fittamente collegate attraverso flussi di merci e voli
intercontinentali. L’accusa che si rivolge a questi untori
mondiali è quella di scarsa igiene, sovraffollamento disordinato,
scarso controllo sull’inquinamento. Nei confronti di questi Paesi
le potenze economiche occidentali hanno sviluppato un vero e
proprio doppio legame: da un lato nei numeri cinesi le grandi
aziende globali trovano un ottimo bacino di manodopera a basso
costo che fa lievitare i profitti; dall’altro però i mercati
occidentali si trovano invasi da prodotti a prezzi molto
competitivi, contro i quali si scatenano di volta in volta battaglie
in nome della qualità e della sicurezza. In tal senso ha giocato un
forte ruolo il rapido diffondersi delle epidemie SARS e Aviaria e
il panico collettivo che hanno generato, alimentate dalla
diffidenza per quella moltitudine di diversi che conquista
quartieri e diventa rapidamente parte dei discorsi sulla sicurezza
delle città.
Se fino a due secoli fa le strategie di sorveglianza sanitaria si
potevano realizzare tramite i modelli dell’isolamento delle città
colpite dall’epidemia o dell’esclusione e il confinamento dei
malati in appositi luoghi, nella società globalizzata appare quasi
impossibile l’una e l’altra strategia.
I motivi sono da ricercare innanzitutto nella mutata topografia
dello spazio sociale: proliferano i nonluoghi, spazi dove vige la
libertà di circolazione di uomini, merci, idee, che diventano
ideali obiettivi strategici per attentati terroristici, a causa del loro
elevato valore simbolico. Se i luoghi cambiano, e non solo in
6
senso materiale, di certo i meccanismi di attribuzione della colpa
sono gli stessi da secoli. Oggi i colpevoli non sono più gli ebrei
dell’epidemia della grande peste nera, viandanti ricchi e
scomodi del XII secolo, ma gli immigrati vomitati dalle carrette
del mare, vagabondi dell’era contemporanea che vengono
identificati come gli untori di malattie apparentemente
scomparse dall’Occidente postmoderno. In questo quadro i
media non fanno che amplificare a dismisura le nostre paure
ancestrali, con la loro necessità di selezionare la notizia da prima
pagina, o semplicemente l’aggiornamento dell’ultim’ora che ci
porta a non dubitare mai che il pericolo sia veramente cessato. Il
rapido cessare di queste emergenze mediatiche, veloce quasi
quanto il loro inizio, ha poi l’effetto controproducente di portare
la popolazione a sottovalutare il rischio pandemie che, secondo
l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), è più concreto
che mai. Da parte sua l’OMS, l’istituzione che si occupa della
salute mondiale, spende da anni energie e fondi internazionali
nella continua pianificazione delle corrette azioni preventive nei
confronti della paventata pandemia.
Tale lavoro di tesi analizza, in base a specifiche categorie
sociologiche, alcuni complessi rapporti che si instaurano
all’interno dell’altrettanto complessa cornice del mondo
postmoderno. Mezzi di comunicazione, popolazione, istituzioni,
immaginario collettivo: ognuno di questi sistemi entrando in
relazione con gli altri produce determinate conseguenze e
atteggiamenti, oggetto di indagine.
7
Capitolo I – Rischio e colpa: gli untori mondiali
«Da quando lo storico ed il sociologo vanno riscrivendo la
storia delle malattie dalla parte dell’uomo, non più soltanto da
quella dell’agente patogeno, le grandi malattie infettive che
hanno incrociato il millenario cammino dell’umanità sono
assurte ad osservatorio privilegiato non soltanto sull’evoluzione
delle conoscenze scientifiche, quanto sui mutamenti
demografici, economici, strutturali, dei saperi stessi e delle
mentalità delle società umane.»
Guerricchio G., Storie di epidemia: epidemie nella storia,
Amministrazione Provinciale Matera,
Matera, 1988, pg 6
8
1 – L’impero di Cindia
«Che fine ha fatto l’Aviaria?»
