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sensibili alla chimicità dell’ambiente. Questo intimo rapporto con l’ambiente
rende perciò gli Anfibi un valido strumento per valutare la qualità di un area
(Blaustein & Wake, 1995).
Tutto questo fa pensare a quanto sia importante valorizzare il ruolo di questi
piccoli animali e mirare alla loro salvaguardia, prima di tutto salvaguardandone
gli habitat e, in secondo luogo, studiandone la distribuzione e l’ecologia.
1.1. Gli Anfibi
Gli Anfibi sono una Classe di Vertebrati Gnatostomi (con bocca provvista di
scheletro), anamni (privi dell’amnios, annesso embrionale e fetale proprio di
Rettili, Uccelli e Mammiferi) ed eterotermi (cioè con temperatura del corpo
dipendente da quella dell’ambiente). Un Anfibio può essere definito come un
animale che trascorre parte della sua vita in acqua per poi divenire un adulto
acquatico, oppure come un animale che alterna la propria esistenza dentro e fuori
dall’acqua.
Entrambe queste interpretazioni sono valide solo in parte e non sono quindi
applicabili agli Anfibi nel loro insieme, questo perché all’interno della classe
alcuni sono acquatici per tutta la vita, ma altri non entrano mai in acqua e non
presentano nessun stadio acquatico. Una definizione di Anfibio valida nell’ambito
dell’intero taxon viene proposta da Duellman & Trueb (1986): un Anfibio è “un
vertebrato con quattro arti dotato di due condili occipitali nel cranio e non più di
una vertebra sacrale”.
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1.1.1. Caratteristiche generali
Nella scala evolutiva gli Anfibi rappresentano l’anello di passaggio dalla
vita acquatica a quella terrestre. All’interno la loro struttura è intermedia tra
quella dei pesci e degli amnioti: esempio lampante è la struttura del cuore che
presenta due atri, un solo ventricolo e un cono arterioso separato (Duellman &
Trueb, 1986).
Lo scheletro , da cartilagineo nella fase larvale, si ossifica nel corso della
metamorfosi; rispetto ai Pesci, gli Anfibi sono dotati di una coppia di condili
occipitali e la superficie articolare della prima vertebra risulta di conseguenza
duplice, questo permette loro un limitato movimento del capo (Romer & Parsons,
1986). I cinti pettorale e pelvico ancorano gli arti e assorbono le sollecitazioni
trasmesse dalle appendici alla colonna vertebrale. Gli arti posteriori forniscono
sostegno all’animale e generano la spinta necessaria al movimento sul terreno. La
comparsa di una vertebra sacrale con una costa ispessita che si articola con l’ileo
del cinto pelvico è quindi indispensabile per contrarre un rapporto tra arti
posteriori e colonna vertebrale (Capanna, 1991; Vannini, 1982).
Organismi di transizione tra ambiente acquatico e aereo, gli Anfibi
presentano una gamma di possibilità respiratorie quale non è dato di osservare
altrove nel regno animale: infatti, nelle diverse specie, si possono rinvenire, sia
isolate sia in combinazione, una respirazione branchiale, una polmonare, una
cutanea e una buccofaringea. La nota respirazione cutanea, caratteristica degli
Anfibi, riveste un ruolo importante soprattutto nell’eliminazione dell’anidride
carbonica, gas che altrimenti i soli polmoni sacciformi non sarebbero in grado di
eliminare con efficienza (Duellman & Trueb, 1986).
Il tegumento degli Anfibi è molto sottile e permeabile, costituito da cellule
vive e non è in grado di proteggere l’animale dalla disidratazione (Romer &
Parsons, 1986); per questo trascorrono molto tempo in acqua e si spostano solo
nei momenti più umidi della giornata. In condizioni di caldo intenso le forme
acquatiche riducono la propria attività e si rifugiano in depressioni dei fondali o
nel fango. Tipica inoltre, della pelle degli Anfibi, è l'abbondanza di ghiandole
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pluricellulari, appartenenti a due categorie: quelle mucose, diffuse su quasi tutto il
corpo, che grazie a un secreto viscoso neutro o basico mantengono umida la pelle,
creando così, condizioni ideali per lo svolgimento degli scambi gassosi
percutanei; quelle granulose (o velenose), raccolte generalmente in alcune parti
del corpo (capo, fianchi) frequenti specialmente negli Anuri terrestri, producono
secreti granuloso-acidi ad azione irritante o propriamente tossica.
