INTRODUZIONE
Il fascismo ha rappresentato una presenza costante in Europa per tutto
il ventesimo secolo. Gli ultimi esempi sono stati rappresentati dal
successo elettorale ottenuto dai movimenti di Jörg Haider in Austria e
di Jean Marie Le Pen in Francia. Per questo motivo non si può parlare
di un’ideologia appartenente al passato e ormai incapace di minacciare
le istituzioni democratiche e i valori della società liberale. Nonostante
la sua costante presenza sulla scena politica europea, il fascismo ha
ottenuto il potere solo in pochi casi, mentre nella maggior parte dei
paesi è stato relegato nell’isolamento politico. Per questa sua
caratteristica, lo storico Roger Griffin ha elaborato la definizione di
“Ugly Duckling” in riferimento all’ideologia fascista, proprio per
sottolinearne i continui insuccessi
1
. La continua attenzione rivolta a
questi fallimenti ha però portato spesso a sminuire la pericolosità della
minaccia fascista e la sua capacità di sfruttare il malcontento popolare
in periodi di crisi economica o a causa di tensioni di carattere etnico.
1
Roger Griffin, British Fascism: The Ugly Duckling, in The failure of British Fascism: the
far right and the fight for political recognition, Houndmills, 1996, p. 141
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Perciò è necessario approfondire gli studi sui vari movimenti fascisti e
sulle cause del successo in alcuni paesi e sull’insuccesso in altri.
In Gran Bretagna si sono sviluppati diversi movimenti di orientamento
fascista, a partire dai primi anni Venti. I più importanti sono stati
quello dei “British Fascisti”, fondato nel 1923; quello della “Imperial
Fascist League”, attivo negli anni Trenta e guidato da Arnold Leese; la
“British Union of Fascists” e nel dopoguerra lo “Union Movement”,
guidati da Oswald Mosley; infine quelli del “National Front”, fondato
alla fine degli anni Sessanta, e il “British National Party”, che ebbe un
successo elettorale alle elezioni amministrative londinesi nel 1993,
ottenendo un consigliere comunale nella circoscrizione di Millwall,
situata nell’East London.
Tra tutti questi movimenti, la B.U.F. fu quello che suscitò maggiore
preoccupazione nelle istituzioni britanniche, soprattutto per la
situazione politica internazionale che portò allo scoppio della seconda
guerra mondiale. In quel contesto il movimento di Mosley fu temuto
soprattutto per i suoi legami con i regimi fascisti continentali e per il
fatto che potesse rappresentare la quinta colonna del nazifascismo in
Gran Bretagna. Per questo motivo furono introdotte delle leggi
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speciali già a partire dal 1937, con l’approvazione del “Public Order
Act”, che limitava il diritto alle manifestazioni pubbliche, vietava
l’uso di divise con connotazioni politiche e le milizie paramilitari. Nel
1940, allo scoppio della guerra, i membri della B.U.F. e di altri
movimenti fascisti furono sottoposti a regime di internamento.
Un altro fattore che suscitò interesse attorno alle vicende della B.U.F.
