34
1) I vincoli informativi sono quelli tipici del rapporto principale-agente: più che nelle
transazioni economiche tra operatori privati, nelle transazioni tra pubblico e privato, le
asimmetrie informative svolgono un ruolo fondamentale a causa della diversa conoscenza del
mercato e delle informazioni rilevanti riguardanti l’oggetto della transazione. In progetti
complessi dove l’incertezza e l’asimmetria informativa rappresentano delle variabili rilevanti,
l’operatore potrà utilizzare le informazioni private a proprio vantaggio per ricevere maggiori
rendite rispetto a contratti più brevi. Tale comportamento strategico, in caso di bundling, può
determinare, altresì, un sotto investimento durante la prima fase che potrebbe anche rendere
la scrittura di contratti compatibili con gli incentivi difficoltosa o estremamente onerosa per il
principale e, quindi, ridurre la preferenza per un PPP (Iossa e Martimort, 2011). Per questo
motivo è importante, nei partenariati, cercare di ridurre al massimo l’asimmetria informativa
già quando si disegna un determinato progetto.
L’asimmetria informativa può essere di tipo pre-contrattuale e/o post-contrattuale.
a) L’asimmetria informativa pre-contrattuale (selezione avversa) è riferita
all’impossibilità di distinguere a monte agenti differenti con diverso livello di efficienza:
l’agente possiede un’informazione privata riguardante i propri costi e le proprie valutazioni
dell’oggetto di scambio che non è osservabile dal principale e può porre in essere
comportamenti opportunistici ex-ante per aggiudicarsi il contratto, oppure osservare dei difetti
e non rivelarli allo scopo di ottenere delle rinegoziazioni vantaggiose. Ne consegue che quando
il principale cerca un partner di un dato tipo, ma non è informato sulle sue caratteristiche,
rischia di stipulare l’accordo con il contraente “sbagliato”. In questo caso, il proponente (la
PA) è meno informato ma ha il vantaggio della “prima mossa” che gli consente di selezionare
l’agente (l’OE), impostando gare in modo strategico per stimolare la competizione tra gli
operatori economici e la loro capacità di innovazione.
La soluzione per cercare di ridurre al massimo l’asimmetria informativa ex-ante diventa,
quindi, quella di individuare l’efficienza dell’agente prima di procedere alla firma del
contratto, stimolando la competizione ex-ante tramite aste competitive. In questo caso, dato
che l’efficacia dell’OE a riduzione dei costi, è un’informazione privata e quindi il principale
non può osservare questo parametro, per l’autorità sarebbe ottimale lasciare agli agenti la
scelta sul rimborso dei costi. Con questo meccanismo l’operatore pubblico riesce a collegare
il livello di rimborso dei costi richiesti all’efficacia dell’OE.
b) L’asimmetria informativa post-contrattuale (azzardo morale) può riguardare sia la
fase di costruzione/investimento iniziale, sia la fase di gestione dell’opera o del servizio ed è,
invece, riferita a comportamenti opportunistici dell’agente il quale può non impegnarsi al
massimo: dopo la scrittura del contratto, l’agente (esecutore, ossia l’OE) può svolgere uno
sforzo (un’azione) che non è osservabile dal principale (proponente, ossia la PA) il quale può
35
solo osservare la performance finale. In questo caso, il proponente può prevedere di collegare
il pagamento al risultato complessivo raggiunto dall’esecutore, trasferendogli una parte dei
rischi per incentivarlo a compiere il livello di sforzo desiderabile (contratto incentivante) ed,
eventualmente, inserendo nel contratto degli standard qualitativi che se non rispettati
comportano delle penalità; mentre all’esecutore, per accettare di sottoscrivere il contratto,
viene spesso offerto un premio per il rischio.
I problemi possono sorgere dal momento che la performance finale risulta influenzata
non solo da una componente endogena (sforzo dell’agente), ma anche da una esogena
(incertezza legata al mercato), in quanto la tendenziale avversione al rischio del privato, spesso
associata a fenomeni di azzardo morale, comporta che in mancanza di assunzione di un reale
rischio, l’OE abbia più spazio per porre in essere dei comportamenti opportunistici, poiché
conterebbe sull’adempimento dei rischi da parte della PA, e veda nei PPP solo una possibilità
per ottenere contratti di maggior durata come fonte di rendimenti più stabili. Ne consegue che,
il modello bundling, alla base del contratto di PPP, è in grado di ridurre i fenomeni di azzardo
morale, tipici di un appalto pubblico, solo se il contratto è scritto in modo chiaro, cioè con una
corretta ed equilibrata allocazione dei rischi ed un trasferimento effettivo degli stessi tale da
determinare perdite se l’OE non è in grado di gestirli.
In presenza di asimmetria informativa da azzardo morale dell’operatore privato avverso
al rischio, il trasferimento effettivo dei rischi a quest’ultimo costituisce un incentivo a
compiere uno sforzo per investire in qualità nella prima fase tale da determinare, poi, una
esternalità positiva, intesa come beneficio sociale in termini di maggiore efficienza produttiva
nella fase di gestione. Le esternalità positive generano, quindi, guadagni in termini di
efficienza tra fasi quando la qualità dell’opera incide sui costi di gestione. Da ciò deriva che il
contratto PPP (bundling) può risultare ottimale/preferibile rispetto all’appalto pubblico
(unbundling) solo in presenza di esternalità positive (Iossa e Martimort, 2015). Qualora le
esternalità fossero, invece, pari o molto vicine a zero, i risultati sarebbero uguali tra bundling
e unbundling e quindi la scelta tra PPP e appalto pubblico sarebbe indifferente.