1
chiedeva Luigi Ripamonti,
giornalista del Corriere della Sera, al prof. Giovanni Rezza
dell’Istituto Superiore di Sanità, a distanza di due anni dalla
temutissima epidemia che ha minacciato il pollame di mezzo
mondo e ha riacutizzato la paura di una pandemia già
prospettata dall’epidemia di SARS del 2003. Le notizie che si
diffusero in pochi giorni, complice la globalizzazione
dell’informazione, provocarono un crollo delle vendite di
pollame in tutta Europa, inducendo i media, che di certo
avevano contribuito ad accrescere il panico, a gesti quasi
clamorosi per risollevare il mercato in crisi: il gesto che segnò
l’apice dell’emergenza da Influenza Aviaria fu compiuto il 22
febbraio 2006 da Lamberto Sposini che addentò un pollo in
diretta al termine del TG5 delle 20. Il fantasma di questo virus
aleggiò lungamente nelle cronache, passando per il ritrovamento
di qualche volatile morto in Germania e per la notizia di un
allevatore di polli morto in Cina. In realtà l’Influenza Aviaria,
nelle sue diverse espressioni virali, è stata descritta fin dai primi
anni del 1900 e ha colpito a più riprese allevamenti di pollame
durante tutto il ventesimo secolo anche se in modo non
particolarmente violento. A partire dal gennaio 2004
1
Luigi Ripamonti , Che fine ha fatto l’Aviaria, Corriere della Sera online, 15 aprile 2007,
http://mediacenter.corriere.it.
9
l’attenzione dei media su questa epidemia è aumentata
esponenzialmente: i primi casi di trasmissione da animale a
uomo si erano manifestati fin dal 1997
2
, ma le sempre più
numerose segnalazioni da parte dell’OMS durante il biennio
2003-2005 diedero l’impressione che l’ipotesi pandemia fosse
spaventosamente concreta. La possibilità accertata che in
particolari condizioni igieniche e climatiche il virus potesse
trasmettersi da animale ad uomo ha messo in allarme
l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha parlato per la
prima volta di «pandemia»
3
; inoltre ad accrescere la rilevanza
della notizia contribuivano certamente i riflettori puntati già da
diversi anni sul sud-est asiatico per numerosi motivi. L’impero
economico di Cindia, le due superpotenze asiatiche Cina e India
secondo il neologismo di Federico Rampini nel suo L’impero di
Cindia viaggia già dagli anni Novanta a velocità record
contrastando nettamente con la stagnazione dell’economia
europea e, in misura minore, di quella americana. Accanto alla
constatazione della forza delle due superpotenze sorgono nuove
paure, più o meno manifeste, che si esplicitano e si rafforzano
attraverso i media: i pericoli vengono dalle paludi del
lontanissimo Guandong – regione cinese individuata come il
«laboratorio di incubazione ideale delle pandemie del passato e
di quelle che verranno»
4
– dove persino nelle aziende più grandi
vengono allevati, in condizione di pericolosa promiscuità con
2
WHO, Avian influenza, Timeline, Agosto 2002, aggiornata al Febbraio 2008, http//www.who.int.
3
WHO, Current evaluation of risk to humans from H5N1 following recent reports, 8 luglio 2004,
http://www.who.int.
4
Rampini F., L’impero di Cindia, Mondadori, Milano, 2007, pag. 196.
10
miseri allevatori, gli animali che finiranno sulle tavole di Hong
Kong. Sul versante interno i pericoli si nascondono nei quartieri
delle nostre città (tipico l’esempio del quartiere Esquilino a
Roma) dove l’effetto della gigantesca diaspora cinese opera
trasformazioni nel tessuto urbano. I cinesi conquistano
avamposti con metodi che i residenti storici non esitano a
definire mafiosi: «Il lavoro nero impazza, questa la chiamano
globalizzazione. I magazzini sono stati comprati in denaro
contante e in un tempo ridottissimo. Da dove vengono quei
denari?»
5
lamenta un residente. Negozio per negozio, crescono
China Town sempre più combattute dai comitati cittadini e
sempre più strumentalizzate dalla politica che guadagna voti con
le parole magiche sicurezza e emergenza immigrazione
alimentando incessantemente una tautologia della paura, così
come definita da Dal Lago. «La semplice enunciazione
dell’allarme […] dimostra la realtà che esso denuncia»
6
attraverso un circolo vizioso in cui entrano in gioco interessi e
paure degli attori sociali, oggettivizzate dai meccanismi
ripetitivi del sistema dei media e quindi rafforzate a livello di
allarme sociale.
E’ ormai attestato da infiniti studi scientifici che negli ultimi
venti anni il mondo ha conosciuto il consolidamento del
processo di globalizzazione del commercio e il conseguente
5
Crudo A., Quando la paura mangia l’anima, in Petrillo A. (a cura di), Polis e panico I. Tra vulnerabilità e
immunizzazione, Sellino, Avellino, 2005, pag.57.
