INTRODUZIONE
invasatura a suzione che, almeno in parte, sopperisce all’instabilità dell’accoppiamento
citato.
Per quanto riguarda la seconda problematica affrontata, cioè l’analisi della stabilità di
presa dal punto di vista meccanico‐funzionale, entrambe le mani di interesse sono state
coinvolte, ma in modo diverso. Si è portata avanti un’analisi integrata tra modello
meccanico della protesi biomeccatronica Cyberhand e suo sistema di controllo, infatti, si è
importato e assemblato in SolidWorks il modello meccanico 3D, fedele alle sue
caratteristiche costruttive e si è progettato un opportuno sistema di controllo basato sulla
dinamica e meccanica del sistema. Nel particolare, si è implementato un modello
matematico che, sulla base delle caratteristiche strutturali della mano e dell’oggetto
caratterizzato per la presa, ha permesso di ricavare il massimo peso sollevabile dalla
protesi, al fine di avere una presa stabile, e la corretta distribuzione delle forze su tutti i
punti che venivano coinvolti nel contatto, al fine di non aver scivolamento e assicurare
stabilità nell’afferraggio. Noti questi valori di riferimento si è progettato il sistema di
controllo parallelo forza/posizione focalizzato su un solo dito della mano protesica in
oggetto, in quanto, essendo tutte le dita uguali a meno di particolari geometrici, tale
sistema è facilmente estendibile a tutta la mano. Questa struttura di controllo ha il
compito di garantire due task fondamentali: il movimento antropomorfo nello spazio
libero della falange, in modo da raggiungere l’oggetto da afferrare (preshaping) e la
gestione delle forze di presa nell’interazione con l’oggetto in modo da far raggiungere al
sistema i valori di riferimento di forza precedentemente calcolati ed assicurare la presa
stabile. Obiettivo del sistema di controllo è ridurre gli errori di posizionamento e di forza
il più possibile, mantenendo il sistema in condizioni di stabilità; al fine di ottenere questo,
la procedura prevede anche un’ottimizzazione dei paramentri meccanici della mano
(come i raggi delle pulegge o le rigidezze delle molle torsionali), al fine di migliorarne le
prestazioni. Questo è possibile solo svolgendo un’analisi integrata tra meccanica e
controllo, infatti l’uscita del sistema di controllo, la tensione del cavo di attuazione,
rappresenta l’ingresso del modello 3D dinamico precedentemente costruito, che deve
validare il movimento antropomorfo imposto nel controllo. La meccanica della struttura è
inclusa non solo nella costruzione CAD 3D, ma anche nello schema dinamico
caratterizzato nel sistema di controllo quindi una variazione dei parametri costruttivi
2
INTRODUZIONE
porta cambiamenti e variazioni di prestazioni in entrambi gli ambiti, questo è alla base
dell’analisi integrata.
Il secondo caso di studio di questo lavoro è la mano commerciale Sensorhad Speed,
prodotta dalla Otto Bock; l’approccio modellistico appena descritto per la Cyberhand è
stato applicato a questa protesi con delle sperimentazioni pratiche svolte presso la sede
italiana dell’azienda, a Budrio. Effettuata la modellazione 3D dinamica anche di questa
protesi di mano e simulato il suo comportamento nello spazio libero, si sono effettuate
misure empiriche sulla stessa per delineare la traiettoria, non antropomorfa, compiuta
dalle sue falangi e la forza che queste sono in grado di esercitare. Questa mano è dotata di
un comportamento proporzionale nella gestione della forza di presa per cui, a seconda
dell’ampiezza del segnale mioelettrico rilevato dagli elettrodi, la forza che essa esercita
varia sensibilmente. Si sono effettuate misure di forza nei vari punti di contatto rilevati
nell’interazione con vari oggetti, nei due tipi di presa palmare eseguibili e si sono
osservate qualitativamente le sue prestazioni nella manipolazione fine e non.
Per giungere a considerazioni su un’eventuale ottimizzazione della sua struttura
meccanica ci si è basati non solo su queste misurazioni, ma sopratutto su esperienze di
pazienti e responsabili del settore ortopedico e si fa presente come l’azienda stessa abbia
ottimizzato di recente la classica struttura in vendita con un approccio simile a quello
descritto. Il risultato di questa ottimizzazione aziendale ha creato una protesi con diversa
struttura meccanica e identiche forze di presa esercitabili.