fu costituito dalla figura di Mosley, il quale prima di approdare al
fascismo aveva militato nel Partito conservatore e in quello laburista,
aveva avuto incarichi di governo nel 1929 ed era ritenuto un uomo
politico di sicuro avvenire, uno dei più brillanti del panorama politico
britannico. Al centro dell’attenzione di Mosley c’erano sempre state le
questioni di carattere economico, come testimoniavano i suoi studi
sulle teorie di Keynes. Per questo motivo, almeno nei primi due anni
di vita della B.U.F., al centro della propaganda politica furono messe
le proposte per superare la crisi economica, in particolare
l’introduzione dello stato corporativo. Il massimo sviluppo del
movimento fu raggiunto nella prima metà del 1934, mentre
successivamente cominciò una fase di declino costante. A partire dallo
stesso anno, l’attenzione fu concentrata sempre più sull’antisemitismo;
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gli ebrei furono individuati come un corpo estraneo all’interno dello
stato britannico e come sostenitori di interessi con esso contrastanti; si
giunse alla proposta di espellere gli ebrei dal suolo britannico o di
togliere loro i diritti di cittadinanza. La discriminazione antisemita si
manifestò in particolare nell’East London, dove gli ebrei erano più
numerosi. Negli ultimi anni la B.U.F. concentrò la propria attenzione
sull’opposizione alla guerra. Mosley aveva intrattenuto rapporti sia
con Mussolini che con Hitler e si opponeva ad una guerra contro i
regimi da essi guidati; la sua soluzione era quella di garantire alle
potenze dell’Asse il loro “spazio vitale”. Infatti Mosley apprezzò
molto l’accordo raggiunto a Monaco nel 1938 tra Hitler e la Francia e
la Gran Bretagna, attribuendo poi a queste ultime il fallimento dei
negoziati. Per lui bisognava trattare con Hitler fino all’ultimo,
nonostante i crimini e le violazioni ai patti da lui commessi. Il vero
nemico da combattere era per Mosley l’Unione Sovietica.
Durante la guerra Mosley fu internato per oltre tre anni e fu rilasciato
nel 1943. Ma nel dopoguerra egli non abbandonò l’ideologia fascista;
nel 1948 fondò lo “Union Movement” e inoltre intrattenne molte
relazioni con i movimenti fascisti di altri paesi europei, allo scopo di
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creare un’organizzazione a livello europeo, definita “European Social
Movement”. Ma i continui insuccessi politici lo spinsero ad
abbandonare la vita politica nel 1966.
Il giudizio su di lui da parte degli storici è abbastanza controverso.
Mosley era destinato ad una positiva carriera politica, soprattutto per
la sua capacità oratoria e per le sue teorie economiche derivate da
Keynes; tuttavia cominciò ad avvicinarsi ad ideali sempre più
estremisti, maturando un forte disprezzo per la politica parlamentare e
convincendosi di essere una sorta di “uomo del destino” per
risollevare il suo paese. Il suo antisemitismo e i suoi rapporti con i
regimi fascisti europei aumentarono il discredito sulla sua figura,
oscurando anche gli aspetti più positivi del suo pensiero.
Nonostante i suoi continui insuccessi politici, la figura di Mosley e le
vicende storiche da lui attraversate sono quindi meritevoli di
attenzione e di ulteriori studi.
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CAPITOLO 1: LA FIGURA DI OSWALD MOSLEY
1.1 Prime esperienze politiche
La figura di Oswald Mosley è fondamentale per lo studio del fascismo
britannico perché, secondo molti storici, i consensi della British Union
of Fascists furono in gran parte dovuti al prestigio personale del suo
leader e alle sue idee nel campo economico
2
. Altri partiti o movimenti
di orientamento fascista non avevano suscitato lo stesso interesse nel
mondo politico britannico, come nel caso dei “British Fascisti”,
movimento sorto nel 1923 che si richiamava esplicitamente al
fascismo italiano, utilizzando anche la definizione in italiano. Questo
movimento raggiunse subito un notevole successo, ma di breve durata.
Un altro esempio fu costituito dalla “Imperial Fascist League”, guidata
da Arnold Leese, caratterizzata da un forte antisemitismo, che giunse
nel 1935 addirittura alla richiesta di sterminare gli ebrei in apposite
camere della morte. In entrambi i casi a questi movimenti fu rivolta
scarsa considerazione e le forze dell’ordine non sembrarono mai
eccessivamente preoccupate; per il governo si trattava solo di
2
Robert Skidelski, Gran Bretagna, in Il fascismo in Europa, Roma, 1984, p. 269
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esponenti della “lunatic fringe”, cioè di frange politiche costituite da
fanatici, che non potevano minare la stabilità politica della Gran
Bretagna
3
. Fu solo con Mosley che il fascismo fu trattato seriamente
dall’opinione pubblica e dalla classe politica in Gran Bretagna, in
particolare per i suoi notevoli trascorsi politici. La sua adesione al
fascismo fu infatti il risultato di una lunga evoluzione politica, che
risentì di diverse esperienze di vita e di determinati eventi politici ed
economici che attraversarono la Gran Bretagna e l’Europa negli anni
Venti e Trenta.