Tuttavia, dal momento che la performance finale è osservabile e verificabile, perché il
PPP sia ottimale rispetto all’appalto tradizionale, l’esternalità positiva prodotta non deve
essere troppo elevata (tendente all’infinito): una esternalità positiva troppo elevata significa
che pesa molto di più l’intervento nella fase di costruzione e, a quel punto, tanto vale ricorrere
ai contratti sequenziali, come l’appalto pubblico. Inoltre, un’esternalità positiva molto ampia,
significa che, nel disegnare la struttura degli incentivi, è stata aumentata l’esposizione al
rischio del privato e questo implica un maggior impatto sul premio per il rischio che, quindi,
dovrà essere aumentato. Ciò si tradurrebbe in una maggiore spesa per l’autorità pubblica e
quindi minore convenienza nel ricorso al PPP.
36
Le esternalità positive risultano essere, dunque, determinanti per definire la bontà del
raggruppamento delle diverse fasi in capo ad un singolo soggetto ed è importante identificarle,
tenendo presente che all’interno di uno stesso progetto possono coesistere esternalità positive
e negative che a volte possono essere chiare, altre volte no. Si pensi, ad esempio, ad un
ospedale dove l’investimento in qualità dell’infrastruttura e dei macchinari incide
positivamente sulla gestione futura e sulla performance ospedaliera. In questo caso
l’esternalità positiva è chiara. Al contrario, una esternalità negativa può essere prodotta nel
caso di un investimento che migliori la qualità estetica dell’opera in fase di costruzione, ma
che renda più costosa e complicata la sua gestione.
Infine, è utile ricordare che nel modello appena descritto l’enfasi è sulla fase di gestione.
Si assume, cioè, che i costi operativi siano non solo osservabili ma anche verificabili,
altrimenti la PA risulterebbe impossibilitata a fornire adeguati incentivi all’agente. Infatti, se
cambiamo assunzioni, considerando una situazione in cui i costi di costruzione siano
verificabili ma quelli di gestione non lo siano, i benefici del bundling potrebbero scomparire
e, a quel punto, non avrebbe molto senso ricorrere ad un contratto di PPP.
2) I Vincoli giuridici sono invece legati alla non verificabilità, in tutto o in parte, di
alcune variabili del contratto da parte di un soggetto terzo chiamato a dirimere le eventuali
controversie: in questo caso, le parti possono anche disporre delle stesse informazioni, ma
entrambe non possono trasmettere il set di informazioni condiviso ad un soggetto terzo (es. al
giudice), senza che questo comporti ulteriori costi, con la conseguenza che ogni volta una parte
lo trovi conveniente, può rinegoziare i termini, interrompere la relazione o comportarsi
opportunisticamente.
Scrivere un contratto incentivante necessita di avvalersi di esperti in grado di stabilire
procedure per la misurazione della qualità attraverso un sistema accurato di controllo di
gestione per accertare la corretta esecuzione del contratto e delle procedure standardizzate
volte a verificare l’applicazione delle penali nel caso di mancato rispetto degli standard
qualitativi prestabiliti. La ricerca di alcuni target, però, rende la scrittura di alcune clausole del
contratto costosa ex-ante, per la complessità delle contingenze future da considerare nel
contratto. Dall’altra parte, anche l’esecuzione di alcune clausole del contratto può essere
costosa ex-post a causa dei costi proibitivi di verifica del raggiungimento degli obiettivi finali
da parte di un tribunale. I costi di transazione rappresentano, quindi, un fattore rilevante che
può indurre l’operatore pubblico a lasciare il contratto incompleto e tale incompletezza
contrattuale, come già evidenziato, implica la necessità di avviare, poi, lunghe e complesse
procedure di rinegoziazione.
Anche in questo caso, il problema della incompletezza contrattuale può essere mitigato
37
con il modello bundling che sta alla base dei contratti di PPP, poiché comporta un maggior
trasferimento dei rischi al partner privato, incentivandolo a compiere uno sforzo positivo nella
fase di costruzione tale da determinare un’esternalità positiva sulla gestione dell’infrastruttura,
migliorando il risultato finale. Tuttavia, il bundling è considerato il modello migliore se i
risultati dell’attività operativa sono ben visibili (enfasi sulla fase di gestione), motivo per il
quale il trasferimento del rischio, in caso di incompletezza contrattuale legata alla non
verificabilità di alcune variabili del contratto, deve essere in grado di aumentare la leva sugli
incentivi e, conseguentemente, accrescere l’effetto (l’esternalità positiva) dovuto al Bundling.
Qualora i risultati dell’attività operativa non fossero visibili, invece, alcuni studi (Iossa
e Legros, 2004) mostrano come la soluzione ottimale possa consistere nel favorire la
competizione tra il costruttore ed un soggetto esterno per l’aggiudicazione dell’attività di
gestione. In altre parole, si potrebbe ricorrere anche al modello di bundling ma, quando si
decide a chi affidare l’attività di gestione, fare un’asta fra il costruttore e un soggetto esterno
e nel caso tale attività venga affidata ad un soggetto terzo, il costruttore avrà diritto ad un
pagamento compensativo da parte del gestore. Attraverso questo meccanismo si dà un
incentivo al costruttore ad investire in qualità durante la fase di costruzione.