3
CAPITOLO 1 La mano umana
CAPITOLO 1
La mano umana e la protesica
L’arto superiore si caratterizza per una duplice funzione: prensile ed esplorativa;
in entrambi gli ambiti l’elemento chiave da un punto di vista sia operativo che sensoriale è
la mano.
Quest’ultima è indispensabile per consentire
all’uomo di eseguire la sua volontà. E’ lo
strumento che rapporta il corpo umano allo
spazio, dove si orienta e si adatta in base alla
forma e al materiale dell’oggetto da afferrare. La
struttura osteo‐articolare e la muscolatura che la
sostengono, consentono alla mano e a tutto l’arto
superiore di compiere azioni raffinate e
complesse.
Figura 1.1 Rappresentazione artistica
della funzionalità della mano
1.1] Struttura ossea e muscolare
La mano presenta 27 elementi ossei (14 nelle falangi, 8
nel carpo e 5 nel metacarpo), e 19 elementi muscolari, oltre
a numerosissime terminazioni nervose, che la rendono
estremamente sensibile.
La struttura scheletrica è divisa in 5 raggi e ciascuno di
questi forma una catena poliarticolata (in grado di
deformarsi) composta da metacarpo e tre falangi, tranne il
pollice che di queste ultime ne presenta solo 2 [1].
Figura 1.2 Cinque raggi della
mano
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CAPITOLO 1 La mano umana
Nella mano si distinguono principalmente due porzioni: carpometacarpica, o mano
propriamente detta , e falangea, costituita dalle dita; le regioni topografiche, invece, si
dividono in anteriore e posteriore, come si può osservare dalla figura 1.3 [2].
Il carpo è costituito da due file, prossimale e distale, di piccole ossa brevi e di forma
cubica; la seconda delle due file si articola con il metacarpo tramite l’articolazione
trapezio‐metacarpica (TM).
Il metacarpo è costituito da cinque ossa lunghe , disposte l’una accanto all’altra, ben
visibili dalla figura 1.3, collegate alle falangi tramite le articolazioni metacarpo‐ falangee
(MP).
Figura 1.3 Struttura ossea e piani di sezione della mano
Le falangi, infine, sono unite tra loro mediante le
troclee; i soli movimenti permessi da queste ultime
sono di flessione ed estensione e sono più ampi tra
la prima e la seconda falange, con il giunto
interfalangeo prossimale (PIP), che tra la seconda e
l’ultima falange, con il giunto interfalangeo distale
(DIP). Si noti la distribuzione di tali giunti in figura
1.4.
Figura 1.4 Rappresentazione dei giunti
del dito
5
CAPITOLO 1 La mano umana
Le dita sono le estremità mobili della mano, hanno caratteristiche di mobilità, sensibilità,
forza e finezza di movimenti che le rendono entità uniche. Sono numerate da 1 a 5 in
senso radio‐ulnare ( 1° = pollice, 2° = indice, 3° = medio, 4° = anulare, 5° = mignolo).
I movimenti consentiti alle dita dalle articolazioni precedentemente citate sono:
• Flessione: movimento di chiusura del dito verso il palmo;
• Estensione: movimento di apertura della mano;
• Adduzione: considerando il dito medio come asse della mano, è il movimento di
un altro dito verso questo;
• Abduzione: ribadendo il ruolo del dito medio, è il movimento di allontanamento
di un dito da questo;
• Circonduzione: rotazione del dito attorno al centro di rotazione in contatto con il
palmo della mano.
Il sistema nervoso centrale controlla l’azione combinata di più muscoli (agonisti e
antagonisti, nelle varie operazioni) al fine di consentire lo svolgimento dei compiti di
manipolazione e di presa, garantendo il minimo sforzo in uscita dal sistema; è semplice
intuire, quindi, come il moto delle singole dita sia il risultato di azioni combinate
favorevoli e non ad una specifica direzione di movimento.
La muscolatura che governa la mano si divide in intrinseca ed estrinseca.
Nel primo caso parliamo di muscoli che risiedono nella
mano e consentono i movimenti di:
‐flesso‐estensione e add‐abduzione della MF del pollice;
‐opponenza del pollice;
‐abduzione‐adduzione delle dita.