6
Dal Lago A., Non-persone. L’esclusione dei migranti in una società globale., Feltrinelli, Milano, 2005, pag.74.
11
indebolimento dell’idea di «confine»
7
dal punto di vista
geografico e soprattutto dal punto di vista comunicativo. Le
notizie su SARS e Aviaria si sono propagate con grandissima
velocità e in modo così convulso da scatenare un vero e proprio
panico in tutto il mondo. In questo ambito va segnalato, nel caso
della SARS, il tentativo da parte del governo autoritario cinese di
controllare la fuga di notizie intorno al numero di morti e
contagiati: nella cronologia giorno per giorno dell’emergenza
SARS, stilata dal sito www.epicentro.iss.it, tra il febbraio e il
giugno 2003, è scritto che la Cina il 17 marzo fornì un rapporto
sull’epidemia nel Guangdong, in cui sostenne che l’epidemia
stava regredendo ma solo il 2 aprile le Autorità Cinesi
concessero il permesso al team dell’OMS di recarsi nel
Guangdong per verificare lo stato dell’epidemia; le stime
dell’OMS ad aprile parlarono di circa 200 contagiati a Pechino,
mentre il governo cinese ne ammetteva ufficialmente solo 37
8
.
La comunità internazionale ha sanzionato duramente il tentativo
di insabbiamento delle notizie da parte della Cina e in seguito la
stessa Cina ha cominciato a collaborare con maggiore chiarezza
con l’OMS, soprattutto nel caso, di poco successivo,
dell’Influenza Aviaria. Nello scenario mondiale dell’emergenza
SARS per la prima volta si sono presentati due attori su fronti
idealmente opposti: da una parte il governo cinese, i suoi
sprovveduti tentativi di arginare le notizie sull’epidemia che
7
Bauman Z., La società sotto assedio, trad. it. a cura di Minucci S., Laterza, Bari, 2005, ed.orig. Society Under Siege,
Blackwell Publishers, 2002, pag. XX.
8
La SARS giorno per giorno, Cronologia di una malattia emergente, novembre 2002-giugno 2003,
http://www.epicentro.iss.it/focus/sars/sars-cronologia.pdf.
12
hanno provocato solo diffidenza nella popolazione locale e
mondiale, trovatisi di fronte ad un controllo autoritario delle
notizie difficilmente digeribile dalle democrazie occidentali;
dall’altra i media che colgono l’occasione per demonizzare la
nuova versione del pericolo giallo secondo i meccanismi che
abbiamo poc’anzi accennato. La Cina rappresenta lo
spauracchio dell’Europa fin dal 1800. Nel 1816 Napoleone
dichiarò «Quando la Cina si sveglierà, il mondo tremerà»
9
. Già
considerata esportatrice di prodotti di scarsa qualità e pericolosi
per la salute, la grande repubblica popolare è diventata
rapidamente esportatrice di malattie, untore mondiale, tanto più
durante l’emergenza Aviaria: dalle sue campagne provenivano i
volatili che infettavano mezzo mondo. Nel mezzo, l’OMS che
cerca di fare chiarezza sulla diffusione del virus, emette
aggiornamenti continui, propone linee guida e lavora ad un
vaccino. A distanza di pochi mesi la storia si ripete con l’aviaria,
ma con conseguenze ben diverse, che analizzeremo nel dettaglio
nei prossimi paragrafi.
1.1 – Testimonianze dal fronte SARS
E’ interessante confrontare due lettere pubblicate su Italians, il
blog di Beppe Severgnini pubblicato sul Corriere della Sera
online. In esse vengono offerti i punti di vista di chi, durante il
panico scatenato dall’epidemia di SARS, viveva nei luoghi del
contagio: il 3 maggio 2003 il signor Andrea Ciceri scriveva da
9
Caricato L., Quando la Cina si sveglierà, tutto il mondo tremerà. Parola di Napoleone e di Lenin, Teatro Naturale
(http://www.teatronaturale.it/articolo/1523.html), 7 maggio 2005.