Un altro motivo di incompletezza contrattuale può essere legato all’esistenza di qualità
non contrattabile che non può essere inserita nel contratto e identificata attraverso delle proxy.
In questo caso, il governo non può vincolarsi a scrivere contratti collegati alla performance in
termini qualità dell’opera perché questa non è verificabile (il livello dei costi di gestione,
invece, è verificabile), con la conseguenza che i contratti potranno essere rinegoziati e in caso
di disaccordo, cioè di fallimento della rinegoziazione, dato che i diritti di proprietà non
possono essere violati, il proprietario dell’infrastruttura in quel momento ottiene un valore pari
a quello dell’infrastruttura stessa, mentre l’altro contraente non ottiene nulla. Tuttavia,
siccome gli agenti sono razionali, anticipano gli effetti della rinegoziazione nell’accordo
iniziale: la determinazione degli incentivi collegati alla performance, allora, potrà avvenire in
fase di contrattazione iniziale attraverso la distribuzione dei diritti residuali di controllo, cioè
l’assegnazione del potere contrattuale di ciascuna delle parti in caso di rinegoziazione e,
quindi, del diritto di decidere sull’asset nel caso si manifestino nuove contingenze che non
erano state considerate.
3. CHIARI OBIETTIVI DI POLITICA ECONOMICA (PROSPETTIVA DI PUBLIC POLICY):
Secondo questa prospettiva, il focus deve essere incentrato sull’obiettivo che si vuole
raggiungere con l’utilizzo del PPP. La letteratura sul tema mette in evidenza due principali
obiettivi: da un lato, la possibilità di accedere ad un ventaglio più ampio di finanziamenti
attraverso la mobilitazione di capitali privati, anche per realizzare investimenti off-balance
38
sheet; dall’altro, la generazione di valore
29
per la società, intesa sia come efficacia (centrale
nella letteratura sul public value), sia come efficienza (rilevante nella letteratura di new public
management).
Quello che emerge è che nei modelli di PPP il focus contrattuale è incentrato,
essenzialmente, sul conseguimento del risultato predeterminato dalla PA, più che, come nel
caso dell’appalto, sul rispetto delle prescrizioni tecniche realizzative. Infatti, con riferimento
ai progetti complessi, la struttura bundled del modello PPP e, soprattutto l’assunzione da parte
dell’OE del rischio operativo, consentono di responsabilizzare maggiormente il partner privato
rispetto:
- ai tempi di realizzazione dei lavori (c.d. cronoprogramma), poiché la sua remunerazione
deriva dalla disponibilità dell’opera e, quindi, ogni ritardo nella realizzazione rischia di
minare la prospettiva di recuperare gli investimenti ed i costi da lui sostenuti per
l’esecuzione del contratto. Questo rappresenta per la PA una garanzia cosiddetta “on time”;
- alla qualità degli asset messi a disposizione e al mantenimento degli standard qualitativi
previsti per i lavori e i servizi contemplati contrattualmente, poiché una realizzazione non
scrupolosa rischia di comportare maggiori costi operativi e di manutenzione nel corso della
gestione e, dunque, mettere a repentaglio le prospettive di recupero per il privato. Si tratta
di una garanzia cosiddetta “on quality”;
- ai costi complessivi, poiché il canone di disponibilità definito contrattualmente non può
essere modificato in fase di esecuzione del contratto se non per circostanze eccezionali ed
espressamente disciplinate. Il rispetto da parte del privato di questi costi prestabiliti
rappresenta una garanzia cosiddetta “on budget” perché rende prevedibile la spesa a carico
della PA.
Queste garanzie sono effettive ed efficienti nella misura in cui il partner privato sia
penalizzato in modo sostanziale (non meramente potenziale), se non riesce a fornire l’asset,
prima, e il servizio, poi, secondo i parametri concordati contrattualmente ex-ante. Pertanto, a
differenza di un tradizionale appalto pubblico, nel PPP il trasferimento del rischio si verifica
quando gli investimenti iniziali non sono adeguati a generare flussi di entrate per l’OE
sufficienti a recuperare almeno i costi da lui incorsi. Per esempio, in caso di indisponibilità per
ritardo nella realizzazione, il partner privato deve rimediare con risorse proprie, senza alcuna
29
Cfr. Akintoye A, Hardcastle C., Beck M., Chinyio E., Asenova D. (2003), “Achieving Best Value in Private
Finance Initiative Project Procurement», Construction Management and Economics, pp. 461-470; Klijn E.H.,
Koppenjan J. (2016), “The impact of contract characteristics on the performance of public-private partnerships
(PPPs)”, Public Money & Management, pp. 455-462; Hodge G., Greve C. (2017), “On Public-Private
Partnership Performance: A Contemporary Review”, Public Works Management & Policy, pp. 55-78.
39
possibilità di rivalersi sul soggetto pubblico, salvo che l’indisponibilità sia imputabile alla PA
o a forza maggiore; durante la fase operativa del contratto, poi, l’OE deve gestire correttamente
altri rischi come quelli legati ai costi manutentivi, costi assicurativi, i fallimenti dei
subappaltatori, ecc. per garantire che l’asset e i servizi associati rimangano in uso e continuino
a funzionare secondo gli standard concordati: se l’OE non riesce a gestire correttamente questi
rischi fondamentali per il buon funzionamento del contratto (indipendentemente
dall’adempimento o meno alle obbligazioni contrattuali), può essere penalizzato tramite
decurtazioni dei pagamenti del canone di disponibilità (oltre le classiche previsioni contrattuali
per inadempimento).