Oswald Mosley nacque nel 1896 nella contea di Staffordshire da una
famiglia nobiliare facoltosa. Visse la sua giovinezza in un ambiente
privo di interesse per la politica attiva. Dopo gli studi si arruolò
volontario per la prima guerra mondiale nei Royal Flying Corps.
L’educazione militare fu un fattore che influì nella sua formazione
politica, inculcandogli il senso del comando e dell’obbedienza, ma
non l’attitudine al compromesso e alla tolleranza delle idee altrui
4
. Nel
1916 fu dimesso dal fronte per invalidità in seguito ad una ferita. Solo
dopo l’esperienza bellica egli cominciò ad avvicinarsi alla politica
3
Ernst Nolte, La crisi dei regimi liberali e i movimenti fascisti, Bologna, 1970, pp. 328-329
4
Robert Skidelski, op. cit., p.270
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attiva. Da questa esperienza Mosley maturò innanzitutto l’idea dello
stato interventista nell’economia, concepito non come un’eccezione
dovuta alla gravità della situazione bellica, ma come una regola
praticabile senza problemi anche in tempo di pace. Per sostenere lo
sforzo bellico il governo britannico aveva introdotto una serie di
misure economiche che non sarebbero mai state utilizzate in tempo di
pace e che puntualmente furono abbandonate già nell’immediato
dopoguerra. Mosley non riuscì mai ad accettare del tutto i meccanismi
dell’economia liberale e le controversie del mondo industriale. Inoltre
egli assistette alla disillusione delle masse popolari, soprattutto dei
reduci, dal momento che le promesse belliche di un paese fatto per gli
eroi vennero disattese, con un notevole aumento della disoccupazione:
il pieno impiego e gli aumenti salariali, che avevano contraddistinto il
periodo dello sforzo bellico, non erano più possibili in tempo di pace
in un’economia liberale
5
. La partecipazione al conflitto diede a
Mosley la consapevolezza di far parte della cosiddetta “generazione
delle trincee”, a cui erano state negate le ricompense promesse durante
la guerra dai vecchi “politicanti”, che perciò non avevano più diritto di
presentarsi come la classe dirigente del paese. La guerra aveva
5
Ibidem, pp. 271-272
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cambiato la realtà e di conseguenza anche la classe dirigente doveva
adeguarsi a questi cambiamenti, e soprattutto doveva essere
ringiovanita. In questo richiamarsi ai reduci e alle loro speranze deluse
si possono riscontrare dei paralleli con Hitler e Mussolini, che a loro
volta avevano combattuto nella prima guerra mondiale, e poi avevano
sfruttato il malcontento degli ex-combattenti per guadagnare consensi.
Negli anni Venti Mosley si dedicò intensamente agli studi economici,
interessandosi in modo particolare alle teorie di Keynes. Il suo
approccio a queste tematiche era privo di solide basi teoriche, ma era
mirato essenzialmente alla soluzione del problema della
disoccupazione di massa, che era secondo lui segno del declino della
società inglese e di quella occidentale in genere. Fin dall’inizio
Mosley manifestò uno scarso interesse per i meccanismi che
regolavano la politica parlamentare e il dibattito fra i partiti; in
particolare provava una certa insofferenza per il sistema gerarchico in
base al quale questi erano organizzati, che limitava la possibilità di
azione individuale. Non ebbe mai un senso di appartenenza ad un
determinato partito, e ciò spiega i suoi frequenti spostamenti da una
parte all’altra. La sua origine aristocratica determinò il suo
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