Figura 1.5 Attività dei muscoli
intrinseci
6
CAPITOLO 1 La mano umana
Nel secondo caso, invece, risiedono all’interno
dell’avambraccio e consentono:
‐flesso‐estensione del polso;
‐add‐abduzione del polso;
‐flesso‐estensione delle dita lunghe;
‐flesso‐estensione dell’IF del pollice;
‐prono‐supinazione.
Figura 1.6 Attività dei muscoli
estrinseci
Non va infine trascurata l’importanza di tendini e legamenti: i primi fondamentali nel
trasferire la forza generata dai muscoli ai segmenti ossei, scorrendo parallelamente a
questi, e mantenuti in posizione da opportune guaine fibrose; i secondi responsabili del
legame tra le varie strutture ossee in gioco e quindi della stabilità articolare.
1.2] Biomeccanica della mano
Dopo aver citato i movimenti consentiti alla mano dalla struttura muscolo‐
scheletrica li si osserva da un punto di vista funzionale.
Si sono più volte sottolineate le sorprendenti capacità di questo arto da un punto di vista
meccanico; si riportano in tabella 1.1 le sue specifiche funzionali.
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CAPITOLO 1 La mano umana
Tabella 1.1 Prestazioni della mano umana
La mano, come affermato dalla tabella sovrastante, ha 23 gradi di libertà (GDL) ripartiti
tra le varie articolazioni secondo le schema in figura 1.7.
Figura 1.7 Ripartizione dei GDL tra le articolazioni della mano
Il Range of Motion dei movimenti consentiti vengono limitati dalla presenza dei tendini e
dei legamenti (oltre che dai fondo corsa meccanici rappresentati dalle strutture ossee), ma
8
CAPITOLO 1 La mano umana
non si può dire che tali escursioni siano valide per ogni persona; quelli che si vanno a
riportare di seguito in tabella 1.2 sono, infatti, valori statisticamente accettati come
standard.
MP IFP IFD
Flessione 90° 100° 70°
Iper‐estensione 20° 0° 5°
Indice 13°
Medio 8°
Anulare 14°
Deviazione radiale
Mignolo 19°
x x
Indice 42°
Medio 34°
Anulare 20°
Deviazione ulnare
Mignolo 33°
x x
Tabella 1.2 ROM delle principali articolazioni della mano
L’elevato numero di GDL, precedentemente citato, è alla base delle capacità prensili ed in
particolar modo della lavorazione fine. A seconda delle caratteristiche dell’oggetto da
afferrare e del task a svolgere su questo, la posizione della mano e i muscoli coinvolti
(nonché la forza che si esercita in tale operazione) variano notevolmente.
Si possono distinguere alcuni principali tipi di presa:
1. Presa digitale con opposizione terminale
E’ la più fine e la più precisa, permette di tenere un oggetto
di piccolo calibro.
E’ il modo di prensione più facilmente compromesso dalla
minima lesione della mano, infatti richiede la flessione
massima e l’integrità dei gruppi muscolari e tendinei; in
particolare:
- il flessore profondo
- il flessore lungo del pollice
che stabilizzano rispettivamente la falangetta di indice e
Figura 1.8 Presa digitale con
opposizione terminale
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CAPITOLO 1 La mano umana
pollice.
2. Presa digitale con opposizione sub‐terminale
E’ la prensione più usata. Permette di tenere grandi oggetti;
la prova della sua efficienza consiste nel tentare di portar via
un foglio di carta tenuto stretto tra pollice e indice (o
qualsiasi altro dito), tra loro in opposizione tramite i
polpastrelli. Se l’opposizione è buona, non si può sfilare il
foglio; questa prova è chiamata “segno di Froment”.
Figura 1.9 Presa digitale con
opposizione sub‐terminale
I muscoli essenziali in tale azione sono:
‐ il flessore superficiale, per la stabilizzazione della seconda falange dell’indice;
‐ I muscoli thenar della prima falange del pollice.
3. Presa digitale con opposizione subterminale‐laterale
Il polpastrello del pollice preme sulla
superficie laterale dell’indice.
Figura 1.10 Presa digitale con opposizione
subterminale‐laterale
4. Presa tridigitale
Coinvolge pollice, indice e medio. L’oggetto può essere afferrato dai
tre polpastrelli oppure dal polpastrello di indice e pollice e dalla
superficie laterale del medio (come nella figura 1.11).
