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Pandemie e informazione
Introduzione
Ad aprile del 2009 ci siamo ritrovati tutti di nuovo spettatori inermi di
uno di quei tanti fenomeni che nella moderna società dei mezzi di
comunicazione di massa, della quale attualmente facciamo parte ,
hanno la forza mediatica capace di influenzare i modi di agire e di
pensare di larghe fette della popolazione mondiale, così come si è
nuovamente verificato per l’ultimo caso di pandemia da influenza
suina A H1N1. Un fenomeno complesso da analizzare, data
l’interazione di diversi fattori ( biologici, mediatici, economici ), che
da abbastanza episodico quale si è riscontrato durante tutto l’arco
del novecento, dall’inizio del secondo millennio ha già fatto la sua
comparsa, anche se con forme, o meglio virus diversi, per ben tre
volte, cosa che all’occhio di un addetto ai lavori o di un qualsiasi
ricercatore che voglia confrontarsi con l’argomento, appare fin da
subito, come un dato in controtendenza con quanto si è verificato
durante tutto l’arco di secolo appena trascorso e alla luce degli
enormi progressi tecnico-scientifici accorsi nel frattempo. I motivi da
imputare a questa discrepanza statistica si possono riassumere o in
una maggiore virulenza degli agenti responsabili della malattia
dovuta a concatenazioni di cause diverse, oppure a causa di fattori
che esulano la buona pratica medica propendendo più verso tutto
quello che riguarda la sfera del profitto economico, sia personale che
di gruppo, approfittando delle paure che crescono nelle persone alla
notizia di una nuova malattia, per incrementare le vendite ( vaccini,
farmaci antivirali, quotidiani, riviste scientifiche specializzate ). Tutti
questi dubbi, avanzati da più parti durante l’espansione della
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pandemia, meritano di essere indagati a fondo, poiché si tratta di
preservare sia la credibilità delle istituzioni e dei meccanismi preposti
alla salvaguardia della salute di tutti ,sia anche per validare quelle
pratiche mediche atte alla prevenzione e risoluzione delle gravi
minacce che possono derivare dal diffondersi di nuove malattie
sconosciute, che come si vedrà, a una più attenta ed esaustiva
disamina dei fatti, rivelano tanti retroscena e lati oscuri da non poter
più essere tollerati visto che è in gioco la salute di larghe fette di
popolazione mondiale. Questi retroscena sono stati portati
all’attenzione degli addetti ai lavori e del grande pubblico grazie al
lavoro di diversi epidemiologi che grazie ai risultati dei loro studi
hanno messo in dubbio la validità e affidabilità delle terapie e metodi
con i quali la moderna scienza medica affronta i casi di malattie
altamente contagiose e probabilmente virulente. Certo è, che per
una disamina che voglia cogliere anche gli aspetti critici sorti durante
la passata pandemia ma riscontrabili anche per quelle precedenti,
non si può prescindere dalle definizioni dei termini specifici
interessati, poiché l’uso improprio potrebbe portare a possibili
fraintendimenti nella comprensione di argomenti e avvenimenti che
hanno sollevato più di un dubbio nell’opinione pubblica e nella
comunità scientifica . “Nello specifico il termine pandemia indica
secondo l’ultima definizione cambiata dall’OMS nel corso
dell’influenza suina nel 2009 “un’epidemia di virus novello, la cui
diffusione interessa più aree geografiche con un alto numero di casi
non significando al contempo che il virus sia necessariamente
mortale o particolarmente aggressivo”
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, al contrario della precedente
definizione, nella quale la mortalità e l’aggressività del virus erano
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Gava R. l’influenza suina A/H1N1 e i pericoli della vaccinazione antinfluenzale pag 40
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parametri caratterizzanti, anche se poi nell’immaginario collettivo il
termine ha conservato una connotazione fortemente negativa .
Mentre per definire correttamente un’influenza si deve
necessariamente distinguere la malattia influenzale dalla sindrome
influenzale. “la malattia influenzale è una malattia respiratoria acuta
ad eziologia virale specifica (nel senso che è ben identificabile un
preciso virus eziologico) che si presenta abitualmente come epidemia
invernale e si manifesta in genere con febbre, raffreddore, tosse,
cefalea e malessere generale”
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. “Anche la sindrome influenzale è una
malattia respiratoria acuta ad eziologia virale che si presenta
abitualmente come epidemia invernale e si manifesta esattamente
come la malattia influenzale, però si differenzia da quest’ultima per
essere causata non da un virus specifico ma da alcune centinaia di
altri tipi e sottotipi di patogeni respiratori virali (per esempio tutti i
virus che appartengono alle famiglie dei paramixovirus, pneumovirus,
rinovirus, echovirus e molti altri tipi meno comuni)”
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. Da queste
precisazioni si evince che il termine influenza è usato in modo
appropriato solo quando si riferisce a un preciso virus “il virus
influenzale”. Un modo semplice e interessante di inquadrare le
problematiche dovute alle complessità legate al multiforme universo
dei virus è stato recentemente proposto da Jeffrey Taubenberger,
secondo il quale “da quasi un secolo, l’umanità vivrebbe in un’era
pandemica il cui vero protagonista è stato ed è tuttora
l’orthomyxovirus influenzale A/H1N1 del 1918: un virus che secondo
lo scienziato nei primi anni del secolo avrebbe acquisito alcune
modifiche genetiche e antigeniche che gli avrebbero permesso di
passare dagli uccelli selvatici (serbatoio naturale di tutti i virus
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Gava R. l’influenza suina A/H1N1 e i pericoli della vaccinazione antinfluenzale
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Gava R. l’influenza suina A/H1N1 e i pericoli della vaccinazione antinfluenzale
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influenzali) ai mammiferi e in particolare all’uomo e al maiale e di
scatenare, a ridosso della Prima guerra mondiale, la più devastante
pandemia dell’epoca moderna”
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. Infatti, è proprio grazie alle ricerche
condotte da questo giovane ricercatore, del quale si parlerà più
approfonditamente in seguito, che si è riusciti ad identificare sul
piano genetico l’A/H1N1 del 1918 come il capostipite di tutti i virus
influenzali che da oltre novant’anni circolano tra gli esseri umani,
originando tanto le epidemie stagionali – responsabili ogni anno di
migliaia di decessi, soprattutto tra i soggetti più deboli (anziani,
persone affette da altre patologie) – quanto le temute pandemie, che
scaglionate irregolarmente nel corso dei decenni sono in grado di
mietere milioni di vittime, sia uomini che donne, spesso giovani, sani ,
forti. Da questa analisi, ne risulta “un duplice modello epidemico,
unico nell’ambito della misteriose e complesse relazioni intercorrenti
tra uomini e virus, definibile nei termini di una simbiosi immuno-
genetica, competitiva, cooperativa e persino co-evolutiva. Un
equilibrio dinamico e fortemente instabile che viene turbato
periodicamente da trasformazioni ecosistemiche e/o demografiche”
5
.