È chiaro che da questo punto di vista, la corretta allocazione del rischio è l’essenza di
un contratto di PPP in quanto ciò che lo rende conveniente per le PA è proprio l’incentivo
per gli operatori economici a conseguire efficienza (ottimizzazione dei costi) ed efficacia
(raggiungimento dei risultati), poiché da queste dipende la loro remunerazione. In questi casi
il PPP, se ben congegnato, può generare maggior valore rispetto ad un appalto tradizionale –
ed è per questo che è necessaria un’attenta valutazione del valore generato, attraverso l’utilizzo
dell’analisi Value for Money.
La maggior efficienza ed efficacia dei modelli procedurali e contrattuali da utilizzare
assume una rilevanza preponderante e strategica per il settore pubblico nell’attuale momento
storico, proprio perché negli ultimi anni si è assistito ad una diminuzione delle risorse
economico-finanziarie da destinarsi a investimenti pubblici, frutto di una politica legislativa
incentrata sul contenimento della spesa pubblica. In quest’ottica, i capitali privati possono
colmare la carenza di capitali pubblici, soprattutto in un paese come l’Italia con alto livello di
indebitamento. Inoltre, la possibilità di non registrare come investimento in bilancio gli
immobili realizzati con un PPP, o gli asset class (ossia gli investimenti in infrastrutture) posti
a disposizione dall’operatore economico, costituisce un incentivo per la PA al ricorso a questi
strumenti
30
. Tuttavia, questa considerazione non deve far perdere di vista l’obiettivo ultimo
30
Il sistema contabile dell’UE (SEC. 2010) permette, a certe condizioni, di registrare come voci fuori bilancio i
contributi pubblici erogati (attraverso i canoni di disponibilità o di tariffe) nell’ambito di operazioni di PPP –
purché, ai sensi degli artt. 165, co. 2 e 180, co. 6 del Codice degli appalti, il contributo pubblico o forme di
garanzia pubblica sul debito (come, per esempio, una qualsiasi forma di garanzia finalizzata a consentire la
remunerazione del debito investito) non eccedano il 50% del valore dell’investimento. Il trattamento contabile
delle operazioni di PPP è definito da Eurostat nel Manual on Government Deficit and Debt (l’edizione più
aggiornata è quella del 2016: Manuale sul deficit e debito pubblico in attuazione del sistema europeo di
contabilità, SEA 2010, edizione 2016) che illustra che gli investimenti realizzati in PPP possono essere
considerarti off-balance (che significa che il canone di disponibilità o il pagamento effettuato dalla PA è
contabilizzato come spesa corrente e non a debito dell’investimento, a eccezione del contributo a fondo perduto)
quando il partner privato assume la maggior parte dei rischi (almeno il rischio di costruzione e uno tra il rischio
di disponibilità e quello di domanda) e, allo stesso tempo, ha diritto di godere di larga parte dei benefici derivanti
dall’operazione (concetto di risk & reward). Ciò costituisce un incentivo a utilizzare i PPP per migliorare il
rispetto dei criteri di convergenza dell’euro, noti anche come «criteri di Maastricht», che si fondano sull’articolo
40
del vantaggio complessivo per la PA e gli utenti, cioè il miglioramento del benessere sociale,
che va valutato in tutti i suoi aspetti e non solo quello meramente contabile. Infatti, la
mancanza di una policy chiara sull’uso del PPP e le difficoltà gestionali che possono emergere
in alcuni contratti hanno spesso portato ad una predominanza della cultura appaltistica nelle
amministrazioni e della visione procedurale rispetto a quella contrattuale, con la conseguenza
che il PPP è spesso utilizzato, erroneamente, come strumento alternativo a quello tradizionale
dell’appalto e, perlopiù, finalizzato al superamento dei vincoli di bilancio anziché al
perseguimento di obiettivi microeconomici.
D’altra parte, dal punto di vista finanziario, la ristrettezza del vincolo di bilancio non
dovrebbe influenzare direttamente la scelta, dato che la PA si impegna comunque a
rifinanziare l’investimento effettuato dal privato, e non può, quindi, rappresentare da sola una
valida motivazione per spiegare l’adozione di procedure PPP rispetto agli appalti tradizionali,
a meno che non si facciano delle considerazioni aggiuntive: in presenza di vincoli di liquidità
(cioè con vincoli di bilancio di un periodo più stringenti rispetto a vincoli di bilancio di un
altro periodo), la diversa dinamica temporale dei flussi finanziari potrebbe rendere ottimale
investire in un PPP oggi per gestire asset e sostenere esborsi nel tempo. In altre parole, nei
PPP la finanza privata si sostituisce alla finanza pubblica durante la fase di realizzazione
dell’opera o comunque nel primo periodo (in t=1), mentre l’amministrazione pubblica si
impegna ad acquistare il servizio durante la fase di gestione, garantendo al privato il
rifinanziamento dell’investimento iniziale insieme ad una adeguata remunerazione. Questa
dinamica permette di alleviare il vincolo di bilancio pubblico più stringente posticipando gli
esborsi al secondo periodo (in t=2) caratterizzato da un vincolo di bilancio meno stringente.