Per quanto riguarda gli organi di senso, gli Anfibi possiedono occhi ben
sviluppati negli Anuri e nella gran parte degli Urodeli, sono in grado di
discriminare alcuni colori, hanno una vista particolarmente acuta nella cattura
delle prede e nella percezione del movimento. L’olfatto è ben sviluppato
all’interno della classe ed è legato da un lato all’individuazione della preda e
dall’altro all’orientamento spaziale. Per quanto concerne l’udito, l’orecchio
esterno è ancora assente negli Anfibi, tuttavia gli Anuri possiedono un orecchio
medio costituito da una membrana timpanica esterna e dalla columella, strutture
che percepiscono le onde sonore e le trasmettono all’orecchio interno (Duellman
& Trueb, 1986).
Dal punto di vista alimentare gli Anfibi sono predatori: quasi tutte le specie
allo stato adulto si nutrono di invertebrati e talora di piccoli vertebrati. Durante la
vita larvale gli Urodeli presentano lo stesso regime alimentare, mentre i girini
degli Anuri sono in prevalenza vegetariani.
La grande maggioranza degli Anfibi si riproduce in acqua, dove pertanto si
schiudono le uova e crescono le larve. A seconda delle specie e del clima la
riproduzione può avvenire in uno o più periodi dell’anno. È spesso presente un
dimorfismo sessuale, più o meno marcato, con caratteri sessuali secondari che
compaiono nei maschi generalmente solo nel periodo degli amori (per esempio,
cuscinetti sulle dita degli Anuri e ampia cresta di alcuni tritoni). Il corteggiamento
non è presente negli Anuri, che però utilizzano generalmente canti di richiamo
emessi dai maschi per attirare le femmine in acqua, dove avviene l’accoppiamento
(amplesso) tramite un “abbraccio” del maschio (di dimensioni generalmente
minori della femmina), che afferra la femmina dal dorso, nella zona lombare
(amplesso inguinale) o più sopra (amplesso ascellare o pettorale).
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La fecondazione è prevalentemente esterna e le uova vengono deposte in
acqua, dove si svilupperanno gli embrioni che sgusceranno dall’uovo per lo più
sottoforma di stadio larvale. Alcuni Urodeli della fauna italiana sono ovovivipari
e depongono larve già del tutto sviluppate, come Salamandra salamandra, o
addirittura partoriscono piccoli già metamorfosati, come S. atra e S. lanzai
(Duellman & Trueb, 1986; Lanza, 1983).
Le larve sono branchiate e negli Anuri presentano un aspetto molto
differente dalla forma adulta. La metamorfosi determina profondi cambiamenti
anatomici e fisiologici che permettono all’animale di condurre vita subaerea. La
modifica principale è il riassorbimento delle branchie e lo sviluppo dei polmoni
(Vannini, 1982).
1.1.2. Sistematica
La seguente classificazione sistematica della classe degli Anfibi si basa sullo
schema adottato da Duellman & Trueb (1986):
Classe AMPHIBIA
Sottoclasse LISSAMPHIBIA
Ordine CAUDATA
Ordine GYMNOPHIONA
Superordine SALIENTIA
Ordine PROANURA †
Ordine ANURA
L’origine monofoletica o difiletica degli Anfibi è ancora oggi un problema
aperto (Vannini, 1982). La difficoltà di interpretare le relazioni esistenti tra i
diversi ordini di Anfibi, estinti e attuali, e di classificare i fossili con caratteri da
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Anfibi, come quelli più vicini ai primi Rettili, fa si che la sistematica sia molto
discussa.