Per meglio comprendere il ruolo di capostipite dell’H1N1/1918 e per
capire le apprensioni degli esperti è necessario conoscere alcune
caratteristiche proprie dei virus e delle sue strategie di diffusione.
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Progetto Whatchdog nuova influenza come difendersi, quello che non ci dicono pag 37
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Progetto Whatchdog nuova influenza come difendersi, quello che non ci dicono pag 38
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Capitolo I. Le pandemie influenzali dal punto di vista scientifico
Eziologia dei virus influenzali
“I virus influenzali, classificati nella famiglia degli orthomyxoviridae, si
presentano all’osservazione ultramicroscopica in forma
rotondeggiante pleomorfa e non di rado si osservano virioni a forma
filamentosa aventi un diametro di 80-120 “NM” (nanometro; un
nanometro è un milionesimo di millimetro)”
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. Essi sono virus ad RNA
e vengono classificati nei tipi A, B, C, a seconda delle caratteristiche
antigeniche delle nucleoproteine e delle proteine di matrice. Come si
vedrà in seguito, sono i virus del tipo A la causa più frequente e
patogena della malattia influenzale che colpisce l’uomo. Le cause
dell’alta patogenicità di questi virus sono da ricercare nella struttura
dell’RNA che invece di essere costituito da una sola molecola, come
per la maggior parte dei virus , è composto da 8 segmenti di diversa
lunghezza che, durante la moltiplicazione virale, si replicano
indipendentemente uno dall’altro. È a causa di questo tipo di
replicazione del genoma che viene spiegata l’elevata facilità con la
quale questi ceppi virali si formano con caratteristiche sempre
diverse (questa è una prerogativa specialmente dei virus ad RNA ed
è un grosso problema perché permette a questi virus di modificarsi
continuamente e quindi di rendere facilmente vani i vaccini e i
farmaci antivirali). “Visto al microscopio, l’involucro protettivo del
genoma virale (capside ), è formato da un involucro esterno dal quale
sporgono delle glicoproteine, di cui una a forma di bastoncino ( alla
quale si lega l’emoagglutinina “ H “ ) e l’altra a forma di fungo ( alla
quale si lega la neuraminidasi “ N “ )”
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. L’emoagglutinina è la
componente di cui si serve il virus per aderire ai recettori presenti
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Villano R. quaderno di sanità:Influenza A (H1N1) pag 10
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DR. Roberto Gava l’influenza suina A/H1N1 e i pericoli della vaccinazione antinfluenzale pag 8
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sulle membrane delle cellule animali, quindi se tale attività viene
bloccata da specifici anticorpi diretti contro questo antigene, il virus
non può aggredire le cellule dell’apparato respiratorio e quindi non
può entrare in esse e moltiplicarsi. La neuraminidasi invece è un
enzima che interviene solo quando il virus si è ampiamente
moltiplicato all’interno della cellula che ha infettato. “Ed è proprio
tramite questo enzima che permette il distacco delle particelle virali
dalla membrana infettata, che si diffonde l’infezione ad altre
cellule”
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, quindi l’uso di anticorpi anti-N (anti-neuraminidasi ),
limiterebbe soltanto la diffusione virale ad infezione già avvenuta,
mentre di maggiore importanza risultano essere gli anticorpi anti-H
(anti-emoagglutinina ) poiché “essi prevengono l’infezione cellulare,
impedendo al virus di legarsi al recettore cellulare e di sviluppare la
malattia”
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. Inoltre, per quanto riguarda l’emoagglutinina, che è il
principale antigene di superficie, c’è da dire che esso può mutare con
notevoli variazioni antigeniche che vengono divise in due tipi:
“variazioni antigeniche maggiori ( definite anche come spostamento
antigenico o “ antigenic shift “ ) in cui muta completamente la
composizione dell’emoagglutinina; e le variazioni antigeniche minori
(definite anche come deriva antigenica o “ antigenic drift “ ) in cui ci
sono solo modeste modificazioni dell’emoagglutinina”
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. È a causa di
queste variazioni antigeniche che il virus influenzale di tipo A viene
suddiviso in vari sottotipi. A questo proposito, c’è da dire che anche
la neuraminidasi può subire variazioni antigeniche sia maggiori che
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DR. Roberto Gava l’influenza suina A/H1N1 e i pericoli della vaccinazione antinfluenzale pag 9
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