Questa prospettiva rende necessaria un’attenta analisi giuridica ed economico-
finanziaria del progetto PPP che si intende intraprendere, prima di proporlo, quindi a partire
dalla redazione dei documenti di gara.
La redazione dei documenti di gara presuppone che l’amministrazione aggiudicatrice
effettui un’accurata valutazione e analisi degli interventi ex-ante, sotto il profilo economico-
finanziario e dei flussi generati dalla gestione, nonché un’individuazione e descrizione precisa
dei servizi richiesti, almeno quelli minimi, con le relative modalità. Tale valutazione è
necessaria non solo per individuare il valore della concessione (calcolato, ai sensi dell’art. 167
del Codice Appalti, in base al fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata
del contratto, al netto dell’IVA, stimato dall’amministrazione, quale corrispettivo dei lavori e
140 del TFUE. Gli stessi costituiscono il rapporto tra il disavanzo annuale della PA e il PIL a prezzi di mercato,
che non deve superare il 3%, e il rapporto tra il debito pubblico e il PIL, che non deve superare il 60% alla fine
dell’esercizio finanziario.
41
dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori e servizi)
ma anche per calibrare correttamente i rischi correlati alla realizzazione e alla gestione del
progetto. I rischi, infatti, vanno disciplinati nella bozza di accordo, che sarà messa a base di
gara, in modo da valutare accuratamente la loro allocazione anche nel piano economico-
finanziario (PEF). Riguardo al PEF da mettere a base di gara, è necessario che lo stesso sia
basato su presupposti e proiezioni realistici, e che sia in equilibrio, in modo che le offerte in
fase di gara possano presentare elementi di miglioramento, pur garantendone sempre la
sostenibilità economico-finanziaria. È, pertanto, di fondamentale importanza che
l’Amministrazione Aggiudicatrice (AA) delinei con precisione il perimetro della concessione
da affidare, al fine di poter predisporre correttamente la documentazione di gara.
1.5.2. Lo studio di fattibilità.
Tra i documenti posti a base di gara, risulta di fondamentale importanza il “Progetto di
Fattibilità Tecnica ed Economica” (PFTE) che figura, ai sensi dell’art. 23 del D. Lgs. n.
50/2016 (Codice Appalti), come il primo dei tre livelli di progettazione dei lavori pubblici
31
,
sulla base del quale verrà predisposto, poi, il progetto definitivo. Si tratta sostanzialmente di
uno “Studio di Fattibilità” (SdF) – come era definito all’art. 4 della Legge n. 144/1999 e nel
D.P.R. n. 207/2010 e come tuttora viene chiamato nella prassi
32
– quale strumento di supporto
alle decisioni di investimento della PA che, collocandosi a valle dell’idea progetto e a monte
dell’eventuale decisione della PA di attuarla, ha lo scopo di specificare quali tra le diverse
alternative progettuali
33
sono quelle realizzabili, e tra quelle realizzabili quella che rappresenta
il migliore rapporto tra i costi e i benefici per la collettività, in termini di risparmio di risorse.
In altre parole, lo SdF dovrebbe perseguire l’obiettivo di «trasformare l’iniziale idea-
31
D. Lgs. n. 50/2016, art. 23, co.1: «La progettazione in materia di lavori pubblici si articola, secondo tre livelli
di successivi approfondimenti tecnici, in progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e
progetto esecutivo».
32
Anche perché l’art. 4 della Legge n. 144/1999 – che aveva introdotto lo SdF come strumento ordinario
preliminare ai fini dell’assunzione delle decisioni di investimento da parte della PA – non è stato espressamente
abrogato dal D. Lgs. n. 50/2016 e neppure risulta incompatibile con norme successive, con la conseguenza che
permangono molteplici dubbi sull’effettiva eliminazione del precedente Studio di Fattibilità. Noi faremo
riferimento all’attuale disciplina, considerato che l’assenza di indicazioni chiare ed univoche sui contenuti e
requisiti dello SdF previsto dalla precedente L.144/99 aveva contribuito ad un suo utilizzo come mero
adempimento formale e ad «alimentare la produzione di elaborati molto eterogenei, con una prevalenza
comunque di studi che tendono a concentrare l’attenzione prevalentemente sugli aspetti meramente “tecnologici”
(descrizione, spesso sommaria, delle principali caratteristiche tecnico-ingegneristiche e/o architettoniche),
trascurando altri elementi rilevanti (aspetti economico-finanziari, istituzionali, gestionali, etc.) ai fini della
formulazione di un giudizio nei confronti della fattibilità (“attivabilità”) e della convenienza degli investimenti
prospettati» (Dosi et al., 2003, cit. p. 29).
33
L’alternativa progettuale è «l’insieme coerente di scelte tecnologiche, istituzionali-organizzative e finanziarie
che descrivono una particolare modalità di attuazione dell’idea-progetto» (Dosi et al., 2003, cit. p. 39).