13
Shanghai titolando «SARS: Cina, siamo alla caccia all’untore – il
testo proseguiva come segue – Quello che mi preoccupa ora non
è il rischio di contrarre la SARS (realisticamente molto limitato):
è piuttosto lo stato psicologico della Cina. Si avverte tensione, le
strade sono vuote, la gente (dopo le note reticenze di inizio
epidemia) non si fida, e notizie incontrollate diffondono la
paura. Vedo i primi segni delle reazioni irrazionali che appaiono
durante ogni fase critica della storia cinese[…]. Quanto alle
paure in Italia, le ritengo ingiustificate e legate all'ignoranza
(voluta) del problema»
10
; due giorni dopo Samantha Maggi
scriveva «SARS: se tornassi in Italia, sarei guardata con sospetto
– Scrivo da Shenzhen, Cina, due passi da Hong Kong. Qui c'ero
quando l'allarme è iniziato, qui sono tuttora, la mia vita che
scorre esattamente uguale a prima[…]. E aspetto fiduciosa che il
tutto si sistemi e si ridimensioni, scandalizzata dalle notizie che
mi giungono dall'Italia, dove, se tornassi ora, rischierei di essere
evitata, addirittura discriminata, come già accade a cinesi che
magari in Italia ci sono nati e non hanno mai messo un piede in
Cina»
11
. In queste lettere emerge non tanto il timore legato
all’avanzamento dell’epidemia nelle città da cui scrivono,
quanto la preoccupazione per quello che succede in Italia, dove
il tam-tam dei media sta generando il panico collettivo
discriminatorio nei confronti di cinesi e italiani provenienti da
10
SARS, Cina: siamo alla caccia all’untore, http://www.corriere.it/solferino/severgnini/03-05-03/07.spm, 3 maggio
2003.
11
SARS, se tornassi in Italia sarei guardata con sospetto,
http://sitesearch.corriere.it/engineDocumentServlet.jsp?docUrl=/documenti_globnet5/mondo_corriere/Italians/2003/05/
05/03030505.xml&templateUrl=/motoriverticali/italians/risultato.jsp, 5 maggio 2003.
14
zone colpite dall’epidemia. Nelle stesse campagne cinesi il
panico dà luogo ad una vera caccia all’untore, basta non
indossare la mascherina per essere arrestati e messi in
quarantena forzata. In Italia il colpo di tosse di un cinese, magari
figlio di immigrati, nato in Italia e mai andato in Cina, provoca
grande angoscia. Come fantasmi aleggiano ancora nella
coscienza popolare le varie epidemie e i relativi untori che
hanno colpito nel tempo, dalle grandi epidemie di peste
all’Influenza Spagnola del 1918.
Al proclamato termine dell’emergenza SARS le vittime saranno
774, con una mortalità del 9,6%
12
; per l’Influenza Aviaria si
conteranno 232 decessi su 366 casi
13
. Numeri quasi ridicoli, se
paragonati all’Influenza Spagnola, che nel 1918 in sei mesi
provocò più di 50 milioni di morti in tutto il mondo. La
spagnola fu chiamata in questo modo perché la sua esistenza
venne riportata inizialmente soltanto dai giornali spagnoli
14
. La
Spagna non era coinvolta nella prima guerra mondiale e la sua
stampa non era soggetta alla censura di guerra; negli altri paesi il
violento diffondersi dell'influenza venne tenuto nascosto dai
mezzi d'informazione, che tendevano a parlarne come di
un'epidemia circoscritta alla Spagna. In realtà il virus venne
portato in Europa dai militari statunitensi.
12
WHO, Summary of probable SARS cases with onset of illness from 1 November 2002 to 31 July 2003,
http://www.who.int/csr/sars/country/table2004_04_21/en/index.html.
13
WHO, Cumulative number of Confirmed Human Cases of Avian Influenza A/(H5N1), aggiornata 22 febbraio 2008,
http://www.who.int/csr/disease/avian_influenza/country/cases_table_2008_02_22/en/index.html.
14
Crosby A., A Bad Rap on Spain, cit. in M.Greger, Bird Flu, Lantern Books, 2006 (disponibile online sul sito
www.birdflubook.com).
15
Eppure di questa infamia è stata bollata per sempre la Spagna, il
primo luogo mediatico del contagio pandemico.
2 – Untori ieri e oggi
Streghe e diavoli, zingari ed ebrei, francesi o russi: l’Europa
degli scorsi secoli ha sempre trovato un popolo capro espiatorio,
untore delle più terribili pestilenze ed epidemie, su cui riversare
la rabbia scatenata dall’impotenza nei confronti di un flagello
impossibile da sconfiggere e sceso dal cielo. La stessa parola
influenza deriva da un’espressione latina: ex coeli influentia,
ovvero «dall’influenza del cielo»
15
, perché si riteneva che la
comparsa delle epidemie fosse dovuta a sfavorevoli
congiunzioni astrali.