Gli ordini degli Anfibi viventi attualmente riconosciuti sono tre: gli Anuri
(rane e rospi), gli Urodeli (salamandre e tritoni) e gli Apodi (o Gimnofioni)
(Harvey Pough et al., 1998).
Ordine Anuri: Anfibi diffusi in tutto il mondo a eccezione dell’Antartide e
delle regioni settentrionali più estreme, 4100 specie viventi, raggruppate in 27
famiglie ed in 310 generi (Harvey Pough et al., 1998). L’ordine comprende
organismi ben noti, come le rane e i rospi, generalmente abili saltatori, che
devono il proprio nome al fatto di essere, da adulti, privi di coda .
In Italia sono presenti 6 famiglie di Anuri: Discoglossidae, Pelobatidae,
Pelodytidae, Bufonidae, Hylidae e Ranidae (Lanza, 1983).
Ordine Urodeli: Anfibi Lepospondili che comprendono le salamandre, i
tritoni e in generale, quelle specie che presentano allo stadio larvale e adulto, una
lunga coda e sono perciò detti anche Caudati. Si conoscono circa 410 specie di
caudati viventi, riuniti in 10 famiglie ed in 61 generi (Harvey Pough et al., 1998),
presentano una distribuzione oloartica ed una diffusione limitata quasi
esclusivamente all’emisfero boreale (Duellman & Trueb, 1986; Lanza, 1983).
La fauna italiana è rappresentata dal solo sottordine dei Salamandroidea, di
cui sono presenti 3 famiglie: Plethodontidae, Proteidae e Salamandridae (Lanza,
1983).
Ordine Apodi: detti anche Gimnofioni sono Anfibi di modeste dimensioni,
con un corpo sottile e vermiforme, privi di arti e dei rispettivi cinti ossei. Sono
diffusi limitatamente alla fascia tropicale del pianeta con 165 specie riunite in 7
famiglie e in 34 generi (Harvey Pough et al., 1998; Lanza, 1983).
Non vi sono rappresentanti di questo ordine in Italia.
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1.1.3. Concetti di popolazione e comunità
La presenza o il successo di un gruppo di organismi in un determinato
habitat dipendono da un insieme di fattori ambientali, biotici e abiotici, a cui gli
organismi si devono adattare.
Una popolazione è costituita da individui conspecifici che vivono all’interno
di un’area definita, in un dato periodo di tempo, condividono quindi uno stesso
ruolo funzionale e interagiscono in maniera del tutto simile ai complessi fattori
ambientali, formando un sistema biologico con propri meccanismi di controllo.
La popolazione, è quindi formata da individui di diverso sesso, dimensioni e
classi di età. Parametri come i tassi di crescita, le dimensioni e la longevità dei
singoli individui, sono componenti fondamentali delle caratteristiche
demografiche di una popolazione (Duellman & Trueb, 1986).
La popolazione è regolata mediante due meccanismi dei quali il primo, la
riproduzione è un moltiplicatore, mentre il secondo, la nutrizione, funge da freno,
in quanto la disponibilità di risorse è per lo più limitata (Odum, 1988). Il processo
tende ad essere ciclico e la popolazione si mantiene intorno a dimensioni di
equilibrio, a meno che non intervengano altri fattori esterni, (come ad esempio la
pressione antropica), che determinano forti modificazioni.
Le popolazioni si trovano quindi a convivere con altre specie nello stesso
ambiente interagendo con esse, a questi insiemi di popolazioni eterospecifiche
viene dato il nome di comunità. In senso ampio, la comunità può essere definita
come un insieme di organismi viventi in una determinata area, caratterizzata da
una determinata composizione specifica, dall’esistenza di interrelazioni, dalla
presenza di fenomeni di dipendenza reciproca e dall’adattamento a determinate
condizioni ambientali (Bullini et al., 1998). Una caratteristica essenziale che
determina la struttura di una comunità è la diversità in specie. Questa viene
misurata sia in termini di ricchezza (numero di specie), sia di equitabilità (numero
di individui per specie) (Duellman & Trueb, 1986).