42
progetto in una specifica ipotesi di intervento, attraverso l’identificazione, la specificazione e
la comparazione di due o più alternative atte a cogliere modalità diverse di realizzazione
dell’idea originaria, e attraverso la produzione di un insieme di informazioni atte a consentire
all’autorità politico-amministrativa competente una decisione fondata e motivata» (Dosi et al.,
2003, cit. p. 30). In questo modo lo SdF, preceduto da una ricognizione dei bisogni e dalla
formulazione di idee-progetto inquadrabili nelle strategie del soggetto proponente, serve a
permettere decisioni fondate e motivate, ossia deve generare informazioni tali da consentire
al decisore di valutare la bontà dell’iniziale idea-progetto per individuare le modalità di
realizzazione più realistiche e promettenti. In questo senso, lo SdF dovrebbe prospettare
diverse alternative progettuali, specificarle ed analizzarle, cogliendo per ciascuna le
interdipendenze fra i diversi aspetti tecnologici, istituzionali-organizzativi ed economico-
finanziari. L’idea progetto, dunque, deve necessariamente tradursi in specifiche ipotesi di
intervento da sottoporre, poi, all’analisi di fattibilità e di convenienza. A tal fine, è necessario
raccogliere una serie di informazioni rilevanti
34
che descrivano in maniera dettagliata il
contesto economico, sociale e tecnologico nel quale si colloca l’intervento. Infine, un buono
SdF deve incorporare opportune analisi di scenario, avendo la consapevolezza dei ritardi che
possono manifestarsi nell’assunzione delle decisioni di investimento e che possono essere
accompagnati da un mutamento delle condizioni da cui dipendono i giudizi formulati nei
confronti delle diverse modalità di realizzazione dell’intervento (Dosi et al., 2003).
Da quanto appena esposto, risulta chiaro che i tratti più salienti, al fine di produrre le
informazioni atte a consentire all’autorità politico-amministrativa competente una decisione
fondata, sono quelli che riguardano l’analisi di fattibilità delle alternative progettuali e l’analisi
di convenienza del PPP rispetto all’alternativa dell’appalto pubblico.
L’ANALISI DI FATTIBILITÀ/ATTIVABILITÀ:
Una volta specificate e descritte le alternative progettuali, l’analisi di fattibilità ha il
compito di formulare, in primo luogo, un giudizio nei confronti della attivabilità di ciascuna
soluzione possibile, ossia quello di accertare se e a quali condizioni le stesse siano:
1. materialmente realizzabili sul piano tecnico e della funzionalità (fattibilità tecnica);
2. coerenti con il quadro normativo esistente;
3. compatibili con le capacità tecnico-amministrative del soggetto pubblico (fattibilità
interna);
34
Le informazioni rilevanti riguardano: a) l’identificazione dei soggetti portatori d’interesse; b) la capacità di
soddisfacimento dei bisogni sociali e della domanda; c) la struttura dei costi nel tempo; d) la struttura finanziaria
e fiscale nel tempo; e) la distribuzione dei rischi nel tempo.
43
4. finanziariamente sostenibili (sostenibilità finanziaria): significa predisporre un piano
PEF per accertare la capacità di ciascuna alternativa progettuale di generare flussi di
cassa sufficienti a garantire il rispetto dei vincoli finanziari del soggetto pubblico
35
;
5. e non suscettibili di determinare impatti tali da provocare reazioni che potrebbero
impedire o ritardare l’attuazione del progetto (sostenibilità ambientale e sociale):
bisognerà individuare la griglia degli effetti che possono derivare dagli impatti su
determinati portatori di interessi, individuando le possibili conseguenze di conflitto
politico che potrebbero influire sull’iter di realizzazione del progetto (Dosi et al., 2003).
L’analisi deve, poi, determinare le condizioni di contorno richieste per l’attivazione della
stessa e suggerire eventuali approfondimenti per le fasi successive del ciclo del progetto.
L’importanza dell’analisi di fattibilità risiede soprattutto nell’individuazione delle
potenziali criticità e nella valutazione dei fattori di rischio connessi alla realizzazione
dell’opera e/o del servizio connesso, per ciascuna alternativa presentata, effettuando l’analisi
dei rischi (paragrafo 1.5.3) che possono verificarsi nel corso del progetto che,
successivamente, verranno assegnati nel rispetto del principio del controllo, ossia del fatto che
i rischi devono essere allocati in capo al soggetto che è meglio in grado di controllarli e gestirli.
L’ANALISI DI CONVENIENZA
Verificata la fattibilità, sarà necessario stabilire quali tra le alternative progettuali
fattibili siano anche convenienti. In altre parole, l’analisi di convenienza deve fornire
indicazioni in merito al valore generato dal progetto sia per l’ente pubblico, come tutore degli
interessi collettivi per il benessere sociale, sia per gli enti che promuovono e finanziano
l’intervento, titolari di un interesse imprenditoriale costituzionalmente tutelato.
Dal punto di vista dell’ente pubblico, l’obiettivo è quello di analizzare le diverse
alternative progettuali che rappresentano le opzioni effettivamente percorribili da parte della
PA per verificare il grado di desiderabilità associato a ciascuna alternativa, ossia quale tra di
esse produca il miglior risultato in termini di costi e benefici sociali. Questa metodologia è
detta “analisi di convenienza sociale” che può essere di tipo quantitativo (analisi costi-
35
La sostenibilità finanziaria può essere condotta facendo le seguenti valutazioni: a) la sostenibilità finanziaria
complessiva: verifica che il progetto generi, in ciascuna annualità e sulla base delle risorse attribuite, flussi di
cassa non negativi; b) la sostenibilità finanziaria sociale: il flusso di cassa annuale viene corretto dell’effetto del
trasferimento fiscale netto, poiché, dal punto di vista della PA, da una parte le imposte pagate dal progetto sono
benefici finanziari per la collettività, dall’altra, i trasferimenti pubblici al progetto sono costi finanziari da coprire
mediante i riscorso a fonti pubblici di finanziamento. In questo modo si ottiene il flusso di cassa sociale con il
quale valutare il rendimento finanziario sociale del progetto stesso; c) sostenibilità finanziaria privata: serve a
verificare la capacità del progetto a soddisfare gli obiettivi di rendimento finanziario per il privato coinvolto in
PPP. A questo proposito, risulta necessario distinguere i rendimenti che deriveranno dall’investimento di capitale
proprio del privato, dalla sostenibilità del debito eventualmente contratto per attivare il progetto.