Perché la malattia – in particolare la malattia contagiosa – ha
sempre terrorizzato l’uomo ancor più di altri eventi catastrofici
naturali, oppure della sua stessa violenza umana che riesce a
dare esiti altrettanto catastrofici? L’epidemia condivide le
caratteristiche di imprevedibilità e mortalità delle catastrofi e
delle guerre, anzi, probabilmente poche epidemie nella storia
hanno fatto tanti morti quanto la Seconda Guerra Mondiale,
tanto per citare un esempio.
La risposta è insita in queste stesse caratteristiche: la malattia
contagiosa, che si trasmette attraverso il contatto da uomo a
15
Cunha B.A., Influenza: Historical aspects of epidemics and pandemics, cit. in C.Pulcinelli(2007), Clima e
globalizzazione. Il ritorno delle malattie infettive, Collana Nature, Roma, 2007 pag. 114.
16
uomo, va a ledere una delle principali esigenze dell’uomo, il suo
bisogno di socialità. Non bastando le comuni norme di
esclusione basate su caratteristiche estetiche, religiose o spaziali,
l’uomo si ritrova a temere che il male venga dal negoziante di
fiducia, dal proprio vicino, persino dai suoi stessi congiunti. Per
salvaguardare la propria singola esistenza è costretto a escludere
e ad auto-escludersi, a evitare ogni contatto ravvicinato con
l’altro, che in maniera del tutto imprevedibile potrebbe dare
origine al contagio. Senza contare che l’epidemia è tra le
sciagure più democratiche che affliggono l’umanità: se è
particolarmente virulenta e contagiosa nessuna prigione dorata
può salvare ricchi e nobili, ma la loro morte sarà uguale in tutto
e per tutto a quella del resto del popolo. Uno dei racconti più
terrificanti di Edgar Allan Poe, La maschera della morte rossa,
racconta proprio il tentativo, vano, di un gruppetto di nobili di
sfuggire ad un morbo imperversante nelle campagne circostanti.
«L'abbazia era ampiamente fornita di viveri, e con tante
precauzioni i cortigiani potevano permettersi di sfidare il
contagio. Che il mondo esterno pensasse a se stesso: nel
frattempo era follia addolorarsi o pensare»
16
. Tale superbia
viene duramente punita: «E allora tutti compresero e
riconobbero la presenza della "morte rossa" giunta come un
ladro nella notte[…]. E l'Oscurita', la Decomposizione e la
Morte rossa regnarono indisturbate su tutto».
16
Poe E.A., La maschera della morte rossa, disponibile al link
http://www.readme.it/libri/Letteratura%20Americana/La%20maschera%20della%20morte%20rossa.shtml.
17
Giovanni Boccaccio, testimone dell’epidemia di peste
bubbonica in Europa tra il 1349 e il 1350, racconta nel
Decameron di quanto fosse già comune pensare che «non
solamente il parlare e l’usare cogli infermi dava a’ sani infermità
o cagione di comune morte, ma ancora il toccare i panni o
qualunque altra cosa da quegli infermi stata tocca o adoperata
pareva seco quella cotale infermità nel toccator trasportare»
17
.
Dunque nel Quattordicesimo secolo si sapeva che il morbo era
altamente contagioso, anche se la colpa del male veniva
attribuita, come spesso sarebbe accaduto in Europa, a miasmi
nocivi, emanazioni prodotte dai topi, all’ira di Dio o agli
allineamenti degli astri. In periodi storici in cui non si disponeva
di una scienza medica la paura del contagio si concretizzava in
una caccia al colpevole gestita e controllata da parte di singole
istituzioni o centri di potere influenti, infine riversata sui gruppi
sociali che per un motivo o per un altro già suscitavano sospetti
e rancori. Nel caso dell’epidemia del XIV secolo i capri
espiatori furono gli ebrei, ricchi banchieri dell’epoca, accusati di
aver avvelenato le acque.
Durante un’altra terribile ondata di peste nel 1630 – racconta
Alessandro Manzoni nel famoso capitolo XXXI dei Promessi
Sposi – a Milano per dimostrare che la peste esisteva realmente
e che non era frutto della fantasia popolare, venne fatto passare
un carro di morti appestati in mezzo ad una folla urlante, senza
la minima consapevolezza del fatto che si esponeva la
17
C.Pulcinelli (2007), op.cit., pag. 63.
18