Figura 1.11 Presa
tridigitale
10
CAPITOLO 1 La mano umana
5. Presa pentadigitale
Si utilizzano tutte le dita con il pollice in diverse posizioni di
opposizione. Questa presa consente di afferrare oggetti di svariate
dimensioni e peso.
Figura 1.12 Presa
pentadigitale
6. Presa palmare
Questa tipologia di afferraggio si può, a sua volta, differenziare come segue:
Diagonale Trasversale Sferica
Figura 1.13a Presa palmare
diagonale
Figura 1.13.b Presa palmare
trasversale
Figura 1.13.c Presa
palmare sferica
L’oggetto è mantenuto tra il
pollice e le altre quattro dita, è
in contatto con il palmo della
mano e il suo asse è diagonale
rispetto a quello di
quest’ultima.
Si avvicina alla presa
diagonale solo che l’asse
della mano è trasversale
rispetto a quello dell’oggetto
afferrato.
E’ una presa che può
coinvolgere tre, quattro
e cinque dita oltre al
palmo della mano.
Da uno studio delle attività di vita quotidiana (ADL) si nota come le prese più frequenti
siano ripartite secondo la tabella 1.3 [3].
Tabella 1.3 Ripartizione della frequenza con cui si utilizzano le varie tipologie di presa
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CAPITOLO 1 La mano umana
Nel corso di questo studio la presa su cui ci si incentrerà maggiormente sarà la presa
palmare trasversale, terza per occorrenza nella vita di tutti i giorni.
Un’ultima caratteristica importante è la posizione funzionale della mano, una sorta di
posizione intermedia tra la flessione e l’estensione, una posizione in cui si rispetta
l’equilibrio muscolare ed articolare cioè si riesce a prendere un oggetto con il minimo
movimento possibile.
Le caratteristiche di questa posizione sono:
‐polso in leggera estensione e leggera inclinazione ulnare;
‐ dita leggermente flesse a livello delle tre articolazioni. Il grado
di flessione aumenta regolarmente dall’indice al mignolo;
‐ pollice in semi‐opposizione.
Non bisogna mai immobilizzare la mano in un’altra posizione,
come non bisogna mai immobilizzare un dito in linea retta, in
quanto si avrebbe il rischio di un blocco articolare.
Figura 1.14 Posizione
funzionale della mano
1.3] La Protesizzazione
Il braccio e la mano di un essere umano possono essere imitati in maniera
imperfetta dalle protesi, soprattutto da un punto di vista funzionale.
La protesizzazione diviene un’esigenza nel momento in cui il paziente è privo di una
parte o dell’intero arto. Tale mancanza è dovuta per lo più a due fenomeni: amputazioni e
malformazioni congenite [4].
Nel primo caso le cause possono raccogliersi in tre categorie:
• Eventi traumatici (ad esempio incidenti d’auto).
Rappresentano circa il 2,4% dei casi.
• Malattie
Si sta parlando di malattie vascolari come diabete e sclerosi delle arterie. In questi
casi il flusso di sangue nell’arto non è sufficiente provocando la necrosi e la
cancrena dei tessuti. Una volta le infezioni potevano portare alle amputazioni, ma
grazie alle cure antibiotiche questo oramai accade di rado. Il 70,3% delle
amputazioni sono dovute a queste problematiche.
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CAPITOLO 1 La mano umana
• Tumori
A volte le amputazioni vengono richieste come trattamento per le forme tumorali.
Vengono colpiti soprattutto ragazzi dagli 11 ai 20 anni. La percentuale di
riferimento in questo caso è del 4,5%.
Le amputazioni possono interessare l’articolazione oppure attraversare l’osso, in generale
viene ad esserne indicato il tipo menzionando l’articolazione più vicina.
Le malformazioni congenite, denominate dismelie, sono invece dovute ad alterazioni
cromosomiche; danni sofferti dagli embrioni durante i primi mesi di gravidanza (dovuti a
carenza di ossigeno, intossicazioni, radiazioni ionizzanti, incompatibilità di gruppo
sanguigno, ecc).
Le malformazioni si classificano come trasversali e longitudinali; in base al lato del corpo
umano in cui si trovano e in base all’essere parziali o totali.