44
benefici), più utilizzato e raccomandato anche dalla Guida Regione del Veneto, o qualitativo
(analisi costi-efficacia). L’allegato I del DPCM del 3 agosto 2012 dispone che: «L’analisi
costi-benefici è utilizzata come principale metodologia per la valutazione degli investimenti
pubblici proposti e realizzati dalle amministrazioni centrali dello Stato. Qualora non sia
possibile quantificare i benefici o misurarli in termini monetari si suggerisce di ricorrere
all’analisi costi-efficacia».
L’analisi costi-benefici (ACB) si caratterizza per il tentativo di individuare e
quantificare, in termini monetari, gli impatti economici di un investimento, prendendo in
esame sia quelli positivi (benefici) che quelli negativi (costi) per giungere, infine, a degli indici
sintetici di redditività sociale
36
.
L’analisi costi-efficacia (ACE), invece, viene svolta quando l’applicazione dell’ACB
trova delle limitazioni: a) nei progetti di piccola dimensione l’entità dell’intervento rende
inopportuno condurre un’accurata analisi quantitativa; b) in alcuni settori, ad esempio quello
sanitario, effettuare una valutazione in termini monetari dei benefici sociali associati ad un
progetto, potrebbe rivelarsi difficile, troppo costoso o “inopportuno”. In questi casi, viene
spesso consigliato il ricorso alla sostitutiva ACE, detta anche analisi semplificata. Tuttavia,
questa tipologia di analisi, sebbene frequentemente utilizzata, risulta meno codificata
dell’ACB e presenta problemi di omogeneità degli indicatori di efficacia quando si vogliono
confrontare interventi alternativi e concorrenti.
In ogni caso, a prescindere dal metodo di analisi di convenienza sociale svolto, la
decisione sulla scelta finale da parte della PA resta una decisione politica sulla base di un
preciso interesse pubblico individuato dalla stessa e, quindi, non è detto che sarà sempre
preferita la soluzione più efficiente in assoluto: l’amministrazione potrebbe anche scegliere
opzioni progettuali con costi più esosi rispetto ad altre, ma che presentano un beneficio sociale
per la collettività maggiore al netto dei costi, oppure un’alternativa contrattuale che, in termini
di saldo netto tra costi e benefici sociali, procuri vantaggi solo ad alcuni segmenti di società
considerati meritevoli di maggiore attenzione o di particolare tutela.
L’analisi di convenienza ha, poi, l’obiettivo di verificare se, sul piano dei flussi finanziari
e della ripartizione dei rischi, l’eventuale ricorso all’iniziativa privata nel quadro dei PPP
generi più valore e sia in grado di garantire alla collettività un beneficio netto positivo
maggiore di quello ottenibile mediante forme di affidamento alternative. Ciò in quanto la
scelta relativa alla procedura idonea di finanziamento e realizzazione di un progetto deve
36
Detti indici possono anche essere del tipo: 1: > , e così via.
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necessariamente avvenire secondo criteri rigorosi e comparativi
37
. Tale principio è ripreso
anche dalla pubblicazione del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica
(CIPE) dove si ritiene necessario giustificare le scelte di investimento compiute dalla PA
dimostrandone il valore creato che va ricercato attraverso l’analisi Value for Money, l’analisi
dei rischi e il Public Sector Comparator.
1.5.3. L’analisi dei rischi.
Quando si struttura un PPP è necessario prima di tutto definire gli obiettivi strategici,
non ordinari, che stanno alla base della scelta di questa tipologia contrattuale rispetto ad un
appalto tradizionale. Ne deriva che l’OE deve essere incentivato verso un co-perseguimento
di questi obiettivi. Questa responsabilizzazione passa attraverso l’allocazione dei rischi che,
in condizioni operative normali, nel caso in cui dovessero manifestarsi e non fossero gestiti
adeguatamente, devono generare per l’OE delle perdite economico-finanziarie che
comportano l’impossibilità di rientrare, in tutto o in parte, nei costi di investimento e di
gestione, senza alcuna possibilità di rivalersi sul soggetto pubblico. Ciò significa che l’OE non
può godere di un rendimento garantito come conseguenza di garanzie pubbliche, salvo quanto
concerne le variazioni derivanti da fattori esterni, come la forza maggiore, cambiamenti
normativi o legittime richieste da parte della PA di modifiche del contratto.
