturismo, concorrano al mantenimento del
bene che sfruttano.
8. La definizione di che cosa è una Zona Umida deve tendere ad
essere di massima , e non di minima. Le Zone Umide, malgrado ogni
considerazione ecologica, sono in regresso nel mondo, è necessario
rivolgersi alla comunità scientifica perché aiuti ad invertire questa
tendenza.
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9. Le Zone Umide sono le più difficili da conservare e da gestire.
Non esiste un solo modello buono per tutte, anche se la qualità
dell'acqua è senza dubbio un fattore unificante. Per questo
confrontare le difficoltà e le soluzioni tra i diversi parchi sarà sempre
utile se non addirittura indispensabile.
10. Per le difficoltà dell'operazione, salvare le Zone Umide,
significa che l'uomo può , se vuole convivere con la natura.
Più ardua la soluzione più accreditata la speranza.
Dal "decalogo" si può osservare come il Parco non debba essere
solo un luogo di conservazione dell'esistente, ma deve essere lo
stimolo di un suo miglioramento che nasce da una maggiore
conoscenza dell'ecosistema grazie ad un turismo che non opprime,
ma che é preparato: quindi è pronto a conservarlo. Le attività umane
devono consentire un equilibrio tra produzione e conservazione, i
redditi del parco dovranno servire per il mantenimento del bene che
sfruttano. L'acqua è un elemento unificante delle zone umide che
stanno diminuendo, perché sono difficili da gestire; anche se non
esiste un modello unico, il confronto dei vari problemi e soluzioni tra
i vari parchi sarà sempre più utile.
I Parchi partecipanti al Congresso "Delta chiama Delta" sono stati:
• PRE DELTA NATIONAL PARK - ARGENTINA
• IBAMA NO PIAUI-DELTA RIO PANABIA - BRASILE
• EVERGLADES NATIONAL PARK - FLORIDA USA
• PARQUE DELTA DEL EBRO - SPAGNA
• EKOPARKEN - SVEZIA
• FILKESMANNEN I OPPLAND - NORVEGIA
• BIESBOSCH PARK - OLANDA
• PARC NATUREL REGIONAL DE CAMARGUE -
FRANCIA
• NATURPARK FICHTELGEBIRGE E VEREIN -
GERMANIA
• BROADS AUTHORITY - GRAN BRETAGNA
• CONNEMARA NATIONAL PARCK - IRLANDA
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• DIMOSSINNETERISTIKI ETERIA "EVROS" S.A. - GRECIA
• COTO DE DONANA - SPAGNA
• SAREK PARK - SVEZIA LAPPONIA
• DANUBE DELTA BOISPHERE RESERVE - ROMANIA
• MINISTERIO DO MEIO AMBIENTE-AMAZZONIA BRASILE
• KRUGER PARK - SUD AFRICA
• CORBETT NATIONAL PARK - INDIA
• KUSHIRO INTERNATIONAL WETLAND CENTRE - JAPAN
• DNESTR DELTA - ODESSA - UCRAINA
• SINAC-SISTEMA NACIONAL DE AREAS DE CONSERVACION -
COSTA RICA
• AREA DE CONSERVACION TORTUGUERO - COSTA RICA
• KWAZULU NATAL SANTA LUCIA WETLAND PARK - SUD
AFRICA
• VOLGA DELTA - RUSSIA
• PARC NATURAL REGIONAL DE BRIERE - FRANCIA
• MINISTERO AMBIENTE - SLOVENIA.
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ITINERARI NEL DELTA
Il Parco del Delta del Po è collocato nella parte nord orientale della
Regione Emilia Romagna. Il territorio protetto in Provincia di Ferrara
è quello costiero che dal Po di Goro, a Nord, giunge fino alla foce del
Reno a Sud e comprende anche le Valli di Campotto ad Argenta.
Il Parco possiede buoni collegamenti stradali con il resto dell'Italia.
La strada statale Romea da Venezia a Ravenna attraversa il territorio
da Nord a Sud; questa strada è collegata con Ferrara ed all'autostrada
Bologna - Padova tramite il raccordo autostradale Ferrara - Mare; la
strada statale n° 16 che unisce Ferrara a Ravenna si snoda nelle
vicinanze delle Valli di Campotto vicino ad Argenta; anche la statale
n° 495 Consandolo - Adria pur non attraversando il Parco può essere
vista come una via che permette l'accesso all'ambiente protetto in
quanto si sviluppa nei pressi delle paludi ora bonificate.
La viabilità secondaria all'interno del Parco è buona per le
automobili, qualche difficoltà, limitatamente ad alcuni tratti, si può
avere per autobus gran turismo a causa della sede stradale stretta. I
percorsi potrebbero essere resi più evidenti migliorando la
segnaletica anche a fini turistici.
I trasporti pubblici nella zona sono carenti, si avverte la mancanza
di una linea ferroviaria che congiunga Ravenna con Venezia.
Le uniche linee ferrate collegano Argenta a Ferrara e Ravenna
mentre la Ferrovia Ferrara Codigoro, gestita dalle Ferrovie Padane,
non raggiunge Comacchio e la costa, che però sono servite da servizi
di autobus.
Le vie d'acqua, delle quali il territorio è ricco, si possono
considerare come un importante sistema di comunicazione per il
Parco che, seppur insolito per l'Italia, permettono di raggiungere il
resto della Pianura Padana, navigando lungo i vari rami del Po
avendo un punto di vista insolito e suggestivo.
Vi è una pista dedicata ai praticanti del cicloturismo, ma sono stati