Le malformazioni trasversali si differenziano in:
1‐ Amelia: mancanza totale dell’arto superiore;
2‐ Focomelia: la mano o parti di essa sono collegati direttamente alla spalla;
3‐ Ectromelia: manca una parte dell’osso tubolare ma la mano è integra;
4‐ Peromelia: manca parte del braccio.
La numerazione adottata si riferisce alla figura 1.15 seguente:
Figura 1.15 Malformazioni trasversali
Va sottolineato come pazienti che necessitino di una protesi abbiano richieste diverse.
Alcuni vogliono solo nascondere la loro disabilità, facendo uso di semplici elementi
estetici (nel caso della mano parliamo di guanti cosmetici), altri al fine di riottenere
l’autonomia perduta richiedono protesi funzionali in modo da poter compiere, almeno in
parte, le attività di tutti i giorni.
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CAPITOLO 1 La mano umana
La protesizzazione ha quindi diversi obiettivi:
• scopi cosmetici: consentire una normale vita sociale dell’individuo, non troppo
osservato dagli altri;
• scopi funzionali: restituire la possibilità di svolgere parte delle azioni abitudinarie;
• scopi di bilanciamento: compensare la perdita di peso (causata dall’amputazione o
dalla malformazione) e quindi impedire posture errate che si ripercuoterebbero
sulla colonna vertebrale.
La protesi viene scelta da un’apposita equipe medica che, collaborando con il paziente, si
pone come obiettivo il soddisfacimento dei bisogni espressi da quest’ultimo.
E’ importante l’adattamento ottimale e su misura della protesi all’amputato, considerando
le caratteristiche del moncone e salvaguardando la mobilità delle articolazioni (bisogna
fare molta attenzione a cicatrici, difetti cutanei, ecc..).
Ovviamente l’impianto di una nuova protesi richiede al suo portatore un periodo di
training (di durata ed impegno variabile a seconda della protesi scelta) che riguardi sia il
funzionamento della protesi, ma anche la cura del moncone in relazione alla presenza di
quest’ultima. Le tappe fondamentali sono due:
• La cura e la preparazione del moncone.
Il moncone va lavato quotidianamente la sera quando ci si toglie la protesi
con acqua tiepida e sapone neutro privo di profumi; l’invasatura interna va
pulita con un panno (in questo modo si riducono le malattie della pelle e
micosi che possono insorgere a causa della semplice sudorazione). Possono
anche essere usati materiali per aumentare la resistenza della pelle ( fagioli,
mais, sabbia, ecc..).
• Allenamento delle abilità funzionali del moncone.
Si tende a rinforzare la muscolatura, abituando il moncone alla sua
funzione di sostegno della protesi.
Ai fini della prassi le protesi si distinguono in protesi estetiche, protesi ad energia
corporea ed extracorporea.
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CAPITOLO 1 La mano umana
¾ Protesi estetiche (o cosmetiche)
Servono a ripristinare l’aspetto esteriore. Le possibilità funzionali sono limitate, ma questo
tipo di protesi si adatta a tutti i livelli di amputazione. E’ indispensabile in seguito a
rifiuto di protesi funzionali o quando non è possibile sostituire le funzioni mancanti.
¾ Protesi ad energia corporea ( con comando a trazione)
Sono protesi cinematiche, a controllarne la funzione è la forza del moncone o del cingolo
scapolare. Il movimento viene trasmesso alla stessa da un bretellaggio a trazione che parte
dalla protesi, passa dorsalmente al paziente e arriva al passante attorno alla spalla
controlaterale. Viene richiesto un processo di apprendimento intensivo al fine di
raggiungere un ottimo controllo delle funzioni consentite. I vantaggi sono una meccanica
relativamente semplice, un prezzo relativamente favorevole e costi di manutenzione
contenuti. Gli svantaggi sono dati da movimenti in parte innaturali, necessari per
comandare le funzioni della protesi, e dalla necessità di abituarsi alla presenza del
bretellagio a trazione.
Figura 1.16 Componenti di una protesi di
mano con comando ad energia corporea
Nel caso della mano, questa si compone di una
meccanica con tirante, di un’ anima e di un
guanto cosmetico che può essere scelto tra
diverse forme, misure e colori. La mano
cinematica a trazione semplice si apre
attraverso trazione e si richiude
automaticamente grazie ad una molla di
richiamo. Il sistema a trazione doppia prevede
sia l’apertura che la chiusura della mano
tramite l’azionamento del tirante.
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