Si è visto che la tripartizione dei rischi di costruzione, disponibilità e domanda, utilizzata
da Eurostat per la contabilizzazione off-balance dei contratti di PPP, è entrata a far parte della
definizione di PPP fornita dal Codice Appalti. Tuttavia, anche se i suddetti tre rischi sono,
sicuramente, quelli principali a fini classificatori e sono quelli che andrebbero trasferiti all’OE,
è sbagliato pensare che esistano solo queste tre declinazioni di rischio operativo. Infatti,
secondo quanto elaborato dalla Direttiva Concessioni, il rischio operativo prescinde dalla
classificazione dei singoli rischi, abbracciando, piuttosto, una nozione sostanzialistica volta
ad enfatizzare i potenziali effetti del verificarsi del rischio che sono quelli, appunto, del
mancato recupero dell’investimento e dei costi di gestione da parte dell’OE.
Nelle Linee Guida sul Monitoraggio dei Contratti di PPP, approvate il 28 marzo 2018,
ANAC ribadisce, infatti, che il rischio operativo non è un rischio specifico a sé stante, come
spesso capita di leggere in alcune matrici di rischio, ma è il combinato disposto di una serie di
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Sulla scorta di quanto previsto dal Codice Appalti all’art. 181, comma 3, secondo cui «La scelta è preceduta
da adeguata istruttoria con riferimento all’analisi della domanda e dell’offerta, della sostenibilità economico-
finanziaria e economico-sociale dell’operazione, alla natura e alla intensità dei diversi rischi presenti
nell’operazione di partenariato, anche utilizzando tecniche di valutazione mediante strumenti di comparazione
per verificare la convenienza del ricorso a forme di partenariato pubblico privato in alternativa alla realizzazione
diretta tramite normali procedure di appalto».
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rischi, tra cui quello di costruzione, di disponibilità, di domanda e finanziario. Ne deriva che
il rischio operativo è un elemento dinamico che può avere diverse declinazioni, da
sartorializzare caso per caso, in base alla natura giuridica del PPP, alla sua convenienza e alla
sua contabilizzazione (Vecchi, 2020). Ci sono, per esempio, rischi che permangono per tutta
la durata del contratto, come il rischio di inflazione
38
, altri invece si esauriscono nel tempo,
come il rischio di costruzione e quello finanziario
39
; in altri casi, ancora, potrebbe non avere
senso parlare di rischio di costruzione ma di investimento
40
, come quando si vuole installare
una tecnologia complessa o quando pesa molto di più la gestione di un’infrastruttura già
esistente. Il Rischio operativo deve, in ogni caso, essere mantenuto nel tempo
41
.
Un rischio può essere definito come l’oscillazione economica attorno ad un valore,
cristallizzato nel PEF, a seguito dell’accadimento di determinati eventi. Trasferire un rischio
all’OE significa che questi dovrà farsi carico, nel caso in cui detti eventi accadano, degli
eventuali maggiori costi rispetto a quanto previsto nel PEF, con una conseguente minore
redditività; diversamente, beneficerà dei risparmi ed avrà, quindi, una maggior redditività
dell’operazione. Un trasferimento effettivo si avrà solo se un buon contratto si riflette in un
PEF costruito con dati di input realistici e non con costi sovrastimati o ricavi sottostimati. Si
è visto, ad esempio, che il rischio di domanda è effettivamente trasferito solo se la domanda
non è troppo rigida o se i ricavi non sono sottostimati.
La corretta allocazione dei rischi, su base tipologica e/o temporale e nel rispetto del
principio di controllo, rappresenta uno dei pilastri fondamentali di un contratto di PPP e,
sostanzialmente, anche il suo vantaggio rispetto a soluzioni tradizionali (come si vedrà nel
sottoparagrafo successivo dedicato al VfM).
38
Tale rischio è bene che sia sterilizzato per entrambe le parti (anche se questo non è sempre possibile, per
esempio, in sanità, spesso i concessionari sono pagati con tariffe non adeguate all’inflazione), in quanto un
andamento dell’inflazione differente da quello previsto nel PEF può determinare, di fatto, un incremento dei costi
e, quindi, una riduzione della redditività del progetto.
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Il rischio finanziario è quello legato agli eventuali maggiori costi relativi alla struttura finanziaria, ossia
all’aumento dei tassi di interesse o al mancato rimborso di una o più rate del finanziamento, seguito quindi da un
aumento dei costi del finanziamento. Affinché esso sia allocato correttamente è necessario che il costo del debito
e dell’equity non siano sovrastimati, onde evitare un “annacquamento” del rischio stesso.
40
Il rischio di investimento, è quello legato ai tempi per la realizzazione dell’investimento e, in caso di ritardo,
daranno luogo ad una riduzione, in egual misura, dei tempi di gestione, riducendo automaticamente il volume dei
ricavi e, quindi, la redditività dell’operazione.
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Per esempio, il solo rischio di costruzione o di finanziamento che si esauriscono nel tempo, non basta per
assicurare la presenza e il mantenimento del Rischio operativo lungo la durata del progetto. Questo è per dire che
nelle operazioni di natura prevalentemente edile, il rischio operativo potrebbe non sussistere in caso di progetti a
bassa complessità, come nelle scuole, dove il rischio di disponibilità è molto limitato se confrontato con altri
progetti più complessi rispetto ai quali la probabilità di accadimento del rischio sia maggiore, o le conseguenze
(perdita di produzione) siano più gravi, come nel caso della sanità. Una soluzione potrebbe essere, in questo caso,
quella di aumentare la decurtazione del canone di disponibilità per incentivare maggiormente l’OE in fase di
gestione.